[MI 154] Pane 'e lande

1
Traccia di mezzanotte: in cucina.
viewtopic.php?p=21737#p21737
Ero solo un bambino ma mi sentivo già grande.
Passavo molto tempo a casa dei nonni, luogo per me fantastico, una campagna infinita davanti al mare con l’isolotto davanti; tante storie di povera epica gente contadina, alcune belle, altre tragiche.  Amavo fantasticare seduto dentro la cassa del naufragio buttata nei campi, una grande cassa di legno nero approdata in spiaggia ai tempi della bisnonna, carica di bottiglie di liquori e candele steariche…
Quel giorno in cucina c’era un’aria particolare. La nonna aveva deciso di fare il pane ‘e lande, il pane di ghiande e argilla che si faceva solo in certe occasioni.
C’era anche mia madre, eravamo venuti dai nonni per natale, mentre mio padre era rimasto in città al lavoro. Mia madre tornava bambina quando era con i suoi e io assistevo divertito a questo cambiamento, anche perché con i suoi genitori parlava sempre in sardo, continuando a rivolgersi a me in italiano. Anche mio nonno con me parlava spesso l’italiano, mia nonna non la sentii mai parlare diverso dal sardo, mentre la vecchia bisnonna, all’epoca quasi centenaria, parlava un sardo arcaico che quasi non capivo.
Sapevo che fare il pane ’e lande non era una cosa semplice o breve. Ero seduto vicino al camino con mio nonno. Sentii mia nonna che diceva una preghiera a bassa voce, in un angolo della cucina, facendosi il segno della croce e prendendo una sporta appesa al camino, piena di ghiande che erano state messe ad asciugare da alcuni giorni. Le mise dentro una taxedda, un sacchetto di pelle di capra e chiudendo l’imboccatura con la mano lo sbatté parecchie volte sullo scalino davanti alla porta di cucina. Guardavo divertito quella inusuale violenza. Poi estrasse le ghiande dalle quali si era staccata la pellicola che le rivestiva e le mise dentro su caddargiu, un calderone di rame. In una impastera, una conca di terracotta, la vidi mettere del torco, un bel po’ di argilla rosso ruggine, aggiungendo acqua dalla brocca, che io stesso ero andato a prendere al pozzo. Mescolò il tutto a lungo con un grosso mestolo di legno fino a sciogliere tutta l’argilla e colorando l’acqua come fosse caffelatte. Sopra il calderone dov’erano le ghiande mise un triangolo di legno avvolto di lino e vi versò sopra parte di quell’acqua che tratteneva piccoli grumi di argilla che non si era sciolta. Con l’aiuto di mio nonno mise il calderone sopra un treppiede di ferro che stava nel camino, con il fuoco già acceso da prima. Poi mise in quel miscuglio un pezzo di palma benedetta a Pasqua facendosi il segno della croce, contro il malocchio.
Mentre si aspettava che bollisse, mio nonno mi chiese se avevo letto il libro del bandito Samuele, che mi aveva regalato qualche tempo prima. Era un bandito degli anni Venti a cui tutti davano la caccia allora, una leggenda. Lo aveva comprato alla festa del paese da un vecchietto che girava per le feste con una valigia di cartone vendendo libri di storie e poesie sarde.
— Sì, letto —  risposi. Mio nonno sorrise felice, sdentato com’era, annuendo.
— Hai visto — disse — quando i carabinieri stavano per prenderlo nel Supramonte?
— Ho visto. Era circondato.
— Hai visto che un carabiniere era rimasto indietro e andò a sbattere proprio in faccia a Samuele che scappava…
— Ah sì.
— Avevano tutti e due il moschetto e potevano spararsi, lo sai? Ma si guardarono negli occhi e il carabiniere gli disse: “Vai, passa!”
— Perché? 
— Perché gli uomini facevano così allora.
Mio nonno si accese una sigaretta Alfa e fumò con sguardo assorto.
Mia nonna aggiungeva acqua al calderone, mano a mano che si addensava e alcun manciate di cenere di sarmenta di vigna, mentre  continuava a bollire. Io davo uno sguardo a quella specie di melassa nera fumante, ma l’odore era buono. Ogni tanto veniva rimestata. Si continuava a parlare. Entrò mia madre che mi disse di andare a vedere se nannaj stava venendo. Nessuno la chiamava bisnonna. Era Nannaj. Aveva una cameretta  piccola tutta sua in fondo alla casa,  un  letto con sponde di legno intarsiato,  coperte intessute a mano, lenzuola di lino, una specchiera di un paio di secoli, davanti alla quale ogni mattina si pettinava i lunghi capelli bianchi con un pettine vecchissimo, nonostante fosse cieca, raccogliendoli in una crocchia che poi copriva con un turbante rosso sopra il quale metteva il fazzoletto nero. Era sempre vestita completamente di nero da  quando aveva perso suo marito e i figli giovanissimi a poca distanza uno dall’altro, all’epoca della spagnola. Ma per lei non erano morti di spagnola, erano stati maledetti da un prete e a volte la sentivo cantare  una preghiera sottovoce, seduta, lo sguardo perso all’infinito, dondolando le spalle, chiamando dolcemente i suoi figli.
Prima che io uscissi dalla cucina nannaj entrò con calma, mettendo avanti su bacculi, il bastone. Ricordo che indossava dei grossi scarponi da uomo,  dei quali pure curioso non chiesi mai il motivo. La fecero sedere vicino al camino in una sgangherata sedia bassa impagliata e coperta di cuscini colorati, sistemandosi con dignità, come su un trono, senza dire una parola.
Intanto che su pane ‘e lande finiva di cuocere noi intanto si mangiava qualcosa; pane carasau bagnato in acqua calda per ammorbidirlo, con strati di sugo e formaggio grattuggiato e altri strati di pane carasau sopra. Mangiava anche nannaj, con un piatto che si sistemava sopra la gonna, seduta vicino al camino. Non la vidi mai sedersi a tavola con noi, preferiva stare nel suo angolo, in silenzio. Era anche sorda e bisognava alzare la voce per farsi capire. Avevo una grande soggezione di lei, anche per l’aria di rispetto che tutti avevano nei suoi confronti. Le poche volte che si accorse della mia presenza e che mi rivolse la parola lo ricordo ancora come un grande onore per me.
Dopo un bel po’ di tempo mia nonna con un mestolo toglie dal calderone le ghiande che non si sono spappolate mettendole in un tàggeri de ortigu, un vassoio di sughero usato anche per la carne arrosto, patate e fave lessate con lardo, per raffreddare. Continua a rimestare ogni tanto quella brodaglia nel calderone fino a che diventa densa. Poi la toglie con il mestolo mettendola sulla tavola  come una polenta e a mano a mano che si raffredda ne fa delle focaccine grandi come amaretti che poi sistema su fogli di sughero grezzo per asciugare. So che quelle focaccine, considerate le più delicate, sono per i bambini, per i malati, per chi ha mal di stomaco, mentre il lande spappolato estratto prima, più robusto, come un torrone nero, viene mangiato dagli uomini che fanno lavori pesanti. La cucina è invasa di un odore dolce, come di prugne secche. Vedo mia nonna e mia madre che dividono le focaccine più delicate preparando dei canestrini con il fondo ricoperto di foglie di mandarino, dove saranno riposte e coperte e nel mentre dicono: questo lo diamo a zio, questo lo diamo a zia, questo al dottore, che ne ha chiesto, questo…
Io intanto gironzolo intorno, assaggio qua e là e mi viene in mente di andare a vedere due grandi belle cose appese alle pareti dell’ingresso, dopo che uscirò dalla cucina.
Ancora oggi ricordo un tappetino di lana che mia madre cucì da bambina, con due tigri arancioni maculate di nero circondate di foglie verdi su fondo bianco. E una foto di mio nonno quando era giovane, con l’alta uniforme dei carabinieri, assieme a tanti altri giovani carabinieri come lui. Non ho mai avuto il coraggio di chiedergli, nel poco tempo che l’ho conosciuto, se era lui il giovane carabiniere che fece passare il bandito Samuele.
 
 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 154] Pane 'e lande

2
Alberto Tosciri ha scritto: Ricordo che indossava dei grossi scarponi da uomo,  dei quali virgola pure curioso virgola non chiesi mai il motivo. La fecero sedere vicino al camino in una sgangherata sedia
ti è sfuggito il necessario inciso tra due virgole
Alberto Tosciri ha scritto: Dopo un bel po’ di tempo mia nonna con un mestolo toglie dal calderone le ghiande
perché sei passato al tempo presente?
Alberto Tosciri ha scritto: Ancora oggi ricordo un tappetino di lana che mia madre cucì da bambina, con due tigri arancioni maculate di nero circondate di foglie verdi su fondo bianco. E una foto di mio nonno quando era giovane, con l’alta uniforme dei carabinieri, assieme a tanti altri giovani carabinieri come lui. Non ho mai avuto il coraggio di chiedergli, nel poco tempo che l’ho conosciuto, se era lui il giovane carabiniere che fece passare il bandito Samuele.
Bel racconto d'infanzia e un interessante finale. Piaciuto, @Alberto Tosciri   :)

Ti faccio i miei complimenti per la precisione dei tuoi ricordi sulla preparazione del pane di ghiande, vista da piccolo.
O meglio, l'avrai visto anche in epoche successive all'infanzia, per averne queste precise immagini, vero?
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [MI 154] Pane 'e lande

3
Grazie @Poeta Zaza 
Grazie per il commento e le correzioni.
A volte uso il presente  anche al passato in una accezione che mi pare si chiami "presente storico", ma non vorrei dire atrocità, l'ho letto da qualche parte. Mi pare sia contemplato... È quel presente dove ad esempio se parli di un personaggio del passato, come Cristoforo Colombo, a un certo punto dici "... a quel punto tenta il tutto per tutto e si presenta alla regina Isabella per ottenere un finanziamento..." :D

Si, di quel pane ne avevo visto da piccolo e anche se ora non si fa più (sai: ingurgitare argilla mista a ghiande...  anche se poi l'argilla la vendono in erboristeria e farmacia in pillole come antitossico alimentare e assorbente in generale, cioè mangiando davvero argilla, opportunamente purificata... ma con le ghiande è più buona...  :D 
Ora non saprei come procurarmela anche se qualche vecchina dalle mie parti  e nella zona dove abito saprebbe ancora farla.   Un giorno lo farò io. Non fa male. Fidati. 
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 154] Pane 'e lande

4
Un racconto che fonde note autobiografiche e amore per una terra in modo armonico. A me lettore il tutto è arrivato in una maniera così naturale che mi ha quasi cullato in questo mare di ricordi, descrizioni e bellissimo folklore. Hai preso le emozioni più "facili" di una cucina, perché specie nella provincia italiana è ancora oggi (sempre meno purtroppo) il luogo in cui le tradizioni culinarie vengono passate di generazione in generazione. E con esse tutta una gamma di insegnamenti ed elementi culturali di vario genere (vedi la storia del bandito Samuele) che creano in che riceve i valori più profondi della vita, quelli che si sedimentano sul fondo dell'animo e non vanno più via, specie poi se il passaggio avviene fra nonni e nipoti. Spiego quel "facili": la cucina è immediatamente questo, specie nel nostro Paese, un luogo sacro in cui specialmente le ricette hanno quell'aura di procedimento magico. Non esiste pesare le pietanze, si fa tutto a occhio e viene più buono di qualsiasi ricetta impastata o fatta con chissà quale altro procedimento contorto. Ma ben venga questa interpretazione "facile" del luogo cucina. Perché, per come l'hai scritta te, non è mai stucchevole o troppo isolato il momento della descrizione dal flusso di memoria del protagonista. Viene fuori tutto in modo naturale e semplice, come appunto una ricetta di una nonna. Ed è forse questo il grande merito di questo racconto: stile e trama si fondono in una sintesi eccellente. Un'ottima prova!

Re: [MI 154] Pane 'e lande

6
Il racconto mi è piaciuto:  ben reso il rapporto tra generazioni, gradevole il liguaggio. Mi associo dunque agli elogi per l'ambientazione, i personaggi  e la ricetta tradizionale. Le "pulci" mi pare te le abbiano già fatte. Aggiungo la mia.
La fecero sedere vicino al camino in una sgangherata sedia bassa impagliata e coperta di cuscini colorati, sistemandosi con dignità, come su un trono, senza dire una parola. ha scritto:
C'è qualche problemino sintattico.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com

Re: [MI 154] Pane 'e lande

8
Ciao @Alberto Tosciri ben trovato. 
Parliamo di nonne tutti e due nei nostri racconti probabilmente il tema della cucina è  qualcosa  che istintivamente riporta alle origini.
Ciò detto, che posso aggiungere a ciò che tu hai scritto? Sei stato come sempre capace di evocare sentimenti sensazioni ricordi. Lo hai fatto con la potenza della verità e la delicatezza dell’amore. 
Un amore per la tradizione che è amore per le proprie radici, per i propri familiari, per la terra per gli antichi riti. 
La tua famiglia, la madre la nonna, il bambino emergono con una tridimensionalità che solo l’aver vissuto quel contesto può dare. 
Più che un racconto classico  hai scritto una memoria e l’hai fissata sulla carta con la tua consueta capacità di scrivere. 
Bravo per me un’ottima prova

Re: [MI 154] Pane 'e lande

9
Ciao @Alberto Tosciri,
leggendo il testo ho avvertito la profondità e il valore di questo ricordo ben radicato, non tanto nella precisione delle scene descritte (ho molto apprezzato l'inserimento dei nomi in sardo) quanto per una sorta di rispetto che hai saputo intrecciare tra le parole, insieme alla sottile nostalgia per fatti, cose e persone destinati all'oblio ( nel senso che, purtroppo, tra cent'anni nessuno più vivrà queste esperienze. Forse anche tra meno...).
In questo bel racconto traspare tutta l'importanza delle origini, della ricchezza di un sapere alla deriva.
Per quanto riguarda il cambio dei tempi verbali: rileggendo il testo ho ancora la sensazione di percepirlo diviso in due e la scelta del presente da metà testo in poi non mi convince.
Non sono pratica di presente storico, ma forse si usa per brevi periodi all'interno di una narrazione al passato per descrivere azioni sempre valide: Paola iniziò a cantare con una grazia che solo poche donne hanno. O qualcosa di simile (me lo devo ripassare!)

Re: [MI 154] Pane 'e lande

10
@Loscrittoreincolore 
Ti ringrazio per la tua lettura e apprezzamento.
Le cucine sono un ottimo luogo per descrivere personaggi, oltre all'ambientazione, all'atmosfera che porta al dialogo, al mistero, meglio senza corrente elettrica. Le cucine moderne non si prestano molto secondo me, ma del resto non possiamo usufruire di una delle più belle descrizioni di una cucina della nostra letteratura, a mio parere, quella che fece Ippolito Nievo parlando della cucina dove visse l'infanzia, nel castello di Fratta in Friuli nelle Confessioni di un Italiano.

Ti ringrazio @Almissima per la lettura e l'apprezzamento.

Grazie @sefora per la tua lettura e il gradimento e ti do ragione per la sintassi del brano che hai evidenziato. Ci avrei dovuto ragionare di più per sistemarlo.

Grazie @Mina  per aver letto e gradito.

Grazie @Cicciuzza per il tuo apprezzamento. Hai ragione, entrambi abbiamo ricordato le nonne, altri tempi, istinti rassicuranti delle nostre origini, oggi più che mai.

Grazie @caipiroska per il tuo apprezzamento. Anche per me le origini, le radici sono una cosa molto importante, un'ancora di salvezza in un mondo privo di valori come quello odierno.
Per quanto riguarda il cambio di verbi dal passato al presente... non sono espertissimo, dico la verità; posso dirti che talvolta l'ho visto in altri ambiti, magari fatto certamente meglio di me. Vedrò certamente di rimediare, anche perché pure altri mi hanno fatto notare questa cosa.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 154] Pane 'e lande

11
@Loscrittoreincolore ha usato un'espressione azzeccatissima in relazione al tuo racconto: scrive di essersi sentito cullato. Ebbene, è la stessa deliziosa sensazione che ho provato anch'io durante tutta la lettura. Un fascino arcaico e potente emana dalla figura della Nannaj: ho immaginato la sua vita, i suoi dolori. Bello davvero il dialogo tra nonno e nipote, e di classe il finale del brano, che si raccorda al dialogo.
Hai creato un'atmosfera particolare, Alberto, di grande intensità e vigore. 
Un saluto e grazie, @Alberto Tosciri.
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: [MI 154] Pane 'e lande

12
Grazie @Ippolita 
Sono davvero contento che ti abbia colpito la figura di Nannai, che poi vuol dire semplicemente nonna, ma noi la chiamavamo così nostra bisnonna. Se ne è andata nel 1969... quasi centenaria.
Aveva una forte personalità e aveva davvero visto di tutto nel suo piccolo mondo: amore, guerre, morte...
Faceva parte di un'antica "nobiltà contadina",  io la chiamo così, non esiste, nel senso che pur non essendo ricchi avevano terre e bestiame per non andare mai a lavorare sotto padrone. Non era cosa da poco in tempi antichi.  È la prima volta che ne scrivo qualcosa, anzi no: anche nel WD, tanti anni fa scrissi qualcosa...
Anche mio nonno era per me un personaggio mitico, che aveva vissuto mille avventure. Da giovane era stato una decina d'anni nei Carabinieri, fu a Roma  quando nel 1924  lui e altri trovarono il corpo di Matteotti, fu  in Sardegna all'epoca del bandito Samuele Stocchino (da noi ci sono libri sulla sua vita incredibile, era medaglia d'argento al valor militare nella Grande Guerra..., entrò a Fiume nel 1919 sotto il comando di D'Annunzio... poi tornato a casa fu abbandonato dallo stato, gli fecero dei torti e divenne un bandito). Ho sempre creduto, ma non ho davvero mai avuto il coraggio di chiedere, che quel giovane carabiniere che fece passare Samuele potesse essere mio nonno. Il senso dell'onore, il rispetto fra militari è qualcosa di particolare. Almeno a quei tempi, ormai un secolo fa...
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: [MI 154] Pane 'e lande

13
Ciao @Alberto Tosciri  
Mi aspettavo che tu scegliessi la mia traccia. Sei, tra gli altri, quello che l'ha interpretata nella maniera che io l'avevo pensata.
Qualcosa che rimane per sempre nei ricordi sono i profumi, certe atmosfere ataviche, certi silenzi, gioie e sapori che rimandano spesso ai momenti in cui si è a tavola o mentre qualcuno cucina per noi.
Grazie per il tuo bel racconto, per averlo condiviso.

Re: [MI 154] Pane 'e lande

14
Ciao @Alba359 
Alba359 ha scritto: Mi aspettavo che tu scegliessi la mia traccia. Sei, tra gli altri, quello che l'ha interpretata nella maniera che io l'avevo pensata.
Ah bene... :) qualcuno che comincia a prevenire le mie mosse...  ;)
In effetti le storie giacciono nelle nostri menti da sempre, aspettano talvolta bagliori di luce per uscire allo scoperto.
Grazie per aver apprezzato il mio testo  :)
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
Rispondi

Torna a “Racconti”