Le poche interazioni social degli editori big
Posted: Tue Jul 18, 2023 8:01 pm
Oggi notavo uno strano fenomeno:
La pagina Facebook di Mondadori, che conta oltre 400.000 follower, ha una media di appena cinque likes per ogni post, con alcuni post che ne ottengono solo uno. In pratica una miseria, l'equivalente di ciò che produce in termini di interazioni una pagina Facebook con appena 2.000 follower (restando in ambito editoriale, poniamo quella di La Ruota Edizioni).
Non se la passano tanto meglio altri marchi big, come Garzanti, Piemme, La nave di Teseo, Marsilio, e nemmeno Giunti e Feltrinelli - mentre alcuni piccolo-medi editori indipendenti raggiungono una cinquantina di likes per ogni post. In generale pochi per pagine Facebook che contano decine di migliaia di iscritti, ma pur sempre molti di più rispetto a Mondadori, Giunti e altri colossi.
Come interpretare questi dati?
Credo in quattro modi, che non si escludono a vicenda:
- L'editoria non è un settore che va per la maggiore, ed è sempre più marginale nella vita quotidiana. Pur essendo un grosso mercato, non è paragonabile ad altri mercati.
- Più l'editore è grosso, meno è riconoscibile, meno il pubblico è fidelizzato. Un piccolo-medio editore di qualità (ad es. Giulio Perrone) scalda più cuori rispetto a un big che ha un approccio industriale al prodotto-libro. Unica eccezione Adelphi, che viene percepito come un marchio più "artigianale", pur essendo un big a tutti gli effetti.
- I marchi big sono sempre più omologati tra loro, in particolare all'interno dei rispettivi gruppi. Il pubblico non percepisce differenze sostanziali tra Mondadori, Piemme e Sperling & Kupfer (gruppo Mondadori) o tra Longanesi, Garzanti e Corbaccio (gruppo Mauri Spagnol). Questa omologazione determina una minore interazione.
- Gran parte dei lettori sono aspiranti scrittori, e tendono a interagire con gli editori a cui ambiscono. I grossi editori vengono considerati inaccessibili, e quindi c'è maggiore distacco da parte degli utenti.
Altri motivi?
La pagina Facebook di Mondadori, che conta oltre 400.000 follower, ha una media di appena cinque likes per ogni post, con alcuni post che ne ottengono solo uno. In pratica una miseria, l'equivalente di ciò che produce in termini di interazioni una pagina Facebook con appena 2.000 follower (restando in ambito editoriale, poniamo quella di La Ruota Edizioni).
Non se la passano tanto meglio altri marchi big, come Garzanti, Piemme, La nave di Teseo, Marsilio, e nemmeno Giunti e Feltrinelli - mentre alcuni piccolo-medi editori indipendenti raggiungono una cinquantina di likes per ogni post. In generale pochi per pagine Facebook che contano decine di migliaia di iscritti, ma pur sempre molti di più rispetto a Mondadori, Giunti e altri colossi.
Come interpretare questi dati?
Credo in quattro modi, che non si escludono a vicenda:
- L'editoria non è un settore che va per la maggiore, ed è sempre più marginale nella vita quotidiana. Pur essendo un grosso mercato, non è paragonabile ad altri mercati.
- Più l'editore è grosso, meno è riconoscibile, meno il pubblico è fidelizzato. Un piccolo-medio editore di qualità (ad es. Giulio Perrone) scalda più cuori rispetto a un big che ha un approccio industriale al prodotto-libro. Unica eccezione Adelphi, che viene percepito come un marchio più "artigianale", pur essendo un big a tutti gli effetti.
- I marchi big sono sempre più omologati tra loro, in particolare all'interno dei rispettivi gruppi. Il pubblico non percepisce differenze sostanziali tra Mondadori, Piemme e Sperling & Kupfer (gruppo Mondadori) o tra Longanesi, Garzanti e Corbaccio (gruppo Mauri Spagnol). Questa omologazione determina una minore interazione.
- Gran parte dei lettori sono aspiranti scrittori, e tendono a interagire con gli editori a cui ambiscono. I grossi editori vengono considerati inaccessibili, e quindi c'è maggiore distacco da parte degli utenti.
Altri motivi?