Lanzichenecchi, monatti e uomini cattivi

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In un ebook di storia c’era un’immagine che mi affascinava. Il ritratto di un lanzichenecco.
La divisa sgargiante, i baffoni, la lancia in pugno. Ci spiegavano che erano stati mercenari violenti con una condizione igienica da far schifo.
Uomini cattivi.
Avevano fatto casino a Roma non ricordo bene quando. Un sacco di morti, di saccheggi, di stupri, e avevano diffuso la peste.
Saccheggiatori violenti e luridi. Mi piaceva.
C’era qualcosa di stimolante nella loro attitudine. Forse era la libertà, selvaggia e dannata. Libertà di ammazzare, rubare, violentare, persino di spargere un’epidemia.
Quindi restavo a fissare il ritratto del lanzichenecco e fantasticavo.
Oggi non lo farei.
Mica ci pensavo alle migliaia di morti che ingolfavano Roma. Ai morti ci pensi solo quando devi averci a che fare, e non è per nulla piacevole.
Seba mi richiamò.
Stavo pensando troppo. Tornai a guardare il cadavere, il volto gonfio, riempito di pustole rosse. Le mosche gli danzavano addosso.
Mi chinai e i campanelli tintinnarono. Ce li avevo legati alle caviglie, ai polsi, al collo, così la gente sapeva chi ero e cosa facevo. Tintinnarono parecchio quando trascinai il cadavere dentro il bus per adagiarlo sopra un sedile. Era il primo passeggero.
Seba ripartì.
Anche lui aveva i campanelli. Ci avevano spedito in missione, c’era da recuperare un po’ di appestati, laggiù. C’eravamo arrivati con il pullman, aveva guidato Seba.
Viaggiare non era facile. C’erano cumuli d’immondizia sparsi sull’asfalto, e ogni tanto qualcuno si metteva di traverso, cercava di fermarci per chiedere aiuto (o fotterci, le ipotesi sono sempre due). Una volta arrivati bisognava avanzare piano, fermarsi dove c’erano morti da trascinare a bordo, dove c’erano case da liberare e gente ancora viva da aiutare.
I gabbiani cloacali bazzicavano sulle strade per strappare bocconi dai cadaveri. Se li litigavano con gli altri uccelli, si alzavano in volo al nostro passaggio. Nell’aria svuotata dai rumori umani, prestavo ascolto ai versi degli uccelli. Avevano un loro linguaggio, sembravano scambiarsi l’allegria di avere la pancia sempre piena.
Era la prima volta per me, la prima missione, il primo viaggio lontano da casa perché potevo rendermi utile. È bello rendersi utili. Puoi farlo se c’è una pandemia e tu sei immune.
Dai tempi dei lanzichenecchi si sono sparse parecchie pandemie. Questa non fa differenza.
Da quello che mi hanno raccontato i miei – e per esperienza da quando mi sono fatto grande abbastanza per capire che non viviamo in un mondo di supereroi, tutti con le maschere e la tuta – ce n’è stata una ogni anno nelle ultime quattro decadi. Il governo sanitario ogni volta spiega le differenze tra un virus e l’altro, ma secondo me, alla fine, differenze non ce ne sono.
La gente crepa, punto.
Anche Seba faceva il monatto perché immune. A quelli come noi non devono bucare le braccia ogni stagione per iniettare vaccini.
Siamo nati pronti.
Siamo noi i veri supereroi, senza maschere e tutte. Solo i campanelli.
Era un tipo particolare, Seba. Lo si poteva definire un filosofo. So che passava il tempo libero a leggere romanzi. Bisogna nutrire la mente intanto che il corpo si logora, gli piaceva dire.
Durante il viaggio mi disse: Hai notato quanto si parla di oscurità? Viviamo tempi oscuri, dobbiamo resistere all’oscurità, è una lunga notte… poi ti ripetono “torneremo a vedere la luce”… Oscurità e luce, la metafora più banale, ma la più utilizzata quando l’umanità si trova al limite. Davanti al pericolo, alla morte, quando la paura paralizza, ecco che tirano in ballo l’oscurità. Non capiscono niente, proprio niente.
Era uno dei suoi monologhi strani. Parlava spesso del lato oscuro. Forse perché il nostro era un tempo nero come la pupilla di uno squalo.
Accostammo davanti a un palazzo, scendemmo come normali viaggiatori a una fermata. C’era odore rancido di carne, di morte e di merda.
Salimmo, quattro piani da fare a scale. Sul pianerottolo del primo trovammo un morto. Era steso di schiena, nudo. Un uomo, i capelli bianchi, il fisico ridotto male dai troppi anni vissuti e pieno di pustole rosse.
Seba suonò a una porta. Mi guardai intorno, le pareti erano bianche, un topo trotterellò verso il morto e l’annusò.
Quello non lo raccogliamo? chiesi.
Seba scosse la testa.
Non ho mica intenzione di caricarmeli tutti.
Qualcuno aprì la porta. Era un uomo sulla cinquantina, aveva la faccia riempita di pustole. Le estremità delle dita con cui si reggeva alla porta erano rosse.
Serve una mano? gli domandò Seba, cordiale. Possiamo trasportare i malati, c’è posto nel lazzaretto.
L’uomo ci fece entrare, biascicò di figli e moglie. Il vecchio lì fuori era suo padre.
La casa puzzava da vomitare.
Una donna era stesa sul divano, in preda alla febbre. Un ragazzo della mia età occupava una poltrona, anche lui stava messo male.
L’uomo tossì, indicò donna e ragazzo con la mano, Seba gli disse ok.
Mi avvicinai alla donna, aveva la faccia tempestata di piaghe, rantolava.
Da una stanza adiacente, forse la cucina, spuntò una ragazza. Era bionda, come la donna sul divano, carina se non fosse stato per le piaghe, anche se ne aveva solo un paio sulle guance e un altro paio sulla fronte. Portava una bacinella piena d’acqua con una pezza dentro.
Ci pensiamo noi, le dissi. Se ci aiuti portiamo giù tua madre, poi…
La bacinella le sfuggì e cadde sul pavimento.
Pensai stesse male, ma con la coda dell’occhio vidi il movimento. Seba accoltellava l’uomo infierendo sul fianco. L’uomo scivolò a dissanguarsi in terra lasciando sul muro un’ombra rossa.
Seba si mosse rapido, come se ci fosse abituato. Diede un pugno alla ragazza e la spedì sul pavimento, poi si buttò a cavalcioni sul ragazzo in poltrona. Vidi il braccio di Seba sollevarsi e abbassarsi rapido, gli schizzi di sangue accompagnavano le coltellate.
Finì con la donna.
Io non mossi un muscolo, non dissi una parola. Seba, con l’affanno, mi diede delle indicazioni.
Rovistiamo un po’ in giro e prendiamo quello che serve. Soldi, gioielli, roba così. E poi c’è lei.
Indicò la ragazza in terra. Cercava di sollevarsi premendo sui gomiti. Seba le piazzò un calcio sul mento.
Meglio farsela, non è troppo marcia, disse. Inizio io. Tu intanto vai nelle stanze, cerca nei cassetti.
Si mise sopra la ragazza, si tirò giù i calzoni, si piegò su di lei per strapparle i vestiti. La ragazza fece un blando tentativo per respingerlo e Seba le mollò un cazzotto che sembrò strapparle la faccia.
Mi resi conto che Seba non era un monatto. Era un lanzichenecco.
Provai un formicolio al ventre mentre la violava. Poco prima mi ero chiesto come potesse avere un’erezione in quel momento. Voglio dire, non c’era nessun calore, nessuno stimolo se non la lotta contro la resistenza dell’altro corpo.
La risposta venne con i primi segni dell’erezione.
Era come per i lanzichenecchi. L’idea dello stupro, della violenza, mi eccitava.
La libertà, selvaggia e sporca libertà.
Mi allontanai e mi infilai nella stanza in fondo al corridoio. Era una camera da letto, e sul letto ci crollai. La vista dei morti appestati non era niente in confronto a quella dei morti ammazzati.
Sentii nel salotto i campanelli di Seba suonare a ritmo. Allora, cercando di non pensarci, mi misi a rovistare nei cassetti.
Tornai da lui solo quando mi chiamò.
Aveva sgozzato la ragazza e frugava nelle tasche del padre.
Straccione del cazzo, si lamentò mostrandomi un pugno di monete. Tu che hai trovato?
Gli passai i gioielli.
Questi sono della moglie, disse. Roba di bigiotteria. La bionda qui avrà qualcosa di meglio. Ah, scusa se non te l’ho lasciata, ma quando ho finito è finita, sai com’è…
Annuii, anche se non sapevo com’era. Non ancora.
Seba cercò un poco in giro, poi si decise a tornare al pullman lasciando perdere gli altri piani.
Girammo per un po’ nella zona, lì dove Seba pensava di poter fare bottino. Rividi la stessa scena più volte, ma sempre da spettatore.
Non volevo sapere ancora com’era.
Poi tornammo a casa, con i morti che occupavano i sedili del pullman. Mentre viaggiavamo Seba riprese a filosofeggiare, tranquillo.
Mi chiedo perché la parola oscurità abbia un significato così negativo per la gente. Le persone dicono “quell’uomo ha un lato oscuro”, oppure dicono “allontaniamo l’oscurità dal nostro cuore”. Cose così.
Intendono il male. L’oscurità rappresenta il male, dissi.
Eppure, se metti il naso all’insù adesso cos’è che vedi?
Il cielo, la notte.
Quindi vedi l’oscurità. La notte è fatta di oscurità, tra una stella e l’altra e intorno alla luna e ai pianeti. Tutto l’universo è per lo più oscuro. Significa che l’universo e tutto quello che contiene appartiene al male? Non credo. Ai poeti piace la luna, li ispira. Gli astrologi indovinano il destino leggendo le stelle, e per le donne è una roba romantica osservare un bel cielo stellato. A nessuno di loro mette la minima paura tutta quell’oscurità lassù.
È solo una metafora per rappresentare il male e la cattiveria dell’uomo, dissi.
E io ti dico che un uomo è cattivo perché vuole esserlo, non c’entra niente l’oscurità.
Mi guardò.
Lo so perché io sono un uomo cattivo.
Divoratore di mondi

Scrivo cose: amzn.to/3i6ILsS

Re: Lanzichenecchi, monatti e uomini cattivi

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Dietro la crudezza della narrazione e delle immagini dei tuoi racconti si cela sempre, mi è parso, il tentativo di dare una risposta agli orrori del mondo, alle domande che rimangono inevase, al dolore che sembra non avere mai una spiegazione accettabile. La risposta non c'è, perché probabilmente (razionalmente) non esiste; oppure la risposta consiste nel continuare a farsi queste domande che tu ti fai.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmCi spiegavano che erano stati mercenari violenti con una condizione igienica da far schifo.
Le informazioni derivano dell'ebook citato al primo rigo: eviterei pertanto qui il verbo al plurale, e scriverei "Il testo spiegava".
La frase "mercenari violenti con una condizione igienica da far schifo" mi appare un po' disordinata; si potrebbe scrivere  "violenti e sporchi da far schifo", ma poco oltre usi il nesso "violenti e luridi", molto simile. "In condizioni igieniche" mi pare un buon compromesso.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmQuindi restavo a fissare il ritratto del lanzichenecco e fantasticavo.
Oggi non lo farei.
Si potrebbe specificare in quale periodo della vita dell'io narrante si manifestava l'attrazione per i lanzichenecchi. Addirittura il racconto potrebbe iniziare con "Da ragazzo, in un ebook...".
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmlaggiù
Questa indeterminatezza del luogo è bella e ci sta bene.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmdove c’erano case da liberare e gente ancora viva da aiutare.
A fine lettura l'ironia di questa frase apparirà amarissima.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmÈ bello rendersi utili. Puoi farlo se c’è una pandemia e tu sei immune.
Questo è un racconto traghettato qui dal WD, quindi dalla data non capisco se pre- o post-covid. Se pre-, è interessante come alcuni elementi di cui tratti siano ormai entrati nel nostro quotidiano.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmSiamo noi i veri supereroi, senza maschere e tutte. Solo i campanelli.
Tutte/Tute, piccolo refuso. I monatti intesi come supereroi è un'intuizione singolare che mi sembra giusta.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmQuello non lo raccogliamo? chiesi.
Seba scosse la testa.
Non ho mica intenzione di caricarmeli tutti.
Ecco che l'idea del monatto/supereroe già viene incrinata.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmuna mano? gli domandò Seba, cordiale. Possiamo trasportare i malati, c’è posto nel lazzaretto.
Terribile questa affermazione, che verrà tragicamente disconosciuta un attimo dopo.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmMi resi conto che Seba non era un monatto. Era un lanzichenecco.
Bello.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmQuindi vedi l’oscurità. La notte è fatta di oscurità, tra una stella e l’altra e intorno alla luna e ai pianeti. Tutto l’universo è per lo più oscuro. Significa che l’universo e tutto quello che contiene appartiene al male? Non credo.
Una considerazione, quella di Seba,  articolata e molto interessante.
Simone Volponi ha scritto: ven gen 01, 2021 6:10 pmE io ti dico che un uomo è cattivo perché vuole esserlo, non c’entra niente l’oscurità.
Mi guardò.
Lo so perché io sono un uomo cattivo.
Originale questo finale: di solito si cerca sempre di motivare le azioni violente e mostruose, di trovare dietro di esse spiegazioni di varia origine. Qui è tutto molto semplice: vi è la scelta razionale di comportarsi in modo disumano e perverso. E spesso la semplicità corrisponde alla verità.
Grazie per la lettura, @Simone Volponi.
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