Ciao
@Vincenzo Iennaco
Mi piace la poesia che sa unire, mescolando armonicamente l’antico, il classico con il moderno. Un’unione che appare naturale, senza contrasti, come invece ci si aspetterebbe.
Ho apprezzato il paesaggio iniziale, di sapore ottocentesco, come un dipinto dei macchiaioli e poi quel caffè, ottimamente amaro, perché si discute di problemi esistenziali, attanagliamenti economici che non ci molleranno mai, influendo sulle nostre vite e poi derive dei continenti, urobori, certo argomenti più innocui, preferibili, per quanto se affrontati di petto capaci anche loro di diventare epocali.
Il tutto finisce con quei cinque euro accartocciati sul tavolo, che fa ritornare il tutto alla realtà odierna e le due zinne che sporgono dal davanzale, come costrette dalla gravità… Bellissima immagine, quasi un avviso a voler tornare davvero alla realtà, pensare alla vita comune di tutti i giorni senza rapportarla con il mondo intero.
Il tuo stile e le tue argomentazioni mi hanno ricordato una poesia del Novecento, italiana, ma non ricordo titolo e autore, che lessi tanto tempo fa in una antologia.
Due amici, anzianotti, discutevano accaloratamente in un caffè cittadino delle conquiste italiane in Africa, decantando questo e quell’altro, illustrando la gloria, il futuro e la potenza della patria e tutti i luoghi comuni fino al suonare del mezzogiorno. Scompare d’incanto la furia e la propaganda patriottica, ci si saluta con sussiego e ognuno torna a casa sua pensando alle prelibatezze che la moglie ha cucinato. Uno dei due pensa con grande commozione all’agnello in fricassea, l’altro non ricordo, ma era qualcosa di buono…
Come a dire: tutti i discorsi per raddrizzare e osannare quel che si vuole ma a un certo punto… tutti a casa, che si sta meglio.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)