[Lab1] Il ritorno

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«Ciao.»
«Ciao.»
«Non sei cambiato.»
«Tu invece sì.»
«Lo so, è il prezzo che si paga. Anche il posto è rimasto lo stesso.»
«Ricordi quella quercia?»
«Come dimenticarla. Quanto tempo passato lassù, nascosti. È rimasta uguale.»
«Solo cresciuta di un metro o due.»
«Che meraviglia la lentezza. E Billy?»
«È stato fortunato, si è addormentato guardandomi con i suoi occhi dolci.»
«Lo ricordo come fosse ieri. Vivi solo?»
«Guardati attorno.»
«Intendevo con altri tuoi simili.»
«Qualcuno è arrivato e qualcun altro è partito.»
«Ora?»
«No. Certo che la tua è una storia d'altri tempi. Andare in Africa, fare il medico e rimanerci vent'anni.»
«Non credo di essere l'unico. La tua, invece, è senza tempo.»
«Ma dove in Africa?»
«Ho girato, ma buona parte l'ho passata in Niger.»
«Niger... non se ne sente mai parlare. Perché sei tornato?»
«Ricordi?»
«Ricordo, ma troppo tempo fa.»

«Cos'è questo rumore?»
«È il picchio che fa colazione.»
«Credo che sia la prima volta che lo sento.»
«Sarai abituato ai ruggiti.»
«Macché, i leoni dormono tutto il giorno; forse gli elefanti, se sono nei paraggi, si fanno sentire. Ma ce n'è un altro che mi ha lasciato il segno.»
«Quale?»
«Il pianto straziante di un cucciolo di scimmia che ha perso la mamma.»
«E i bambini no?»
«I bambini...di loro non dimentico il sorriso.»

«Guarda la corteccia di quell'albero.»
«sì.».
«Cosa ci vedi?»
«Un legno un po' rugoso, con delle scaglie che sono saltate via.»
«Guarda meglio.»
«Mm...delle formiche.»
«Sì, poi?»
«Un tagliaforbici, anche la muta di una cicala, no due, anzi tre.»
«E poi?»
«Oh! Una falena, mimetizzata benissimo.»
«Altro?»
«Un coleottero e...sembrerebbe una processionaria. Non mancherà di sicuro anche qualche tarlo.» 
«Si vede che non era importante.»

«Nooo! Era qui?»
«Intagliato proprio di fronte a te, ma la ferita si è rimarginata.»

«C'è qualcuno in casa?»
«Mia madre.»
«Posso salutarla?»
«Certo, ma non è più quella di prima, vieni.»

«Vai via moscone!»
«Buongiorno Marisa.»
«Mamma, ti ricordi di Carlo?»
«No.»
«Abitava qui, tanti anni fa, quando c'era Billy.»
«Chi è Billy?»
«Era il nostro cane pastore.»
«Non abbiamo mai avuto un cane. Mi mandate via questo moscone fastidioso?»
«Ecco, non c'è più.»
«Come ti chiami caro?»
«Carlo.»
«Che bel nome. La vuoi una tazza di cioccolata?»
«Magari più tardi, grazie.»
«Mamma, torniamo fra poco, andiamo all'orto. Vieni, voglio farti sentire dei pomodori nati da semi tramandati da più di cento anni, che mi ha donato il vecchio Tobia.»
«Il vecchio Tobia...lui sì che era d'altri tempi.»

«Sono passati vent'anni ma riconosco ancora questo sapore.»
«Anch'io.»

Re: [Lab1] Il ritorno

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Ciao @Kasimiro

La storia si dipana attraverso una serie di dialoghi molto asciutti. Ti dico che ho fatto un po’ di fatica a seguire gli eventi.
Due amici si incontrano dopo vent’anni (così ho interpretato). 

Kasimiro ha scritto: «Lo so, è il prezzo che si paga. Anche il posto è rimasto lo stesso.»
Perché l’amico “tornato” parla di prezzo da pagare?  Il prezzo che si paga per fare cosa? (Mi è rimasta questa domanda “appesa”)
Kasimiro ha scritto: È rimasta uguale.»
«Solo cresciuta di un metro o due.»
«Che meraviglia la lentezza. E Billy?»
Anche questo passaggio non mi ė chiarissimo. Per l’amico “tornato” la quercia è rimasta uguale, i realtà gli viene fatto notare che è “solo” cresciuta di un metro o due. Perché deve essere meravigliosa la lentezza? Non capisco…
Kasimiro ha scritto: o ricordo come fosse ieri. Vivi solo?»
«Guardati attorno.»
«Intendevo con altri tuoi simili.»
«Qualcuno è arrivato e qualcun altro è partito.»
Qui mi hai messa davvero in difficoltà.  Quando hai parlato di tuoi simili ho creduto che l’uomo parlasse con un animale.  

interessante la terza parte con l’introduzione della madre (malata di Alzheimer?). In questo caso nelle prime battute mi ė sembrato davvero si sentire il ronzio del moscone e vedere l’anziana infastidita che voleva scacciarlo. Bravo!

C'è un’atmosfera sospesa, piccole cose, ricordi sfumati e un rapporto tra i due amici di vecchia data che sta sullo sfondo. Si percepisce una specie di “acredine” , come se l’amico di Carlo non avesse accettato (al tempo) la sua decisione di andare in Africa. C’è il desiderio di ritrovarsi, di provare ancora le vecchie emozioni e il sapore “indimenticato” di casa (bellissima l’immagine dei semi di pomodoro tramandati).
Nel racconto ho ritrovato la delicatezza della tua penna, complimenti.

Re: [Lab1] Il ritorno

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Ho trovato queesti dialoghi molto slegati, come singoli scatti di momenti diversi.
Intuisco che due amicic si ritrovano e poi assieme vanno a visitare la madre di uno dei due, madre ammalata.
Per ogni dialogo avrei voluto sapere di piú, di piú dell'Africa, delle iniziali intagliate nella corteccia, dei semi di pomodoro.
A mio avviso questo racconto contiene molte storie accennate, forse tratteggiate troppo poco perché assieme ne formino una intera.
Lo stile dei dialoghi, cosí asciutti e descrittivi dell'ambiente circostante, mi é piaciuto molto.

Re: [Lab1] Il ritorno

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Ciao @Kasimiro  si potrebbe dire che il tuo dialogo sia troppo ermetico, ma a me piace leggere con attenzione, immaginare cosa c'è dietro le parole.
Sono due amici d'infazia, il medico è tornato e conosce bene quella casa, compreso il cane che viveva lì.
Kasimiro ha scritto: «Ciao.»
«Ciao.»
«Non sei cambiato.»
«Tu invece sì.»
«Lo so, è il prezzo che si paga. Anche il posto è rimasto lo stesso.»
«Ricordi quella quercia?»
«Come dimenticarla. Quanto tempo passato lassù, nascosti. È rimasta uguale.»
«Solo cresciuta di un metro o due.»
«Che meraviglia la lentezza. E Billy?»
L'esperienza del dottore è molto toccante. In due parole ho immaginato il suo impegno dedicato ai bambini, forse è un pediatra.
Kasimiro ha scritto: «Nooo! Era qui?»
«Intagliato proprio di fronte a te, ma la ferita si è rimarginata.»
ho pensato a un segno fatto da loro quando erano insieme in quella casa. Ci ho letto qualcosa dietro alla frase:  ma la ferita si è rimarginata.»
Come se lui avesse sofferto per la partenza del medico e poi il tempo ha rimarginato la sua ferita, come quella dell'albero.
Kasimiro ha scritto: Vieni, voglio farti sentire dei pomodori nati da semi tramandati da più di cento anni, che mi ha donato il vecchio Tobia.»
Che bella frase! Sono così importanti le cose che stiamo perdendo: Rimedi antichi, valori culturali, i tempi della natura, il rispetto per la terra.
Kasimiro ha scritto: «Sono passati vent'anni ma riconosco ancora questo sapore.»
«Anch'io.»
  Insomma sembra tutto leggero, superficiale ma la storia  ha un sottotesto che accenna una trama e caratterizza i personaggi. È una lettura trasparente, anche se i protagonisti non dicono tutto si intuisce che ora sono adulti e quello che li legava è ancora vivo, latente e malinconico.

( Se hai visto il film "Mediterraneo," la scena finale: il tenete torna all'isola e ritrova i suoi compagni. L'attendente Farina è felice di rivedere il tenete ma traspare qualcosa che si può solo avvertire, non descrivere. Nel tuo racconto ho riconosciuto quella stessa sensazione. Il protagonista che è rimasto in quella casa prova la stessa emozione di Farina. Nel mostrargli l'orto, per fargli assaggiare i pomodori di Tobia, annulla l'enorme distanza di tempo: il sapore dei frutti li riavvicina, cancella gli anni passati e sembra che il resto si sia congelato in quel sapore che tutti e due conoscono bene.)

Molto bello, ho trovato i dialoghi buoni,  il racconto trae la sua forza proprio da ciò che il lettore è volutamente portato a creare con la sua mente. Se posso, direi che è un po' debole nelle poche decrizioni dell'ambiente intorno. Inserire qualche dettaglio più concreto più darebbe alla lettura una maggiore fluidità.
Grazie della lettura e alla prossima.

Re: [Lab1] Il ritorno

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Ciao @Kasimiro 

Ho apprezzato questo breve dialogo, l’ho anche “assaporato”, cioè mi ci sono “immerso” adottando un particolare metodo di lettura che mi era congeniale da bambino e che poi ho scoperto anche in altri e che poteva essere molto utile. Non è mia invenzione, ma penso faccia parte del modo di essere di alcuni, del carattere. Non voglio tediarti con le mie osservazioni ma questo modo di leggere si potrebbe definire come un elogio della lentezza nel leggere e nel visualizzare.
Appresi di prigionieri italiani degli inglesi in India, nell’ultima guerra, che rinchiusi in alcuni campi avevano con sé pochi libri in italiano e per “farseli bastare” leggevano a turno diverse pagine al giorno, passandoli poi ad altri che facevano lo stesso e nel frattempo analizzavano tutte le possibili situazioni di quello che avevano letto, tutti i possibili antefatti logici e di loro invenzione, cambiamenti, conseguenze, supposizioni sulla storia, riuscendo anche a prendere appunti e discutendone e confrontandosi fra  di loro. Un libro letto così non finiva mai più, si scoprivano innumerevoli e ulteriori storie dietro ciascun personaggio, ciascun episodio, paesaggio, ambientazione.
Nel tuo breve dialogo, letto con questo sistema che io ho spiegato maldestramente ma che è fantastico, in ogni tua descrizione si può leggere un mondo, si potrebbe costruire un romanzo breve solamente per il medico andato in Africa, sulla sua sensibilità, su quella madre che non è più la stessa (Perché? Da quando? Che vita ha vissuto?) su quell’albero e su molto altro ancora, come ricordi di lontane caldi estati collegati a  quelle cicale e formiche sulla corteccia dell’albero. Un po' come nella Ricerca di Proust.
(Ci sarebbe da perdersi e congetturare sulle estati dei protagonisti a questo punto...)
Ho poi notato che hai una sensibilità, una delicatezza naturale nello scrivere, nel raccontare, qualcosa come di visione che consente facilmente di immergersi e immaginare quello che c’è o potrebbe esserci ancora dietro e sopra le righe.
Beh, scusami per questo commento un po’ atipico. Leggendo con “lentezza” potresti scoprirci molte cose però.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [Lab1] Il ritorno

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Grazie @Monica, @Almissima, @BigWhoop, @Alba359, @Alberto Tosciri  per la lettura e le vostre parole. A quanto pare sono riuscito a tenere nascosta la parte importante della storia, come l'hanno tenuta nascosta i due protagonisti: il loro amore.
@Ho avuto come il timore  di essere esplicito, non so, forse per paura di essere banale. Oppure per complicità verso i due. Nello scrivere questi accenni ho pensato che ognuno poteva immaginarsi un mondo, come me lo sono immaginato io, ma forse ho preteso troppo.
@Monica ha scritto: Perché l’amico “tornato” parla di prezzo da pagare?  Il prezzo che si paga per fare cosa? (Mi è rimasta questa domanda “appesa”)
Probabilmente era irrequieto, non riusciva a essere equilibrato per affrontare la situazione, forse per paura. Quindi va in giro per il mondo alla ricerca di risposte, e questo vagabondare lo ha segnato fisicamente.
@Monica ha scritto: Anche questo passaggio non mi ė chiarissimo. Per l’amico “tornato” la quercia è rimasta uguale, i realtà gli viene fatto notare che è “solo” cresciuta di un metro o due. Perché deve essere meravigliosa la lentezza? Non capisco…
Per il motivo che ho spiegato sopra. Perché non è riuscito ad vivere con lentezza, almeno fino al suo ritorno.
Alba359 ha scritto: ho pensato a un segno fatto da loro quando erano insieme in quella casa. Ci ho letto qualcosa dietro alla frase:  ma la ferita si è rimarginata.»
Come se lui avesse sofferto per la partenza del medico e poi il tempo ha rimarginato la sua ferita, come quella dell'albero.
Proprio così, ha sofferto per la partenza. Gli ha promesso che sarebbe tornato, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe passato così tanto tempo.
Alba359 ha scritto:   Insomma sembra tutto leggero, superficiale ma la storia  ha un sottotesto che accenna una trama e caratterizza i personaggi. È una lettura trasparente, anche se i protagonisti non dicono tutto si intuisce che ora sono adulti e quello che li legava è ancora vivo, latente e malinconico.
Forse questo è il passaggio più ermetico: il sapore è lo stesso che avevano provato  tanto tempo prima, quando erano nascosti sull'albero...
Una storia, in effetti malinconica, dove Carlo scappa ma promette di tornare e l'altro (di cui non sappiamo il nome) lo aspetta e nel frattempo conduce una vita dedicata alla campagna e alla madre malata.

@Alba359 ho visto tante volte "Mediterraneo", bellissimo il paragone che hai fatto. E' vero, attraverso quel silenzio e quegli sguardi traspare tutto. Grazie. Io ho pensato anche ad alcuni dialoghi dei film di Kaurismaki, nei quali, anche lì, nel silenzio e in poche battute traspare una profonda umanità.

Grazie @Alberto Tosciri grazie per le belle parole. Sono proprie felice se son riuscito a trasmetterti le sensazioni che hai descritto.

Re: [Lab1] Il ritorno

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Ciao @Kasimiro,  ho apprezzato il tuo racconto fatto di soli dialoghi. Sei riuscito a delineare una storia e il rapporto tra i due personaggi utilizzando solo ed esclusivamente dialoghi, bravo!

E' un racconto che va letto lentamente, perché molte sono le cose nascoste tra le righe. Quello che tu sveli nel post qui sopra, e cioè che tra i due ci fosse stato un amore, io in realtà l'ho intuito fin dalla prima lettura.
Si capisce che c'è stato un legame molto forte tra i due e che dopo anni si sta riallacciando nonostante che chi è "rimasto" abbia sofferto parecchio per la partenza dell'altro. Allora, e forse anche tutt'ora. Nonostante dica che "la ferita si è "rimarginata", allusione alla ferita del cuore.

I dialoghi sono molto asciutti, rendono molto bene il disagio tra i due, ma che si dipana man mano che i due riprendono il dialogo interrotto anni prima. Sono molto guardinghi sul cosa dire e cosa no, si saggiano a vicenda per sondare chi ognuno dei due è per l'altro. Trovo tutto questo molto delicato, di una sensibilità rara.

L'ultima parte dei pomodori è una degna conclusione di questo racconto sentimentale. Il gusto che ritrovano entrambi apre a un riavvicinamento e allora il cuore che ha sofferto nel leggere il racconto fin qui, trova conforto.

Re: [Lab1] Il ritorno

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Premetto un discreto apprezzamento del testo. Riesce infatti  a configurare una trama In poche battute asciutte e indirizza il lettore, direi con "astuzia", a riempire con la sua immaginazione il non detto. Per esempio, in  "ricordo" ecc. la ripetizione al singolare del termine mi ha indirizzata proprio al sentimento amoroso tra i due, che l'autore conferma nelle risposte; non so se è giusto attribuire alla madre -non più in grado d'intendere- un'intuizione in proposito. Nell'insieme una storia delicata, in cui  emozioni e sentimenti dei personaggi vengono suggeriti con gradevole minimalismo.
Passo ora a qualche  critica. L'abbondanza di  dialoghi era richiesta dalla traccia, farne un "muro" è stata ovviamente una scelta sperimentale. Come quelli di testo, i muri riescono sempre un po' ostili, un minimo di considerazioni a margine avrebbe giovato.
L'esiguità del testo richiederebbe che  tutte le battute siano davvero  funzionali alla storia, il che appare talvolta opinabile . 
Questa, notevole per lunghezza rispetto alle altre, è pure farraginosa quanto a sintassi.   Si poteva semplificare in qualcosa del genere: Vieni, ti faccio assaggiare i pomodori; i semi me li ha regalati il vecchio Tobia. Pensa, li tramandano da più di cent'anni!
  ha scritto:««Mamma, (torniamo) a fra poco, andiamo all'orto. Vieni, voglio farti sentire dei pomodori nati da semi tramandati da più di cento anni, che mi ha donato il vecchio Tobia.»
Seguono  le ultime tre battute, le copio. Secondo me c'è un'incoerenza 
«Il vecchio Tobia...lui sì che era d'altri tempi.»  parla ovviamente l'amico. 
«Sono passati vent'anni ma riconosco ancora questo sapore.»   Se  lui ha ripiantato i pomodori dopo vent'anni...
«Anch'io.» ... e l'amico li riconosce, la battuta  lunga che precede ha poco senso. Occorreva qualcosa tipo: "ti ricordi i pomodori ecc."
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [Lab1] Il ritorno

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Grazie @Otta@sefora per le vostre parole. Mannaggia, ho provato a ingannare un po' il lettore e evidentemente ci sono riuscito, anche troppo.
Ho voluto essere forse troppo allusivo nel finale. Il sapore che ritrovano non è quello dei pomodori, che vengono donati e piantati  dopo che l'amico è partito. Il sapore che ricordano è legato a loro, un sapore carnale. Un bacio o il sapore della pelle...
Avrei dovuto dare qualche spunto in più, probabilmente.
A risentirci

Re: [Lab1] Il ritorno

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Mannaggia, sì, mi hai ingannata, @Kasimiro, avresti potuto seminare qualche indizio riguardo al sapore pomodori/corpo. Giusto accennato, che apriva al doppio senso.
Comunque godibile anche così, il tuo racconto. Io lo farei un po' più esplicito, mantenendo il garbo che ti contraddistingue, certo, ma per aprirlo al disvelamento del lettore attento. E te lo dice una che ha la tendenza a scrivere in maniera criptica!   :facepalm:   Ma sto cercando di uscirne  :arrossire:

Re: [Lab1] Il ritorno

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@Otta, per chiudere, avevo fatto questo ragionamento. Il sapore dei pomodori non poteva essere perché sono stati piantati dopo la partenza; ma anche se fossero stati piantati prima, dovrebbe riconoscerne il sapore solo Carlo che torna dopo vent'anni, mentre l'altro non avrebbe motivo di riconoscerne il sapore dopo così tanto tempo perché li assaggerebbe tutti gli anni. Quindi non poteva essere neanche un sapore legato alla terra dove ha vissuto l'amico (un frutto, una verdura, una pietanza) per lo stesso motivo. Solo chi è stato lontano ricorderebbe il sapore dopo vent'anni.
Invece tutti e due riscoprono quel sapore. Cosa mai potrà essere? E da lì ho immaginato che poteva essere qualcosa legato a loro, un sapore che doveva essere legato necessariamente alla loro ultima presenza.

Re: [Lab1] Il ritorno

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Vabbè,  "di metà del libro deve prendersi cura il lettore" (cit. a braccio: Conrad), ma non  di entrare in rapporto  telepatico con l'autore!
Il ragionamento che ora espliciti l'ho fatto, ma pure al bacio dovevo arrivare? :gokulol:
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [Lab1] Il ritorno

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@Kasimiro ciao!
Innanzitutto complimenti per la scelta di lavorare solo con i dialoghi! Ho apprezzato la storia per il sapore di nostalgia che lascia anche se ho trovato i dialoghi molto altalenanti.
Provo a dettagliare i miei pensieri scusandomi in anticipo se dovessi risultare ripetitivo rispetto a altri commenti, ma non li leggo per non far mie le idee altrui.

«Ciao.»
«Ciao.»
«Non sei cambiato.»
«Tu invece sì.»
«Lo so, è il prezzo che si paga. Anche il posto è rimasto lo stesso.» forse sarebbe stato meglio “invece il posto è rimasto lo stesso”?
«Ricordi quella quercia?»
«Come dimenticarla. Quanto tempo passato lassù, nascosti. È rimasta uguale.»
«Solo cresciuta di un metro o due.»
«Che meraviglia la lentezza. E Billy?»
«È stato fortunato, si è addormentato guardandomi con i suoi occhi dolci.» mi sembra ridondante dire che lo ha guardato con gli occhi, forse “si è addormentato con la dolcezza negli occhi”?
«Lo ricordo come fosse ieri. Vivi solo?»
«Guardati attorno.»
«Intendevo con altri tuoi simili.» questo “tuoi simili” mi ha confuso. Mi ha fatto credere che fosse un dialogo tra “non esseri umani”, in seconda lettura mi chiedo se “altre persone” non avrebbe funzionato.
«Qualcuno è arrivato e qualcun altro è partito.»
«Ora?»
«No. Certo che la tua è una storia d'altri tempi. Andare in Africa, fare il medico e rimanerci vent'anni.» questo cambio di focus (prima si parla di uno e poi dell’altro) mi ha fatto perdere il filo.
«Non credo di essere l'unico. La tua, invece, è senza tempo.»
«Ma dove in Africa?»  come sopra. Sono l’ultimo che può dire qualcosa, ma mi sembra che siccome hai fatto la scelta di utilizzare solo i dialoghi (bravo!), allora la scansione debba essere assolutamente precisa, se no la confusione si trascina troppo.
«Ho girato, ma buona parte l'ho passata in Niger.»
«Niger... non se ne sente mai parlare. Perché sei tornato?»
«Ricordi?»
«Ricordo, ma troppo tempo fa.»

«Cos'è questo rumore?»
«È il picchio che fa colazione.»
«Credo che sia la prima volta che lo sento.»
«Sarai abituato ai ruggiti.»
«Macché, i leoni dormono tutto il giorno; forse gli elefanti, se sono nei paraggi, si fanno sentire. Ma ce n'è un altro che mi ha lasciato il segno.»
«Quale?»
«Il pianto straziante di un cucciolo di scimmia che ha perso la mamma.»
«E i bambini no?»
«I bambini...di loro non dimentico il sorriso.»
Questa parte mi confonde: per la chiusura del paragrafo precedente pensavo che questo fosse un ricordo, invece?

«Guarda la corteccia di quell'albero.»
«sì.».
«Cosa ci vedi?»
«Un legno un po' rugoso, con delle scaglie che sono saltate via.»
«Guarda meglio.»
«Mm...delle formiche.»
«Sì, poi?»
«Un tagliaforbici, anche la muta di una cicala, no due, anzi tre.»
«E poi?»
«Oh! Una falena, mimetizzata benissimo.»
«Altro?»
«Un coleottero e...sembrerebbe una processionaria. Non mancherà di sicuro anche qualche tarlo.»
«Si vede che non era importante.» molto bello questo dialogo minimalista e poetico.

«Nooo! Era qui?»
«Intagliato proprio di fronte a te, ma la ferita si è rimarginata.»  qui proprio non capisco

«C'è qualcuno in casa?»
«Mia madre.»
«Posso salutarla?»
«Certo, ma non è più quella di prima, vieni.»

«Vai via moscone!»
«Buongiorno Marisa.»
«Mamma, ti ricordi di Carlo?»
«No.»
«Abitava qui, tanti anni fa, quando c'era Billy.»
«Chi è Billy?»
«Era il nostro cane pastore.»
«Non abbiamo mai avuto un cane. Mi mandate via questo moscone fastidioso?»
«Ecco, non c'è più.»
«Come ti chiami caro?»
«Carlo.»
«Che bel nome. La vuoi una tazza di cioccolata?»
«Magari più tardi, grazie.»
«Mamma, torniamo fra poco, andiamo all'orto. Vieni, voglio farti sentire dei pomodori nati da semi tramandati da più di cento anni, che mi ha donato il vecchio Tobia.»
«Il vecchio Tobia...lui sì che era d'altri tempi.» molto molto bello questo dialogo: struggente!

Spero di non essere risultato pedante e di aver scritto almeno una piccola parte utile per te!
Ciao!

Re: [Lab1] Il ritorno

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Ciao @L'illusoillusore, grazie per la lettura. Condivido le tue riflessioni. Ci sta di sicuro una revisione sui dialoghi.
L ha scritto: «Nooo! Era qui?»
«Intagliato proprio di fronte a te, ma la ferita si è rimarginata.»  qui proprio non capisco
Ho sperimentato in questo breve testo sul fatto di quanto potevo spingermi sul non detto. E mi sono spinto troppo. Mi sono molto utili i vostri commenti in virtù di racconti futuri in questa chiave.
Nel mio immaginario l'albero è un elemento importante nella storia. Sull'albero iniziano a scoprirsi, di nascosto. Nell'albero, come ragazzini, incidono qualcosa, un segno o simbolo del loro amore. Solo che, mentre uno vive la sua vita in quel luogo e probabilmente non riesce a distogliere il pensiero da quei momenti; l'altro gira per l'Africa vivendo altre esperienze incredibili. Al ritorno, di fronte ai luoghi che avevano frequentato anni prima, il suo ricordo non è così vivido come nell'altro, che ha sofferto per l'assenza. La ferita rimarginata può avere un duplice significato: metaforico e reale, nel senso che l'albero tende ad assorbire le ferite inferte sulla corteccia.
Ciao, alla prossima

Re: [Lab1] Il ritorno

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Ciao @Kasimiro 

Quanta malinconia e nostalgia del tempo passato, di un’infanzia spensierata,
dei giochi infantili compiuti insieme.

Un ritorno di chi ha avuto il coraggio e la determinazione ad andare in una remota parte del mondo, a cercare un senso alla propria esistenza.
E dall’altra la figura mite e semplice di chi è restato legato al luogo delle sue radici.
Un confronto di ricordi comuni, di cenni dell’esperienza di vita di chi è tornato,

il tutto condensato in un dialogo quasi scarno, lasciando all’atmosfera dell’evento il racconto sotteso delle emozioni dei personaggi.
C’è ovviamente il tema del tempo che scorre e muta le cose, che appaiono normali in chi resta, ma divengono sorprese che si scontrano con i ricordi rimasti immutati in chi si è allontanato.

C’è dolcezza e pace nel racconto, con quella leggera amarezza delle cose passate e perdute per sempre.

Mi è rimasto un dubbio: ovvero che cosa era stato inciso sulla corteccia dell’albero che l’uomo non è riuscito a identificare?
Suppongo qualcosa tipo una data e due iniziali, magari iscritte in un cuore, come fanno i ragazzini innamorati per farsi una promessa di fedeltà.
Ma il racconto non lo dice. Peccato, ci lasci nel dubbio.

Bel racconto complimenti, un saluto.

Re: [Lab1] Il ritorno

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Kasimiro ha scritto: «I bambini...di loro non dimentico il sorriso.»
Con i punti di sospensione sono abituato a lasciare uno spazio dopo, a meno che non sia la stessa parola; mentre sulla maiuscola, solo se si inizia un'altra frase dopo. Quindi ad esempio:
I bambini... di loro non dimenticato il sorriso
I bambini... Fa niente, cambiamo discorso
I bam...bini (come a indicare che qualcosa l'ha distratto mentre parlava)


Mi è piaciuto molto questo dialogo, tutto incentrato sulla memoria, quasi toccante a tratti. Frasi semplici, quotidiane, ma raccontate in modo molto efficace. Si viene a creare un bel quadro. Però forse non leggo molto altro: un bellissimo quadro, un frammento, ma non una storia con il suo sviluppo, nessuna tensione narrativa od obiettivo. Resta comunque molto bello, molto vero, realistico, ma forse l'avrei apprezzato di più in un contesto più grande
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