[Lab1] Ictiofobia

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ICTIOFOBIA

Mentre lavo con cura le mani, una bella donna mi si affianca nello specchio. Avrà più meno i miei anni;  stiro le labbra nel vago saluto da toilette di un locale,  lei parla mentre realizzo chi è.
«Mi riconosci? Dal tavolo non ero sicura, poi il tuo tragitto nella sala mi ha tolto il dubbio: sei Gemma!»
«Sì. E tu Sara. Scusami, ero distratta.»
«Meno male, non trovavo contatti; il tuo profilo è fermo - fa con aria di rimprovero – altrimenti saresti nel gruppo.»
«Quale?» Il consueto attimo d’angoscia precede il ricordo.
«Non qui e ora» mostra il cellulare. Le do il numero: che altro potrei fare?

«C’è qualcuno con te?» esordisce la sera dopo.
«Ho divorziato, non ho figli e vedo poca gente. Ti sei informata, no?»
«Certo. Anch’io, ma ho un figlio. Siamo il gruppo... dell’acquario, mi capisci?»
«Sì. Ma non voglio entrarci, starei peggio.»
«No, meglio! E abbiamo bisogno di te. Hai promesso e ci pensi ancora, non negarlo: ora si può.»
«Non ci credo, lasciami in pace.»
Sto per chiudere, ma quasi mio malgrado chiedo: «Cosa dovrei fare?»
«Chiamarlo. Reciti in una filodrammatica, giusto? E sei brava, Andreina è venuta a vederti.»
«Ci sono tutte? Cosa fanno?»
«Te lo racconto dopo. Sì, tutte quelle della promessa. Magari sarà toccato ad altre, ma a noi non l’hanno detto, oppure -risatina amara –  privilegiava le più fighe!»

L'appuntamento è alle sei, in una piccola libreria ai Banchi Vecchi. Arrivo un po’ prima e Sara non c’è ancora, mi accoglie Andreina. Alta e dritta, l’aria vagamente militaresca un po’ accentuata; non mi sorprende che abbia assunto la leadership. Tra banchi e scaffali, ci mescoliamo ai clienti che sfogliano libri.
«Partecipavo a un gruppo di lettura – spiega lei sottovoce- hanno un baretto nel seminterrato. Di martedì non c'era mai nessuno. Manlio, il commesso, scendeva giusto un attimo. La nuova si chiama Vania.»
Andreina le si accosta: «Le altre amiche arriveranno tra poco. Ci riuniamo per scegliere il primo giallo. Ne leggeremo uno al mese: presi qui, ovvio.»
«Siamo appassionate - aggiungo di rincalzo - il gruppo è dedicato al genere.»
La ragazza annuisce compiaciuta e ci accompagna di sotto, sento un lieve odore di muffa: «Il campanello è qui, suonate per ordinare.»
«I manifesti dei film d'epoca alle pareti credo siano gli stessi – dice Andreina- mentre quello non c’era.» Sul grande schermo cantanti muti si dimenano facendo smorfie.
Paola e Federica arrivano insieme. Sono entrambe alte, la commercialista è rimasta magra, più in carne la ministeriale. A brevi intervalli seguono Sara, Lucia e Ada. Lo specchio ci riflette: ancora piacenti, un che di cupo nello sguardo.
«Ci siamo riavvicinate -spiega Federica a mio beneficio- quando su facebook, corso di economia del ‘98, è nata una discussione sugli acquari: graditi a molte, con foto e consigli sul cibo dei pesci. Noi sette ne abbiamo ribrezzo.»
«Non ne ho mai visitato uno con  le figlie» dice Paola.
«Giro alla larga anche dalla vasca dei pesci al ristorante» dichiaro. Sara mi strizza l’occhio.
«Ho metabolizzato meglio – spiega Ada- evito la vicinanza.»
«Il capo ne ha uno e  talvolta ci invita a cena, mi fingo distratta se mostra la betta splendens o il pesce angelo» conclude Andreina.
Rientriamo subito in sintonia, come se ci fossimo frequentate in tutti questi anni. Lucia, dirigente telefonica, consegna a ognuna una scheda anonima, così d'ora in poi potremo tenerci in contatto.
Ed è lei a rievocare la promessa.
«Temevo di essere incinta, ricordate? Quando siete venute per il compleanno, non ce l’ho fatta a tacere, così ci siamo confidate e abbiamo promesso. Sono passati tanti anni, ma nessuna ha dimenticato!» Negli occhi chiari scorgo un lampo d’odio.
«Li guardate gli oroscopi?» chiedo dopo un buon minuto di silenzio.
«Mi fanno senso quasi quanto gli acquari» rabbrividisce Federica.
«Li evito quando leggo i giornali» dice Paola.
«Non ci credo, sia chiaro, - interviene Sara - ma da allora li consulto in modo compulsivo.»
«Diceva anche a voi “oggi il mio oroscopo prevede un giorno fortunato” quando entravate nel suo studio?» s’informa Ada.
La scena mi si presenta vivida alla memoria: «Aveva davanti la mia cartellina e tutto contento esclamò: “Ma guarda, sei proprio dell'Acquario”.»
È il caso di ordinare, Andreina suona il campanello. Mentre Vania ci mette davanti bibite e salatini ci consultiamo sul giallo da scegliere. Federica propone Rancore di Carofiglio, siamo tutte d'accordo. Di sopra ce n'è una pila in mostra, la ragazza sorride.
«Se l'aspettava - commenta Sara - Adatto, si fanno i conti con il passato.»
Finalmente riusciamo a parlarne, del passato, ed è incredibile quanto mi giovi. Di sicuro anche alle altre, basta guardarle. Decidiamo il da farsi, non ci riesce difficile.
«Niente messaggistica, si capisce, e telefonate brevi» raccomanda Lucia.

Non avrei mai pensato di usare così i miei anni di teatro. Mi sento determinata e pronta a onorare la promessa.
“Sono stagista presso la società GoodInvest, vorrei alcuni chiarimenti sulla sua teoria della massimizzazione del profitto” ho detto con voce giovanile e seducente. Lui non ha controllato, visto che mi riceverà.
«Ottimo lavoro -dice Andreina - Quando?»
«Ho proposto il giovedì pomeriggio, se per lui andava bene. Affermativo.»
«Ovvio: il domestico è fuori. L'età non gli ha fatto cambiare abitudini. Vengo anch'io, s'intende.»
«Certo, da sola non sarei capace, capirà in fretta che non sono una ragazza.»
Mi rassicura: «Pochi minuti, poi faremo entrare le altre.»

Quando apre la porta, la sua faccia esprime lo sconcerto previsto. Lo spingiamo dentro e richiudiamo. Ancora in forma per i suoi settant'anni, penso, mentre protesta, più sorpreso che intimorito. Non sembriamo stagiste, ma neppure abbiamo l’aria di delinquenti.
«Che volete?» indietreggia nel soggiorno dove fa bella mostra di sé un grande acquario con tanti pesci multicolori.
«Non ho soldi o cose di valore in casa...» ha deciso che siamo lì per rubare.
Due tocchi leggeri alla porta. Le altre entrano in gruppo, lo circondiamo; il cattedratico ora boccheggia, del tutto spiazzato.
«Si metta comodo, prof, qui in poltrona, davanti al suo bellissimo acquario» dice Sara.
«Come vi permettete? Chiamo la polizia…»
«No, ora capirà tutto» fa Andreina, sospingendolo con decisione.
Comincia davvero a spaventarsi: si trova in casa sette pazze pericolose, cosa fare?
«Quello del suo studio era più piccolo» dice Paola.
«C'erano molti pesci piccoli e due grandi, azzurri e gialli. Tutte li abbiamo guardati mentre ci violentava» precisa Federica.
E ognuna espone in tono piatto la sua pena.
«Mio marito si è separato dopo un anno, sono frigida.»
«Vado con chiunque, non so rifiutarmi.»
Lui farfuglia qualcosa. “È paonazzo, gli verrà mica un infarto?” mi chiedo preoccupata.
«Ho spesso attacchi di panico.»
«Provo ansia per le mie figlie, così le tormento.»
«Sono affetta da rupofobia, mi lavo di continuo»
«Mi spaventa uscire da sola, potrebbero aggredirmi.»
«Dormo malissimo, ho incubi ricorrenti.»
Il professore si è ripreso: «Allora siete state zitte, ora volete denunciarmi? Perché va di moda?» indica il televisore.
“È un porco razionale” mi dico con tristezza. “Non potevamo allora, era il nostro relatore, e neppure adesso. Siamo donne qualunque, con lavori e magari famiglie da tutelare, non attrici o cantanti.”
«No, abbiamo deciso altrimenti» rispondo.
Tolte le giacche, restiamo tutte in maniche corte. Due lo imbavagliano veloci con la sciarpa, lui tenta di alzarsi, siamo in troppe perché riesca a sfuggirci: vincendo la repulsione lo cacciamo scalciante nell'acquario. Bisogna tenerlo sotto un bel po' prima che smetta di agitarsi.

Diversi pesci sono rimasti schiacciati, gli altri nuotano indifferenti.
Andreina recupera la sciarpa e la strizza, in borsa ha una bustina di plastica. Rassettiamo i vestiti, controllandoci a vicenda.
«Non si nota il bagnato, abbiamo poco da camminare»  rassicura Sara. Le due macchine sono parcheggiate nei pressi.
«Buttate subito le SIM» dice Lucia.

“Soffriremo ancora di ictiofobia?” mi chiedo.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
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Re: [Lab1] Ictiofobia

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Si, è una storia di vendetta che compie un giro "largo" tale da rendere meno agevole la lettura nella prima parte: è davvero necessario? Se un ipotetico lettore si perde potrebbe decidere di smettere di leggere quello che hai scritto. Per il resto è carina la cosa dell'acquario come l'hai portata avanti sin dalle prime righe fino al finale. A mio modo di vedere dovresti lavorarci ancora su cercando di renderlo meno semplicistico, rendendo il finale più ambiguo e meno esplicito... non sempre la violenza fisica funziona meglio, di qualcosa di non detto. Vedi Carver, ad esempio. 

Re: [Lab1] Ictiofobia

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sefora ha scritto: stiro le labbra nel vago saluto da toilette di un locale, 
immagine azzeccatissima, complimenti!
sefora ha scritto: Mi riconosci? Dal tavolo non ero sicura, poi il tuo tragitto nella sala mi ha tolto il dubbio: sei Gemma!»
questa frase mi sembra un po’ costruita. Chi direbbe ho visto il tuo tragitto nella sala?  Forse nella sala c’è un acquario coi pesci e nel tragitto ha cercato di evitarlo? Lo dico dopo aver letto tutto, però. 
sefora ha scritto: Giro alla larga anche dalla vasca dei pesci al ristorante» dichiaro. Sara mi strizza l’occhio.
Lo riveli parecchie battute dopo. Forse un accenno prima non era male. 

@sefora  il tuo racconto è bellissimo, da film di Tarantino. Mi è piaciuta moltissimo la costruzione e il climax. I dialoghi sono davvero asciutti e credibili. 
la vendetta delle ex studenti è crudele e perfetta. Secondo me, adesso, guariranno dall’ictofobia. Bravissima 👍 

Re: [Lab1] Ictiofobia

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Grazie di   <3 a voi per la lettura e i gentili commenti. Rispondo nell'ordine.
@Almissima Sì, la scena 'gruppo di lettura' è un po' affollata: dovevo presentare ben cinque personaggi. Però ho sempre citato per nome chi parlava, omettendolo invece in quella con l'elenco dei disturbi psichici.
@BigWhoop Troppo "larga" la premessa?  Mah, dovevo entrare in situazione usando i dialoghi... 
@Monica  La struttura  voleva essere proprio "filmica", mi fa piacere che tu l'abbia notato. Sì, la frase è volutamente costruita, ma nel copia incolla i corsivi sono saltati e -solita distratta- non l'ho ridato a tragitto, che doveva essere notato.
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Re: [Lab1] Ictiofobia

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Il racconto mi ha fatto pensare a uno scrigno prezioso di cui però ti sei tenuta la chiave.
Ritmo elegante, dialoghi asciutti, la lettura intriga e scivola come la seta.
Lo scrigno scintilla, ma non si apre.
Restiamo così a veder muoversi e agire personaggi che dicono ma non esprimono.
Dicono, raccontano gli effetti del trauma, ma nei corpi o nei gesti non traspare granché
sefora ha scritto: Il consueto attimo d’angoscia precede il ricordo.
sefora ha scritto: Sto per chiudere, ma quasi mio malgrado chiedo: «Cosa dovrei fare?»
sefora ha scritto: Lo specchio ci riflette: ancora piacenti, un che di cupo nello sguardo.
E questa reticenza, raffinata astuzia di narratrice, resta fino alla fine e ci lascia proprio come davanti a un acquario.
Forse un po' orfani di empatia, persino di ostilità per il porco che non ci concede nemmeno un ultimo guizzo "Cos'è, non ne avete avuto abbastanza?" 
Terra desolata, dove nelle crepe di antiche ferite cresce solo il muschio avaro della vendetta.
Bella prova, @sefora 
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
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Re: [Lab1] Ictiofobia

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Ciao @sefora @

Bello il racconto, scritto assai bene e ottima la costruzione della vicenda.

Direi che possiede quella completezza che fa di un racconto, un piccolo romanzo breve.
Questo lascia nel lettore l’appagamento di aver letto qualcosa di sostanzioso, come avviene quando ci si appassiona a simili lavori di grandi autori.
Sei riuscita a creare il coinvolgimento e suspense di una storia “gialla”, con una vicenda che muove dal comune legame di un segreto, di un dramma e 
d’ una promessa che lega, a distanza di anni, delle donne un tempo colleghe e amiche.
Quello che mi è assai piaciuto è la ricchezza di elementi, messi in gioco con una mirabile capacità di sintesi e efficacia narrativa, che conferiscono alla storia uno spessore appunto da romanzo giallo.

Questi elementi li introduci lentamente, come tasselli di un puzzle, sono concatenati, ma solo all’ultimo il disegno complessivo si rivela nella sua chiarezza.
Ci va abilità e mestiere per ottenere tale effetto e tu le possiedi.
Direi che è ottima anche (nel rispetto del tema dato) la costruzione dei dialoghi tra i personaggi, che risultano sempre convincenti e funzionali alla costruzione del tutto.

Tutti i miei complimenti, ottima prova.

Un saluto e un abbraccio.  <3

Re: [Lab1] Ictiofobia

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Buonasera @sefora 
Ho letto la storia con curiosità fino alla fine. Sei riuscita a suscitare interesse nella prima parte e il lettore viene spinto a continuare.
Nei dialoghi ho trovato delle frasi che, a mio parere,  si potrebbero migliorare.
sefora ha scritto: «Quale?» Il consueto attimo d’angoscia precede il ricordo.
Qui, tu sai perchè la protagonista prova angoscia, per chi legge, invece, sembra esagerato provare angoscia al pensiero di entrare in un gruppo. Magari fastidio, i gruppi sono seccature con tutte quelle notifiche, chi non lo sa. Il lettore pensa a questo tipo di molestia. Per questo, trovo che non sia il momento di alludere alla alla sua vera angoscia, si devono leggere ancora molte righe prima di collegare il motivo del suo turbamento.
sefora ha scritto: «Meno male, non trovavo contatti; il tuo profilo è fermo
Qui, sembra che si siano perse di vista da molto tempo, quasi non si riconoscono nel locale,  nessuna del gruppo sa nulla di lei, non ci sono notizie di lei sul profilo,  ma la sera dopo...
sefora ha scritto: «Chiamarlo. Reciti in una filodrammatica, giusto? E sei brava, Andreina è venuta a vederti.»
Sembra che Andreina sia bene informata. Non so come, ma andrebbe sistemato il passaggio prima, quello nella toilette.
sefora ha scritto: Federica propone Rancore di Carofiglio, siamo tutte d'accordo. Di sopra ce n'è una pila in mostra, la ragazza sorride.
«Se l'aspettava - commenta Sara - Adatto, si fanno i conti con il passato.»
Finalmente riusciamo a parlarne, del passato, ed è incredibile quanto mi giovi. Di sicuro anche alle altre, basta guardarle. Decidiamo il da farsi, non ci riesce difficile.
«Niente messaggistica, si capisce, e telefonate brevi» raccomanda Lucia.
Prima ti dicevo delle frasi che si potrebbero migliorare. Mi riferivo  a casi come quelli sottolineati: sia le battute, le azioni e le tag di dialogo a volte sono troppo didascalici.

il punto di forza del racconto sta nell'idea di trama, nel tema che racchiude la solidarietà tra le vittime dello stesso crimine,  che poi sia sfociato in una promessa comune di farsi giustizia da sole,  crea un velo  noir che non guasta.
È stata una piacevole lettura, Alla prossima.


 

Re: [Lab1] Ictiofobia

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Grazie anche a voi :sss: per la lettura e i  gentili commenti. @Nightafter  è stato davvero benevolo!  Rispondo in ritardo e non ho ancora commentato nulla perché, come detto in off topic,  non sto benissimo. 
@Alba359  Sara non vede Gemma (voce narrante in prima persona) da tempo, però è  informata da Andreina (compare nella libreria) che è andata a vederla recitare ma non l'ha accostata. Le battute troppo didascaliche  risentono di alcuni  tagli.  Scrivo gialli, mi piace tenere un po' sospeso il lettore: il testo è così breve che sue perplessità verranno chiarite in qualche minuto.
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Re: [Lab1] Ictiofobia

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Ciao @sefora, nel complesso il racconto mi è piaciuto, ma ho fatto un po' di fatica per districarmi dai dubbi che mi sono sorti. L'ho letto più volte e ogni volta ne capisco un pezzo, per lo più alla luce di ciò che succede dopo.
Dici che di solito scrivi gialli, immagino che dipenda da questo se lasci dei punti poco chiari che si potranno capire solo in seguito.

Di questo passaggio non ho capito diverse cose:
sefora ha scritto: «Partecipavo a un gruppo di lettura – spiega lei sottovoce- hanno un baretto nel seminterrato. Di martedì non c'era mai nessuno. Manlio, il commesso, scendeva giusto un attimo. La nuova si chiama Vania.»
Non capisco perché qui metti i verbi al passato. E se è nel passato che frequentava quel gruppo, non capisco a cosa serve che lo dica. Non capisco perché Vania sia al corrente. Anche lei fa parte del gruppo e si è aggiunta successivamente attraverso facebook? E' una delle 7? Non capisco l'accenno al tipo chiamato Manlio nell'economia del racconto.
sefora ha scritto: «I manifesti dei film d'epoca alle pareti credo siano gli stessi – dice Andreina- mentre quello non c’era.» 
E non capisco se questa frase serve al racconto oppure è una divagazione.

Riguardo alla questione dei dialoghi, oggetto dell'esercitazione: mi sembrano naturali e arguti.

Re: [Lab1] Ictiofobia

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Ciao@Otta, grazie per il commento. In verità sei la prima a trovare difficoltoso questo passaggio. Lo riprendo.
«Partecipavo a un gruppo di lettura – spiega lei sottovoce- hanno un baretto nel seminterrato. Di martedì non c'era mai nessuno. Manlio, il commesso, scendeva giusto un attimo. La nuova si chiama Vania.»
Gemma finora ha rivisto solo Sara, al ristorante. Nella libreria l'accoglie Andreina, un minimo di spiegazione  del perché  ha scelto il posto  mi sembrava necessario:  lo conosceva per via di un gruppo precedente - battute al passato - e ora  ne faranno un altro (a mo' di copertura). Manlio è il commesso di allora, Vania l'attuale, cui lo spiega (e  poi le accompagna giù, serve al baretto ecc.). Non hanno altra funzione.
La breve frase sull'aspetto del seminterrato è di Andreina, lo confronta con il suo ricordo.
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Re: [Lab1] Ictiofobia

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Ciao @sefora 
Interessante questa vendetta, ben descritta e cadenzata come in un crescendo musicale in vari piccoli episodi, dei cammei, fino al tragico (o lieto) finale. Forse un po’ troppi i vendicatori, le vendicatrici cioè, se posso dire, in quanto, almeno io, non faccio in tempo a conoscere un personaggio determinato, ad affezionarmi per così dire se non per vaghi cenni che necessariamente devi fare nello spazio concesso dei caratteri.
Intendo affezionarsi al personaggio come ci si può affezionare, provare empatia con Jeanne Moreau nella Sposa in nero di Truffaut, trasposizione in film di un romanzo o empatizzare con il protagonista di Delitto e castigo di Dostoevskij.
Chiaramente quell’indegno uomo nonché professore del tuo racconto meritava una punizione. Si è aspettato parecchio, qualcuna delle sue vittime si è sposata nel frattempo, ha avuto dei figli… Certamente alcune azioni commesse dagli uomini non possono essere affievolite o cancellate dal passare del tempo; la cosa più odiosa è vedere un mascalzone… che raggiunge l’età di essere nonno e magari si gode pure i nipotini, amato e rispettato da tutti. Ecco, questo non è sopportabile, come diceva Brad Pitt punendo i nemici nel film di Tarantino.
Mi sono piaciute queste intraprendenti e vendicative donne, molto determinate e calcolatrici, ma d’altronde cos’altro avrebbero potuto fare? Una denuncia? Sappiamo tutti come vanno a finire. Al limite, per un uomo come il professore sarebbe stato peggio della morte estorcergli una confessione (sotto innominabili torture) e renderle di pubblico dominio per rovinarlo agli occhi della società e della eventuale famiglia che nel frattempo si era creato (quelli come lui hanno sempre una famiglia, e guai a chi gliela tocca), ma può anche andare umanamente bene così. Non consideriamo che qualcuno disse un giorno che la vendetta era solo sua.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab1] Ictiofobia

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Grazie @Alberto Tosciri del riflessivo e gentile commento. Un testo così breve non consentiva connotazioni accurate; peraltro (esperienza di volontariato) una sorta di uniformità e "piattezza" caratterizza purtroppo le donne violentate. Trattate da oggetti, tendono spesso a considerarsi dal di fuori, e in molte perdura l'istanza di vendetta.
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Re: [Lab1] Ictiofobia

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sefora ha scritto: Avrà più meno i miei anni
Direi "più o meno"
sefora ha scritto: Dal tavolo non ero sicura, poi il tuo tragitto nella sala mi ha tolto il dubbio
Mi risultava un po' forzata questa frase all'inizio, poi ho capito il perché della scelta di quest'espressione
sefora ha scritto: -risatina amara – 
Non sono sicuro di questa cosa ma mi sembra strano questo uso dei trattini. Di solito per spezzare un dialogo ho visto usare il trattino lungo, preceduto e seguito dallo spazio, quindi ad esempio:
sefora ha scritto: oppure [font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]– [/font]risatina amara – privilegiava le più fighe!
sefora ha scritto: «Non ne ho mai visitato uno con  le figlie»
Mi sembra sia partito qualche doppio spazio nel testo, te lo segnalo poi per sistemare 
sefora ha scritto: betta splendens
Questo è un pallino che ho da zoologo  :asd: giusto il corsivo, ma in nomenclatura binomia va il genere in maiuscolo e l'epiteto in minuscolo, quindi Betta splendens
sefora ha scritto: seforail cattedratico ora boccheggia
Bellissimo
sefora ha scritto: «Sono affetta da rupofobia, mi lavo di continuo»
Manca il punto
sefora ha scritto: Diversi pesci sono rimasti schiacciati, gli altri nuotano indifferenti.
Questa frase mi risulta un po' irrealistica. Come fanno dei pesci a nuotare indifferenti mentre nell'acquario c'è uno che si dimena? Dovrebbero scappare, terrorizzati; tanto più che questo è entrato nell'acquario di tale prepotenza che alcuni pesci sono rimasti schiacciati
sefora ha scritto: Bisogna tenerlo sotto un bel po' prima che smetta di agitarsi.
Questo passaggio che liquidi in una frase mi sarebbe piaciuto ampliato un po' di più. Capisco il limite di battute, ma è un momento cruciale, stanno vedendo la vita scivolare via lentamente da un uomo e loro ne sono responsabili: cosa provano, cosa pensano? Paura, soddisfazione, appagamento, ansia che smetta presto di agitarsi? Anche senza battute, basterebbe uno scambio di sguardi tra le presenti: anche quello è dialogo. Ad esempio è interessante che all'inizio Gemma sembra ci stia controvoglia alla promessa, come se avesse rinunciato alla vendetta
sefora ha scritto: “Soffriremo ancora di ictiofobia?” mi chiedo.
Finale molto accattivante

La storia mi è piaciuta, molto interessante e amara. Il gran numero di personaggi fa in modo che nelle battute si perda un po' l'identità di ogni singolo interlocutore, e quindi la personalità, ma forse va bene così, visto che ci vengono presentate come un gruppo. Ci fai capire dove si andrà a parare poco alla volta, funziona bene ma all'inizio ero quasi troppo perso, sono stato in quella linea tra l'essere curioso di capire come stanno le cose e, invece, non capirci più proprio nulla. Comunque alla fine torna tutto e il racconto risulta molto potente  (y)

Re: [Lab1] Ictiofobia

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Ciao MIna,  un po' di refusi mi scappano comunque, sono una gran distratta; le lineette disuguali di libre office le combatto da tempo senza successo.
Sì, mi occorreva un gruppo. Le poche battute limitano la caratterizzazione, ma una certa "piattezza" (lo spiego sopra) era voluta, anche nell'esecuzione della vendetta.
I pesci sopravvissuti  nuotano indifferenti "dopo", quando lui non si agita più.
Grazie per il gentile commento!
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
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