Manuel era un bambino quando andava a prendere l’acqua al pozzo poco lontano dalla sua casa, al lato di un incrocio di strade sterrate circondate da rovi, olivastri e carrubi. Il pozzo doveva essere antico, costruito con una certa eleganza e maestria: un rialzo di pietre e due alte colonne ai lati, sbrecciate, intonacate di calce e argilla terminanti a punta, in mezzo alle quali era stato infisso un palo di rovere con un gancio di ferro per far scorrere la fune del secchio. Poco discosti c’erano due pesanti recipienti scolpiti nella pietra nera lavica, uno grande e uno piccolo, con due buchi alla base chiusi da un turacciolo di sughero, che servivano per abbeverare i buoi e le capre. Manuel prendeva il secchio e lo calava fino a sentire il tonfo nell’acqua, si sporgeva per osservare che avesse la giusta inclinazione, aspettava che si riempisse e tirava la fune con entrambe le mani con un po’ di fatica, perché non aveva ancora compiuto otto anni. Travasava l’acqua dentro una brocca rovesciandone la metà sui piedi calzati da sandali: la cosa lo divertiva. Intorno al pozzo c’era una frescura data dall’ombra di un folto gruppo di canne che si stagliavano alte con i loro pennacchi gialli; dietro di loro la terra dove era stato mietuto da poco il grano, si era a giugno, e subito dopo il mare, azzurro come il cielo con il quale si confondeva.
Manuel amava il mare, ci andava appena poteva in tutte le stagioni: d’inverno per raccogliere pezzetti di legno secco che le mareggiate scaricavano a riva, buoni per attizzare il fuoco, con la bella stagione per fare il bagno, sorvegliato dalla mamma e dalla nonna che stavano all’ombra di una capanna di frasche, rigorosamente vestite. Il papà portava un’anguria messa a rinfrescare nell’acqua del pozzo e ci voleva, perché faceva molto caldo d’estate. Poco lontano dalla riva si stagliava un isolotto roccioso a tratti cosparso di olivastri e fichi d’india, sorvegliato da terra da un’antica torre d’avvistamento spagnola, perché un tempo vi si nascondevano dietro le navi dei pirati moreschi, pronti a sbarcare all’improvviso e fare razzie. Ma non sempre tutto quello che veniva dal mare faceva paura: da dietro l’isolotto, mille anni prima, erano venute anche la navi della principessa di Navarra, che si era fermata davanti a casa loro e aveva fondato la bianca chiesetta che sorgeva su una piccola collina dominante il mare, al centro del paese.
Manuel amava quella chiesetta, le panche di legno antico, la volta del tetto rivestita di canne e calce, l’odore dell’incenso. Sua madre lo portava ogni domenica a sentire la messa e talvolta veniva anche suo padre che per l’occasione si vestiva a festa con l’abito di velluto scuro e i gambali borchiati d’argento lucidi come uno specchio. Manuel lo osservava al momento dell’elevazione dell’ostia: si irrigidiva e batteva i tacchi, l’aria solenne sotto i baffoni.
— Perché fa così? — chiedeva Manuel alla mamma.
— Quando era carabiniere salutava così l’ostia consacrata.
Manuel amava il mare, ci andava appena poteva in tutte le stagioni: d’inverno per raccogliere pezzetti di legno secco che le mareggiate scaricavano a riva, buoni per attizzare il fuoco, con la bella stagione per fare il bagno, sorvegliato dalla mamma e dalla nonna che stavano all’ombra di una capanna di frasche, rigorosamente vestite. Il papà portava un’anguria messa a rinfrescare nell’acqua del pozzo e ci voleva, perché faceva molto caldo d’estate. Poco lontano dalla riva si stagliava un isolotto roccioso a tratti cosparso di olivastri e fichi d’india, sorvegliato da terra da un’antica torre d’avvistamento spagnola, perché un tempo vi si nascondevano dietro le navi dei pirati moreschi, pronti a sbarcare all’improvviso e fare razzie. Ma non sempre tutto quello che veniva dal mare faceva paura: da dietro l’isolotto, mille anni prima, erano venute anche la navi della principessa di Navarra, che si era fermata davanti a casa loro e aveva fondato la bianca chiesetta che sorgeva su una piccola collina dominante il mare, al centro del paese.
Manuel amava quella chiesetta, le panche di legno antico, la volta del tetto rivestita di canne e calce, l’odore dell’incenso. Sua madre lo portava ogni domenica a sentire la messa e talvolta veniva anche suo padre che per l’occasione si vestiva a festa con l’abito di velluto scuro e i gambali borchiati d’argento lucidi come uno specchio. Manuel lo osservava al momento dell’elevazione dell’ostia: si irrigidiva e batteva i tacchi, l’aria solenne sotto i baffoni.
— Perché fa così? — chiedeva Manuel alla mamma.
— Quando era carabiniere salutava così l’ostia consacrata.
Solenni lucertole facevano capolino fra le pietre del pozzo, osservavano il mondo immobili e indifferenti; le cicale in mezzo alle siepi di rovi squarciavano l’aria con il loro canto. Il cielo di quell’estate era così azzurro che a fissarlo a lungo dolevano gli occhi e sembrava l’unico dolore in quel mondo silenzioso, ricco di odori di pietra scaldata dal sole, odore di polvere, di legno, erba secca e grano appena mietuto.
Manuel si girò all’improvviso. Distingueva a fatica una forma nera immobile a un lato del pozzo che dava le spalle al sole, in quel momento a metà dell’azzurro del cielo e del mare. Era una donna anziana, il viso avvolto da un fazzoletto come le donne del paese. Lo guardava.
— Io sono bravo a prendere l’acqua! — disse Manuel rovesciando a terra mezzo secchio fuori dalla brocca che luccicava come un’anfora tirata da una rete dal fondo del mare. La donna continuava a guardarlo, silenziosa.
— Volete bere zia? — Tutte le donne anziane del paese erano zie, ma questa, pur avendo il costume del posto, non era del paese, Manuel lo aveva intuito, anche se non aveva ancora sentito la sua voce. Però Manuel era un bambino molto fiducioso e disponibile, si trovava bene nel suo mondo, non conosceva ostilità.
La donna continuava a stare zitta, Manuel intinse un mestolo, che stava a fianco del pozzo, dentro il secchio e lo colmò d’acqua porgendolo alla donna.
— Non voglio l’acqua — rispose la donna con voce profonda, nel dialetto del bambino. Manuel la guardò a bocca aperta, mostrando il suo sorriso sdentato.
— State andando dalla mamma? È in casa con i fratellini, papà è nella vigna.
— No. Sono venuta per te.
— Per me? Oh! Ma bevete l’acqua zia, è buona e fresca e oggi fa caldo!
La donna spostò il suo sguardo sul mestolo che Manuel continuava a porgerle sorridendo, con l’acqua tremolante per il movimento della mano che rifletteva l’azzurro del cielo.
Era calato il silenzio, come un’attesa. Le cicale avevano smesso di cantare, gli alberi di olivastro e carrubo risaltavano neri contro il sole facendo intravedere pezzi di cielo fra gli spazi dei rami, come attraverso grate di un desiderio o di una necessaria sofferenza.
— Davvero vuoi offrirmi l’acqua?
— Oh! Ma davvero sì! Siete passata dalla strada del mare?
— Sì.
Manuel guardò in quella direzione, strizzando gli occhi abbacinato dal sole che era appena a metà del suo percorso. Alcune vele bianche spezzavano l’azzurro dell’acqua scintillante. Si sentiva l’odore penetrante della salsedine.
— Siete venuta con una nave? Come la principessa di Navarra?
— No.
— Avrete molta sete.
— Davvero vuoi darmi l’acqua? — ripeté la donna.
— Ma certo zia! Bevete!
La donna guardò il mestolo che Manuel, sorridendole, continuava a tenere dritto verso di lei, fiducioso. Si avvicinò e il bambino vide che aveva gli occhi di un azzurro scuro, come i fiori disegnati nella zuppiera di porcellana.
— Nessuno mi ha mai offerto acqua. Tu sei il primo.
— Che bello allora!
— Dimmi Manuel: qual’ è il tuo più grande desiderio?
— Guidare il carro di papà. Così lui si riposa. Io so guidare i buoi, lo sai?
— Lo so. E dimmi: vuoi tanto bene a mamma, papà e i fratellini?
— Oh, tanto sì.
— Faresti tutto per loro?
Manuel annuiva con la testa, convinto.
— Anche dare l’acqua a... me?
— Si zia. Vi prego: bevete.
La donna guardò oltre il bambino, sorrise lievemente, allungò la mano esitante, prese il mestolo e lo portò alla bocca bevendo un lungo sorso. Gocce d’acqua caddero sul suo collo, chiuso dal sottile colletto bianco della camicia, fermato sul davanti da due bottoni d’oro. Non si bagnò.
— Nessuno… mi aveva mai offerto acqua. Davvero buona. Grazie Manuel.
— Volete venire a casa, zia? Mamma sta facendo da mangiare.
— Ti ringrazio, non posso. Devo andare.
— Allora vi saluto. Quando tornate?
— Tornerò.
— Per me?
— Sì, Manuel.
— Quando?
— Passerà molto tempo, Manuel. Molto.
La donna se ne andò. Il bambino sorrise, compiaciuto di essere così importante per quella zia. Ma come faceva a conoscere il suo nome? Oh! I grandi sanno sempre tutto! Sentì qualcosa di caldo colargli dal naso, si pulì con la mano: era sangue. Per un attimo sentì la testa girargli, perse l’equilibrio, l’azzurro del cielo sembrò precipitargli addosso, si appoggiò a una colonna del pozzo. Le cicale ripresero il loro canto assordante, il sangue smise di uscire, sentì l’odore aspro della salsedine inondargli i polmoni, tutto ritornò come prima. Manuel si lavò la faccia, prese la brocca e ritornò a casa sorridendo e divertendosi a vedere le lucertole fuggire davanti a lui e le cavallette fare salti spettacolari.