[MI153] La notte dei cani soli

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Traccia di mezzogiorno: Dopo la battaglia
La notte dei cani soli


E la notte è caduta nel silenzio. È la notte dei cani soli, dei buchi alle finestre e sopra le lamiere pubblicitarie dell’Algida, nei bar ormai relitti. È la notte dei jeans stesi ad aspettare inutilmente e delle altalene fantasma, della gente persa e dei cocci sparsi da raccogliere.
La battaglia è finita, per ora, non c’è più nessuno da ammazzare.
Quello che sembra pace, stasera, è qualcuno che canta una canzone triste, da sopra i minareti e si riesce a sentirlo anche da qui, da questo buco, dove mi hanno detto di stare. Sicuramente è un cecchino ubriaco o un moribondo: canta in mezzo al fumo che ancora non si estingue, mentre l’immagine scura dei suoi contorni vola a sfogarsi contro le stelle.

Ora basta. Dorma, pure chi può dormire, domani sarà.

L’alba, con le sue ombre basse, trasforma i contorni delle cose. Dal mio nascondiglio, sopra un’altura vicino il parco giochi, vedo i ricami lasciati dalla guerra, sopra i muri: pezzi storti disseminati ovunque. Tra ciabatte di gomma abbandonate vicino alle baracche sventrate, i portoni divelti mostrano le gole scure, deserte, restano impresse testimonianze delle persone mancanti: gli stracci e i fagotti abbandonati in fretta sopra i divani, le tavole apparecchiate, i libri aperti. Tracce di qualcuno, mai stato indispensabile, tranne che per i cani che uggiolano ogni tanto, mentre cercano la mano dei loro padroni. Eppure, sembrano belli questo silenzio e quest’assenza di guerriglia: A sud i banani si stirano le foglie e gli uccelli fanno la spola dal nido alla preda. La bellezza non ha libri antichi sui quali giurare, non risente delle vesciche dei piedi scalzi, e delle pance vuote e dei territori da spartire e dei nostri tormenti umani.

La bellezza c’era ovunque anche ieri, quando si sparava e si moriva.

Oggi non si spara, oggi si cerca il cibo, l’acqua e le medicine; ci si arrende, sempre poco a poco, al tempo che passa? alla tregua? alla fine della guerra? Non si vede il rosso degli incendi nelle case e non si sentono più le grida dei feriti. È per questo motivo che la mia città stamattina sembra distratta. Non si combatte e Lei ha girato lo sguardo alle sue spalle, ferita, si è tutta accucciata, si è raccolta stretta stretta, dai tetti sfondati alle macerie sull’asfalto: poggia in mezzo allo sfacelo ma non lo vede. Eppure, a nord, le file dei profughi sono già grosse, le pale degli elicotteri la scuotono, la sorvegliano dal cielo. Passano in rassegna le strade e le campagne e Lei trema, girata verso sud. Anfibi e mitragliatori, ai posti di blocco, la fanno arrendere più di quanto non abbia già fatto, ma Lei guarda lontano, verso il lago e i banani che si piegano al vento, senza resistere: stanno al gioco, alle regole antiche che creano bellezza.

Adesso, l’ombra della moschea traccia il confine tra terra e acqua. Io da qui non riesco a immaginare.

È mezzogiorno, e io non so se aspettare, arrendermi o morire. Non so se, stare da una parte o dall’altra, abbia più un senso o se ne abbia mai avuto uno. Mi sembrava di sì, ma ieri ero giovane, avevo solo quindici anni e credevo alle storie di mio padre, come lui a quelle di suo padre; oggi la mia città volge le spalle e io ho guardato dalla stessa parte, forse non avrei dovuto. È mezzogiorno e io non so decidere se devo morire, arrendermi o aspettare. Non riesco a immaginare in quanti siamo rimasti, potrei essere solo, unico superstite a sostenere la causa, se decidessi di morire ora, potrei averlo fatto per nessuno, morire per niente sarebbe davvero stupido.
Potrei arrendermi nessuno lo saprebbe mai. “Non puoi mai arrenderti, morire per la causa è un privilegio”.
La bocca scura che mi protegge è fresca ma puzza di fogna, la cintura è pesante, dovrebbe passare un plotone qui vicino e potrei alleggerirmene con un botto che si sentirebbe fino all’altra sponda del lago. Ce ne sono molti come me, siamo nascosti nei tunnel, la battaglia è finita, ma venite a cercarci e vedrete quanto è grande il nostro Dio. Vedrete quanto è largo il confine che ci separa. Sentirete la nostra voce potente che vi farà tremare.

“Non puoi mai arrenderti, morire per la causa è un privilegio”.

Eppure, a volte tentenno, anche i gatti si stanno organizzando, sentono odore di topi e sono qui, sopra la botola appena sollevata che mi fa pure da ombrello: il sole, anche lui oggi sembra pieno di pace; scalda ma non tanto, riesco a sopportarlo. La fame invece no, non ci riesco, mi è rimasta soltanto una barretta, una di quelle che forniscono loro, quelli che ci hanno reclutato e addestrato, con quel libro antico e con le storie di mio padre e il padre di suo padre. Eppure a me piacevano i gatti, che adesso io debba farne una strage mi da la nausea. “Andate via, per favore, se mi scoprono per colpa vostra, io dovrò morire e voi con me!”

Anfibi e mitraglie, passi veloci e gesti eloquenti: ci stanno cercando! Sanno dove siamo, e io non posso arrendermi, anche se non è per niente un privilegio, morire in buco a quindici anni.

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Ciao cara @Alba359, anche a questo giro mi hai emozionata con un racconto intenso, l'istantanea di un'attesa interminabile, drammatica e piena di dubbi. Quando ho finito di leggerlo avevo il magone. Ti faccio i miei complimenti per l'intensità con cui ti esprimi, leggerti è sempre bello.

Passo adesso all'intervento critico e ti segnalo alcune cose che ho notato.
La battaglia è finita, per ora, non c’è più nessuno da ammazzare.
All'inizio pensavo che fosse la frase di un narratore esterno e l'ho accettata, ma quando ho capito che il narratore è il personaggio del racconto mi è tornata meno. Il ragazzo non può affermare con certezza che non ci sia più nessuno da ammazzare, infatti nella seconda parte esprime tutte le sue incertezze. Ti suggerirei di mettere quel "per ora" in fondo al periodo così da esprimere i dubbio su entrambi i fatti: la fine della battaglia e l'assenza di obbiettivi.
Quello che sembra pace, stasera, è qualcuno che canta una canzone triste
Sostituirei "sembra" con "suggerisce" oppure "Quella che sembra pace, stasera, in realtà è qualcuno..." sento la mancanza della concordanza di genere. ^^
canta in mezzo al fumo che ancora non si estingue, mentre l’immagine scura dei suoi contorni vola a sfogarsi contro le stelle.
Che bella immagine!
Ora basta. Dorma, pure chi può dormire, domani sarà.
Qui credo che vada spostata la virgola.
L’alba, con le sue ombre basse, trasforma i contorni delle cose
Per basse intendi allungate? Perché all'alba le ombre sono lunghe.
Dal mio nascondiglio, sopra un’altura vicino il parco giochi
Qui è meglio "al" o "a un".
guerriglia:
Ti è scappato un ":"
La bellezza non ha libri antichi sui quali giurare, non risente delle vesciche dei piedi scalzi, e delle pance vuote e dei territori da spartire e dei nostri tormenti umani.
Toglierei la prima "e", sostituirei la seconda con "né" e la terza con "o". Oppure userei una diversa distribuzione, perché tre volte "e" non rende scorrevole il testo.
La bellezza c’era ovunque anche ieri
Togli "c'".
Oggi non si spara, oggi si cerca il cibo, l’acqua e le medicine
Qui correggerei il verbo, "cercano".
morire in buco a quindici anni.
"in un buco".

La scelta del momento da raccontare è azzeccata. Hai usato delle belle immagini e hai reso il brano ancora più drammatico personificando la città e inserendo il canto, la bellezza, la natura e gli animali in contrasto con la tragedia della guerra. Ho ancora il magone. Brava Alba
Sei partita insicura, pasticciando un poco con qualche errorino ma poi si vede che hai preso il volo con ali da maestro. Brava Alba. Ops.. una ripetizione! :P  <3
"Fare o non fare, non c'è provare." Yoda - Star Wars

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Complimenti, bellissimo racconto. Lasciando da parte alcune virgole di cui già è stata fatta segnalazione, secondo me è molto difficile scrivere di quest'argomento senza scadere nella retorica e negli stereotipi da giornale. Questo scritto a mio parere risulta invece delicato e narrato sapientemente. Dice l'essenziale per lasciare intendere al lettore l'atmosfera - inizi a inquadrare tutto già da quando vengono menzionati i minareti - senza rischiare di dire troppo e sbagliare. Brava!

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Ciao @Alba359 
Hai scelto un argomento che è davvero infinito, in tutti i sensi. Secondo me, prendilo solo come spunto non come consiglio di modifica, potresti ulteriormente approfondire, penetrare, compenetrarti in quell’atmosfera che, ti assicuro, se hai avuto la ventura di capitarci pure nella realtà ti prende totalmente. Io a distanza di tanti anni sogno ancora di quei posti e di quella gente.
Non è facile scriverne, specie per me e in uno spazio limitato dai caratteri. Per poter cominciare a dire qualcosa  bisogna avere a disposizione almeno un racconto lungo di una ventina di cartelle, almeno 36.000 caratteri.
Se male non ho capito ti sei immedesimata in un ragazzo di 15 anni in un determinato contesto lontano anni luce dal nostro, dove non si desiderano, non si vogliono le cose che abbiamo noi e che noi riteniamo indispensabili. La maggior parte di quei ragazzi non hanno le aspirazioni dei loro coetanei, possono certamente rimanerne anche affascinati, lasciarsi sedurre, in particolare le ragazze, ma è più difficile per i ragazzi.
Nel racconto è finita una battaglia, giustamente hai detto “per ora”. Non finirà mai, non come ci si aspetta.
Alba359 ha scritto: La battaglia è finita, per ora, non c’è più nessuno da ammazzare.
Nel suo linguaggio li avrebbe chiamati “cani infedeli”. Per lui quello sono.
Non ho capito bene se il canto triste dell’uomo provenga effettivamente da un minareto di moschea. Nel tal caso sarebbe un Muezzin, un uomo che ha le capacità e l’incarico di salmodiare, usufruendo di sette toni diversi a seconda delle occasioni, (per cinque volte al giorno) il richiamo all’obbligo di effettuare la preghiera quotidiana.
Alba359 ha scritto: Quello che sembra pace, stasera, è qualcuno che canta una canzone triste, da sopra i minareti e si riesce a sentirlo anche da qui, da questo buco, dove mi hanno detto di stare. Sicuramente è un cecchino ubriaco o un moribondo: canta in mezzo al fumo che ancora non si estingue,
Se fosse un cecchino del posto non credo che sarebbe ubriaco, in quanto l’uso di alcolici è proibito dalla religione e sarebbe inopportuno che si rifugiasse proprio su un minareto a cantare una canzone, un richiamo diverso da quelli che sono permessi.  Se fosse moribondo sarebbe lo stesso credo, ma bisognerebbe anche considerare se ha avuto un conflitto a fuoco prima o dopo essere salito sul minareto.
Se fosse un cecchino della parte avversa sarebbe ancora più strano. Fra tutti i posti in cui rifugiarsi quello sarebbe l’ultimo al mondo, sia per la sua visibilità che per la sua sacralità.
Mi è piaciuta la descrizione di quel pomeriggio di pace momentanea, delle rovine, delle cose abbandonate dai fuggitivi. Ci manca, a mio parere, un tramonto rosso fuoco con la sabbia proveniente dal deserto sospesa nell’aria, sopra una sterminata distesa di case bianche, il sapore e l’odore della polvere e del catrame dell’asfalto delle strade, l’odore del cemento delle case sventrate. Con il silenzio rotto dal canto del Muezzin.
Ma tutto questo è puramente soggettivo e indicativo, non prenderlo come una variazione o modifica al tuo testo, non mi permetterei, il racconto è solo tuo. Il fatto è che mi piace, per quello mi dilungo e mi permetto di suggerire qualche cosa, ma più che altro a titolo di puro esercizio di fantasia scaturito dalle tue impressioni iniziali.
Alba359 ha scritto: La bellezza c’era ovunque anche ieri, quando si sparava e si moriva.
Questo è tremendamente vero. Fa parte della vita.
Sono bellissime e suggestive le descrizioni della città, le colonne di profughi, elicotteri, gli anfibi dei soldati ai posti di blocco. Ottimo pezzo.
Poi illustri i pensieri del ragazzo che non sa se continuare nella sua missione o arrendersi. È una domanda normale e umana che si pone, ma palesa troppi dubbi. Quindi forse non è pienamente convinto di quello che fa?
Alba359 ha scritto: “Non puoi mai arrenderti, morire per la causa è un privilegio”.
Per loro è davvero così. Più che combattere per una causa, che può essere suscettibile di cambiamenti, combattono per difendere la loro terra, tradizioni e religione per come sono sempre state, perlomeno da 1.400 anni. La loro vita non ammette di essere modificata o contaminata da altri. Non è un pensiero tollerabile.
Alba359 ha scritto: Alba359con quel libro antico e con le storie di mio padre
Bellissimo. Loro chiamano se stessi, gli Ebrei e i Cristiani il “popolo del Libro” perché ognuna di queste religioni monoteiste ha un libro sacro rivelato da Dio come fondamento. I Cristiani lo usano come fermacarte e fermaporte, gli altri vivono e muoiono per seguire quel Libro. Questa è la semplice totale cosa che fa la differenza.
Molto tenero il pensiero dei gatti. Potrebbe salvarsi pensando a loro, ma credo che non lo farà. Non può cambiare idea, non è come cambiare una squadra di calcio o un partito. Meglio il martirio, coinvolgendo il maggior numero di nemici infedeli, che vivere in un mondo privo di anima, venerazione per Dio e rispetto per i propri simili che non vogliono essere “liberati” da niente, ma vivere come hanno sempre vissuto. È una vecchissima storia. I risultati li vediamo tutti i giorni davanti ai nostri occhi e anche dalle nostre parti “civilizzate”.
Il tuo testo pone diverse chiavi di lettura. Ben fatto.
 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Alba359 ha scritto: mentre l’immagine scura dei suoi contorni vola a sfogarsi contro le stelle.
Alba359 ha scritto: A sud i banani si stirano le foglie e gli uccelli fanno la spola dal nido alla preda. La bellezza non ha libri antichi sui quali giurare, non risente delle vesciche dei piedi scalzi, e delle pance vuote e dei territori da spartire e dei nostri tormenti umani.
Alba359 ha scritto: Oggi non si spara, oggi si cerca il cibo, l’acqua e le medicine; ci si arrende, sempre poco a poco, al tempo che passa? alla tregua? alla fine della guerra? Non si vede il rosso degli incendi nelle case e non si sentono più le grida dei feriti. È per questo motivo che la mia città stamattina sembra distratta. Non si combatte e Lei ha girato lo sguardo alle sue spalle, ferita, si è tutta accucciata, si è raccolta stretta stretta, dai tetti sfondati alle macerie sull’asfalto: poggia in mezzo allo sfacelo ma non lo vede. Eppure, a nord, le file dei profughi sono già grosse, le pale degli elicotteri la scuotono, la sorvegliano dal cielo. Passano in rassegna le strade e le campagne e Lei trema, girata verso sud. Anfibi e mitragliatori, ai posti di blocco, la fanno arrendere più di quanto non abbia già fatto, ma Lei guarda lontano, verso il lago e i banani che si piegano al vento, senza resistere: stanno al gioco, alle regole antiche che creano bellezza.
Un racconto "Dopo l'ennesima battaglia" ambientato in luoghi che vivono il "prima", il "durante" e il "dopo" e daccapo si ricomincia.
Anche l'idea del titolo mi piace. E i brani sopra citati per me sono i pezzi pregiati del tuo lavoro. Complimenti anche per averlo concepito e strutturato nei tempi brevi di un MI!
Soprattutto, mi preme dirti, @Alba359, che hai scritto un grande racconto, magistrale.  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Ciao @Alba359,
un racconto molto intenso, scritto in maniera suggestiva ed elegante. Mi è piaciuto come hai fatto venire fuori poco a poco l'ambientazione, che infatti rimane vaga per una buona parte del testo e per questo ancora più suggestiva. Molto sapiente l'uso dei dettagli. Le figure degli animali arricchiscono ancor più questo splendido racconto. C'è qualche imperfezione formale che ti hanno già segnalato ma che non inficia il valore del testo. Bravissima!

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Alberto Tosciri ha scritto: Non è facile scriverne, specie per me e in uno spazio limitato dai caratteri.
È vero, per questo motivo non ho fatto nomi e o lasciato che tutto venga immaginato in contesti diversi, L'isis ha colpito in diversi luoghi e la storia mi è venuta in mente dal ricordo di un'immagine vista forse al Tg o in rete. Si trattava dell'assedio della citta di Marwi nelle Filippine. Quello che mi colpì erano i muri crivellati di colpi e le macerie: Le baracche sventrate, i jeans stesi e la pubblicità dell'algida ancora appesa e piena di buchi. I soldati del governo filippino cercavano i terroristi e le trappole esplosive lasciate dai jihadisti, trovarono anche una rete di tunnel collegati alla rete fognaria.
La fine della battaglia, per quel giorno, gettava  una luce di speranza agli occhi di quel ragzzino e si sia salvato. Almeno, io spero sempre che qualcosa sfugga al controllo dei potenti, e per potenti intendo i potenti veri, non i politici o i presidenti...
Alberto Tosciri ha scritto: Non ho capito bene se il canto triste dell’uomo provenga effettivamente da un minareto di moschea.
C'è un lago a Marawi e sulle rive sorge una moschea. Io ho immaginato un cecchino che cerca i terroristi da una postazione in alto e che abbia scelto un punto qualsiasi di quella moschea. Da uno dei minareti sarebbe una postazione perfetta.
Sono felice che tu abbia apprezzato, e sono onorata dal tuo commento. Grazie

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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ciao @Alba359. Certamente un racconto molto elaborato e ricco di pensieri. Difficile rappresentare la fine di una battaglia, specialmente se devi condirla con una grande dose di drammaticità. Ebbene, questa drammaticità non si avverte. Si avverte chiaramente la lunga riflessione del protagonista. Io che di guerre ne ho fatte tante, descriverei diversamente la fine di una battaglia. un po come ha fatto @Alberto Tosciri , ma aggiungendoci il terrore, elemento mancante nel tuo racconto... Comunque un buon lavoro... ciao :D
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Per me tutto questo racconto si concentra nel dubbio del protagonista, nella voglia di vivere che contrasta con il dovere e l'impegno preso, nel fatto che il buonsenso gli dica che il suo sacrificio non é necessario che viene sopraffatto da ció che lui considera saggezza degli avi.
Molto bello, molto azzeccato!
Mi sono moltopiaciute anche le atmosfere post battaglia, quando lo sguardo scorro su ció che avanza e ogni dettaglio ricorda le vite spezzate, ogni oggetto diventa rappresentativo di ció che veramente é andato distrutto.
Ottima prova!

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Alba359 ha scritto: Si trattava dell'assedio della citta di Marwi nelle Filippine. Quello che mi colpì erano i muri crivellati di colpi e le macerie: Le baracche sventrate, i jeans stesi e la pubblicità dell'algida ancora appesa e piena di buchi. I soldati del governo filippino cercavano i terroristi e le trappole esplosive lasciate dai jihadisti
Un occhio attento ai particolari e un animo permeabile riescono a trasformare qualunque spunto in un racconto verosimile e godibilissimo, come hai fatto tu qui, Alba. 
Compatto, lucido e tragico, il tuo testo mi è piaciuto molto. Se dovessi trovare un inciampo, ti direi che la voce narrante, così consapevole e profonda, mi è parsa forse troppo "adulta" per un quindicenne: a meno che io non abbia frainteso qualcosa, perché alla fine l'io narrante allude a sé stesso come un quindicenne, mentre poco più su dice che "ieri" (metaforico) aveva quindici anni. 
Scritto benissimo. Complimenti, @Alba359.  
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Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Edu ha scritto: la sera dei miracoli di dalla. Forse anche qui l' influenza c'è
Inconsapevolmente, forse sì, solo che quella di Dalla è una sera che che prelude un'estate di canti, feste, e baldorie varie. Dalla scrisse quella canzone in tempi in cui si accennavano i primi passi della movida romana.
Edu ha scritto: Insomma, pollice in su 
Grazie @Edu  Stavolta mi sento abbastanza soddisfatta dal risultato

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Ippolita ha scritto: meno che io non abbia frainteso qualcosa, perché alla fine l'io narrante allude a sé stesso come un quindicenne, mentre poco più su dice che "ieri" (metaforico) aveva quindici anni
No, non hai frainteso. Ho lasciato che la voce narrante del ragazzino possa sembrare troppo adulta di proposito, volevo pensare che sia diverso da tutti quelli chi si sono fatti saltare in aria, altrimente non avrebbe avuto nessun dubbio e la storia mi moriva in mano. Mi serviva che foosse più consapevole anche se quasi del tutto in linea con i suoi coetanei. 

Grazie per il tuo commento @Ippolita  l'ho gradito davvero molto.

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Almissima ha scritto: Ottima prova!
Grazie! :flower: 
@Monica ha scritto: Nella tragicità hai trovato un modo personale per descrivere la tregua e ti assicuro che mi hai fatto emozionare sul serio. Il tuo lato poetico integrato nella prosa ha dato a questa storia una marcia in più.
Complimenti
Grazie! :flower:
ivalibri ha scritto: Molto sapiente l'uso dei dettagli.
Grazie! :flower:

Mi avete fatto emozionare :hug: vi ringrazio moltissimo, per i vostri complimenti, per le correzioni e per essere sempre presenti mei MI.

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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bestseller2020 ha scritto: Io che di guerre ne ho fatte tante,
Mi dispiace davvero! La guerra non è una bella esperienza. Io no! niente guerra dal vivo, per fortuna.
E se questa mancanza, non mi permette di essere realistica nello scrivere, va bene lo stesso.
 @Alberto Tosciri Ha una sensibilità da invidiare, descrive qualsiasi cosa in modo mirabile, io non posso nemmeno aspirare di scrivere come lui.
bestseller2020 ha scritto: Comunque un buon lavoro
Grazie! (y)

Re: [MI153] La notte dei cani soli

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Effy Kaligaris ha scritto: Complimenti, bellissimo racconto
Grazie! per il commento e per la sincerità che traspare dalle tue parole <3 , Ti hanno gia detto, in altri commenti, che tu sei una persona interessante: voglio farti qui anche i miei complimenti, per essere così a tuo agio nel MI e per la tua scrittura. Leggo con piacere sia i commenti che fai agli altri che che i tuoi racconti. Al prossimo contest :super:
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