[SLab6] L'antro di Mnemosine

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Adele si risveglia nel suo letto di ospedale. Non ricorda nulla della notte appena trascorsa, non le pare di aver sognato niente. Sente tuttavia una sensazione sgradevole, una nausea diffusa oltre al bisogno stringente di fare pipì. Al braccio ha un ago collegato a una flebo mobile quindi fa per alzarsi ma, sebbene il busto sia libero di muoversi, si rende conto che le gambe sono immobilizzate. Prova a muoverle ancora ma esse non rispondono, come se fossero sotto l'effetto di una anestesia.
Adele ha infatti subito un intervento chirurgico all'utero, ma l'operazione è stata fatta un paio di giorni prima. Lei è ancora in ospedale perché alcune complicanze hanno reso necessario prolungare il ricovero.
Dato che le è impossibile alzarsi ma deve andare in bagno, chiama un infermiere attraverso il pulsante accanto al letto. Dopo pochi minuti accorre l'infermiera di turno.
Quest'ultima appare piuttosto sorpresa di vedere che la paziente ha le gambe apparentemente sotto anestesia, ma le mette comunque sotto il bacino la paletta per urinare. Dopo un po' Adele vede entrare nella stanza un inserviente che pulisce il pavimento e il mobilio. Ad Adele pare di averlo già visto, ma non ci fa molto caso.  Più tardi arriva anche un medico per controllare il suo stato di salute. Si avvicendano diversi medici e anestesisti, tutti appaiono confusi rispetto al sintomo delle gambe addormentate di Adele e quindi prosegue il viavai dalla stanza. Diverse persone si avvicinano a lei durante la giornata, la visitano, le prelevano il sangue, aggiornano la sua cartella clinica, le somministrano farmaci.
Nel frattempo le gambe rimangono anestetizzate e compaiono davanti agli occhi di Adele brevi flash di immagini confuse, simili a ricordi o spezzoni di sogni che a poco a poco affiorano alla coscienza. Persiste anche il senso di nausea che, anzi, si va acuendo sempre più. Adele viene sottoposta a una visita ginecologica e il suo malessere si acutizza.
Poco a poco i ricordi si ricompongono in una narrazione più compiuta che Adele attribuisce a un sogno. Le pare infatti che la nausea e il malessere siano dovuti a un rapporto sessuale avuto con uno sconosciuto mentre lei era immobilizzata.
La sera si appresta a dormire con molta apprensione. Nel dormiveglia percepisce una presenza che manomette la boccetta della flebo.
Il racconto prosegue con immagini tra sogno e realtà, tra violenza ed erotismo.
L'indomani Adele si sveglia, questa volta ha l'intero corpo addormentato. I dottori decidono di proseguire il ricovero.
La notte seguente proseguono i sogni erotici. Al risveglio Adele non riesce neanche a parlare.
Il giorno dopo entra in coma. Eppure lei, sebbene immobile, è vigile e cosciente di ciò che le succede intorno. Ascolta quindi il dialogo tra uno dei medici e l'inserviente da cui deduce che è loro vittima: la anestetizzano per abusare di lei. Tuttavia, notte dopo notte Adele capisce che ciò che la tiene in vita sono le sensazioni che lei vive durante il sogno e che riesce a ricordare una volta sveglia. Il racconto si conclude con il dubbio di Adele di essere oltre che vittima di abusi, la cavia di un esperimento sull'attività onirica durante lo stato di incoscienza del coma.

Re: [SLab6] L'antro di Mnemosine

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Ciao @ivalibri 

Da vecchio scrittore "porno" non posso che essere catturato da quanto è premesso nella tua sinossi.
ivalibri ha scritto: La sera si appresta a dormire con molta apprensione. Nel dormiveglia percepisce una presenza che manomette la boccetta della flebo.
Il racconto prosegue con immagini tra sogno e realtà, tra violenza ed erotismo.
Sono ansioso di leggere questa storia angosciosa e ancor più di capire come farai a coniugare il concetto di "erotismo" con quello della violenza carnale.
Per tanto attendo con ansia il tuo futuro racconto.

Buon lavoro e arrivederci a presto  <3

Re: [SLab6] L'antro di Mnemosine

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Carissimi @bestseller2020@Nightafter,
Grazie per il vostro passaggio! Spero di non deludere le vostre aspettative, cosa alquanto probabile visto che il metodo di progettare prima di scrivere mi dà molto filo da torcere. 
Ci proverò: ormai sono in ballo e devo ballare...
Spero di essere in grado di dare la giusta tensione psicologica alla protagonista nonché di non cadere nel ridicolo con l'erotismo. Devo dire che è da un po' che mi frulla in testa l'idea di trattare il tema erotico in relazione al sogno, lo trovo interessante. 
Quanto all'idea di coniugare erotismo e violenza carnale, sono consapevole di entrare in un territorio molto spinoso, la fantasia di stupro è un altro aspetto interessante ma pericoloso. Speriamo di non scrivere delle baggianate!
Grazie e a presto!

Re: [SLab6] L'antro di Mnemosine

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Ciao @Riccardo73,
Riccardo73 ha scritto: secondo me si dovrebbe trovare il modo per rendere la sinossi un po' più sintetica, soprattutto all'inizio.
Assolutamente d'accordo. Di solito tendo a essere sintetica, qui invece mi sono lasciata andare e ho inserito diversi dettagli inutili per un riassunto. Non saprei per quale motivo, probabilmente sarà l'ansia da sinossi! 
Grazie per il commento!

Re: [SLab6] L'antro di Mnemosine

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Ciao @ivalibri

la trama che proponi è interessante.  Mentre leggevo mi è venuto in mente uno dei miei film preferiti di sempre: Kill Bill. Alla splendida Uma Thurman, black mamba, capita proprio ciò che racconti tu. La parte innovativa del racconto è insinuare il dubbio nel lettore che possa trattarsi di un qualche esperimento. Secondo me sarà determinante la scelta del periodo storico in cui ambienterai il racconto proprio per evitare la sensazione del “deja vu”.
Potrebbe essere anche nel futuro per esempio, ma eviterei l’epoca contemporanea.
A leggerci! 
Buone feste 🎉 

Re: [SLab6] L'antro di Mnemosine

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Ciao @@Monica
@Monica ha scritto:  Mentre leggevo mi è venuto in mente uno dei miei film preferiti di sempre: Kill Bill. Alla splendida Uma Thurman, black mamba, capita proprio ciò che racconti tu
Caspita! Non ho proprio pensato a Kill Bill, film che ho pure visto ma di cui non ricordavo la trama. 
@Monica ha scritto: La parte innovativa del racconto è insinuare il dubbio nel lettore che possa trattarsi di un qualche esperimento.
Sì, avevo idea di sottolineare questo aspetto, perché mi interessa in particolare l'attività onirica e ciò che poi ci si ricorda al risveglio.
@Monica ha scritto: Secondo me sarà determinante la scelta del periodo storico in cui ambienterai il racconto proprio per evitare la sensazione del “deja vu”.
Potrebbe essere anche nel futuro per esempio, ma eviterei l’epoca contemporanea.
In realtà avevo proprio pensato di ambientarlo in epoca contemporanea!  :facepalm:
Speriamo bene...
Grazie per il passaggio e per avermi ricordato Kill Bill!  <3

Re: [SLab6] L'antro di Mnemosine

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La sinossi evoca immagini chiaramente angosciose. 
Di sicuro scrivendo il racconto non mancherai di tenerci in tensione. 
Avrei spiegato, però, tutto nel riassunto che ci hai proposto. Chi è l'inserviente, cosa le sta facendo, se i medici sono implicati o meno nella faccenda...
Anche se Adele rimane col dubbio, chi legge la sinossi dovrebbe avere chiaro ogni aspetto.
Aspetto con molta curiosità che tu posti il racconto.  

Re: [SLab6] L'antro di Mnemosine

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Ciao, il tuo racconto sembra interessantissimo. Apprezzo in modo particolare le storie surreali e oniriche come questa promette di essere; mi ha ricordato in qualche modo Kill Bill e Rosemary's Baby. Mi è piaciuto come hai scritto la sinossi perché hai scritto tutti gli eventi in ordine cronologico ma rivelando le cose poco alla volta, così come immagino sarà nel racconto; una eventuale casa editrice ha a disposizione tutti gli elementi che servono e in più ha davanti quella che sarà la struttura del racconto. Grande  (y)

[Lab6] L'antro di Mnemosine

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L'antro di Mnemosine
Racconto a capitoli - prima parte
Adele fatica ad aprire gli occhi. Le palpebre, spesse e pesanti, due sipari di velluto ancorati al sonno, le rivelano una visione appannata sul nuovo giorno. Un odore acre di disinfettante le pizzica il naso, mentre lo sguardo mette a fuoco le sagome abbacinanti che scorge. Colline innevate, uno sfondo di cielo turchese, antenne e tralicci di metallo argentato che bucano l'aria: l'istantanea di fronte a sé è una mattina di montagna, di quelle dalla temperatura secca e gelida, quando i fiocchi di neve sono già caduti e giacciono immacolati uno sull'altro, soffici ma solidi come pezzi di lego, e scricchiolano sotto i doposcì della sua infanzia.
La mano di Adele strofina gli occhi, la pelle delle dita percorsa da un formicolio la fa apparire un corpo estraneo, la mano di un altro, e le sagome sfuocate si impastano ancor più in un paesaggio di macchie traslucide.
Non è la baita della settimana bianca, il solido polimorfo immerso nella quiete del mattino, il panorama che ha di fronte. È uno scorcio urbano, una periferia di strade, cemento e calce, facciate di palazzo, fabbriche dismesse, rottami, ma ordinati. Schegge di città, sistemate in fila o piuttosto arredi di un interno giorno. La stanza di Adele nella casa in affitto per studenti universitari, in pieno centro a Bologna. Perché ti sei iscritta a psicologia a Bologna? A Milano non c'era? Le domande che le pongono, a volte, e che si pone lei quando si sveglia nella stanza spoglia, condivisa con un'altra coinquilina, a febbraio, quando ci sono gli appelli invernali.
La prima cosa che mette a fuoco davvero non è lo sfondo, il muro azzurro, perché l'azzurro calma la vista, né le due colline di cotone bianco poco più vicino, ma la corda a cui è legato il suo braccio. È una corda trasparente, innervata da un rivolo di liquido che scorre, conficcata sotto pelle, la sua pelle!, e proiettata verso l'alto. Il collo le fa male, un accumulo di acido lattico stride nei muscoli quando prova a voltarsi verso l'altro capo della cordicella. La boccetta troneggia lassù, una bottiglietta di plastica trasparente appesa a testa in giù, la vede e sente lo schiocco della bolla, plop, ogni volta che cade una goccia di liquido giù per il tubicino. Al terzo plop riconosce la flebo, al quarto, un altro letto in secondo piano, una sagoma infagottata la copre, un corpo che dorme, al quinto vede le sue gambe, due piste da sci, e i piedi, le colline innevate laggiù.
La gola è secca. È all'acqua che pensa ora. All'acqua che vorrebbe bere, per bagnare l'incendio della cavità in fondo alla bocca, e poi far scorrere giù, dentro, fino alle viscere. E all'acqua che spinge più sotto per uscire fuori, che preme dalla vescica, e anche lì brucia. Ma si trattiene. Nessuna acqua entrerà dentro o uscirà fuori, per il momento. Ora piuttosto Adele vuole muoversi, tirarsi su. Solo che se le mani formicolano, il busto è addormentato e bucherellato da milioni e milioni di spilli. Ogni cellula dell'epidermide viene forata da un ago, ma non da uno e basta, in una stasi dolorosa, bensì da schiere di sottilissime punte aguzze, che pungono ondata su ondata, in frequenze caotiche e ravvicinate, simili ai moti che increspano la superficie di un mare in tempesta.
Eppure ce la fa. Adele riesce a tirarsi su. Si puntella sui pugni chiusi, le braccia due paletti sul lenzuolo del letto d'ospedale. Spedali civili, è la scritta azzurro pallido impressa sul tessuto e Adele la legge e ricorda. La mente si schiude: intervento all'utero. Miomectomia laparoscopica con asportazione dei fibromi uterini. Miomectomia laparoscopica, ripete mentalmente, scandisce la parola, sillaba dopo sillaba, un fonema sull'altro. Anche se nessun suono esce dalla bocca, lei pronuncia dentro la testa quella parola, l'ha imparata a memoria, ci ha messo un po' a memorizzarla, ricorda di quando l'ha vista scritta per la prima volta nella cartella clinica, era la parola a guardare lei, sinistra e indecifrabile come un termine straniero, una parola turca o ungherese, ma ora risuona perspicua dentro la testa, rimbalza tra le pareti del cranio e vibra.
Il pulsante è lì accanto, a portata di mano, non serviva nemmeno mettersi a sedere. E quindi Adele si stende, e le dita strizzano il campanello, l'involucro di plastica che racchiude l'ingranaggio, i fili di rame, gli impulsi elettrici. Il suono echeggia dal corridoio.
La mano corre allora al basso ventre, tocca la garza spessa e umida appoggiata sulla pelle insensibile. E anestetizzato è il bacino, anestetizzate le gambe. Si palpa e si sente solo da fuori. Non è più sua quella carne, lei è solo dentro alla testa, è il cervello, il mallo di noce, e il corpo è la scorza dura, inerte. Si potrebbe prendere a martellate finché si spacca, ma non sentirebbe niente. Non è nemmeno sicura che quello possa dirsi essere viva se non fosse per l'urina che preme per uscire fuori.
Adele si concentra sulle gambe. Immette il pensiero dentro la carne, muscoli, nervi, tendini, vene. Un pensiero che dice: muovetevi, gambe!, perché la mente è abituata così, ordina senza nemmeno essere cosciente di comandare e il corpo risponde, senza  ribellarsi alla perenne subalternità. Adele quindi si stupisce della sordità delle sue gambe. Convoglia l'attenzione sui piedi, poi sulle dita. Pare che un barlume di vita sia presente nella punta degli alluci, sull'estremità dell'unghia. Un accenno di vita.
Passi, un fruscio, di fogli o tessuti, e poi una voce dal lato della flebo: — Ha chiamato? Ha bisogno di qualcosa?
È un'infermiera, giovane, sulla trentina, il volto struccato, si nota la pelle imperfetta, minuscoli segni di offese recenti o antiche: un'acne aggressiva deve averla tormentata durante l'adolescenza. Non sorride.
— Devo fare la pipì.
Adele si stupisce di sentire la propria voce. Questa esce fuori spontanea, senza bisogno di forzature. Il suono pare essere per ora l'unica materializzazione del pensiero, visto che il corpo è fuori uso.
L'infermiera non commenta. Armeggia sotto al letto e tira fuori la padella. Scosta il lenzuolo con un'unica mossa, come un prestigiatore, e scopre le gambe. Adele le osserva, due colonne perfettamente simmetriche, marmoree nella loro quiete, i piedi ruotati all'infuori come le lancette di un orologio sulle dieci e dieci. La donna le scioglie i lacci del camice in polipropilene annodati sul davanti. Sia l'indumento che la fissità dei suoi arti la fanno pensare a una bambola, una di quelle dal corpo imbottito di gommapiuma e dagli arti e testa in plastica rigida rosa pallido con cui giocava da bambina. Sotto il camice è nuda: il monte di Venere svetta rotondo, la pelle morbida e glabra per la recente depilazione. L'infermiera le alza gambe e posiziona la padella sotto al bacino con destrezza.
— Prego.
Adele non può far a meno di notare lo stridore del convenevole con la prosaicità del gesto che si accinge a fare. Lo stimolo di urinare è vivido e l'impulso mentale funziona altrettanto bene della voce. È un bruciore intenso che si libera, un fuoco che sgorga fuori in un getto di liquido caldo. La pipì disegna un arco nell'aria, come il getto di una fontanella decorativa e, cadendo, scroscia allegra sulla padella. Adele è sollevata, il suo corpo è in grado di espellere suoni e liquidi, perché è vivo. È il movimento ciò che al momento le è precluso.

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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Per la stesura di questo testo sono partita dalla situazione iniziale della sinossi. Il punto di vista è quello della protagonista che si risveglia dopo una notte di sonno, dopo un'operazione chirurgica, nel suo letto di ospedale. Le descrizioni si concentrano sulle sue sensazioni visive e corporee, soprattutto tattili, e sul mancato riconoscimento iniziale del luogo in cui si trova. Alcune immagini sfocate e trasfigurate della stanza d'ospedale permettono di inserire brevi flashback sulla sua vita precedente, da bambina e da ragazza.
Le sensazioni descritte vertono poi su una percezione distorta del proprio corpo, in particolare sulle gambe da lei percepite come sotto anestesia.
Questa parte è il punto di partenza di una storia in cui vorrei sviluppare, tra sensazioni corporee e ricordi, il contrasto tra un corpo ridotto a mero involucro incapace di muoversi e di una ricca vita interiore. 
Il mio modo di procedere nella scrittura è infatti piuttosto restio a una programmazione della trama e preferisco (perché trovo per me più interessante e stimolante) "scoprire" ciò che accadrà in corso d'opera, avendo presente un'idea o un nucleo tematico piuttosto che una storia. Fino a qui però sono stata abbastanza fedele a quanto avevo scritto nella sinossi. Sento tuttavia il bisogno anche di discostarmene.

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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ivalibri ha scritto: Schegge di città, sistemate in fila o piuttosto arredi di un interno giorno.
Questa frase mi ha fatto inciampare nella lettura, quell’interno giorno non riesco a capirlo. 
ivalibri ha scritto: una corda trasparente,
Perché non tubicino trasparente? È lei che non riconosce il termine esatto? Perché lo chiama corda?


Ciao @ivalibri 

che testo angosciante! Il ritmo lentissimo, i pensieri sconnessi, i frammenti di ricordi, le sensazioni corporee visive, tattili… tutto rende molto bene il torpore e lo spaesamento del risveglio dopo un’anestesia. Le descrizioni sono minuziose, opulente a tratti, per mio gusto, un filo troppo cariche.
Se questo è l’incipit del racconto, ti consiglierei di sfoltirlo un po’ perché manca l’innesco della storia che nella sinossi mi aveva colpita molto.
Questo indugiare sulle descrizioni rende tutto molto “angosciante” e per questo ti faccio i complimenti. Mi sono sentita ferma, bloccata su quel letto, confusa… Mi pare che fosse proprio l’effetto che desideravi ottenere e, per me, lo hai ottenuto! Forse il ritmo col prosieguo della storia cambierà. Attendo il racconto completo!  :libro:

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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@ivalibri leggere i tuoi pezzi è sempre fonte di emozione, ogni volta rinnovi in me il piacere della lettura. Grazie. 
Prima del racconto ho letto il tuo commento, quale è stato il processo per la creazione, la scelta di usare rapidi falshback e via discorrendo. Viaggio mentale e sensoriale percepito nettamente.  Dovrei approfondire il commento, ma per dire cosa? Se non che mi è piacito tantissimo? Commento sterile? Ok. Ho un dubbio: essendo stata operata da poco (si tratta del risveglio in seguito all'anestesia. Almeno così sembra visto che, in questa prima esposizione dei fatti, citi l'asportazione dell'utero), anche se in laporoscopia, non dovrebbe avere il catetere? Ma non sono certa di avere ragione. Te lo puntualizzo solo perché leggendo mi è venuto in mente.
Mi incuriosisce conoscere il prosieguo della storia, dal momento che hai già in parte deviato dalla sinossi (che pure era molto accattivante). Allora dove porterai il lettore? 

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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Grazie @@Monica per il tuo parere e i tuoi utilissimi appunti! 

Ciao @Adel J. Pellitteri
Adel J. Pellitteri ha scritto: tuoi pezzi è sempre fonte di emozione, ogni volta rinnovi in me il piacere della lettura. Grazie. 
Troppo buona... Grazie a te!
Adel J. Pellitteri ha scritto: anche se in laporoscopia, non dovrebbe avere il catetere?
Hai ragione! Provvederò a correggere...
Adel J. Pellitteri ha scritto: Allora dove porterai il lettore? 
Non ne ho idea! 😄
Mi viene da scrivere in questo modo: scoprendo man mano che succede insieme ai personaggi. In realtà volevo provare a seguire una traccia per provare un metodo diverso ma tendo a prendere strade nuove, mi motiva di più a scrivere. 
Grazie ancora e a prestissimo!

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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@ivalibri ciao. Stai dando forfait con le descrizioni... :P Di questo passo non ti basteranno tre capitoli. Ti vedo decisa nel volerti cimentare in una discesa all'inferno. Un viaggio profondo nel subinconscio  e verso l'ignoto. Ti sei presa una bella gatta da pelare e secondo me, questa tua decisione è collegata a qualcosa di personale, un momento particolare di riflessione: di ricerca. Cosa vuoi trovare tra i meandri delle tue angosce? Ti eri proposta di sviluppare una storia di violenza in ospedale. L'idea non era male, ma, potresti rivedere la prima intenzione. Dato che dici che avresti bisogno di discostartene. L'idea di vedere cosa uscirà alla fine del viaggio alla scoperta dell'isola che non c'é, mi incuriosisce. Buon lavoro.. <3
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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  ha scritto:Adel J. Pellitteri  anche se in laporoscopia, non dovrebbe avere il catetere?
È venuto in mente anche a me, non so come fanno quest'intervento, dovresti fare una ricerca. 

Ho letto il racconto, avevo in mente la tua sinossi e sono rimasta stupita, a parte l'intervento non c'è nessun riferimento alla violenza, al mistero che avevi creato. Perché?

Ho l'impressione che volessi riscrivere la trama. Cominciare da dove iniziava la sinossi e poi allontanarti da qualche altra parte:
  ha scritto:ivalibriLa mano di Adele strofina gli occhi, la pelle delle dita percorsa da un formicolio la fa apparire un corpo estraneo, la mano di un altro, e
La mano di un altro è quella che si chiama una semina, va bene che il racconto è incompleto ma avrei scritto qualche dettaglio in più per creare un germoglio che sarebbe sbocciato più avanti. 


Il testo è bello, ma troppo lungo anche come introduzione per un capitolo. Hai utilizzato tutti i caratteri per descrivere, quanto? Tre minuti di scena?
Il lettore si aspetta sempre di veder decollare una storia, specialmente all'inizio, quando non si è ancora affezionato ai personaggi ecc. 
Io ho imparato a togliere tutti quei salti mortali che facevo con le parole, Cose come questa:
  ha scritto:ivalibriAdele fatica ad aprire gli occhi. Le palpebre, spesse e pesanti, due sipari di velluto ancorati al sonno, le rivelano una visione appannata sul nuovo giorno.
Meglio sfoltire e non attaccarsi alle belle frasi pompose che ci fanno impazzire, al lettore non piacciono. Se rileggo i miei racconti di qualche anno fa mi passa pure la voglia di dargli una sistemata. 

  ha scritto:ivalibriNon è la baita della settimana bianca, il solido polimorfo immerso nella quiete del mattino, il panorama che ha di fronte. È uno scorcio urbano, una periferia di strade, cemento e calce, facciate di palazzo, fabbriche dismesse, rottami, ma ordinati. Schegge di città, sistemate in fila o piuttosto arredi di un interno giorno. La stanza di Adele nella casa in affitto per studenti universitari, in pieno centro a Bologna. Perché ti sei iscritta a psicologia a Bologna? A Milano non c'era? Le domande che le pongono, a volte, e che si pone lei quando si sveglia nella stanza spoglia, condivisa con un'altra coinquilina, a febbraio, quando ci sono gli appelli invernali.
 A parte il solido polimorfo questo pezzo mi piace. Ci riveli qualcosa della sua vita, Ora sappiamo che è una giovane donna, altrimenti le verrebbero in mente i figli, i nipoti...


  ha scritto:ivalibriLa prima cosa che mette a fuoco davvero non è lo sfondo, il muro azzurro, perché l'azzurro calma la vista, né le due colline di cotone bianco poco più vicino, ma la corda a cui è legato il suo braccio. È una corda trasparente, innervata da un rivolo di liquido che scorre, conficcata sotto pelle, la sua pelle!, e proiettata verso l'alto. Il collo le fa male, un accumulo di acido lattico stride nei muscoli quando prova a voltarsi verso l'altro capo della cordicella. La boccetta troneggia lassù, una bottiglietta di plastica trasparente appesa a testa in giù, la vede e sente lo schiocco della bolla, plop, ogni volta che cade una goccia di liquido giù per il tubicino. Al terzo plop riconosce la flebo, al quarto, un altro letto in secondo piano, una sagoma infagottata la copre, un corpo che dorme, al quinto vede le sue gambe, due piste da sci, e i piedi, le colline innevate laggiù.
Lei è confusa, ma a me questo pezzo mi ha confuso più di lei: 

[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]La prima cosa che mette a fuoco davvero non è lo sfondo, il muro azzurro, perché l'azzurro calma la vista, [/font] né le due colline di cotone bianco poco più vicino, ma la corda a cui è legato il suo braccio né le due colline di cotone bianco poco più vicino, ma la corda a cui è legato il suo braccio

Perché usare la forma negativa, si fa prima a dire quello che vede:  La prima cosa che mette a fuoco è il tubicino della flebo, è solo intontita dall'anestesia.
Inoltre non ho capito le due colline di cotone bianco. L'affermazione, perché l'azzurro calma la vista, è lei che la pensa? In quel momento? Mi sembra che stoni col resto della narrazione; messa lì cosi'... Mi sembra un commento dell'autrice, un commento fuori dal racconto.

Insomma la storia c'è ed è pure intrigante. I riferimenti al passato reggono e stimolano la mia fantasia. Mi piacerebbe sapere chi questa donna, come andrà avanti la sua convalescenza, e soprattutto scoprire i legami con quella baita, e quei posti che hai descritto così artisticamente:

  ha scritto:ivalibri È uno scorcio urbano, una periferia di strade, cemento e calce, facciate di palazzo, fabbriche dismesse, rottami, ma ordinati. Schegge di città, sistemate in fila o piuttosto arredi di un interno giorno. La stanza di Adele nella casa in affitto per studenti universitari, in pieno centro a Bologna. Perché ti sei iscritta a psicologia a Bologna? A Milano non c'era? Le domande che le pongono, a volte, e che si pone lei quando si sveglia nella stanza spoglia, condivisa con un'altra coinquilina, a febbraio, quando ci
Cancella, piuttosto, non serve. 
Sarei molto curiosa di leggere una revisione e il seguito, vedere se ti allenerai alla sinossi o ti lascerai prendere dal personaggio che hai già caratterizzato.

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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Grazie cara @Alba359 per il tuo commento approfondito e sincero, lo apprezzo molto.
Ho volutamente cercato un ritmo lento, privo di azioni che catturano l'attenzione del lettore e di frasi cariche di immagini (che immagino possano risultare pompose...) per sperimentare qualcosa di diverso e avventurarmi in un territorio sicuramente scivoloso. 
Alba359 ha scritto: non ho capito le due colline di cotone bianco
Sono i suoi piedi! 😄

Grazie davvero per le tue annotazioni, sono spunti di riflessione molto utili.
A presto!

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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Ciao @bestseller2020
Grazie per il passaggio!
bestseller2020 ha scritto: Ti vedo decisa nel volerti cimentare in una discesa all'inferno. Un viaggio profondo nel subinconscio  e verso l'ignoto.
Proprio così...
bestseller2020 ha scritto: Ti sei presa una bella gatta da pelare e secondo me, questa tua decisione è collegata a qualcosa di personale, un momento particolare di riflessione: di ricerca.
Vero anche questo.
bestseller2020 ha scritto: Cosa vuoi trovare tra i meandri delle tue angosce?
E chi lo sa?  :P
Grazie ancora! A presto!

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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ciao carissima @ivalibri 

Il titolo che che hai dato a questo racconto è suggestivo, e inevitabilmente invita, per chi come me che langue in una profonda ignoranza per quanto attiene alla mitologia e ai suoi esponenti, ad approfondire vieppiù almeno epidermicamente di cosa tratti il nome in oggetto.

Di Mnemosine, nella mitologia greca, si dice che fu lei a scoprire il potere della memoria e che diede i nomi a molti degli oggetti e dei concetti utilizzati per far sì che i mortali si comprendano mentre dialogavano.
Secondo Pausania, in Beozia si trovava l'antro di Trofonio che era uno degli accessi agli Inferi e dove per entrare era necessario prima bere da due fontane. La prima, intitolata a Lete (la dimenticanza), faceva dimenticare le cose passate mentre l'altra, intitolata a Mnemosine, consentiva di ricordare ciò che si sarebbe visto nell'aldilà.

Quindi questo racconto è sicuramente attinente a qualcosa che ha a che vedere con la memoria, e nella fattispecie di una memoria recuperata da una situazione onirica o di assenza di veglia cosciente.

Tutta questa prima parte del racconto è una minuziosa, ricca e suggestiva descrizione dello stato di malessere legato a un risveglio da una anestesia in seguito a un intervento chirurgico.

Si passa da un disorientamento nei primi momenti del risveglio, al lento recupero delle percezioni del proprio corpo.
Sappiamo che la protagonista ha subito un delicato intervento chirurgico, attraverso una recente e meno invasiva tecnica laparoscopica, e in maniera assai coinvolgente entriamo nelle sue complesse sensazioni legate a questo disagevole risveglio.
La parte terminale della parte di racconto che ci presenti si chiude con la descrizione molto dettagliata di un servizio offerto da un’efficiente Oss che supporta la protagonista nell’urgenza di una minzione.
Quanto letto fin qui è un buon racconto, la scrittura è qualitativamente scorrevole, varia, attraente alla lettura.
Pertanto non posso che complimentarmi, mi auguro che il proseguo del racconto sia altrettanto gradevole, non mi resta che sollecitarti nel pubblicarlo.

Un saluto e un abbraccio. Ciao.

Re: [Lab6] L'antro di Mnemosine

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Ciao!
ivalibri ha scritto: Questa parte è il punto di partenza di una storia in cui vorrei sviluppare, tra sensazioni corporee e ricordi, il contrasto tra un corpo ridotto a mero involucro incapace di muoversi e di una ricca vita interiore. 
È un incipit molto bello, purtroppo è l'unica cosa che posso commentare  :D
Non posso dire granché sulla trama, e anche del personaggio non vediamo tutto.
La narrazione è molto lenta e ricca di dettagli. A me non è dispiaciuta, anzi penso che funzioni molto bene; ma penso avresti potuto asciugare un po' su alcune descrizioni per arrivare prima al dunque e portare avanti la storia.
Hai reso molto bene la sensazione di fatica che si prova in una situazione del genere. Ogni minimo gesto è un'impresa titanica, e si è totalmente inermi nelle mani dei medici; quest'ultimo aspetto è quello su cui punterei per sviluppare il racconto in direzioni thriller / horror.
Detto questo, sono curioso di vedere sviluppata la storia  :D
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