[H2022R] Non ho un nome

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Carta 18: La segreta - prigionia, deprivazione, abbandono



   

Varcato lo stretto passaggio, si ritrovò in un’ampia cavità.
Avanzò di qualche passo, dando a modo anche agli altri di entrare.
Si trovavano in una grotta quasi circolare, una decina di metri di diametro, misurò Jim a larghe falcate. L’altezza era considerevole: potevano tenersi ritti in piedi per la prima volta da quando si erano calati nel pertugio d’ingresso. Potevano infine rilassare gambe e spalle stanche di stare curve.
Dalla stanza in cui si trovavano si dipartivano tre cunicoli che sembravano percorribili. La giornata non sarebbe bastata per esplorarli tutti. Sarebbero dovuti tornare, ma la cosa non li spaventava: se si fossero imbattuti in pitture rupestri ancora sconosciute, come speravano, la spedizione li avrebbe occupati per settimane. Soprattutto per Jim, il cui contratto di ricercatore arrivava al termine e non sarebbe stato rinnovato, la speranza assomigliava a una fantomatica scialuppa di salvataggio nell’oceano della precarietà.
«Ci fermiamo qui per mangiare? Almeno possiamo sederci senza starci addosso l’un l’altro. E l’odore sembra meno forte, forse sorci e pipistrelli preferiscono posticini più piccoli e intimi, per i bisogni.»
In risposta alla domanda di Phil, tutti posarono gli zaini a terra e scelsero ognuno la roccia levigata che sembrava fornire il sedile più confortevole. Laura, Jim e Tony scartarono le barrette proteiche e le addentarono affamati. Fu l’odore a far girare all’unisono le loro teste in direzione dell’amico.
 
«Bè? Che c’è? Mangiatevi le vostre barrette, io al panino con il paté di fegato non rinuncio. È una tradizione di famiglia, cosa credete avesse con sé come provviste mio nonno, quando scoprì la grotta di Lescaux?»
«Tuo nonno non ha scoperto Lescaux» ribatté Laura. «Smettila con queste scemenze.»
«Certo che sì, solo che gli hanno rubato la scoperta per prendersene la gloria, quegli stronzi… Cos’è stato?»
Jim alzò una mano a intimare il silenzio. Un rumore fievole ma deciso sembrava emanare dal cunicolo più a destra.
«Un animale?»
«O un incauto turista caduto per caso in una grotta inesplorata, si è rotto una gamba nella caduta, ma ha scoperto importanti pitture preistoriche, rubandoci il mestiere e la gloria. Come successe a mio nonno.»
«Phil, piantala con tuo nonno!»
Ahhhhhh
Di nuovo.
«Cazzo, sembra davvero un lamento.»
«Sarà una fessura da cui passa il vento, sai come possono essere strani gli effetti sonori quaggiù.»
Non ci fu bisogno di discuterne, tutti rimpacchettarono i viveri appena assaggiati e si rimisero in piedi. Caricati gli zaini in spalla, strette per bene le cinghie di imbracature ed elmetti, si misero in cammino in fila indiana in direzione dei lamenti.
Il cunicolo era stretto e sinuoso. Per fortuna avevano riposato un po’ i muscoli nella pausa, perché ora la tensione e la concentrazione erano massimali.
Lo stretto budello terminava in uno slargo. Un enorme masso sbarrava il passaggio impedendo di proseguire oltre. 
«E adesso?»
I quattro amici si guardarono. Dovevano fare dietro front?
Ahhhhhh
Il lamento proveniva da oltre il masso. Non potevano lasciar perdere.
Studiarono la roccia: sembrava quasi un menhir. Non era stata la natura a posarlo lì, doveva esserci stato messo volutamente. Ma da chi? Quando? E perché?
Aiutatemi.
La voce era sempre più debole, ma questa volta nessuno poteva più sospettare che fosse opera del vento.
«C’è qualcuno?» chiese Jim, senza ottenere risposta.
Forse erano stati tutti vittima di un’allucinazione sonora, ma dovevano sincerarsene. E se la roccia fosse stata messa lì in secoli lontani a protezione di un luogo sacro, magari un tempio ancestrale dalle pareti istoriate? Nessun menhir li avrebbe privati della gloria accademica.
Si attivarono con mazzette e scalpelli per scavare il suolo su cui posava il pesante masso. Fu un lavoro lungo e faticoso, dovettero darsi il cambio più volte. Il tempo scorreva e sapevano che poi avrebbero dovuto prendere il cammino di ritorno a tutta velocità, ma ormai era impensabile non scoprire cosa celasse quella barriera misteriosa.
Il masso cominciò a vibrare sotto la loro spinta. Pesarono contro di lui con tutta la forza dei loro corpi, fino a farlo avanzare di qualche centimetro. Cambiarono il senso della spinta e riuscirono a farlo slittare sul lato abbastanza da aprire un pertugio sufficiente a farli passare, di lato, uno dietro l’altro.
Il primo fu Jim, come sempre.
L’aria umida e opprimente era intrisa di miasmi pestilenziali. Odori animaleschi: sudore, urina, feci, sangue… accumulati da tempi remoti.
«Dev’essere l’odore che ha respirato Dante entrando nel primo girone dell’inferno» lanciò Jim. Aveva avuto l’intenzione di scherzare, ma la voce era uscita incerta, quasi tremante.
«Ehi, poeta, il nostro obiettivo è una scoperta spettacolare che faccia entrare il nostro nome nei libri di storia, non incontrare Brunetto Latini. Vedi di proseguire, invece di filosofeggiare.»
La stanza in cui erano entrati era abbastanza larga, il soffitto era alto, la luce delle lampade frontali non arrivava abbastanza lontano per renderlo visibile. Si guardarono intorno, rischiarando i luoghi un settore alla volta.
Resti di ossa e pelli di animali difficili da identificare ricoprivano interamente il suolo. Qui e là si accatastavano a formare veri e propri cumuli.
«Una sala dedicata a sacrifici rituali?» chiese Laura. Illuminò le pareti intorno, in cerca di una conferma alla sua ipotesi. Delle pitture religiose, magari di una religione ancestrale ancora sconosciuta. Quella sì, sarebbe stata una scoperta.
Aiutatemi.
Eccitati dall’esplorazione, avevano quasi dimenticato il lamento che li aveva condotti lì. Sussultarono, richiamati al dovere di soccorso. Unirono i raggi delle lampade per esplorare l’intera stanza.
Aiuto
«Là!» Phil puntava con il dito e con la lampada uno dei mucchi d’ossa e pelli sul fondo. Era più grande degli altri, una sorta di duna lunga e piatta.
Ahhhh. La duna tremò, lasciando uscire il suono.
Gli speleologi s’incamminarono in quella direzione. La mano destra di Phil stringeva la mazzetta che portava alla cintura.
Man mano che si avvicinavano, videro che il mucchio d’ossa e pelli era in realtà un essere vivente. Giaceva steso al suolo, trattenuto da possenti catene, infilate in anelli dello spessore di un braccio umano, infissi nel suolo di roccia.
«Ma cosa?»
Aiuto. Vi prego!
La creatura tentava di agitare gli arti e la testa, ma le catene che la costringevano da ogni lato non gliene lasciarono la possibilità. Arti e testa dall’aspetto innegabilmente umano, riconobbero con orrore i quattro speleologi.
Dove diavolo erano finiti? Invece di una grotta inesplorata da secoli si erano infilati nell’antro di un sadico criminale da film dell’orrore?
Laura si inginocchiò a pochi centimetri dal corpo incatenato. I resti di una tunica sudicia e lacera lasciavano scoperti vasti lembi di epidermide. Una pelle così pallida e bluastra da sembrare trasparente. L’essere era magro e smunto al punto che non sembrava quasi esserci carne a separare ossa e vene dalla pelle. Da quanto tempo quel povero disgraziato era rinchiuso lì nel buio?
Le dita della mano destra del prigioniero si tesero fino a sfiorare il ginocchio di Laura, intenta ad esaminarne il corpo. Il contatto di quelle estremità gelide e ossute la fece sobbalzare e se ne vergognò.
Scusami. Non volevo impaurirti. Era da tanto che non vedevo anima viva. Volevo essere sicuro che sei vera.
Tossì, come se tutte quelle parole insieme avessero imposto uno sforzo eccessivo alla sua gola.
Laura si forzò di domare il ribrezzo e gli accarezzò la mano per rincuorarlo. Le ricordava uno di quei finti spettri da galleria degli orrori al luna park.
«Chi sei?» gli chiese piano.
Si avvicinò ancora per scostare i lunghissimi capelli sporchi e annodati che gli ricoprivano il volto. Solo gli occhi erano visibili, d’un blu quasi svanito in un bianco iniettato di sangue. L’intero viso era nascosto da una grottesca maschera di ferro, interrotta da due fori per gli occhi e una fessura all’altezza della bocca. Ecco perché la voce dell’uomo suonava strana, sibilante e lontana anche ora che gli erano accanto.
«È una candid camera? Siamo passati da Dante a Dumas?» sbottò Phil, ma nessuno rise, nemmeno lui.
«Chi sei?» chiese di nuovo Laura.
Non ho nome. Nessuno me ne ha dato uno.
«Non ti hanno mai dato un nome? Ma che significa?»
Non lo meritavo. Dalla mia nascita, mi hanno odiato.
I quattro amici si guardarono. Forse avevano trovato ancora peggio di un sadico serial killer.
«Ma i tuoi genitori…»
Mamma? Mamma mi odiava. Aveva paura. Non poteva tollerare la mia… ciò che sono.
«Che vuol dire? Non poteva tollerare ciò che sei?»
Sbagliato, sono sbagliato. Il male. Non posso vivere con gli altri… con le persone normali.
La voce di Laura era stridula, spezzata dall’indignazione. «Quali bestie ti hanno rinchiuso qui? Hanno deciso che non rispondevi ai loro criteri di normalità e ti hanno rinchiuso qui a crepare?»
No, uccidere me, no. Rinchiuso affinché non posso fare male. La mia natura è male. Mi portavano da mangiare, quasi ogni giorno.
«Accidenti, che generosità, ti hanno incatenato qui perché non disturbassi con la tua anormalità, ma ti danno da mangiare? Cazzo, e io che pensavo che fosse stronza mia madre a dirmi “in camera da letto fai quello che vuoi, ma io non devo saperne nulla”, ma qui…»
Ma ora non vengono da tanto tempo. Forse mi hanno dimenticato. O sono malati. Non so. Ho tanta fame.
La magrezza del corpo urlava la fame più della sua voce. Era così debole, magro, le gambe sembravano stecchi e le braccia avevano il diametro d’un manico di scopa. Incredibile che fosse ancora vivo e in grado di parlare.
Fame, tanta fame. E sete.
Laura prese la borraccia dallo zaino e fece scivolare qualche goccia dentro alla fessura/bocca della maschera. L’uomo tossì, quelle poche gocce dovevano essergli andate di traverso.
Ignoravano da quanto non si fosse nutrito, per quanto potesse ancora sopravvivere.
Laura parlò a nome di tutti.
«Ti libereremo. Potrai mangiare e troveremo il modo di portarti fuori di qui. Resisti ancora un po’.»
La maschera dell’uomo vibrò mentre tentava di scuotere il capo.
No, uscire da qui, no. Sono il male. La mia natura è malvagia.
«No, nessuna natura è sbagliata. Hai diritto di vivere anche tu. Non credere gli orrori che ti hanno raccontato.»
No. L’uomo piangeva dentro la maschera. No.
I quattro amici s’attivarono con mazzette e scalpelli. Gli anelli d’acciaio erano troppo spessi per sperare spezzarli, ma potevano erodere il suolo a cui erano fissati.
Lavorarono in squadra, a due a due, per liberare i polsi dell’uomo. Quando avrebbe infine potuto mettersi a sedere, avrebbero trovato il modo di togliergli l’orrenda maschera. Quale deformità aveva potuto spingere dei pazzi fanatici a trattarlo da mostro? Era cresciuto in catene e maschera? Domande senza risposta riempivano le loro teste mentre le mani si accanivano a sgretolare la pietra.
L’anello destro si liberò per primo, seguito dall’altro a distanza di pochi secondi. Il prigioniero mosse piano i polsi, quasi incredulo di poterlo fare. Roteò i polsi e piegò e distese le dita. Lunghe e magrissime, prolungate da unghie infinite e ritorte, sembravano artigli d’aquila.
Piegò i gomiti e si portò le mani al viso.
I suoi salvatori sorridevano a vederlo approfittare infine delle proprie braccia.
«Ora ti liberiamo anche di quella maschera infernale, vedrai» disse Jim. Si sentiva euforico, non solo per il salvataggio, ma perché, se la scoperta storica e l’ingresso nei manuali pareva al momento sfumata, finire sui giornali come eroe di una storia incredibile come quella che stavano vivendo non solo sarebbe stato gratificante, ma aveva buone probabilità di procurargli fama, incontri e forse anche ricchezza.
«Jimmy, la smetti di sognare e ci dai una mano? Il lavoro non è mica finito» lo richiamò all’ordine Phil, dandogli un buffetto sulla spalla.
I due amici si rimisero a scavare sotto l’anello che teneva il piede destro bloccato al suolo.
«Manca poco, vedrai» annunciò al prigioniero che continuava a guardarsi le dita e muovere le braccia come in una strana danza di libertà ritrovata.
Sembrava quasi in trance, così felice di poter di nuovo muovere e guardare le proprie braccia da aver dimenticato tutto, anche la presenza dei suoi insperati soccorritori.
«Fatto!» esclamò Laura quando lo spesso anello scivolò fuori dalla roccia. «Anche il piede è libero.»
Forse fu la parola libero a destarlo dall’incanto. Smise di osservarsi le dita per guardare i piedi, mentre anche l’ultimo anello si staccava infine dal suolo.
Libero! urlò e si mise a ridere. Agitò i piedi come un bambino, facendo tintinnare le spesse catene come grotteschi carillon. I quattro amici si spostarono per evitare di beccarsi un calcio. Lo guardarono tirarsi a sedere, con fatica, poi piegare e distendere le gambe.
«Non penso che riuscirai a metterti in piedi subito, dopo, tanto tempo» gli disse Laura.
L’uomo non sembrava ascoltarla, continuava a piegare e distendere le gambe, come se le scoprisse per la prima volta. Rise ancora. Poi, come se se ne fosse appena ricordato, portò le mani alla maschera.
«Aspetta» intervenne Jim. «Adesso cerchiamo il modo di liberarti anche di quella.»
Non serve. Faccio io. E prima d’aver finito di parlare, strinse la gabbia d’acciaio che gli intrappolava il viso tra le dita e se la strappò come fosse una maschera di cartapesta al carnevale.
I quattro amici rimasero esterrefatti davanti alla forza sovrumana di quelle dita esili: com’era possibile? Ma la loro sorpresa si trasformò immediatamente in orrore quando dalle mani i loro sguardi si posarono sul volto dell’uomo. Nonostante il pallore e gli occhi iniettati di sangue da una vita priva di luce, il viso non presentava deformità, anzi era quasi attraente. Un viso liscio, pallidissimo, senza l’ombra di un pelo. Sembrava giovanissimo e antico insieme. Era la bocca a non assomigliare a nulla di ciò che avevano visto prima. Tranne forse nei film, o negli acquari. Una bocca enorme, quasi senza labbra, spalancata in un sorriso agghiacciante di quattro fila di denti acuminati.
«Fame. Tanta fame.» La sua voce non sibilava più, liberata dalla maschera, anzi, era quasi suadente.
I quattro amici lo guadavano attoniti, incapaci di muoversi. Increduli di ciò che vedevano. Si alzò in piedi senza fatica e sembrò d’un tratto diventare altissimo, un gigante che li sovrastava tutti.
«Grazie, amici. Grazie. Io dispiaciuto farvi male, ma è la mia natura. Tanta fame.»
Non dovette nemmeno muovere un passo: Laura era ancora immobile accanto a lui. L’afferrò con entrambe le mani, la tirò a sé e le affondò i denti mostruosi nella spalla. Il sangue schizzò in getti violenti mentre la creatura se ne nutriva golosa. Furono la vista e i suoni animaleschi di quel pasto immondo a scuotere gli altri tre dalla sorta di trance in cui erano rimasti. Jim avanzò in direzione dell’amica, la mazzetta ancora stretta nella mano, senza riflettere, si buttò in avanti. Il mostro staccò la bocca dal corpo inanimato di cui si stava cibando e lo lasciò cadere. Con un buffetto distratto respinse il martello che gli si parava contro e lo fece volare lontano. Con l’altra mano, afferrò il collo di Jim e lo portò alle fauci. L’uomo non riuscì nemmeno a urlare, prima che i denti feroci gli affondassero nella carne a strapparne la vita.
Furono Phil e Tony a gridare per lui, prima di precipitarsi all’uscita. La creatura li guardò divertita litigare per essere il primo a infilarsi nel pertugio tra il masso e l’ingresso della grotta. Continuò a godersi il pasto, senza fretta, dopo tanto digiuno. Sapeva di poterli raggiungere ben prima che arrivassero all’uscita. Era più forte di loro, più veloce, più agile. Era diverso. Lo era da sempre. Non ne aveva colpa. Era la sua natura.
E adesso, era libero.
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Ciao @Bef, bentrovata al contest! 
Classico racconto horror, da manuale potremmo dire: gruppo di sventurati incappano nell'innominabile minaccia finendo col diventarne vittime.
Avrei gradito qualche piccola variazione sul tema, qualche piccolo spunto di originalità invece mi sono dovuto "accontentare" di una storia solida, confezionata con la dovuta cura. Ma del resto, non lo scopriamo oggi che sai scrivere.
Insomma, missione compiuta per un racconto horror che, se non fisserà i nuovi parametri del genere, fa pur sempre la sua sporca figura.
Solo un consiglio: non farei essere così esplicito l'essere senza nome sulla sua natura malvagia, lascerei che gli incauti la scoprissero a loro spese. Manterrei, invece, le parole con cui si autoassolve (È la mia natura non posso farci niente) che suonerebbero come una chiusa amabilmente  beffarda.
Una domanda: ma quando gli portavano da mangiare, lo liberavano dalle catene? E poi, come gliele rimettevano?
A rileggerci.

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Pulsar ha scritto: Avrei gradito qualche piccola variazione sul tema, qualche piccolo spunto di originalità invece mi sono dovuto "accontentare" di una storia
Sono perfettamente d'accordo con te, è una storia horror che più classica non si può, nulla di originale. Ne sono ben conscia, ma confesso che ieri pomeriggio avevo ancora nel pc 2 inizi di storie diverse, più un 3° in testa, e nessun prosieguo, credevo seriamente di non riuscire a mantener fede all'iscrizione al contest. Quando mi è venuta nelle dita questa trama, mi sono detta che almeno non avrei consegnato il foglio in bianco :)
È un miscuglio di topoi, non ci sono dubbi, anche se l'idea principale mi è venuta ripensando a Nato di uomo e di donna, il racconto di Richard Matheson (se non lo conosci, leggilo, è un gioiello). Naturalmente, quella meravigliosa ambivalenza su chi siano i buoni e chi i cattivi io non sono riuscita a renderla, ho fatto più un pastrocchio di elementi classici "da paura". Ma ho partecipato, dai, che fino a ieri non era così scontato.
Pulsar ha scritto: non farei essere così esplicito l'essere senza nome sulla sua natura malvagia, lascerei che gli incauti la scoprissero a loro spese.
in che senso? Lo imparano a proprie spese, io giocavo proprio sulle frasi di lui per l'ambiguità: loro pensano che sia deforme, o strambo o diverso in qualunque modo si voglia immaginarlo, e seviziato da parenti bigotti e ignoranti. Se tace, diventa ipocrita e adescatore. Mi piaceva proprio l'idea che siano loro a cacciarsi nei guai, nonostante i suoi avvertimenti. (Almeno nell'idea, nella resa mi sa che non ho avuto grande successo).

Per rispondere al tuo quesito sull'alimentazione, io immaginavo che non gli liberassero mai gambe e braccia, a causa della forza sovrumana, i custodi dovevano avere la chiave della maschera e imboccarlo con sangue di animali o cose così. Magari anche senza togliere la maschera: cannuccia? Ma non andiamo troppo nei dettagli, lasciamo un alone di mistero xD
Grazie @Pulsar  un saluto.
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Ciao @Bef
Ho letto con piacere il tuoi racconto. Mi è parso forse più un racconto di avventure che un horror, soprattutto tutta la parte relativa all'esplorazione. Il mostro ha un suo fascino, soprattutto quando si leva la maschera e si rivela non così mostruoso come avevo immaginato (a parte i denti da squalo!).
La trama non sarà originalissima ma il racconto è scritto ottimamente. Ho apprezzato molto la cura lessicale.
Bentrovata!

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Mi siedo qui vicino a te, per iniziare, ora che rimettiamo le nostre storie al giudizio degli altri avventori radunati attorno a questo fuoco. Una carta interessante, quella a te assegnata, che ha subito attirato la mia attenzione.
Ho avuto il dubbio, arrivato a fine lettura, di aver pescato un racconto dalla sezione sbagliata. Poi però ho capito dove risiede il genio dell’autrice: la paura raccontata qui è quella di condividere un racconto dell’orrore o di generi affini. La prigionia di cui si parla è quella delle sensazioni pulsanti da trasmettere al lettore, incatenate all’interno di frasi sì pulite, sì lineari e dirette, con un lessico misurato e mai ripetitivo, ma soprattutto prive di alcun mordente.
Compreso che questo sia stato lo scopo dell’autrice, non si può che ritenere questo Non ho un nome un ottimo racconto, se non addirittura un capolavoro.
Complimenti.

Re: [H2022R] Non ho un nome

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@edgardo ma se aggiungiamo 6 giorni di paura di non riuscire a mettere insieme un racconto intero da presentare, il mio punteggio migliora :lol: 
Ma, se avessimo avuto dubbi, è chiaro che tu non sei lo Stregone sotto falso nome, troppo educato, troppo moderato, troppo cortese, al massimo sei il suo cugino fighetto. Grazie della urbana stroncatura all’ombra del falò. 

@ivalibri ma come? L’unica cosa che credevo d’aver centrato era il genere e mi dici che ho mancato anche quello. Vatti a fidare delle amiche :lol: 
Ciao e grazie 
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Ciao Bef! Anche per me questo racconto è abbastanza "canonico" nel suo genere e non presenta grandissimi spunti di originalità, però è scritto molto bene, è moderno e l'ho letto davvero tutto d'un fiato, quindi ho apprezzato. Mi è piaciuta molto l'atmosfera avventurosa che fa da preludio all'incontro spaventoso, quindi per me hai fatto un buon lavoro. Forse il finale arriva un po' telefonato, senza grandi picchi... ecco, se dovessi consigliarti qualcosa, nel caso tu lo volessi rivedere, si tratterebbe di rendere meno scontata la natura malvagia e bestiale del prigioniero, e magari anche di spiegarne un po' di più la storia.
A rileggerti!
P.s. dimenticavo: traccia perfettamente rispettata.

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Ciao. Spero che tu sia ancora viva dopo il tè con zia Ada... :D
Bef ha scritto: Si trovavano in una grotta quasi circolare, una decina di metri di diametro, misurò Jim a larghe falcate.
Qui rimescolerei un po' la frase, altrimenti il nome di  Jim sembra saltare fuori a sorpresa: "Si trovavano in una grotta quasi circolare. Jim, percorrendola a grandi falcate, stimò che fosse almeno dieci metri di diametro." o simili
Bef ha scritto: la tensione e la concentrazione erano massimali.
ci vedrei meglio un più semplice "erano al massimo"

Bef ha scritto: Si attivarono con mazzette e scalpelli
"mazzetta" a me ricorda prima di tutto una tangente (sarò limitata), quindi se intendi una piccola mazza forse sarebbe meglio dirlo così o trovare un sinonimo

Comunque, classico o no, ammetto che nella seconda metà del racconto mi sono talmente presa da non notare più cose come mazza e mazzetta (è un complimento, se non si capisse). La storia sarà anche classica, ma fino a un certo punto, perché ognuno racconta le cose a suo modo, e il tuo è un buon modo. Io l'ho trovata molto spaventosa. Ben riuscito e realistico soprattutto il contrasto tra il gruppo un po' svampito di aspiranti archeologi moderni e ciò che trovano alla fine... Bello, mi è piaciuto!
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Ciao @Bef , ho letto il tuo racconto, rispetta perfettamente la traccia della carta e credo che anche il genere horror sia azzeccato, anche se trovo predominante la parte iniziale, con la descrizione degli aspiranti speleologi goffi.
Ho percepito una certa fretta nella stesura, ho come l'impressione che ti sia sbrigata a scrivere tutto quello che avevi in testa, creando un discreto lavoro, ma si intuisce che potevi fare meglio. Provo a spiegarmi meglio: forse la parola che più esprime quel che mi stona è Rigidità. Sentendo dei lamenti, delle richieste di aiuto, i protagonisti potevano esprimere la paura, lo sconvolgimento, invece rimani ancorata all'obiettivo della spedizione, relegando ad una parte minore il genere richiesto.
Altri indizi che mi hanno fatto pensare ad una fretta nella stesura sono:
Perché lo odiavano fin dalla nascita? È nato con i denti?
A chi appartenevano le ossa e le pelli nella stanza?
Il prigioniero anticipa che lui è il male e fa del male, perché i ragazzi danno per scontato che sia imprigionato per il suo aspetto?

In definitiva, vedo delle doti di brava scrittrice, qui non messe pienamente a frutto, nonostante l'idea fosse buona.
Nell'insieme ho comunque letto volentieri il racconto, con qualche aggiustati a credo renderebbe molto di più.
<3

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Silverwillow ha scritto: altrimenti il nome di  Jim sembra saltare fuori a sorpresa:
Ho modificato l'inizio all'ultimo minuto e la presentazione di Jim è saltata, l'ho voluta inserire en passant e mi sa che non ci sono riuscita benissimo :)
Per "mazzetta", ti confesso che di speleologia non so un mezzo tubo e per non scrivere troppe castronerie ho cercato in rete l'equipaggiamento base, così da vedere quali attrezzi fossero utili per spezzare le catene. Ho trovato mazzette e scalpelli e ho usato quelli, la mazzetta metaforica non mi era nemmeno venuta in mente, ma comunque non mi sarei lanciata a a improvvisare sinonimi. (poi magari il sito che ho scelto è sbagliato e non si chiamano neanche così :asd: )
Grazie, Laura, e sì: il mio tè era innocuo, l'ho preparato da me per sicurezza.
Modea72 ha scritto: una certa fretta nella stesura
Più che una fretta nella stesura forse proprio la liberazione di aver infine, quasi fuori tempo massimo, un'idea di storia intera. Sul fatto che la prima parte sia troppo presente e predominante rispetto al finale sono d'accordo. Mi sono resa conto arrivando in fondo e vedendo il numero di caratteri rimasti scemare, che la parte finale, quella horror, non aveva abbastanza spazio e la cosa nuoceva molto all'effetto paura. Ma avevo finito il tempo che potevo dedicare al racconto e non avevo modo di ripensare il tutto.
Il fatto che i 4 non si spaventino dei lamenti, se all'inizio ha senso perché non pensano a nulla di grave, è chiaro che è meno sensato quando sentono "aiuto" al di là della roccia, ma, come sopra, lo spazio e il tempo si stavano riducendo e dovevo lasciare spazio alla rivelazione finale, ho sperato che il fatto che non credessero davvero a un pericolo e che fossero dominati dal loro obiettivo potesse spiegare un po' la cosa.
Modea72 ha scritto: Perché lo odiavano fin dalla nascita? È nato con i denti?
A chi appartenevano le ossa e le pelli nella stanza?
Queste questioni invece le ho lasciate insolute volutamente: chi è questo essere? com'è possibile? da quanto sta lì? chi e come ha scoperto la sua natura? come è sopravvissuto eccetera, eccetera, sono tutte cose lasciate nel mistero per dare il risvolto paura sovrannaturale che contrasta con l'inizio realistico (non dico che ci sia riuscita bene, eh? solo che quelle erano le mie intenzioni xD )
Modea72 ha scritto: perché i ragazzi danno per scontato che sia imprigionato per il suo aspetto?
a causa della maschera di ferro che gli imprigiona il volto. Quando lui dice che non è normale e lo hanno rinchiuso a causa della sua natura, loro non pensano certo a un essere demoniaco che si nutre di carne viva, ma a un uomo nato con un handicap o una diversità che una famiglia fanatica e bigotta ha interpretato come una devianza imperdonabile.

Grazie mille di lettura e suggerimenti, ciao.

@Almissima  grazie, se lo hai letto volentieri, almeno a qualcosa è servito :)
@Joyopi  grazie mille anche a te. La storia del prigioniero volevo in ogni caso lasciarla inspiegata perché secondo me il tocco di mistero misterioso ci sta bene nelle storie di mostri. Ma sul fatto che il finale sia troppo sbrigativo rispetto al resto sono d'accordissimo, non c'è suspense, me ne rendevo conto scrivendo ma avevo quasi finito i caratteri e il tempo per rivedere il tutto. Era da tanto che non scrivevo un racconto ex novo, su ispirazione, son già contenta d'esserci arrivata in fondo. Farlo bene sarebbe stato un di più :lol:
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Mi è piaciuto @Bef, molto affascinanti le grotte
La tua scrittura è sempre chiara e organizzata, si sente che sai cosa vuoi dire e che sai come farlo. Trovo solo un po' sbilanciato il racconto nella parte iniziale che però non accorcerei, più che altro, allungherei la seconda. 
https://www.edizioniel.com/prodotto/lan ... 866568070/
https://www.edizionipiuma.com/it/i-disobbedienti/
Linda e la montagna di fuoco

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Bef ha scritto:
Si trovavano in una grotta quasi circolare, una decina di metri di diametro, misurò Jim a larghe falcate. L’altezza era considerevole: potevano tenersi ritti in piedi per la prima volta da quando si erano calati nel pertugio d’ingresso. Potevano infine rilassare gambe e spalle stanche di stare curve.
Dalla stanza in cui si trovavano si dipartivano
verbo ripetuto ravvicinato
Bef ha scritto: «Bè?
Beh?
Bef ha scritto: perché ora la tensione e la concentrazione erano al massimo massimali.
Bef ha scritto: Il masso cominciò a vibrare sotto la loro spinta. Pesarono contro di lui esso con tutta la forza
Bef ha scritto: il nostro obiettivo è una scoperta spettacolare che faccia entrare il nostro nome nei libri di storia, non di incontrare Brunetto Latini.
Bef ha scritto: Aiuto
Manca il punto finale
Bef ha scritto: La mano destra di Phil stringeva la mazzetta che portava alla cintura.
ti suggerisco: piccola mazza
Bef ha scritto: La creatura tentava di agitare gli arti e la testa, ma le catene che la costringevano da ogni lato non gliene lasciarono lasciavano la possibilità.
l'imperfetto fotografa la situazione continuata, non solo di un momento.
Bef ha scritto: Solo gli occhi erano visibili, d’un blu quasi svanito slavato in un bianco
Bef ha scritto: «Grazie, amici. Grazie. Io dispiaciuto farvi male, ma è la mia natura. Tanta fame.»
Perché gli cambi il modo corretto di parlare, dopo che è stato liberato? La grammatica mica l'ha persa con la libertà?
Bef ha scritto:
Non dovette nemmeno muovere un passo: Laura era ancora immobile accanto a lui. L’afferrò con entrambe le mani, la tirò a sé e le affondò i denti mostruosi nella spalla. Il sangue schizzò in getti violenti mentre la creatura se ne nutriva golosa. Furono la vista e i suoni animaleschi di quel pasto immondo a scuotere gli altri tre dalla sorta di trance in cui erano rimasti. Jim avanzò in direzione dell’amica, la mazzetta ancora stretta nella mano, senza riflettere, si buttò in avanti. Il mostro staccò la bocca dal corpo inanimato di cui si stava cibando e lo lasciò cadere. Con un buffetto distratto respinse il martello che gli si parava contro e lo fece volare lontano. Con l’altra mano, afferrò il collo di Jim e lo portò alle fauci. L’uomo non riuscì nemmeno a urlare, prima che i denti feroci gli affondassero nella carne a strapparne la vita.
Furono Phil e Tony a gridare per lui, prima di precipitarsi all’uscita. La creatura li guardò divertita litigare per essere il primo a infilarsi nel pertugio tra il masso e l’ingresso della grotta. Continuò a godersi il pasto, senza fretta, dopo tanto digiuno. Sapeva di poterli raggiungere ben prima che arrivassero all’uscita. Era più forte di loro, più veloce, più agile. Era diverso. Lo era da sempre. Non ne aveva colpa. Era la sua natura.
E adesso, era libero.
L'orrido finale è davvero ben congegnato,  @Bef . Complimenti! 

Bentornata tra noi dei Contest. :flower:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Poeta Zaza ha scritto: i suggerisco: piccola mazza
Come detto a Laura, ho cercato in rete gli strumenti degli speleologi e non ho osato lanciarmi in sinonimi o variazioni :) 
Poeta Zaza ha scritto: rché gli cambi il modo corretto di parlare, dopo che è stato liberato? La grammatica mica l'ha persa con la libertà?
No, ho cercato di farlo parlare sempre nello stesso modo. Ho tentato di imitare uno mai educato che ha imparato a parlare solo dalle brevi interazioni con i suoi carcerieri. Forse non ci sono riuscita ;) 
Poeta Zaza ha scritto: 'imperfetto fotografa la situazione continuata, non solo di un momento
Infatti volevo esprimere il fatto che in quel momento prova a muovere braccia e testa ma le catene glielo impediscono.
Grazie @Poeta Zaza 
@Alba359 @Kikki grazie, ragazze, inizio lungo o finale corto, che ci sia un problema di sbilanciamento è poco ma sicuro ;)
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Bef ha scritto: Cazzo, e io che pensavo che fosse stronza mia madre a dirmi “in camera da letto fai quello che vuoi, ma io non devo saperne nulla”, ma qui…
Ciao Bef! Comincio con il segnalarti questa frase perché l'ho trovata un po' fuori luogo. Insomma...se io vedessi un poveretto attaccato a una catena, con una maschera, che mi fa moltissima pietà perché lo credo una povera vittima rifiutata dalla famiglia per il suo probabile aspetto deforme....beh forse non mi verrebbe da sdrammatizzare raccontando di mia madre. Non lo so, l'ho trovata un po' inverosimile. Ma forse il problema è solo la mia sensibilità. 
Bef ha scritto: Si sentiva euforico, non solo per il salvataggio, ma perché, se la scoperta storica e l’ingresso nei manuali pareva al momento sfumata, finire sui giornali come eroe di una storia incredibile come quella che stavano vivendo non solo sarebbe stato gratificante, ma aveva buone probabilità di procurargli fama, incontri e forse anche ricchezza.
Ho apprezzato qui la "cupidigia" e la voglia di successo di Jim, che fa da contraltare ai sentimenti di pietà, che pure tutti provano, nei confronti dell'uomo incatenato. Lo rende un po' più "umano".
Bef ha scritto: Grazie, amici. Grazie. Io dispiaciuto farvi male, ma è la mia natura. Tanta fame.»
Un po' come la favola della rana e dello scorpione insomma. Lo scorpione non è cattivo: è nella sua natura pungere. Lo stesso vale per il mostro. Ecco, forse chissà...avresti anche potuto terminare il tuo racconto con questa frase. Avremmo capito tutto lo stesso. 

In generale mi è sembrato un racconto molto ben scritto e ben progettato il tuo, direi quasi da manuale. In effetti forse l'unica pecca è che è tutto fin troppo chiaro fin dall'inizio, per cui la tensione se ne va abbastanza farsi benedire. Per lo meno, io avevo immaginato da subito una sorta di "Hannibal Lecter", per cui il finale non è stato affatto una sorpresa.

Insomma, un bel racconto che però non mi ha sorpresa come avrei voluto. Comunque i paletti della carta sono stati rispettati alla perfezione ed è stata una piacevole lettura. Grazie!

Re: [H2022R] Non ho un nome

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ScimmiaRossa ha scritto: .beh forse non mi verrebbe da sdrammatizzare raccontando di mia madre. Non lo so, l'ho trovata un po' inverosimile.
Ciao. in realtà, nelle mie intenzioni questa battuta sulla madre aveva 2 funzioni: 1)far capire che gli speleologi erano ancora ben ancorati al presente e alla realtà, anche in una situazione incredibile come quella, e non pensavano ceerto a mostri sovrannaturali e simili. 2)motivare l'empatia di Laura per il tipo perché, avendo vissuto in prima persona la stigmatizzazione della madre per il proprio orientamento sessuale, interpreta le parole del prigioniero (sono sbagliato, la mia natura è male...) come le parole di un poveretto discriminato, seviziato fin da piccolo e convinto di essere sbagliato semplicemente perché "non normale".
Insomma, volevo giustificare le reazioni dei 4 "salvatori" contestualizzando i personaggi, ma senza spiegoni, con solo piccoli accenni. Il fatto che debba tentare di spiegarlo qui dice chiaramente che ho toppato miserevolmente nell'intento :lol:

Grazie mille dei feddback,@@ScimmiaRossa  e @Bardo96 
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Ciao @Bef, passo con gran piacere a commentare il tuo racconto. Mi è piaciuto parecchio, tra tutti è quello che ho trovato più horror. O meglio, naturalmente, horror per come lo intendo io.
Bef ha scritto: E l’odore sembra meno forte, forse sorci e pipistrelli preferiscono posticini più piccoli e intimi, per i bisogni.
Questa frase mi suona un po' strana. O sono molto vicini all'ingresso, o non si spiegano sorci e pipistrelli. Comunque topi in generale è strano; e il guano dei pipistrelli non ha un odore particolarmente forte a meno di colonie enormi. A parte il fango, sono un ambiente piuttosto pulito, le grotte
L'altro ieri, in una strettoia, ho schiacciato con la mano una cacca di martora... Ma quella è un'altra storia  :asd: 
Bef ha scritto: Non ci fu bisogno di discuterne, tutti rimpacchettarono i viveri appena assaggiati e si rimisero in piedi. Caricati gli zaini in spalla, strette per bene le cinghie di imbracature ed elmetti, si misero in cammino in fila indiana in direzione dei lamenti.
Come mai vanno tutti e quattro a controllare? Cioè, ai fini della storia è chiaro, ma per i personaggi un po' meno. Metterei quantomeno una battuta di dialogo sulla linea del "andiamo noi due a controllare?" "No, andiamo tutti"
Bef ha scritto:
perché ora la tensione e la concentrazione erano massimali.
Non sono convintissimo della scelta lessicale, massimale è il limite massimo. Ha senso, solo che mi suona un po' strano
Bef ha scritto: Si attivarono con mazzette e scalpelli per scavare il suolo su cui posava il pesante masso.
Qui mi sarei atteso un po' di cautela. Sicuro qualche foto al menhir, e poi, nonostante si tratti di un reperto archeologico anch'esso, l'inizio dello scavo con lo scopo di salvare la persona dall'altra parte

Perdona queste sottigliezze, mi ci sono soffermato solo perché il racconto mi ha coinvolto. Che dire, le cose che ho apprezzato sono innumerevoli. Gli accenni di descrizione alla progressione speleologica sono molto azzeccati, il mostro è memorabile e originale nel suo essere onesto con i quattro sventurati, e i protagonisti sono dei completi idioti. Non sono veramente interessati a salvare quella che pensano sia una vittima, solo alla propria gloria, e ne sono talmente accecati da non rendersi conto della minaccia, in una sorta di delirio da onnipotenza. In questo, mi hanno ricordato i protagonisti di The green Inferno di Eli Roth, pellicola che trova sotto questo punto di vista l'unico spunto innovativo rispetto al film a cui si ispira, Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato (lì il delirio di onnipotenza dei protagonisti è diverso, forse più oscuro ma meno sottile).
I tuoi protagonisti hanno una buona caratterizzazione; forse troppo. Può sembrare un controsenso, ma in un racconto così breve una caratterizzazione stereotipata non è sempre il male e può aiutare il lettore a capire meglio chi fa cosa. Questo il mio mezzo consiglio, poi vedi tu cosa farne.
Secondo me la dose di detto / non detto è giusta; le caratteristiche diaboliche del mostro, quasi luciferine, sono molto suggestive, senza scendere in spiegoni inutili.
Alcuni aspetti della storia mi hanno ricordato, forse per coincidenza, il racconto horror Ted the caver. Se non conosci, lo consiglio, lo trovi online tradotto e credo anche come audioracconto su YouTube sempre gratuito.
Insomma, per me il tuo è un horror di tutto rispetto, mi ha divertito e mi ha messo i brividi.
Ciao e a presto!

Re: [H2022R] Non ho un nome

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ciao @Bef . Passo per un breve commento, dato che non ho potuto prima. Che memorabili le tue sfide con Mercy, quando vi sfidavate nel vecchio WD.
Dopo un periodo di lontananza dai contest, rieccoti qui.  :D
Noto che mantieni sempre un approccio molto regolato e misurato nei tuoi scritti. In questo racconto punti a importi attraverso l'uso di una ottima scrittura. L'originalità? Non è detto che sia così importante in un contest di scrittura. Certo la storia dovrebbe essere attraente, giusto per raggiungere un buon risultato. Ti dirò che l'inizio mi pare essere abbastanza in tensione. Ma quando realizzi che il gruppo è fatto di ricercatori in erba, sulle tracce di dipinti rupestri, molto si perde. Quando nomini Lescaux, il taglio del racconto appare di tipo "avventuristico".  Molti ti hanno fatto notare questo fatto.
Come anche l'idea di imbranati che serpeggia tra di loro alle prese con il masso da spostare. La conclusione del lauto pranzo a base di sbarbatelli è l'unica cosa che fa inorridire. Pensa a come avresti potuto condurre una storia tra le viscere della terra, tra i misteri rupestri di Altamira (Spagna) e la presenza oscura che le abita. Qualcosa di collegato all'epoca di 10.000 anni fa, e quell'essere sovraumano che magari è testimone di un fatto drammatico( la storia del demonio, di qualche alieno, di dei sanguinari che governano il mondo a nostra insaputa) che poi è stato disegnato sui muri, e dove è stato messo lui, a non permettere a nessuno di scoprire ed eliminare tutti i ricercatori. Certo, una figura tra il mitologico e l'horror. Sapientemente organizzata e dove il finale poteva essere quello che hai rappresentato: ossia, lui gli elimina divorandoli. Peccato. Ti è mancato quel pizzico di sale in più. Ciao Bef
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [H2022R] Non ho un nome

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Ciao @Bef 

Bentornata alla scrittura su queste pagine.
Sarà che sono rincogl... (ops..) distratto, ma qualcosa di tuo da leggere mi mancava da parecchi mesi.

Il racconto, come altri hanno già detto, non presenza innovazioni significative nel genere horror, gli ingredienti appartengono alla casistica classica 
del racconto d'horror avventuroso-archeologico.
Quelle cose che si posizionano tra Indiana Jones e La Mummia.
Ciò non toglie che la qualità della scrittura sia ottima, come sempre nelle tue cose di penna, è la storia viaggi su binari di agevole scorrimento.
Pertanto, il racconto è di piacevole lettura, sebbene il finale non riservi, soprattutto a chi di storie orrorifiche ne ha digerite a volontà, sorprese eclatanti e inaspettate.
Ottima la morale della quale si desume: "non sempre chi ti mette nella cacca lo fa per far male, non sempre chi ti ci toglie fa del bene."

Un saluto e un abbraccio. Ciao  <3
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