Il presente di Brando

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Brando pensa.
Pensare è utile, perché fa sentire meno il freddo. È bello, perché fa quasi dimenticare la fame.
Brando è capace di far correre il tempo quando pensa, lasciando fuori ogni brutta sensazione. Riesce a pensare senza ricordare.
Ricordare è pericoloso: più del freddo, di sicuro. Ed è anche più brutto che sentire la fame.
Pensare è come muoversi in un luogo disseminato di pericoli: quei pericoli sono i ricordi e Brando non vuole ricordare.
Preferisce piuttosto pensare al proprio aspetto trasandato, alla barba lunga e incolta, ai capelli sporchi che non riesce a nascondere sotto la cuffia di lana trovata in strada. Ai suoi guanti bucati.
Quando passa davanti a una vetrina Brando cerca di non guardarsi, ma in città ci sono ancora così tante vetrine. Intercalate a serrande chiuse. Nelle serrande non ci si può specchiare, però Brando, piuttosto, preferisce guardare le vetrine. Brando un tempo aveva un negozio e il giorno in cui lo ha chiuso per l’ultima volta ha avuto la sensazione che da quel momento in poi ogni serranda chiusa sarebbe stata, per lui, una cosa diversa. Ma era già tutto diverso.
Ecco, Brando adesso sta ricordando. Si scuote, torna a pensare alla sua immagine riflessa nei vetri. «Potrebbe essere peggio», dice tra sé e si accorge che da tutta la vita pensa che potrebbe andare peggio.
Nella vetrina c’è un acquario e abbassandosi un poco Brando vi ci trova la propria immagine. Passa del tempo e lui non riesce a staccare gli occhi da quella visione. È davvero strano essere in mezzo a tutti quei colori, assieme a pesci saettanti, oppure lenti, oppure fermi da sembrare finti.
Brando è sicuro che i pesci non hanno memoria. Un’infinita schiera di ieri uguali a oggi, ubriacati di colori e di correnti fresche, che non mutano né si fermano, non sono passato: sono un continuo presente.
Forse in un acquario è possibile vivere senza fare tanta fatica. Esplorarne ogni anfratto senza pericoli, senza paure. La superficie dell’acqua rifrange la luce e sul fondo la danza delle piccole onde è una cadenza che divide gli istanti, ma non li lascia distinguere uno dall’altro.
L’immagine dell’uomo nell’acquario sorride e Brando è rapito, ma la magia non dura: il sorriso si spegne e lui ora si rivede. Come se il tempo davvero si fosse fermato, il pensiero riprende da dove si era interrotto.
Potrebbe andare peggio. Dopotutto ha un cappotto, pantaloni di lana. Cuffia e guanti, e di giorno questo inverno non è così freddo.
La fame lo svuota, la disperazione lo piega, ma lui, tutto questo, è capace di non ascoltarlo.
Pensa, Brando.
Talvolta pensando si addormenta. Ha imparato a dormire seduto. Non sogna, e se sogna si sveglia. Sa svegliarsi appena inizia a sognare. Sognare è più che ricordare: è rivivere. Per rivivere un momento felice corre il rischio di sognare tutto il resto. Allora non ha la forza per lasciarsi andare nel sonno profondo. Non ha l’animo di sognare, perché al risveglio il sogno interrotto può fare più male del freddo.
«Senta, buon uomo, non si offenda…»
Una donnina che pare una vecchia strega, ma ben vestita e con una luce negli occhi che spicca in un volto freddo e incerto, gli sta davanti e allunga una mano. Brando tarda un istante ad accorgersi che gli sta porgendo qualcosa.
Dieci Euro.
«… mi creda, è poco, ma ho pensato che…»
Brando li prende, le sorride, col capo fa un cenno che vorrebbe dire grazie, oppure che non sa cosa dire.
«Buon Natale» dice la vecchia, che poi si volta e va via veloce, come se fosse lei a doversi vergognare.
«Grazie» risponde allora Brando con un filo di voce, ma lei non sente già più.
Brando pensa a quelle parole: gli fa piacere che la donnina abbia detto “Non si offenda”, gli fa sembrare di avere ancora una dignità.
Brando sa di essere in condizioni miserevoli, ogni vetrina glielo dice. E gli pare di averlo sempre saputo che era questo il suo destino.
Ma via: ecco che i ricordi tornano a minacciarlo. Si alza a fatica. Vorrebbe vedersi, mentre tenta di alzarsi. Si chiede se sia più penoso o ridicolo. A Brando non piace vedersi, ma non ha paura di pensare al proprio aspetto e ai propri movimenti goffi. Il presente è più desiderabile del passato. È meno buio del futuro.
Si alza e va verso il McDonald. Qualcuno gli ha detto che con un Euro si può comprare un hamburger.
Brando entra, per fortuna c’è poca gente. Alla sua destra ci sono il bancone del bar e la vetrina dei dolci, allegra e colorata: gli pare un altro acquario. Lui prova a cercare la propria immagine riflessa e vorrebbe perdersi di nuovo, però appena la trova si ricorda perché è lì, e non c’è tempo da perdere: deve far fruttare al massimo quei dieci Euro. Potrebbe non usarli tutti e comprarsi anche le sigarette, forse. Ma di cicche per terra ne può sempre trovare. Panini, no.
C’è anche la mensa dei poveri, dove danno sempre qualcosa, senza chiedere nulla in cambio, ma lui cerca di frequentarla il meno possibile. Ci andava a servire sua figlia, tanti anni fa. La mensa dei poveri lo precipita nel ricordo di lei e dopo non riesce più a mangiare.
Di nuovo i ricordi…
Basta. Brando sente di avere un sistema sicuro per sfuggire al ricordo: guarda la ragazza al bancone della cassa. Giovanissima, minuta. Pare uno scricciolo. Però lo ha già notato e lo guarda male. Grazie ragazzina, pensa Brando.
Ora deve affrontare la vergogna del proprio aspetto agli occhi di lei e di ciò le è grato. Lei continua a guardarlo male e lui, che adesso le è di fronte, può abbassare gli occhi. Ha ottenuto ciò che voleva: ogni affanno presente è un modo per trascinare avanti il tempo di un poco senza ricordare, senza pensare al futuro remoto, che sarebbe poi questa sera stessa, sui cartoni, al freddo, con il rischio di sognare.
«Dieci hamburger da un Euro» e porge la banconota allo scricciolo, che la prende con due dita e la infila in cassa con una smorfia. Appoggia lo scontrino sul banco, poi si volta, prende un sacchetto, si dirige all’espositore degli hamburger, ne conta dieci di quelli più piccoli, avvolti nella carta, li mette nel sacchetto che poi richiude. Torna verso il bancone.
«Ecco. Non li mangia qua, vero?»
Lui fa cenno di no. E intanto grazie, pensa. Ma non solo perché mi hai servito. Non solo perché non hai chiamato il responsabile del negozio appena mi hai visto: grazie perché mi hai tenuto incollato a questo momento.
Il presente di Brando è tutto qui: soffrire del male che fa meno male.
La vita non è un acquario e non ci sono colori, non più. Ogni istante grigio che Brando riesce a strappare al tempo che passa gli sembra chiaro, in una vita che è nera.
Potrebbe andare peggio.
Brando esce dal locale e va via veloce. Accanto al bancone del bar, nell’acquario, nuotano ordinati tanti dolci colorati.

Re: Il presente di Brando

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[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Ciao queffe.[/font]
Personalmente non amo molto le "istantanee di vita" con un solo personaggio perché rischiano di diventare ripetitivi, dovendo l'autore quasi elencare le azioni del protagonista ("Tizio fa questo, poi va lì, fa quell'altra cosa... ecc."), tuttavia devo dire che, al di là di questo che per me è un limite, il tuo racconto é scritto bene e ci sono anche alcune note interessanti. Una fra tutte: [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]"...soffrire del male che fa meno male." Suggerisce una filosofia, un modo di guardare la vita e gli altri, che sarebbe interessante approfondire senza fermarsi alla descrizione di un personaggio patetico e passivo e del suo "qui ed ora". Voglio dire che apprezzerei una maggiore costruzione del personaggio, che ovviamente potrebbe essere anche solo suggerita attraverso frammenti di memoria della vita passata, delle motivazioni che lo hanno portato a finire in mezzo alla strada oppure un flusso di coscienza in prima persona, solo per fare degli esempi. Una serranda abbassata non basta, é qualcosa che mi aspetto... finire come Brando é un processo che va al di là del fallimento di un negozio. Forse c'entrano i rapporti famigliari? L'orgoglio? La malattia mentale (da cui l'ossessione per i pesci)?[/font]


queffe ha scritto: La superficie dell’acqua rifrange la luce e sul fondo la danza delle piccole onde è una cadenza che divide gli istanti, ma non li lascia distinguere uno dall’altro.
Anche qui é gusto personale... divagazioni semi-oniriche come questa tenderei ad evitarle, anche se io per primo a volte ci inciampo. Mi capita di scriverle "sperando" che il lettore senta quello che sento io perché ho scritto una cosa mega-profonda che solo le persone mega-sensibili riescono a comprendere... ma la verità é che il racconto procederebbe meglio senza. 




Ti segnalo: "Mc Donald's" invece di "[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Mc Donald".[/font]



Aspetto di leggerti ancora! 



A presto,



Riccardo

Re: Il presente di Brando

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BUM!
Un'amorevole mazzata allo stomaco.

Carissimo @queffe, è un piacere trovarti in gran forma con un racconto come questo: un piccolo gioiello di umanità e di disperazione, ben calibrato e autoconclusivo, nonostante lasci aperte innumerevoli tracce di narrazione. Ho cominciato a leggere e già dalle prime righe sono rimasto colpito dalla bontà dello stile: asciutto ed esaustivo, profondo e mai banale. Una qualità che ho trovato sovente negli scritti di Pavese e che qui sembra però impreziosita da un'introspezione psicologica, propria del XXI secolo.
Dicevo che il tuo racconto è un'amorevole mazzata e ora posso approfondire questo concetto: infondi moltissima delicatezza e indulgenza nel raccontare qualcosa di devastante a livello umano. Ti soffermi su immagini molto poetiche (prima fra tutti quella dell'acquario) per raccontare un disagio sociale assolutamente reale e devastante: in questo senso non indori la pillola, non rendi la realtà meno brutta. Come Pavese, la precisione della narrazione lascia intatto il dolore e la solitudine di Brando: un clochard, uno sconfitto, un uomo a cui la vita ha inferto un colpo mortale.
Ma allo stesso tempo c'è anche molta delicatezza, molta indulgenza dietro ogni passaggio.
C'è pazienza nel raccontare per allusioni i vari gradini verso l'abisso che ha sceso Brando: un negozio chiuso, lo spettro di un fallimento, la perdita di ogni cosa, lo spettro di una figlia per cui vergognarsi.
E poi ci sono anche le immagini di un'umanità multiforme e contradditoria: volti generosi e disgustati, pieni di biasimo e di tolleranza.

Incredibile come sia riuscito a inserire così tanti stimoli in così poco spazio. La prova provata di una bravura letteraria maturata sapientemente.
Complimenti davvero.

Unico appunto (minimissimo): per gusto personale, eliminerei giusto un richiamo ai ricordi e al pericolo che costituisce il 'ricordare'.
Dopo averlo ripetuto un paio di volte, perde la sua efficacia. 
Ecco, lo vedi: è davvero un consiglio sciocco :asd:

Complimenti davvero. 10 e lode

Re: Il presente di Brando

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Ciao@queffe ho letto il tuo racconto e ne ho apprezzato vari aspetti.
Il tuo incipit da subito mi ha messa sull'attenti, perché ha preso una cosa ovvia e l'ha resa importante presentandola come una conquista e già da subito ti chiedi il perché di questa scelta. Da subito la lettura è diventata lenta, le tue scelte e il tuo stile mi hanno imposto un ritmo di lettura pacato, che non ho scelto e questo mi è piaciuto, perché sì mi piacciono i racconti classici, ma anche la dilatazione del momento, la densità di contenuto dell'istante. Mi hai imposto un ritmo perfettamente coerente con l'atmosfera del brano, che richiedeva riflessione, empatia.
I dettagli del passato di Brando perdono di importanza, pochi cenni vanno più che bene a parer mio, perché protagonista di questo racconto è il disperato attaccamento all'attimo che Brando sta vivendo, la fuga dal dolore del ricordo che, una volta rivissuto, gli renderebbe impossibile accettare la vita di adesso, o estremamente difficile.
Ogni momento che attraversa è segnato dal costante tentativo di sorvolare sulle difficoltà, mantenersi sulla superficie delle cose per poterle superare. Un autocondizionamento continuo, attivo pure in sogno. La sua è una vita dove anche una sola parola ha un grande peso e lo condiziona.
Il tuo racconto è bello, hai reso protagonista la psicologia di Brando facendole permeare tutto il brano e i piccoli accadimenti, dimostrando di saper dilatare le immagini, in modo originale e profondo.
L'imbarazzo di un'elemosina e un grazie a fil di voce non ascoltato mi hanno toccata per la delicatezza, come mi ha rattristata l'incomprensione della giovane.
La tua storia mi ha suscitato emozione e per questo ti ringrazio. Ti rileggerò senz'altro. <3
"Fare o non fare, non c'è provare." Yoda - Star Wars

Re: Il presente di Brando

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@queffe ben trovato
Questo racconto non ha passato, se non per qualche sporadico accenno, predispone a immaginare un futuro. Mostra il tuo personaggio incatenato esclusivamente al presente, impegnato in una fuga continua da tutto ciò che è stato e che, tra una vetrina sulla quale non teme di specchiarsi e una saracinesca chiusa (uno dei due soli agganci al passato, il secondo è quello riferito alla figlia), si confronta con le comparse dell’umanità: la vecchina che gli porge 10 euro e la banconista del McDonald che, pur storcendo il naso, gli serve gli hamburger.

Bella la frase
queffe ha scritto: Grazie» risponde allora Brando con un filo di voce, ma lei non sente già più.
Brando pensa a quelle parole: gli fa piacere che la donnina abbia detto “Non si offenda”, gli fa sembrare di avere ancora una dignità.
Significativa quest'altra (purtoppo non riesco a quotarla)

Appoggia lo scontrino sul banco, poi si volta, prende un sacchetto, si dirige all’espositore degli hamburger, ne conta dieci di quelli più piccoli, avvolti nella carta, li mette nel sacchetto che poi richiude. Torna verso il bancone.

«Ecco. Non li mangia qua, vero?»


Non conosciamo l'antefatto ma possiamo percepire tutto il dolore di quest'uomo per il suo trascorso, ben superiore alla condizione attuale. Il tormento per la figlia è uno di quei mostri/ricordi cui sfuggire. Il ritmo volutamente lento mi sembra una bella contrapposizione al ritmo incalzante che invece potrebbe avere la vita normale.  
Infine, svegliarsi per non sognare credo sia uno dei culmini del dolore che il passato è in grado di causargli.
Racconto intenso che, sebbene incompleto nelle notizie fornite al lettore, possiede una coinvolgente carica emotiva. La ripetizione di "potrebbe andare peggio", che risulta consolatoria per il tuo personaggio, rimanda invece al lettore un'immagine di sconfitta senza risoluzione. 
Scrittura godibilissima, asciutta ma non scarna.

Al tuo Brando poteva andargli peggio, ma al tuo racconto non poteva andare meglio. 
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