Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Racconto molto bello e molto ben scritto, purtroppo ho dovuto leggere e commentare di corsa, ma spero di poterlo fare con calma quanto prima 

Bella sia la trama che l’idea di fondo, molto coinvolgente e caratterizzante; a tratti il racconto è abbastanza inquietante, complimenti ad averlo reso tale con solo i dialoghi 

Unico appunto, occhio alle successioni troppo lunghe di frasi dialogate, i botta e risposta sono molto belli e ben scritti, ma senza nessuna indicazione di chi sia a parlare alla fine si rischia di perdere il filo e non capire chi sia a dire cosa 

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Ciao @Mina ho letto con passione il tuo racconto più di una volta. Devo dire che sono rimasto disorientato fino al finale. Poi ho realizzato.
Lascio qualche nota.
Mina ha scritto: «Resteremo per sempre amici, vero?» Domandò Luca, una punta di paura nella voce.
Forse aggiungerei, con una punta di paura...
Mina ha scritto: Siamo a casa tua, si sono solo spente delle candele, e non c’è nessun altro qui. Devi solo accendere l’interruttore.»
Credo che sarebbe più corretto attivare l'interruttore o tirare su la leva dell'interruttore.
Mina ha scritto: «Okay, se vuoi che parli, allora parlo. Non so cosa sta succedendo, ma è colpa tua. Colpa della tua paura. Non potevi accettare la morte come fanno tutte le persone normali, vero? Dovevi per forza fare questo tentativo?»
Arrivati a questo punto, con questo passaggio, sono rimasto disorientato.
Sembra che prima siano alla ricerca dello spirito di Giada, ma poi anche Simone inizia a diventare inconsistente...
Tutto rimane in uno stato di sospensione e di inquietudine ben orchestrata. Mi ha piacevolmente spiazzato.
I dialoghi sono belli ed efficaci. Li ho trovati chiari e precisi.
Devo dire che il finale è stato un sollievo, anche se amaro. Forse finché ci siamo abbiamo anche bisogno di tenere qualche piede per terra.
Affascinante lavoro. Piaciuto.
Ciao, alla prossima

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Ciao @Mina

Un racconto pieno di suspence che vira nei dintorni dell’horror. Una promessa fatta da bambini che si trasforma in un vincolo micidiale e mortale.
Ti dirò che avrei omesso le ultime righe. Mi piaceva l’idea che non ci fosse un aggancio “terreno” alla vicenda. 
La seduta spiritica si trasforma pian piano in un viaggio all’interno delle paure più profonde, mina il senso di attaccamento alle cose terrene. Mancano i punti di riferimento, gli oggetti da toccare, da vedere. Leggendo si percepisce il senso di smarrimento prima e di terrore poi. Tutte le certezze svaniscono. 
La sensazione è destabilizzante e sei riuscito a farla provare solo con la forza di dialoghi ben orchestrati. Un bel lavoro davvero. 
Mina ha scritto: Resteremo per sempre amici, vero?» Domandò Luca, una punta di paura nella voce.
con una punta di paura ecc.
Mina ha scritto: Basta così», lo interruppe Simone, «hai già dimostrato il tuo punto».
Non mi intendo di sedute spiritiche. Che vuol dire hai già dimostrato il tuo punto? Sono inciampata leggendo questa frase.
Mina ha scritto: Luca? Simone? Siete voi?» Un’eco di una voce femminile.
Avrei usato l’articolo determinativo. L’eco di una voce
Mina ha scritto: Aspetta!» Passi di corsa le vennero dietro.
Le corsero dietro. (Quel passi di corsa le vennero dietro mi sembra un po’ contorta come frase)
Mina ha scritto: Okay, se vuoi che parli, allora parlo. Non so cosa sta succedendo, ma è colpa tua. Colpa della tua paura. Non potevi accettare la morte come fanno tutte le persone normali, vero? Dovevi per forza fare questo tentativo?»
«Bravissimo, continua a parlare».
Chi è che dice Okay ecc.? Mi sono persa in questo punto
Mina ha scritto: ma non ho trovato neanche quello.»
Un attimo di silenzio, poi Simone rispose: «Già. Neanche io trovo più il mio, e ce l’avevo al collo. Cosa sta...»
Al posto del secondo neanche potresti usare “neppure io trovo… ecc.
Mina ha scritto: lasciata in pace.»
Mina ha scritto: fatto niente».
Per uniformità del testo è bene scegliere se mettere il punto all’interno delle caporali o all’esterno. Va bene in entrambi i casi ma la regola scelta dovrebbe essere rispettata per tutto il testo.
Mina ha scritto: «Ma morirai lo stesso, come tutti gli altri. È tutto finito. È questa l’unico per sempre.»
È questo l’unico per sempre. Al di là del refuso quel per sempre lo avrei messo in corsivo.
Mina ha scritto: «HO TOCCATO QUALCOSA!»
Scrivere in maiuscolo, dà il senso della voce che urla ma lo trovo poco elegante e più adatto a una chat che a un racconto di narrativa. 

Comunque ti rinnovo i complimenti. A rileggerci presto!

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Kasimiro ha scritto: Lascio qualche nota.
Resteremo per sempre amici, vero?» Domandò Luca, una punta di paura nella voce.
Forse aggiungerei, con una punta di paura...
Scusate se commento i commenti ma vedo che sia @Kasimiro che @monica hanno segnalato la parte sopra.

Ecco, io uso spesso la forma utilizzata da @Mina (nella mia ignoranza la associo all’ablativo assoluto del latino) e la trovo molto efficace: alle mie orecchie (1) dà più ritmo alla frase, (2) porta in primo piano il dettaglio, (3) alleggerisce lo stile rendendolo meno scolastico.

A voi incontrare una simile struttura fa inceppare la lettura (come capita quando percepiamo qualcosa di stonato o inappropriato)?

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Gualduccig ha scritto: Scusate se commento i commenti ma vedo che sia @Kasimiro che @monica hanno segnalato la parte sopra.

Ecco, io uso spesso la forma utilizzata da @Mina (nella mia ignoranza la associo all’ablativo assoluto del latino) e la trovo molto efficace: alle mie orecchie (1) dà più ritmo alla frase, (2) porta in primo piano il dettaglio, (3) alleggerisce lo stile rendendolo meno scolastico.

A voi incontrare una simile struttura fa inceppare la lettura (come capita quando percepiamo qualcosa di stonato o inappropriato)?
@Gualduccig nulla da eccepire al tuo commento. Riflettendo,  i tre punti punti che hai specificato esaltano il valore che hai descritto. Io non sono quasi mai sicuro di quello che dico, infatti ho aggiunto un forse... 
La sensazione che mi ha dato la frase di @Mina non è stata di una lettura inceppata e neanche qualcosa di stonato e inappropriato. Piuttosto una sensazione di spaesamento o spiazzamento, come se, a caldo, mi fosse mancato qualcosa che collegasse le due parti, che potrebbero anche risultare indipendenti l'una dall'altra. La definirei una leggerezza scolastica, in effetti.
Grazie del contributo

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Ciao @Mina 

“L’acqua della piscina luccicava al sole. Aveva un odore di cloro e di qualcos’altro di indefinito.

Questo incipit che è piacevole da leggere, a mio avviso trova un inciampo proprio nell’indicare che quell’acqua oltre al consueto odore di cloro, avesse anche sentore di “qualcosa di indefinito”.
Orbene, amica mia, sarà che ho una mente contorta, sarà che mi perdo sovente in questioni di lana caprina, ma quell’odore indefinito, legato alla piscina, in aggiunta al consueto odore di cloro, mi suscita qualche pensiero trasversale che non giova al racconto.
Cosa potrà mai essere un secondo odore, nell’acqua di una piscina?
La memoria si mette in moto, fruga tra lontani ricordi di giornate estive trascorse in piscina o delle raccomandazioni fatte a noi bambini dall’istruttore di nuoto, nelle lezioni tenute alla piscina comunale della città.
Ovvero: “Ragazzi! Non fate la pipì in acqua che si vedono salire le bolle.”
Ecco, purtroppo questo credo sia il secondo odore citato dal tuo racconto, che rischia di venire in mente, nell’immediato al lettore leggente.
Forse mi fermerei solo al cloro.

A parte questo piccolo appunto, voglio congratularmi per la qualità del racconto.
Sei riuscita a creare un clima di tensione e alterazione del reale, che si muove in un genere prossimo alla storia horror o mistery.
Ottimo che tu sia riuscita ad alimentare questa tensione crescente con dei dialoghi credibili e dal ritmo incalzante.
Una vera prova di bravura narrativa.
Se posso aggiungere una mia seconda nota (ovviamente tutta di gusto personale), forse non avrei chiuso con la mattina successiva che confina la storia nel campo dell’esperienza onirica, causata da una nevrosi del protagonista e dagli psicofarmaci che assume.
Mi sarebbe piaciuto un finale meno consueto e razionale.
Ma resta solo un fatto di gusto.

Complimenti amica mia. Alla prossima.  :P

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Ciao @Mina leggere il tuo racconto ha saputo riportarmi indietro a quando trascorrevo ore a leggere o a raccontarmi storie da brivido con i miei amici. Giovanissimi ed entusiasti ci lanciavamo in promesse che avevano quel vago sapore di eterno e che quindi assumevano un valore assoluto da cui tu sei riuscita a ricavare un inaspettato destino.
I dialoghi funzionano benissimo e sono coerenti con i protagonisti. Concordo con chi mi ha preceduto circa l'esigenza, di tanto in tanto, di chiarire il soggetto con più precisione, non tanto aggiungendo parti narrate che, a mio avviso, in un percorso come questo, rischierebbero
 di levare quel giusto ritmo incalzante, quanto piuttosto, specificandolo nella frase diretta.
Amo i finali aperti ma mi sarebbe piaciuto maggiormente se la fase conclusiva fosse potuta durare  appena un po' di più, giusto quel tempo necessario per assaporare a fondo la forza dell'idea di base del racconto che hai scritto e che ho davvero letto con piacere.
Alla prossima  (y)

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Ciao @Mina  
Mina ha scritto: Luca lasciò scivolare il ciondolo con l’agata sulla tavola di legno. Tutto attorno, candele bianche e ciotole di terracotta in cui bruciavano incenso e salvia. Il soggiorno si stava riempiendo di quell’odore acre. Faceva caldo, ma le finestre dovevano restare chiuse.

Rivolse uno sguardo solenne a Simone, e lui ricambiò. Si afferrarono le mani l’un l’altro e chiusero gli occhi.
io penso che siano ad un tavolo rotondo, li immagino così perchè si accingono a richiamare la spirito di Giada. Ma fino a questo punto:
Mina ha scritto:
«Giada, se ci sei, palesa la tua presenza».
Non riuscivo a immaginare la scena. Forse dovevi mostrare che sono seduti al tavolo.
Mina ha scritto: . «Simone?»

«No, non usare quel tono. Dev’essere stata una folata di vento.»
«In una stanza chiusa?»
«Una folata di vento. Dove sta l’interruttore?»
«Aspetta, vado io. Tu resta qui.»
«E chi si muove?» Sbuffò. «Tu e la tua idea di lasciare i cellulari nell’altra stanza».
«Avrebbero interferito con il campo energetico».
«Non c’è nessun campo energetico».
«Non parlare così, non mentre siamo al buio».
«Allora, questa luce?»
«Ci sto arrivando».
«Si è spento anche l’incenso e le altre erbe», constatò Simone.
«Già. Però è strano, non ne sento più neanche l’odore.»
«Non è strano».
«E invece lo è. Prima l’odore era così forte da svenire, e ora nulla.»
«La spiegazione è la stessa: hai dimenticato una finestra aperta».
«No, ne sono sicuro. E anche se fosse, l’odore non svanirebbe così velocemente».
«Cosa vorresti dire?»
«E fa meno caldo, o sono io? Né troppo caldo, né troppo freddo.»
«Cosa vuoi dire?»
«E anche questo buio non mi convince. È troppo nero, non trovi? Non si vede assolutamente nulla.»
«Allora, questa luce?»
Il primo a parlare è Luca, ma già dopo poche battute ci si perde. Quando ci sono delle battute, tipo botta e risposta, ci vorrebbero delle tag di dialogo oppure una battuta che ci faccia riconoscere al volo chi è a parlare.


Mina ha scritto: è la sua voce, ma lei è-»
Qui ha usato il trattino, non l'em dash, che è la lineetta: alt+0151 sul tastierino numerico.

Per tutto il resto del dialogo accadono cose che avrebbero dovuto scaturire in  reazoni un pò più allarmate. La voce di Giada, la scomparsa del pavimento e le pareti, la risatina le urla, i passi dietro di loro, ma le loro battute a me sono sembrate molto controllate, forse un po' troppo.
Mina ha scritto: Il tempo aveva rotto anche quella promessa.
Forse dovevano morire tutti e tre? perché è il tempo a rompere la promessa? a me è rimasto il dubbio.
L'dea di trama è buona. Ci si potrebbe scrivere qualcosa di più lungo, così da farci stare più dettagli e azioni; specialmente quando Simone  muore, perché noi non vediamo nulla solo suoni. E un racconto weird, io non amo particolarmente questo genere, però hai reso bene l'atmosfera.

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Ciao @Mina, il tuo racconto mi è piaciuto nella parte centrale, dove descrivi molto bene la smaterializzazione della realtà.
Non mi ha convinto il finale. Non tanto per il ritorno alla realtà quanto per il rimarcare questa ossessione del guardare la foto dei suoi amici ogni mattina, mi sembra un po' troppo esagerato.
Ho trovato i dialoghi naturali. Una chicca secondo me è stata quando scrivi:
Mina ha scritto: «Simone?»
«No, non usare quel tono.
Sei riuscito a far capire che ha usato un certo tono senza spiegarlo. Molto efficace.

Invece quando ho letto:
Mina ha scritto: Luca allora aprì gli occhi, e si accorse che tutte le candele si erano spente.
mi è suonato un po' strano, perché quando si hanno gli occhi chiusi si percepisce se l'ambiente è buio, se c'è luce forte o fioca.
Quindi secondo me andrebbe aggiustata un po' quella frase (magari dicendo che ha aperto gli occhi proprio perché attraverso le palpebre ha percepito un abbassamento di luce?)

Mentre con gli altri sensi - l'olfatto, il tatto, l'udito - sei stato molto convincente e coinvolgente. Complimenti!

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Mina ha scritto: finestre dovevano restare chiuse
restavano chiuse/erano chiuse.
Mina ha scritto: Qualsiasi energia positiva è invitata a manifestarsi»
Taglierei.
Mina ha scritto: No, non usare quel tono.
Ottima, realistica, rende benissimo la sensazione di terrore che piano piano si insinua.
Mina ha scritto: «Allora, questa luce?»
«Ci sto arrivando».
«Si è spento anche l’incenso e le altre erbe», constatò Simone.
«Già. Però è strano, non ne sento più neanche l’odore.»
«Non è strano».
«E invece lo è. Prima l’odore era così forte da svenire, e ora nulla.»
«La spiegazione è la stessa: hai dimenticato una finestra aperta».
«No, ne sono sicuro. E anche se fosse, l’odore non svanirebbe così velocemente».
«Cosa vorresti dire?»
«E fa meno caldo, o sono io? Né troppo caldo, né troppo freddo.»
Cito questo passaggio ma in realtà è solo per fare un esempio, avrei potuto prendere altri pezzi di dialogo: personalmente avrei arricchito le battute con qualche descrizione o qualche accenno a gesti, espressioni, ecc. Ad esempio:
Allora, questa luce?»

«Ci sto arrivando».
«Si è spento anche l’incenso e le altre erbe», constatò Simone,  con voce stranita.
«Già. Però è strano, non ne sento più neanche l’odore.» rispose l'altro, annusando l'aria.
«Non è strano».
«E invece lo è. Prima l’odore era così forte da svenire, e ora nulla.»
«La spiegazione è la stessa: hai dimenticato una finestra aperta» disse Simone, cercando di convincere per prima se stesso.
«No, ne sono sicuro. E anche se fosse, l’odore non svanirebbe così velocemente».
«Cosa vorresti dire?»
«E fa meno caldo, o sono io? Né troppo caldo, né troppo freddo.» Adesso il terrore nel tono della voce era percepibile.

Lo sai, non devo insegnarti nulla. Ti ho "corretto" questo passaggio solo perché ho immaginato come l'avrei scritto io e ho pensato che intermezzando le battute di dialogo il testo ne guadagna in comprensione (chi parla) e in ritmo. Così com'è il ritmo è veloce, molto veloce, mentre secondo me vista la natura più o meno horror della scena un ritmo più basso farebbe aumentare la tensione.
Mina ha scritto: sab mag 14, 2022 3:11 pmE anche questo buio non mi convince. È troppo nero, non trovi? Non si vede assolutamente nulla.»
«Allora, questa luce?»
«È quasi... denso, non trovi?»
«Luca, la luce?»
«Non trovo l’interruttore. Non trovo niente, in realtà.»
«Come sarebbe a dire che non trovi niente?»
«Non lo so, io- Non lo so»
Terrificante. Molto lovecraftiana questa scena. Il terrore e lo smarrimento che pian piano si insinua nella testa dei personaggi, la consapevolezza di essere in una dimensione oscura di morte, in un non-luogo. Molto efficace e originale come idea, come tuo solito.
Mina ha scritto: sab mag 14, 2022 3:11 pmPer sempre è per sempre, no?» La voce di Giada era un sussurro vicinissimo all’orecchio di Simone
Bello, ma per amplificare il senso di paura invertirei:
All'orecchio di Simone giunse un sussurro, vicino eppure lontanissimo:"Per sempre è per sempre".
Mina ha scritto: sab mag 14, 2022 3:11 pmFinalmente un corpo solido, reale. «Simone?» Un corpo freddo e immobile. Inerte. La risata di Giada, bassa e continua. «Simone?»
«Simone è morto».
Molto bene qui, in perfetto stile horror. Anzi, avrei proprio chiuso il racconto con queste battute, eliminando l'ultima scena.
Ciao Minuccio, è sempre un grande piacere rincontrarci e leggerti. Come al solito sei stato originale nell'idea e molto bravo nella scrittura. In veste horror dai sempre il meglio. In questo racconto mi sei piaciuto molto, ma ciò nonostante voglio trovare una piccola critica da farti, anzi due: nel dialogo non sempre è facilmente comprensibile chi parla, a tratti ho fatto un po' di confusione; alcune battute le ho viste superflue o infodump, ma tutto sommato ci sta. Tagliando qualcosa e avendo più cura nell'evitare magari di ripetere cose abbastanza scontate (tipo che i tre sono legati dalla promessa, oppure il ruolo dei tre ciondoli o la "colpa" di Simone dell'aver voluto insistere con la chiamata di Giada) hai tra le mani un ottimo racconto del terrore. Bravo e alla prossima (spero presto)!
Scusa la fretta!

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Ciao @Mina 



Il titolo mi ha rievocato vecchie letture letture di scrittori sud-americani o tenebrosi film di registi sempre latino-americani o spagnoli. Oltre al quadro di Goya.
Le promesse fatte dai bambini innocenti non ancora consapevoli della natura umana (ma chi ne è consapevole?) possono diventare difficili e tremende da mantenere, una volta diventati adulti.
Mi è piaciuta questa idea, questa iniziale innocenza vicino all’acqua, simbolo della vita. L’ambientazione viene descritta di sfuggita, non è molto delineata. Anche se il contest verteva principalmente sul dialogo avrei messo un po’ più di attenzione nella descrizione dell’ambiente, per creare un’atmosfera più plastica in cui immergersi e direzionarsi meglio, come qualche cupo mobile di legno nero a ricordo di un altare barocco spagnolo. Io mi figuro un’ambientazione latina, mediterranea. Avverto un sottilissimo, impercettibile senso del “proibito” in un’epoca indefinibile che mi è congeniale. Quel senso del proibito intendo, esagerando, che non permette o non permetteva alle bambine di giocare con i bambini, forse in epoche incivili. Oggi siamo civili per fortuna.
Mina ha scritto: «Qualsiasi energia positiva è invitata a manifestarsi».
Non me ne intendo ma credo che non sia così facile, non basta dire agli spiriti “buoni” di farsi avanti e ai “cattivi” di non disturbare.
Con i dialoghi, che hai usato in abbondanza, hai dovuto costruire tutto il seguito di questa seduta. Molto difficile da rendere con i soli dialoghi, io mi sarei trovato in difficoltà, tu hai saputo giostrare, scrivi molto bene, ma hai dovuto comunque inserire molte spiegazioni nel parlato su cose che i protagonisti toccavano oppure no, su cose che vedevano oppure no. A mio parere i dialoghi sono eccessivi in quei punti, spiegano in maniera troppo evidente. Riesci a portare la scena al culmine con l’apparizione o la sensazione della presenza di Giada, inquietante come la sua risata nel lugubre finale, come le voci univoche, sempre alla fine, di Giada e Simone.
Quindi alla fine è rimasto solo Luca e Simone è morto, magari a causa e per opera di Giada? Luca non aveva mai avuto il controllo della realtà, come gli viene detto non ho ben capito se da Simone prima di morire o da Giada. Alla fine Luca rimane solo, forse la sua troppa voglia di normalità non lo ha aiutato, la sua troppa voglia di vivere ha vinto, ma vive come un relitto, mentre Simone e prima di lui Giada, che sono morti, sono più “vivi” di lui nella loro nuova dimensione.
Potrei però aver preso un colossale abbaglio.
Una promessa del genere, una storia così densamente drammatica ha bisogno di molti tortuosi, pittoreschi e lugubri passaggi.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab1] El sueño de la razón

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Grazie mille a tutti dei vostri commenti, sono sempre molto preziosi  :rosa: vi chiedo scusa per non aver risposto prima
@Monica ha scritto: Le corsero dietro. (Quel passi di corsa le vennero dietro mi sembra un po’ contorta come frase)
Ho cercato di descrivere il panorama sonoro in cui si svolge il racconto indipendentemente da qualunque punto di vista, perciò questo passaggio l'ho descritto solo tramite il suono (suono di passi che corrono) piuttosto che descrivendo l'azione, che al buio non si può vedere. Forse avrei potuto trovare soluzioni più eleganti
@Monica ha scritto: Per uniformità del testo è bene scegliere se mettere il punto all’interno delle caporali o all’esterno. Va bene in entrambi i casi ma la regola scelta dovrebbe essere rispettata per tutto il testo.
Di solito uso il punto fermo esterno se nella battuta di dialogo c'è un solo periodo, interno se ce n'è più di uno. Ad esempio:
«Io volevo morire. Volevo essere lasciata in pace.»
«Io non ho fatto niente».
Nightafter ha scritto: Questo incipit che è piacevole da leggere, a mio avviso trova un inciampo proprio nell’indicare che quell’acqua oltre al consueto odore di cloro, avesse anche sentore di “qualcosa di indefinito”.
Orbene, amica mia, sarà che ho una mente contorta, sarà che mi perdo sovente in questioni di lana caprina, ma quell’odore indefinito, legato alla piscina, in aggiunta al consueto odore di cloro, mi suscita qualche pensiero trasversale che non giova al racconto.
Cosa potrà mai essere un secondo odore, nell’acqua di una piscina?
La memoria si mette in moto, fruga tra lontani ricordi di giornate estive trascorse in piscina o delle raccomandazioni fatte a noi bambini dall’istruttore di nuoto, nelle lezioni tenute alla piscina comunale della città.
Ovvero: “Ragazzi! Non fate la pipì in acqua che si vedono salire le bolle.”
Ecco, purtroppo questo credo sia il secondo odore citato dal tuo racconto, che rischia di venire in mente, nell’immediato al lettore leggente.
Forse mi fermerei solo al cloro.
Obiezione giustissima  :asd: Volevo riferirmi al fatto che, per i diversi prodotti che vanno in una piscina, spesso c'è un odore caratteristico che è qualcosa di più del cloro. Però hai ragione
Alba359 ha scritto: Forse dovevano morire tutti e tre? perché è il tempo a rompere la promessa? a me è rimasto il dubbio.
L'idea è che si erano promessi di stare assieme per sempre, ma il tempo, attraverso la morte, separa inevitabilmente le persone
Alba359 ha scritto: specialmente quando Simone  muore, perché noi non vediamo nulla solo suoni.
è la prova che ho voluto fare con questo racconto, cercare di costruire un horror basato solo sui suoni, senza accennare a nessun altro senso e senza mostrare nessun'azione
Joyopi ha scritto: Allora, questa luce?»
«Ci sto arrivando».
«Si è spento anche l’incenso e le altre erbe», constatò Simone,  con voce stranita.
«Già. Però è strano, non ne sento più neanche l’odore.» rispose l'altro, annusando l'aria.
«Non è strano».
«E invece lo è. Prima l’odore era così forte da svenire, e ora nulla.»
«La spiegazione è la stessa: hai dimenticato una finestra aperta» disse Simone, cercando di convincere per prima se stesso.
«No, ne sono sicuro. E anche se fosse, l’odore non svanirebbe così velocemente».
«Cosa vorresti dire?»
«E fa meno caldo, o sono io? Né troppo caldo, né troppo freddo.» Adesso il terrore nel tono della voce era percepibile.

Lo sai, non devo insegnarti nulla. Ti ho "corretto" questo passaggio solo perché ho immaginato come l'avrei scritto io e ho pensato che intermezzando le battute di dialogo il testo ne guadagna in comprensione (chi parla) e in ritmo. Così com'è il ritmo è veloce, molto veloce, mentre secondo me vista la natura più o meno horror della scena un ritmo più basso farebbe aumentare la tensione.
Hai ragione su tutto, e infatti leggendo questo esempio ho pensato "scritto così sarebbe stato molto più efficace"  :facepalm: penso di aver sbagliato nella scelta del punto di vista. Ho cercato di usare il POV di un registratore del suono, neutrale, senza giudizio, e perciò non ho lasciato spazio a riflessioni del narratore come "il terrore nel tono della voce era percepibile". Ne è risultato però un testo fin troppo scarno
Alberto Tosciri ha scritto:
Non me ne intendo ma credo che non sia così facile, non basta dire agli spiriti “buoni” di farsi avanti e ai “cattivi” di non disturbare.
è una formula di rito nelle sedute spiritiche
Alberto Tosciri ha scritto: hai dovuto comunque inserire molte spiegazioni nel parlato su cose che i protagonisti toccavano oppure no, su cose che vedevano oppure no. A mio parere i dialoghi sono eccessivi in quei punti, spiegano in maniera troppo evidente.
Hai ragione. Penso di essere inciampato quando ho scelto due intenti incompatibili: quello di descrivere solo i suoni, e quello di avere un POV impersonale. In questo modo, per descrivere la perdita degli altri sensi, non ho potuto fare affidamento alle riflessioni di uno dei personaggi (come se avessi scelto un loro POV) e ho dovuto farlo capire per forza solo attraverso le linee di dialogo

Grazie ancora a tutti  :love:
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