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[Lab18] Sopravviverti o no, questo è il problema

Posted: Mon Nov 24, 2025 8:52 am
by Poeta Zaza
[Lab18] Sopravviverti o no, questo è il problema

Su un vecchio ignoto ponte, l'uomo aveva riempito il mio campo visivo di punto in bianco: un volto noto, coi suoi occhi piccoli ma nel buono di una profondità  espressiva, capelli scuri e folti ravviati all'indietro;  vestito da sedicesimo secolo con tanto di colletto inamidato sì, ma non a gorgiera, era inconfutabilmente al suo posto oggi come quattro secoli or sono, e riconoscibile da antiche e famose immagini: Sir William Shakespeare.
Bando ai preamboli! Clandestini incrociati uno nel tempo dell'altro, lui mi accoglieva dalle sue parti nella mia lingua madre, dopo una breve reciproca presentazione, e sembrava assorbire, dalla mia presenza, anche gli echi di tempi futuri al suo che gli portavo.
Ecco il brivido della recita a soggetto, a modo mio.
- Di grazia, gentildonna, posso chiamarti Maryangie?
- Certo, Messer William!
- L'acqua dell'Avon è la stessa perché cambia sempre... Ma questo ponte non lo riconosco, deserto di coevi... 

-  Forse nemmeno tu ti riconosci, dimmi, di grazia, Messere?
- Qualcosa mi è successo in testa: una rivoluzione che non mi fa impazzire, anzi, mi conforta sapere quello che so ora, tramite la tua presenza: i progressi della Scienza e della Medicina, la Storia, la Letteratura. Purtroppo, ci sono sempre le guerre che l'uomo non smette di combattere, consumando se stesso...
- Nei tempi, la natura dell’uomo non cambia alla luce calda o fredda dei casi della vita, così come, proiettata dai raggi cocenti del sole o dai raggi pallidi della luna, la sua ombra non muta. - dico io. E aggiungo:
- Le emozioni che hai fatto vivere dai tuoi tempi ai miei sono le stesse: per questo sei un Grande Poeta e Drammaturgo, a livello mondiale,  o Bardo dell'Avon!
- Mi sarebbe piaciuto farti vedere il Globe Theatre adesso, nel 1600, ma senza i miei contemporanei londinesi di vita e di teatro no, non lo riconoscerei più, ne sono certo perché quasi non riconosco Stratford... 
Ma, tornando al tuo gradito plauso per i miei lavori teatrali,  postera mia, per te qual è l'opera mia che ti ha toccato di più? - mi chiede il Bardo con una nota di interesse nella voce.
- Romeo e Giulietta. Sei riuscito a colpire i tuoi posteri per l'universalità dei sentimenti e delle emozioni che rappresenta, tramite l'amore dei due giovani, l'odio delle famiglie e il dualismo tra amore e morte, e tanto altro.
Ma tutte le tue opere hanno un timbro unico nel testo e nell'offerta di ruoli all'altezza di attori (anche se solo uomini)  - col tempo vivo addosso - che tu sapevi dirigere con maestria: riempivi il Globe tutti i giorni e i londinesi, poveri e ricchi, stipavano i posti di ogni ordine e grado. Anche nei secoli, un buon cast valorizza il merito del tuo testo.
Per esempio, ho visto rappresentato "Sogno di una notte di mezza estate" di cui non scorderò mai l'attore del ventesimo secolo che interpretava il "Muro" col buco attraverso il quale si parlavano i due amanti: le risate che mi sono fatta all'epoca mi hanno fatto piangere dall'entusiasmo e dall'allegria. Ma, se non ci fosse stata la tua penna, non ci sarebbe stato quel "Sogno".
Le tua penna scava nell'animo umano del ricco e del povero, nella complessità di ogni uomo, nei valori di fondo e nei conflitti interiori di ciascuno: fa meditare e costruisce anime.
Per me tu sei il Sommo, un gigante, e io una nana nella scrittura,  ma vorrei comunque farti partecipe del mio pensiero in proposito di "Romeo e Giulietta".
- Dimmi in merito, te ne prego, di grazia.
- Amo tutte le creature fool delle tue opere, anche quelle dall'ingegno stravagante e ironico come Mercuzio, che so  doveva morire per il dramma. Ecco, soltanto... gli darei una parte maggiore nell'ottica di una trasformazione in commedia, anche se l'idea è già stata sfruttata in precedenza...
La faccenda della trasformazione del suo dramma per elezione in commedia, e a secoli di distanza, lo fa trasalire.
Il suo sguardo attonito mi trapassa, gli occhietti si fessurano, ma è vivace e incuriosito il suo sorriso:
- Vai avanti, gentildonna teatrante...
- Ecco, cominciamo dal Prologo: tu spoileri a tutti il drammatico finale.
- Ehi, la mia assimilazione ha dei vuoti, sai? Troppa roba! Cosa faccio io!? - alza la voce il Bardo, sconcertato.
- Chiedo venia, Sir William, volevo dire che fai capire dall'inizio come finisce, e male, tutta la storia. Non si fa per principio.
- Voglio gustarmi dall'inizio questa tua personale trasformazione, Maryangie. Dimmi a cosa conduce la tua nuova sceneggiatura, di grazia.

- Il mio prologo, recitato dal CORO, presenta il Fato:

D'in sul proscenio d'un teatro vero
il Fato misterioso alla ventura
brigando va finché dimora il tempo
ed errano i ruoli in questo spazio.
Che fa il Fato in questa sceneggiata,
sai cosa fa, astante perspicace?
Il Fato passa e scruta, pensa e agisce
ma soprattutto guida ogni frangente.
Il suo strumento è il verbo che si piega
a far da azione al Caso.
Il Fato cura e inquadra lo scenario
delle nostre avventure e fissa il punto
di vista del regista.
- Forse -

. Procedi, Donna, hai la mia attenzione.

- Dopo avere ampliato la parte dello spirito libero Mercuzio, che ti consiglio per il piacere degli astanti, passo a fiondarmi sull’epilogo:

"Voce narrante"

Siamo alle battute finali della storia dei due amanti, figli di due nobili famiglie rivali di Verona.
Romeo corre col cuore in gola sino al mausoleo della famiglia Capuleti. Ha appena saputo della morte di Giulietta. Lui, Romeo Montecchi,era in esilio, reo di avere ucciso Tebaldo, il cugino di Giulietta, per vendicare la morte di Mercuzio, amico carissimo di Romeo. Scende i pochi gradini e si avvicina alla nuda lastra di pietra su cui giace il corpo della sua amata, con la veste delle nozze imposte e la leggiadria intatta sul suo volto. Le palpebre chiuse.

Romeo si accascia e piange lacrime amare, cingendo la sposa inerme, e la sua voce disperata grida:

Su questa pietra, esposta in una tomba,
la tua bellezza non muta.
Sembra che dormi, come l'altra notte,
ma là fingevi, eri ben desta
nell'unica nostra notte, amore mio,
e la luna è la stessa
che ride
con in bocca le stelle...


- Continua, Maryangie...
Ma io qui mi fermo, perché voglio spiegare bene la trasmutazione dell'idea del monologo dall'Amleto al mio Romeo...

- Ecco, William, a questo punto, ho pensato di trasporre il monologo di Amleto (Essere o non essere) nel monologo di Romeo (Sopravviverti o no) siccome il dubbio amletico e quello romeico si equiparano. Laddove l'uno si chiede "Essere o non essere?" l'altro si interroga sul sopravvivere o no all'amata.
Tieni conto del fatto che, mettendoci il mestiere, Romeo impiegherebbe almeno quindici minuti a recitare il suo rovello finale; Giulietta si risveglierebbe "dopo",  in tempo per vederlo ancora vivo...
ed è lì che si concretizza il passaggio dal dramma alla commedia, tu mi insegni...
Ma andiamo con ordine.

"Voce narrante"

Poi, sospirando, Romeo grida il suo dramma,  lacerato dal suo dolore incontenibile.

"Romeo"

Sopravviverti o no, questo è il problema.
Se sia meglio sopportar,
della memoria,
le staffilate in veglia in giorni cupi
- tutti -
o saltare con te nell'altro mondo
dove si annienta il male
che la coscienza in vita nutre dall'assenza.
Desiderare la fine del dolore
anche fosse l'inizio dell'ostacolo ignoto della Morte?

L'esitazione è per l'ignoto.
Peggio del presente?
Oppure meglio per l'Eterno?
Ma col suicidio passerei la soglia?

Sopravviverti o no, questo è il problema.
Non c'è amore tuo pari in questo mondo.
Ci sarà nell'altrove?  Sarà il tuo?
L'esitazione, il dubbio, il non sapere
-  salto nel buio -
che fa preferire
a un male enorme
che conosciamo bene
uno ignoto
che perenne ghermirà
l'anima nostra?


Sopravviverti o no, questo è il problema.
Se sia umano sopportar la tua perenne assenza
e gli schiaffi o la sferza
di ogni giorno da superstite,
solo interrotti da un’apatia
ch’è sosta spuria
nel dolore incessante e mai lenito.
Oppure no, e raggiungerti ove sei.

ritrovarti 
nell’amore senza fine.

"Voce narrante"

Romeo ha deciso.

"Romeo"
Caro pugnale che mi stai sempre vicino...
Sfido le tenebre dell'oltre per trovarti...

Abbassatevi stelle... voglio luce!

"Voce narrante"
Si vede Giulietta che si muove. Romeo trasale.

"Romeo"
Oh! Sei tornata a me! E con qual mezzo? Or capisco: Fra Lorenzo e i suoi intrugli...
Il Fato ha vegliato su di noi.
Abbiamo vinto le tenebre, mia Luce. Riparti, mondo. Siamo a bordo. Vai!

"Voce narrante"
Romeo, frastornato e smarrito, consapevole oltre la felicità, riaccoglie il suo amore col suggello di un bacio da leggenda.

"Sipario"

Silenzio sul ponte...

-  C'è del merito, donna, nel tuo virare dal dramma al lieto fine l'opera del Fato. -  Shakespeare riprende a rivolgermi la parola.

- Messer William, Il tuo favore è un sogno nel mio inverno. Però una cosa te la chiedo ancora. Portami nel Globe, nel tuo mondo, di grazia: 
nel ruolo di Amleto, recitami Essere o non essere.

Re: [Lab18] Sopravviverti o no, questo è il problema

Posted: Mon Nov 24, 2025 1:01 pm
by Adel J. Pellitteri
@Poeta Zaza grande originalità! Un testo che sorprende. Maryangie che incontra il  grande William nella terra di nessuno, il misterioso ponte. La curiosità del Sommo per il futuro che gli si presenta davanti, la proposta da parte di Maryangie di trasformare in commedia la tragedia delle tragedie, quella di Romeo e Giulietta.
Il suggestivo "essere o non essere" si trasforma in un nuovo "mantra" "sopravviverti o no, questo è il problema" . Il ribaltamento del finale, Giulietta che si sveglia in tempo, e l'amore che trionfa. L'Amleto che fa da sfondo e da supporto, la fune che lega il  tutto.  
Infine, il  desiderio di  Maryangie: vedere il  Maestro all'opera, recitare al Globe "essere o non essere"
Che dire? Complimenti!  (y)