[N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Amicizia - fuga - tradimento
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Marco amava passeggiare di notte

Marco amava passeggiare di notte, alla penombra arancione dei lampioni, in special modo lungo le strade di periferia. I palazzoni squadrati, sotto le stelle, lo guardavano bonari da serrande abbassate a metà come palpebre di finestre sonnolente. Persino il fruscio delle macchine sembrava il russare di venti lontani.
Com’era diverso, di notte. Marco poteva attraversare i cortili interni dei parchi residenziali e fermarsi ad annotare mentalmente le scritte sui muri, o giocare a indovinare l’età dei condomini dal volume dei televisori ancora accesi, il loro sesso dalla biancheria lasciata appesa all’umido della sera. Spiava, dalle grate esterne delle cantinole, corridoi illuminati da neon e ingombri di ogni sorta di cianfrusaglia. Da quella si poteva capire se lì ci abitassero bambini, sportivi, amanti del mare o della montagna, ciclisti, musicisti, radioamatori. A dirla tutta anche blatte e topi. Molte erano le cose che l’archeologia degli scantinati gli svelava.
Se incontrava gente, si trattava di anziani proprietari di cani, o di qualcuno uscito di casa in ciabatte per buttare la spazzatura. Li salutava con un cenno del capo e quelli ricambiavano per poi strascicare indietro verso casa, coi pensieri già poggiati sul cuscino.
Insomma, nessuna gang armata, niente che lo intimorisse: la periferia è pericolosa di giorno, coi tossici che ti vengono a rompere i coglioni per pochi spicci, e guai a curiosare, ma di notte rivela un volto gentile.
Così Marco se ne andava, le spalle coperte dallo sguardo della luna, a rovistare tra le vite della gente semplice. Di rimanere a casa a chattare su Instagram, come facevano gli altri, postando storie e controllando ossessivamente reazioni e visualizzazioni, proprio non ne aveva voglia. I suoi scantinati, almeno, erano veri, li guardava coi suoi occhi.

Fabio non era dello stesso avviso. Secondo lui negare realtà al virtuale, oramai, era sintomo di scarso realismo. Il passeggino senza una ruota che Marco aveva visto dalla grata del palazzo n. 7/A di via Einstein – sosteneva - è meno reale della foto in cui Fabio si paracaduta nella centrale di Zaporizhzhia sotto attacco. Tante visualizzazioni a una. Poco importa che fosse un fotomontaggio fatto male, e pure senza consapevolezza politica. Invece, quelle di Marco, erano visioni fugaci, non se ne conservava traccia, non c’era contatore o misuratore che tenesse conto del successo dell’esperienza appena fatta. Dove dunque andavano mai a finire le sue passeggiate? Svaporavano. Esse est percepi, ripeteva Fabio, fresco di lezione.
«Come fai a giudicare se non vieni almeno una volta a vedere?», aveva detto Marco all’amico, usciti da scuola. Era più un argomento retorico che un invito vero: Fabio di quella cosa non ne voleva sapere.
«È una cosa da strambi», gli aveva infatti risposto. E mentre diceva così tradiva una doppia irritazione. Fabio era stanco di doversi risentire in sua vece a certe allusioni dei compagni. Sembrava che Marco si compiacesse a fare l’eccentrico, o quantomeno che non si curasse affatto della considerazione degli altri. Ma soprattutto, di girare di notte per quei posti di merda Fabio aveva paura. Aveva allora rilanciato: «Perché non facciamo il contrario? Esci tu con me, una volta tanto. Fai sta cosa nuova, vieni in mezzo alla gente!»
Marco, in mezzo alla gente, provava un disagio che non sapeva spiegare. Una sorta di male fisico che gli prendeva allo stomaco e alle gambe. Altro che pericoli della periferia, era delle persone comuni che Marco aveva timore. Ma come spiegarlo a Fabio, se non riusciva a spiegarlo per bene nemmeno a se stesso?
«Ok», aveva detto, stupendo l’amico. Era stanco di inventarsi scuse, soprattutto nei propri confronti.
Si erano allora dati appuntamento per la sera stessa. Era un sabato. Si sarebbero incontrati al BarAonda, lungo il viale dei locali. Poi si erano salutati, ognuno incamminandosi verso la fermata del proprio autobus, con umori opposti. 

Il marciapiede antistante al bar era un allevamento di polli in batteria. Avanzando nel cicaleccio generale, Marco evitava gli sguardi.
I ragazzi, affastellati in gruppetti, gli sembravano diversi. Al mattino mostravano smorfie di sonno e assumevano espressioni imbarazzate alle interrogazioni. Ora invece c’era su loro come una patina di malizia, un che di stregonesco negli sguardi. Subivano la trasformazione inversa a quella dei rioni: candidi di giorno, luciferini la sera. Da dove la prendevano quella sicurezza con cui si stagliavano tra i neon dei locali e gli altri simili, messi in cerchio a ridere come pronti per il Sabba? Marco non ci era abituato. Le loro risate alludevano a qualcosa che a lui era precluso, che non conosceva bene, che non capiva.
Come si entra in un cerchio a ridere? Mentre pensava queste cose, si sentì toccare da dietro: era Fabio, che lo tirava verso il suo gruppetto.
Adesso era in cerchio anche Marco, ma non ci sapeva stare. Fabio lo presentò ai suoi amici, questi gli sorridevano, parlavano, di tanto in tanto cacciavano di tasca i cellulari per mostrare video, ridevano. Marco invece non parlava, e se ogni tanto accennava a una risata lo faceva fingendo. Quando era tra i palazzoni di periferia poteva rubare suggestioni senza dover rendere nulla in cambio. Nel cerchio, invece, ci si aspettava interagisse. Ma che doveva dire? Cosa doveva raccontare?
Quegli altri si cavavano di impaccio ricorrendo alle foto o alle storie di Instagram, riproducendo in loop il video del gatto che articola il suono “coglioooone”. Bastava questo al ragazzo che gli si era presentato come Alessio per riuscire a far ridere la tipa brunetta, Marzia, di quel riso allusivo che a Marco provocava inquietudine.
Sì, per stare in cerchio bisognava diventare un po’ idioti, o non avere pudore di esserlo; doveva essere questo il patto faustiano. Tant’è che persino Fabio, che scemo normalmente non era, si prestava al gioco e faceva lo spaccone, sempre sotto gli occhi compiaciuti di Marzia, mostrando le foto della palestra, poi addirittura calandosi a fare le flessioni, mentre qualcuno faceva il video.


Venti minuti. Tanto aveva resistito Marco in compagnia degli amici di Fabio. Senza dir niente, mentre quest’ultimo era faccia al marciapiede, era scivolato nella calca e si era messo a camminare. Non per andare in un luogo preciso, quanto per allontanarsi da lì.
Quand’è così si tende a seguire sempre gli stessi percorsi, e alla fine, anche quella sera, quella che avrebbe dovuto fare eccezione, Marco si era ritrovato ad attraversare i complessi condominiali ben noti, a leggere le scritte imparate a memoria, a sentirsi protetto dal silenzio del cemento.
Nessuno che potesse osservarlo, nessuna aspettativa sul fatto di dover parlare e interagire, nessuna voce a incalzarlo. Tranne la sua, quella che lo stava interrogando e accusando: possibile mai gli risultasse un’impresa ciò che per il resto del mondo è svago? Trovava pace nell’amicizia degli arredi urbani: aveva ragione Fabio, era uno strambo.
Eppure, che noia gli argomenti dei suoi coetanei. E che poesia scovava a volte nei particolari che non ti aspetti di un muro scrostato… Uno strambo, di sicuro, davvero uno strambo.
All’altezza del parcheggio di Porta Nuova si imbatté nella barbonessa.
La incontrava non di rado da quelle parti. L’aveva ribattezzata così, in testa sua, per via dei suoi modi quasi aristocratici. Era una senza tetto a suo modo riservata; altri li vedevi urlare o trascinarsi barcollando, lei no. Aveva una sua panchina e vi sistemava le cose con ordine, piegando gli indumenti e disponendo il cibo con criterio.
Certo, era pur sempre una senza tetto, e certi comportamenti, giocoforza, di aristocratico non avevano nulla. Come calarsi le braghe e orinare in un’aiuola.
Probabilmente non si era accorta di Marco, altrimenti avrebbe atteso che passasse oltre. Tant’è, ora gli mostrava il sedere.
Marco si voltò, allontanandosi dallo spiazzo. Aveva una sua personale etica, riguardo alle passeggiate notturne: se voleva essere accolto dai quartieri, non doveva disturbarli. Poteva curiosare indisturbato finché lo avesse fatto con rispetto.
E però…
Però quella sera per la testa gli girava un rimprovero che non gli dava pace.


L’aveva fatto, e adesso si sentiva un ladro. Mentre trottava verso il centro, le serrande a mezza altezza dei palazzoni sembravano guardarlo accigliate.
Era davvero di nuovo in centro che stava andando? Era lì che voleva andare? Stava tradendo i suoi palazzi?
Era lì che doveva andare, piuttosto! È con gli altri ragazzi che deve stare un diciassettenne, non con le panchine e i barboni, Cristo santo! E così rimproverandosi, Marco accelerava il passo nel timore di non ritrovare più la comitiva, e che ciò che aveva fatto fosse vano.
Arrivato al BarAonda, il gruppo era ancora lì, inalterato. Si avvicinò a Fabio pensando di dover giustificare la sua scomparsa, ma non ce ne fu bisogno: non se ne era accorto.
Di nuovo nel cerchio. Di nuovo la sensazione di non saper cosa dire e come dirlo.
Provò a imitare il rituale. Cacciò il cellulare di tasca. «Guardate qua», balbettò. Sentiva che a fare quei gesti fosse un altro, e lui guardava da fuori. Anche il gruppo, ora, poteva ammirare il culo della barbonessa che piscia nell’aiuola, mandato a loop. Qualcuno ridacchiò. Qualcun altro disse a Marco che ci doveva fare una storia. Marco la fece.
Poi, d’un tratto, Alessio tese il braccio e attorno a lui si formò un capannello. Marco sulle prime pensò si trattasse di erba, perché i tre o quattro che lo attorniavano stavano curvi e nascondevano con le schiene cosa avesse in mano. Ogni tanto mandavano grida di stupore o bestemmiavano.  Sembravano voler tenere lontano Marzia. No, non poteva essere erba, era sempre quel maledetto cellulare, sempre dei video, a quanto pare più interessanti del suo, che per qualche strana ragione non volevano mostrare a tutti. Fabio, ad esempio, non era tra gli iniziati, per cui Marco si stupì quando lo invitarono a guardare.
Erano filmati di gente che si ammazzava. Suicidi che, nell’andarsene all’altro mondo, avevano sentito l’esigenza di filmarsi. Chi si sparava in bocca, facendosi esplodere il cranio, chi si tagliava i polsi e aspettava, chi si lanciava dal settimo piano. Si trattava di un gruppo russo illegale di Telegram, disse Alessio.
«Porca M******, hai visto questo!»
«D** cane!»
Poi qualcuno con voce in capitolo intimò di mettere via quella roba e il gruppo, compreso Marzia, compreso Fabio, si rifece compatto attorno ai sani stupidi argomenti consueti. Tranne Marco, che se ne era di nuovo scappato.

La storia non era rimasta online che una mezz’ora, l’aveva cancellata appena allontanatosi dal gruppo. E lui non aveva poi un gran seguito, su Instagram. Cionondimeno, adesso che non vi si recava più con animo quieto, Marco capiva come le strade della periferia potessero spaventare. Ogni angolo in penombra poteva nascondere un’insidia, da quando le cose non lo guardavano più con benevolenza.
Attraversò i cortili come un impostore. Tutto si era fatto più tetro, la sua oasi di pace era perduta.
Arrivato al parcheggio, la rivide, la barbonessa. È a quel punto che decise di tornare a casa. Mentre si voltava, a Marco parve che lei gli sorridesse, e questo gli fece ancora più male.







Scrittore maledetto due volte

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmInvece, quelle di Marco, erano visioni fugaci,
C'è una virgola di troppo, tra "Marco" ed "erano"

Leggo il tuo racconto tra i primi, attirato dal titolo, e infatti non resto deluso. È un racconto che avrei voluto scrivere io, tanto mi è piaciuto e tanto sento vicino, almeno fino al momento in cui Marco fa il video. Hai colto benissimo il mondo sospeso nel tempo che costituisce la notte. Più che altro perché sono letteralmente Marco, almeno fino a quel momento. Le uniche differenze sono che io non mi chiamo Marco e che mi piace andare in luoghi diversi, e non nello stesso tutte le notti; per il resto, due fotocopie.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmQualcun altro disse a Marco che ci doveva fare una storia. Marco la fece.
Fortuna non uso social network  :grat:
Molto doloroso il finale. Mi è dispiaciuto vedere rompersi la magia attorno al personaggio di Marco; mi ci ero immedesimato così tanto che, nel momento in cui ha fatto quella scelta, sono rimasto interdetto, come a dire "be', dove sta andando il racconto? Perché non parla più di me?"  :asd:
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pm«Porca M*****, hai visto questo!»
«D** cane!»
Occhio. Realistico è realistico, come linguaggio, ma siamo su un forum che ha delle regole. Tempo fa anche io avevo scritto una bestemmia o due in un dialogo e ho dovuto togliere. Senti gli staffer, magari puoi editare questa parte e tenere il resto del racconto, sarebbe un peccato vederlo tutto buttato giù per una sciocchezza così
Be', insomma, scusa per lo sproloquio personale, ma mi hai colpito in pieno 
Buone feste, continua così  :love:

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Ciao @Edu . Un pupazzo (non di neve) ritrovato dopo tanto!  Era molto che non leggevo qualcosa di tuo e mi ha fatto molto piacere.
Detto ciò, credo che tu abbia usato gli ingredienti alla perfezione, soprattutto mi ha colpita come hai gestito l’ingrediente tradimento. Non era facile senza scadere nel banale e tu lo hai fatto in modo egregio.
L’assenza di dialoghi non mi ha disturbato. Il narrato si snoda fluido e tensivo. 
Descrizioni accurate forse a tratti un po’ troppo cariche di similitudini, ma in ogni caso, non pesanti.
Il pdv, tranne in un punto che mi ha fatta inciampare nella lettura, è ben fisso su Marco e aiuta a entrare in empatia col ragazzo. 
Ecco il punto che “stona”. Fai intervenite un narratore onnisciente e passi al punto di vista di Fabio. Avresti potuto evitarlo perché dal testo si capisce bene quale sia il pensiero dell’amico nei confronti di Marco anche senza esplicitarlo. Non so se mi sono spiegata.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmÈ una cosa da strambi», gli aveva infatti risposto. E mentre diceva così tradiva una doppia irritazione. Fabio era stanco di doversi risentire in sua vece a certe allusioni dei compagni. Sembrava che Marco si compiacesse a fare l’eccentrico, o quantomeno che non si curasse affatto della considerazione degli altri. Ma soprattutto, di girare di notte per quei posti di merda Fabio aveva paura. Aveva allora rilanciato: «Perché non facciamo il contrario? Esci tu con me, una volta tanto. Fai sta cosa nuova, vieni in mezzo alla gente!»
L’incipit è strepitoso, la chiusa finale, molto amara, perfetta a mio gusto  per la storia che hai elaborato. La parte centrale in alcuni tratti un po’ ridondante. 
E poi, no, le bestemmie, no. Sono una frustata. È vero, i ragazzi parlano così ma, se tu avessi usato altre espressioni pecorecce o volgari, avresti raggiunto ugualmente lo scopo forze sollevando meno “scalpore”, certo.
L’idea che i ragazzini si condividano i video dei suicidi è puro terrore. Lo hai reso benissimo.
Insomma, il racconto è forte, scritto benissimo, colpisce e valorizza ottimamente gli ingredienti scelti. Eccellente. 
Buon anno! 

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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@Edu 
Ciao, Edu. Un racconto non semplice, che lascia piste di informazioni e considerazioni sulle quali ritornare, ripercorrendole per capire meglio in che cosa ci si è riconosciuti e in cosa no, che cosa abbiamo apprezzato di più e che cosa un po' meno. Innanzitutto mi sono familiari quel tipo di sensazioni da passeggiata notturna e non, il piacere spirituale che si ricava dalla presenza delle persone intorno anche quando non si interagisce con loro. Forse soprattutto quando non si interagisce con loro (anche se, a ben vedere, una forma di scambio c'è perché come noi si osserva furtivamente gli altri, così qualcun altro, sicuramente, osserverà noi), e ci si riconosce nei particolari altrui, nell'umana e complessa diversità della condizione altrui, con l'obbiettività di chi non deve rendere conto delle proprie considerazioni, anzi, forse la totale libertà di non doverle nemmeno formulare, quelle considerazioni. Lasciarsi riempire gli occhi e la mente da quel caleidoscopio di esistenze apparentemente tutte uguali e invece no, tutte diverse. Non è difficile, infine, comprendere che il piacere che si prova è quello di veder riconosciuta la propria diversità, la propria solitudine, respirando di sollievo nel momento in cui si allenta la pressione dei giudizi inevitabili formulati dalle persone che frequentiamo e che comprensibilmente ci vorrebbero uguali a loro perché così è più facile interagire. Forse perché diversamente è impossibile interagire, perlomeno non nel modo superficiale e banalotto a cui siamo abituati. Tutta la parte del racconto che descrive il contesto di queste passeggiate e di conseguenza il contesto dell'habitat interiore di Marco, l'ho apprezzata molto, ma ho apprezzato anche quasi tutto il resto.
I passaggi forse più deboli (ma deboli non è la parola giusta, anche perché stiamo parlando di un mio punto di vista, di una mia sensazione al riguardo, che probabilmente nulla ha a che vedere con l'economia del racconto) sono quelli in cui Marco non usa lo stesso distacco, la stessa imparzialità, nei confronti del gruppo. E' sacrosanto, da parte sua, non riconoscervisi, ma nemmeno nelle scelte di vita della barbonessa (o nella condizione a cui l'hanno costretta gli eventi; o negli eventi che l'hanno costretta a quelle scelte di vita, e comunque splendido nomignolo) probabilmente si riconosce. Eppure, fino a che non mette il piede in fallo nella propria debolezza e scopre di non essere poi così diverso (intendo nel bisogno di aggregazione, di sottrarsi alla fatica di vivere in costante presenza di sé stesso) dal gruppo, usava nei suoi confronti (della barbonessa) una deferenza maggiore, una maggiore capacità di distacco. Certo, è comprensibile. E' l'interazione stessa, il confronto, che ci spinge al giudizio, alla critica e alla condanna (ed è soltanto la maturità dell'esperienza, non scontata, che ci permette di interagire senza giudicare). Marco ha diciassette anni e tutta una vita davanti, si auspica, per sbagliare e imparare dall'ascolto di sé stesso. Insomma, temi non semplici che il tuo racconto vanta il merito di sollevare. Ottimo  lavoro.
Perdonami la lunghezza del commento, però volevo postare una cosa e mi serve così. La prossima volta prometto di essere più sintetico.
PS. Qui sono d'accordo con Fabio.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmSecondo lui negare realtà al virtuale, oramai, era sintomo di scarso realismo.
anche se poi lui usa la considerazione in modo distorto, mettendosi allo stesso livello di quelle povere deficienti che si tolgono le mutande su Instagram. Alla prossima!  :super:

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Un racconto triste, che focalizza i disvalori di pochi (ma troppi) giovani d'oggi, impreziosito da alcune perle del tuo stile di scrittura, carerrimo @Edu , come queste:
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmil fruscio delle macchine sembrava il russare di venti lontani
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmstrascicare indietro verso casa, coi pensieri già poggiati sul cuscino
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmle spalle coperte dallo sguardo della luna,
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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ciao @Edu. La voce narrante hi il timbro giusto. Riesce a valorizzare la personalità di Marco. Il tuo è un racconto basato solo su questo, appunto. Un racconto di atmosfera: come una musica da camera... Bisogna immergersi  per poterlo apprezzare senza finire per annoiarsi. Non sei nuovo a queste storie basate su descrizioni metropolitane, scene di vita urbane, suggestioni melanconiche. Marco non l'ho capito appieno: non so se è uno spirito puro, o uno disadattato. Forse è entrambe le cose.  Ciao e a presto
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Ciao @Edu piacere di rileggerti. Un pezzo di un'amarezza e tristezza inaudita. Scritto con maestria. Anche Marco non ha resistito, ma mi sembra che si sia pentito presto. Chissà quanti nel cerchio sono come Marco; si sono ritrovati lì solo per paura di essere giudicati. isolati e magari bullizzati.  Secondo me, molti.
Scritto con particolare sensibilità nella descrizione delle atmosfere e personaggi.  Forse, ma parlo solo per gusto personale, mi sarebbe piaciuto assistere a una sferzata, una trovata spiazzante, destabilizzante, in mezzo a questa tristezza dei tempi moderni.
Piaciuto.
A rileggerti

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Uh uh, quanta roba. Scrivi cose che toccano da vicino, soprattutto se si hanno i giovani intorno. E usi una scrittura dai toni sommessi (anche nel turpiloquio), che contrasta con l'aggressività dei temi trattati. Lo sai che mi pare diversa la tua scrittura da quando sei tornato? Anche nel racconto di Michele che si perde tra le montagne ho notato tonalità ovattate, e mi domando: sei alla ricerca di uno stile sussurrato, quasi fioco, o il bisbiglio che si sente è il rumore di fondo che preannuncia l'uragano? 
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmi cortili interni dei parchi residenziali
Non sono riuscita a capire cosa siano, perdonami.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmSpiava, dalle grate esterne delle cantinole, corridoi illuminati da neon e ingombri di ogni sorta di cianfrusaglia.
Ehi, pure io!
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pm– sosteneva -
Una sciocchezzuola: ti è sfuggito il trait d'union in luogo del trattino medio.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmEsse est percepi
In corsivo.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmFai sta cosa
Mi pare preferibile scrivere 'sta cosa, con aferesi.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmpossibile mai gli risultasse un’impresa ciò che per il resto del mondo è svago?
Che fatica il vivere.
Edu ha scritto: lun dic 26, 2022 8:40 pmE che poesia scovava a volte nei particolari che non ti aspetti di un muro scrostato… 
Vero. Tanto che già da un bel po' se ne sono appropriati gli interior designer e ci arredano le case dei ricchi.

Sempre bello leggerti, @Edu. Un saluto e auguri.
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Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Ciao @Kasimiro , grazie del passaggio
Kasimiro ha scritto: gio dic 29, 2022 7:07 pmForse, ma parlo solo per gusto personale, mi sarebbe piaciuto assistere a una sferzata, 
Eh, ma temo che il tema (scusa la cacofonia) sia proprio la difficoltà di Marco a rapportarsi a una realtà che è come è e sembra destinata a non cambiare... non so se mi sono spiegato... insomma, è ineluttabile

Ciao @Ippolita e auguri a te. 
Ippolita ha scritto: ven dic 30, 2022 7:45 pmLo sai che mi pare diversa la tua scrittura
Ma sai che era un po' che non scrivevo, e mi sento anche un po' ingranchito... credo che essendoci stata una cesura sia cambiato un po' l'immaginario attuale.
Grazie a entrambi, a rileggerci
Scrittore maledetto due volte

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Mio caro @Edu 
 
Questo racconto è di rara bellezza.
Il ritratto di questo ragazzo che pare alieno alla società in cui vive
è delicato, efficace e perfettamente riuscito.

Leggendoti mi ha subito richiamato alla mente è una vecchia canzone di Francesco De Gregori, titolata:

“Il ragazzo.

Il ragazzo ha capelli rossi ed occhi blu
Pantaloni corti ed uno strappo proprio lì
Amici nel quartiere non ne ha
E quando va a giocare dove va?

Il ragazzo sale molto spesso sopra un albero che sa
Sceglie un ramo e cerca il punto esatto dove muore la città
È quasi ora di cena quando viene giù
Suo padre ormai non lo capisce più

E con gli occhi dentro il piatto lui
Mangia molto ma non parla mai
Ha una luce strana dentro agli occhi
E qualcuno l'ha chiamata cattiveria

Ma poi
Chissà la gente che ne sa
Chissà la gente che ne sa
Dei suoi pensieri sul cuscino, che ne sa
Della sua luna in fondo al pozzo, che ne sa
Dei suoi segreti e del suo mondo
che ne sa...”

Questo tuo ragazzo ci appare come un disadattato in un mondo di piatto conformismo, in cui è l’unico a nutrire la propria umanità nell’alienazione sociale che lo circonda.
Vive isolato, scegliendo un territorio di solitudine notturna, contro una gioventù che si nutre di trastulli fatui, fatti di smatphone d’ultima generazione e post demenziali sui social.
Raggruppa in sé tutte le qualità che vorremmo vedere in una gioventù più umana: l’introspezione, la sensibilità, la compassione.
Forse in questo il racconto diviene una favola morale che ci porta in una realtà idilliaca molto lontana dagli esempi che il contingente, più prosaicamente e brutalmente ci mostra nella nostra attuale società.

Ma abbiamo bisogno di sogni e storie così per nutrire la speranza.
Grazie amico mio di questo ottimo dono.
Alla prossima, ciao  (y)

Re: [N2022R] Marco amava passeggiare di notte

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Ciao @Edu 
Scrivi cose che hanno il potere di suscitare interesse, perché dall’inizio alla fine seguono un filo logico consecutivo, hanno un senso.
Io spero sempre che esistano davvero ragazzi come il tuo Marco, ma è difficile appagare questa speranza. Può sembrare strano tifare per un “quasi” solitario, ho sperato che lo fosse davvero fino all’ultimo ma in fondo anche lui ha bisogno del contatto umano, del gruppo. Ma il gruppo è ormai troppo tecnologizzato per potersi comunicare sentimenti umani. Pur essendo assieme sono distanti, da tutto. La solitudine che oggi assurge, almeno secondo il mio parere, al distaccarsi dalla follia a senso unico, non è una compagna leggera alla quale affiancarsi per noia, per gioco e nemmeno per poco tempo. È una compagna che pretende molto, anche a livello di sofferenza intima, di privazione.
Mi è venuta la curiosità di sapere, nel fotomontaggio di Fabio che si paracaduta nella centrale di Zaporizhzhia, se si è ritratto con una mimetica e in caso affermativo con quale bandiera. Facile da dedurre, visto che se Fabio è omologato all’odierna società, segue quello che H24 viene detto di seguire. Sarebbe interessante sapere, se il fotomontaggio lo avesse fatto Marco, quale bandiera avrebbe messo.
Piccoli inutili determinati particolari atti a svelare un carattere. È un ossimoro, lo so. Ma giusto per rilevare che oggi chi si dissocia, da qualunque martellante assioma non avrebbe vita facile.
Come hai detto bene con la citazione latina, l’essere significa essere percepiti e per farlo bisogna rimanere nel mucchio altrimenti subentra l’ostracismo.
Mi è piaciuta la mania di Marco, la sua cura nell’osservare i particolari. Basterebbe questo a elevarlo e farlo passare alla storia. I giovani non guardano più niente se non in funzione di fare un filmato. Interessante anche la figura della barbona con atteggiamenti nobili, fin che si può, vivendo in quelle condizioni. Ci scriverei ancora qualcosa, la figura si presta a divagazioni interessanti.
Confesso che alla fine Marco mi delude un po’ riavvicinandosi al gruppo, ma è umano cercare un contatto umano in questa umanità diventata disumana. Si riavvicina per avere contatto, calore, anche a costo di condividere le loro futilità. Ho trovato molto pertinenti le descrizioni di quei giovani che la mattina a scuola hanno sonno e non sanno rispondere alle interrogazioni, mentre la notte sembrano diventare vivi, di una vita luciferina, bella immagine. Questi giovani che la mattina quasi evocano tenerezza nella loro fragilità, la notte, sguinzagliati ai loro istinti e al gruppo sono capaci di attuare le peggiori crudeltà e turpitudini, purché possano filmarle e postarle per dimostrare ai loro simili che esistono.
Un bel racconto.

Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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