"Ci piacerebbe pubblicarlo, ma senza riconoscere i diritti d’autore."
Posted: Fri Oct 10, 2025 7:48 am
Ieri ho ricevuto questa proposta.
La casa editrice ha letto il mio manoscritto, lo ha trovato interessante e adatto a una nuova collana che stanno per lanciare.
Ma — con altrettanta trasparenza — mi dice che, pur pubblicandolo e distribuendolo nel circuito nazionale, non riconoscerà alcuna royalty.
Motivo? “Non prevediamo un successo commerciale tale da poter giustificare il riconoscimento dei diritti d’autore.”
Aggiungono che, qualora in futuro ci fossero vendite consistenti, sarebbero pronti a rivedere l’accordo.
E precisano: “Non è una questione personale, ma una constatazione sull’attuale stato del mercato.”
Ora.
Apprezzo la sincerità — è raro riceverla così, nuda e cruda.
E sono pienamente consapevole che oggi scrivere, salvo rari casi, è considerato un hobby.
Ma proporre una pubblicazione priva di qualsiasi forma di diritto d’autore — anche simbolica — mi lascia sconcertata.
Non tanto per una questione economica (non mi illudo), ma per una questione di principio e di dignità del lavoro creativo.
E più ancora, mi interroga la prospettiva implicita:
- Se non credete che il libro possa vendere,
- se non potete investire in una vera promozione,
- se pubblicarlo è per voi un rischio a perdere,
allora che senso ha proporne l’uscita?
Solo per “averlo in catalogo”?
È il classico caso in cui dire no mi è sembrato non solo legittimo, ma necessario.
Per proteggere un testo che ha faticato a nascere. Per rispetto del lavoro fatto. Per non accettare l’idea che un libro possa finire nel nulla ancor prima di essere letto.
Vi è mai capitata una proposta simile? Come avete reagito?
La casa editrice ha letto il mio manoscritto, lo ha trovato interessante e adatto a una nuova collana che stanno per lanciare.
Ma — con altrettanta trasparenza — mi dice che, pur pubblicandolo e distribuendolo nel circuito nazionale, non riconoscerà alcuna royalty.
Motivo? “Non prevediamo un successo commerciale tale da poter giustificare il riconoscimento dei diritti d’autore.”
Aggiungono che, qualora in futuro ci fossero vendite consistenti, sarebbero pronti a rivedere l’accordo.
E precisano: “Non è una questione personale, ma una constatazione sull’attuale stato del mercato.”
Ora.
Apprezzo la sincerità — è raro riceverla così, nuda e cruda.
E sono pienamente consapevole che oggi scrivere, salvo rari casi, è considerato un hobby.
Ma proporre una pubblicazione priva di qualsiasi forma di diritto d’autore — anche simbolica — mi lascia sconcertata.
Non tanto per una questione economica (non mi illudo), ma per una questione di principio e di dignità del lavoro creativo.
E più ancora, mi interroga la prospettiva implicita:
- Se non credete che il libro possa vendere,
- se non potete investire in una vera promozione,
- se pubblicarlo è per voi un rischio a perdere,
allora che senso ha proporne l’uscita?
Solo per “averlo in catalogo”?
È il classico caso in cui dire no mi è sembrato non solo legittimo, ma necessario.
Per proteggere un testo che ha faticato a nascere. Per rispetto del lavoro fatto. Per non accettare l’idea che un libro possa finire nel nulla ancor prima di essere letto.
Vi è mai capitata una proposta simile? Come avete reagito?