Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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@Darksy non posso che essere d’accordo con te. Ho pubblicato due libri in self, non ho fatto nessun editing e nessun lettore si è lamentato di qualcosa, anzi, solo complimenti per la scrittura e pure parecchi.
Una mano per cercare gli immancabili errori ci vuole, ma editing proprio no. Capisco che molte case editrici abbiano l’esigenza di conformare la punteggiatura e cose similari, ma per il resto no. Poi ovvio che ci sono tanti buoni testi che hanno bisogno di un aiuto per diventare ottimi, come ci sono tanti scrittori che hanno belle storie e poca capacità di raccontarle. Ma imporre editing a tutti proprio no, siamo nel 2023, non fatevi fare fessi. Da napoletano non potevo esimermi.

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Darksy ha scritto: La correzione di bozze sì, ma solo per sviste involontarie come doppie, spazi, accenti mancanti o di troppo. Intervenire su verbi, aggettivi o altro no: se l'autore, per ignoranza o scelta, ha scritto volontariamente una frase in un certo modo, così dovrebbe essere letta e giudicata.
Non credo che qualcuno possa scegliere volontariamente di scrivere una frase in modo sgrammaticato, o sbagliare nell'accoppiare soggetto e verbo: se l'ha fatto una volta sola può anche trattarsi di una svista, che va corretta, se lo fa spesso si tratta di ignoranza, che non va rispettata, ma cestinata: meglio che dedichi ad altro il suo tempo.
Mario Izzi
Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni (trilogia)
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[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

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Ho letto tutta a discussione e intervengo anch’io per esprimere il mio parere sull’argomento. È vero, secondo me, che il problema centrale rimane sempre l’enorme quantità di invii che le CE si rifiutano di leggere perché, come molti hanno detto, i più sono delle schifezze illeggibili. Ma quelle che rifiutano di leggerli sono le stesse CE che pubblicano poi libri mediocri spacciandoli per capolavori, montando campagne pubblicitarie di stampo internazionale  per giovani autori allevati all’ombra di scuole di scrittura che affondano i loro tentacoli ormai ovunque, fino a condizionare  i Premi letterari più prestigiosi e l’intera editoria.  In Italia purtroppo sarà sempre l’amico dell’amico ad avere la meglio, chi è fuori da certi giri ha scarsa possibilità di ottenere visibilità e anche se riesce ad arrivare alla pubblicazione con una piccola CE difficilmente venderà molte copie e dovrà sbattersi per pubblicizzare il libro spesso a proprie spese. Mi chiedo: ne vale la pena? 
Qualcuno ha citato Ferrovie del Messico. Il romanzo è stato rifiutato da non so quante CE. Senza Giulio Mozzi oggi continueremmo a ignorarne l’esistenza.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Darksy ha scritto: La correzione di bozze sì, ma solo per sviste involontarie come doppie, spazi, accenti mancanti o di troppo. Intervenire su verbi, aggettivi o altro no: se l'autore, per ignoranza o scelta, ha scritto volontariamente una frase in un certo modo, così dovrebbe essere letta e giudicata.
Se l'autore è ignorante o sbadato (ad esempio, usa la stessa parola dieci volte in una pagina) ciò non si può assimilare a una scelta consapevole. Se l'opera è destinata alla pubblicazione, una revisione del testo è comunque necessaria, dato che quando c'è di mezzo l'editore non è solo l'autore ad essere letto e giudicato. 

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Mafra ha scritto: Mi chiedo: ne vale la pena? 
No, non ne vale la pena. A maggior ragione, non vale la pena di pagare con l'obiettivo di essere pubblicati purchessia. Per esempio, io, che pure sono stato pubblicato tre volte senza spendere un centesimo, ormai scrivo solo per me stesso, oppure per partecipare a qualche concorso, rigorosamente senza "diritti di segreteria" da versare. Soldi non ne tiro fuori neanche sotto tortura, ma non sono tirchio: preferisco mangiarmeli o comprare libri.
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Aggiungo solo una cosa, tanto per sottolineare la situazione attuale, ho letto ieri l rivista IlLibraio, del gruppo Mauri Spagnol, sarà stato il mese di giugno, giro le pagine e trovo fenomeno di TikTok di qua, migliaia di visualizzazioni su TikTok di la, ancora un altro libro e arriva la psicologa di TikTok.
Voi pagate editor, agenzie, veramente basta aprire gli occhi per capire come arrivare a una big. Non serve neanche scriverlo il libro.

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Wanderer ha scritto: Che in generale l'editing serva è fuor di dubbio, ma tu qui per "editing" intendi un editing esterno, cioè un servizio editoriale a pagamento spesso erogato da freelance dalle dubbie competenze.
Io certe volte credo di spiegarmi, ma evidentemente non è così. Intendo un editing fatto da professionisti bravi, non da agenzie spenna-polli. Credevo fosse chiaro. E non dev'essere per forza esterno (i tre che ho fatto io erano a carico di una CE). Per dirla terra-terra: no, non serve un editing a pagamento, non servono agenzie farlocche, e neanche corsi di scrittura (spesso altrettanto farlocchi). Si può mandare benissimo ciò che si scrive così com'è. L'ho fatto io, più volte, e sono stata presa. Mi sono accorta dei molti problemi solo dopo, a romanzo pubblicato, e mi dà davvero molto fastidio. Vorrei averli sistemati prima, aver avuto un editor capace e in grado di aiutarmi.
Questo è ciò che intendo quando dico che sta tutto a quel che uno vuole dalla vita. Le CE, specie quelle piccole e micro, pubblicheranno qualunque cosa possa vendere, anche se malmessa a livello formale (buona parte dei lettori non capisce la differenza). Per il 95% degli autori di sicuro non è un problema. Lo è per me, che non voglio niente in giro col mio nome che sia meno che perfetto.
Cheguevara ha scritto: Scusa, ma sei stata tu a dire che un editing preventivo ridurrebbe le schifezze sgrammaticate che arrivano alle CE. Io penso che chi scrive schifezze sgrammaticate tutto debba fare, tranne che pensare di diventare scrittore, e che non è pagandosi un editing che risolverà il problema
Ho anche detto che se uno proprio non sa scrivere neanche un congiuntivo giusto, l'unica alternativa è andare a Lourdes. La scrittura si può migliorare, come tutto il resto, questo è un fatto. Nessuno nasce scrittore. Un editing non fa miracoli, ma può insegnare a un autore inesperto (non necessariamente un cretino, magari solo qualcuno che ha buone idee ma poca esperienza) su cosa deve lavorare (l'autore si accorge di rado dei propri difetti, questo è un altro dato di fatto, che spesso si ignora per comodità). Taggo @Marcello perché credo che sarà d'accordo con me.
Io sono spiantata, quindi non consiglio a nessuno editing a pagamento. Il senso del mio discorso è che un aiuto esterno può aiutare a migliorare e crescere come scrittori. Se ciò non interessa, e si vuole solo pubblicare un oggetto di carta col proprio nome stampato sopra, va benissimo, non fa danno a nessuno, ma non è essere scrittori. E a questo punto diventa strano spiegare quel 5% accettato, piuttosto che il 95% scartato.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Silverwillow ha scritto: Io certe volte credo di spiegarmi, ma evidentemente non è così. Intendo un editing fatto da professionisti bravi, non da agenzie spenna-polli. Credevo fosse chiaro. E non dev'essere per forza esterno (i tre che ho fatto io erano a carico di una CE). Per dirla terra-terra: no, non serve un editing a pagamento, non servono agenzie farlocche, e neanche corsi di scrittura (spesso altrettanto farlocchi). Si può mandare benissimo ciò che si scrive così com'è. L'ho fatto io, più volte, e sono stata presa. Mi sono accorta dei molti problemi solo dopo, a romanzo pubblicato, e mi dà davvero molto fastidio. Vorrei averli sistemati prima, aver avuto un editor capace e in grado di aiutarmi.
Questo è ciò che intendo quando dico che sta tutto a quel che uno vuole dalla vita. Le CE, specie quelle piccole e micro, pubblicheranno qualunque cosa possa vendere, anche se malmessa a livello formale (buona parte dei lettori non capisce la differenza). Per il 95% degli autori di sicuro non è un problema. Lo è per me, che non voglio niente in giro col mio nome che sia meno che perfetto.
Sono un po' confuso. Dici che non serve un editing a pagamento (bene) e che tu hai fatto degli editing interni (meglio), ma questo presuppone proprio che il testo sia stato inviato non editato, per poi essere perfezionato dall'editore. Mi sembra che dunque tu ti sia giovata solo degli editing interni, ed è da questi che ne hai tratto un'esperienza formativa, secondo quanto avevi scritto prima. Perché dici che ti sei accorta dei problemi a romanzo pubblicato? Non sono stati editing soddisfacenti? 

Poi sono d'accordo con te sul fatto che il testo deve tendere alla perfezione, ma questa perfezione deve essere raggiunta in collaborazione con l'editore, e non può essere ottenuta a monte. La differenza tra un testo sciatto e uno quasi perfetto sta nel fatto di pubblicarlo o meno con un editore capace di editare l'opera nel modo migliore. Il fatto è che molti autori spendono fiumi di soldi in editing solo perché si rivolgono a microeditori che non hanno né le risorse né le competenze per editare le opere, e quindi l'editing esterno finisce per supplire alle carenze dell'editore, oltre che dell'autore. Questo non va bene, perché diventa una forma di editoria a pagamento surrogata, la cui legge non scritta è questa: l'editore ti pubblica l'opera "free" ma all'editing (oltre che poi alla promozione) ci deve pensare l'autore. Sono soprattutto questo tipo di editori (e non i medio-grossi) a selezionare solo opere già editate, proprio perché non sono in grado di farlo loro, e pretendono che a farlo sia l'autore di tasca propria. L'editore medio-grosso, se riceve un ottimo testo, non lo rifiuta certo solo per il fatto di richiedere degli interventi. È normale che ogni testo vada perfezionato, traduzioni comprese, ma questo è un compito dell'editore, seppur in collaborazione con l'autore.
In definitiva, un buon manoscritto non è un testo già editato e pronto per la pubblicazione (quello va bene solo per il Self), ma un ottimo testo che, pur non essendo ancora perfetto, lascia già intravedere agli occhi dell'editore il bel libro che diventerà.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Silverwillow ha scritto: dom lug 23, 2023 11:57 pmTaggo @Marcello perché credo che sarà d'accordo con me.
È così, infatti. Ho smesso di seguire la discussione, però ho letto il tuo post e concordo.
Silverwillow ha scritto: dom lug 23, 2023 11:57 pmLa scrittura si può migliorare, come tutto il resto, questo è un fatto. Nessuno nasce scrittore.
Verissimo.
Silverwillow ha scritto: dom lug 23, 2023 11:57 pmUn editing non fa miracoli, ma può insegnare a un autore inesperto (non necessariamente un cretino, magari solo qualcuno che ha buone idee ma poca esperienza) su cosa deve lavorare (l'autore si accorge di rado dei propri difetti, questo è un altro dato di fatto, che spesso si ignora per comodità). 
Ecco, questo è il valore aggiunto di un buon editing; mi sento di dire, anzi, che spesso è proprio l'aspetto sostanziale. 
Arrivano proposte di lavoro su testi scritti in maniera orripilante, è vero, ma per fortuna sono una netta minoranza (ora non ne accetto più, ma in passato mi è capitato di dover fare lezione di grammatica dalla prima all'ultima pagina). La grande maggioranza dei manoscritti soffre invece dei difetti che sottolinei tu: testi con poche sbavature di grammatica e sintassi, ma acerbi sotto il punto di vista stilistico. Si tratta spesso di autori con una buona preparazione culturale, a volte anche ottima, che sono in grado di scrivere correttamente, ma che non hanno idea di come rendere accattivante ciò che scrivono. E sono quelli per cui un editing risulta più efficace, perché in età adulta lo stile si apprende molto più facilmente della grammatica e della sintassi.
Ne ho la riprova di frequente, quando questi autori mi propongono a distanza di tempo un secondo manoscritto: nel novanta per cento dei casi sembra scritto da un'altra persona. 
Si potrebbe dire allora che basta un buon manuale di scrittura: sulla carta è così, ma all'atto pratico è diverso. 
Sì, ok, ho capito come si fa una descrizione pensa l'autore, in buona fede, dopo aver letto il capitolo relativo. Ma in realtà vale quanto dici tu:
Silverwillow ha scritto: dom lug 23, 2023 11:57 pml'autore si accorge di rado dei propri difetti, questo è un altro dato di fatto
È nel momento in cui la sua descrizione passa sotto l'occhio attento di un buon editor, che l'autore si accorge davvero dei difetti; quando cioè una persona competente gli mostra punto dopo punto dove la scrittura manca di efficacia: per le scelte lessicali, perché è troppo prolissa, o al contrario troppo stringata, perché è troppo raccontata, perché i personaggi sono troppo statici...
Se l'autore ha una buona preparazione, desidera imparare e ha la necessaria umiltà, i miglioramenti sono sorprendenti.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Silverwillow ha scritto: E a questo punto diventa strano spiegare quel 5% accettato, piuttosto che il 95% scartato.
Non credo che sia poi tanto strano: o è stato accettato da CE che prendono di tutto, o in virtù di amicizie e raccomandazioni, oppure (succede) perché letto (non tutti cestinano senza leggere) e ritenuto valido. E non è che chi si propone senza essersi fatto prima editare lo faccia avendo come unico obiettivo una copertina col proprio nome scritto sopra, semmai accade il contrario, per i tanti disposti a pagare in quanto ansiosi di entrare nella fiera delle vanità.
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Silverwillow ha scritto: Il senso del mio discorso è che un aiuto esterno può aiutare a migliorare e crescere come scrittori.
Perfettamente d'accordo.
E non solo la semplice correzione di bozze, normale per qualsiasi autore (anche i più blasonati). A volte anche un editing strutturale serve, e serve anche a chi scrive in un italiano grammaticalmente perfetto o con uno stile straordinario. Spesso, però, chi è immerso nella propria scrittura non si accorge di: passaggi inutili che appesantiscono la narrazione; soluzioni semplicistiche che banalizzano un'azione, alla quale si potrebbe dare invece maggiore risalto; un momento chiave della trama reso in maniera troppo debole. 
Un editor tecnicamente esperto, e che conosce bene il mercato editoriale (né dev'essere per forza interno alla CE, lo si può interpellare prima, pur essendo dei buoni scrittori), può inoltre aiutare l'autore (spesso troppo focalizzato sulla propria idea e ispirazione) a dare agli eventi descritti un taglio, o una chiave di lettura, più adatti al target di riferimento, o alle tendenze del momento. E questo condiziona certamente le scelte di una CE. 
L'editore deve vendere! E se l'idea che anima la storia, o alcuni elementi narrativi inseriti, sono vendibili, allora il romanzo rientra in quel 5%.
A una recente conferenza, un noto editor ha detto che la maggior parte dei romanzi ricevuti, anche se scritti benissimo, manca di un'idea vendibile o originale. Lo scrittore s'infatua talmente della propria idea e ha l'urgenza di raccontare una cosa in una determinata maniera, da scordarsi del fatto che il libro deve anche vendere e raggiungere un vasto numero di lettori, non solo quelli che si rispecchiano in quell'idea che l'autore vuole veicolare (e che magari sono una nicchia).
La chiave di volta è quella. Poi, lui stesso riteneva innegabile anche il "fattore 3 C": conoscenze, capacità, *ulo, che condiziona altrettanto le scelte.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Farò un paragone semplicistico: qualunque donna, tecnicamente, è in grado di partorire da sola.
Però, essendo una questione delicata, dolorosa e non priva di rischi, da quando non portiamo più l'anello al naso, ci sono specialisti/e che accompagnano il parto. Donne del villlaggio, levatrici, ostetriche, ginecologi, a seconda delle tradizioni e del livello di servizi di un paese.

Secondo me scrivere un romanzo è la stessa cosa. Si può fare tranquillamente da soli, ma occorre un autocontrollo gigantesco. E se ci si fa aiutare da un'editor bravo, lo vedo come l'intervento di una brava ostetrica nel parto :)

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Angelo ha scritto: da quando non portiamo più l'anello al naso,
Eh no, l'anello al naso lo portiamo eccome, anche in altri posti...   :arrossire:
Scherzo! Sono d'accordo con te. Il libro è frutto di un lavoro collettivo, in fondo. L'autore fa ovviamente il lavoro principale ma intervengono tante altre persone. Durante la fase creativa, ad esempio, si consultano altri testi e altre fonti (pensiamo a un romanzo storico, a un thriller in cui si hanno bisogno di nozioni mediche e legali, si consultano mappe, dizionari, enciclopedie), poi intervengono, in fase di preparazione del testo, altre figure. A me nel mio libro, che pure sono abbastanza pignola, erano sfuggite diverse inesattezze e un occhio esterno è indispensabile. Poi la perfezione è difficilmente raggiungibile (nel mio romanzo ci sono un paio di errorini - minuzie di cui probabilmente pochi si accorgeranno, frutto di una banale incomprensione tra me e il correttore di bozze, però ci sono purtroppo).
Non riesco a immaginare il lavoro che c'è dietro a un libro come a un lavoro solitario. Ci vuole un professionista che lo impagina, un grafico, ecc. L'editing non deve essere invasivo, ma un occhio esterno è indispensabile. 
Non paragonerei il libro a un dipinto, ma piuttosto a una via di mezzo tra questo e un film. Nel cinema il lavoro collettivo è ancora più marcato e indispensabile e nessuno si meraviglia a vedere la quantità di persone che ci lavorano guardando i titoli di coda. Però anche dietro a un libro c'è spesso una squadra di gente dietro.
Ovviamente mi sto riferendo a un libro edito da una casa editrice. Sul self non mi pronuncio, non è un mondo che conosco e magari direi delle sciocchezze. 

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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ivalibri ha scritto: A me nel mio libro, che pure sono abbastanza pignola, erano sfuggite diverse inesattezze e un occhio esterno è indispensabile. Poi la perfezione è difficilmente raggiungibile (nel mio romanzo ci sono un paio di errorini - minuzie di cui probabilmente pochi si accorgeranno, frutto di una banale incomprensione tra me e il correttore di bozze, però ci sono purtroppo).
Pensa che in un post del cavolo come il mio, poche righe, ho scritto "un'editor" con l'apostrofo. Immagina cosa accade in un testo di centinaia di pagine :)

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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@ivalibri Non c'è dubbio che a monte della pubblicazione di un libro ci dovrebbe essere un articolato lavoro di squadra da parte della CE. Dico "dovrebbe" perché esistono, invece, tante piccole e micro CE che, quando va di lusso, affidano editing e correzione di bozze a collaboratori esterni pagati - quando li pagano - 50 centesimi a cartella. Alcune, però, sparano addirittura il testo così come è pervenuto, quando non sono proprio loro a riempirlo di refusi o pagine saltate: lo affermo perché è capitato a me, personalmente, con una CE con cui sono riuscito ad annullare il contratto a pubblicazione avvenuta. E' un lavoro di squadra, dicevo, che compete alla casa editrice, come alla casa editrice compete la promozione dell'opera prima e dopo la pubblicazione. Supplire alle mancanze dell'editore impiegando mezzi propri, cioè sborsando quattrini che sarà quasi impossibile recuperare, a me non pare il caso.
Così come non mi pare il caso di spendere soldi per migliorare la propria scrittura con editing e corsi vari: ho già affermato più volte che ritengo spesi meglio i soldi impiegati nell'acquisto di libri, la cui lettura può insegnare, a chi è dotato di un talento di base, a scrivere e a migliorarsi continuamente. Chi questo talento non l'ha, non l'acquisirà di sicuro pagandosi decine di editing.
Continuo da qualche anno a esternare quest'opinione, e a raccogliere i soliti "sì, però...": però, fermo restando che ognuno dispone del proprio denaro come meglio crede, aspetto ancora che qualcuno dichiari di aver recuperato, grazie alle vendite e successivo reale incasso delle royalties, le centinaia o migliaia di Euro pagati per editing e valutazioni varie. Non mi riferisco al self, che è tutt'altra cosa. Resto, dunque, in attesa di poter cambiare opinione, numeri alla mano.
Mario Izzi
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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@Cheguevara conosco gente che fa 2/3 presentazioni a settimana, tutte le settimane, in giro per l’Italia. Vorrei proprio vedere il saldo finale tra spese e entrate per farmi quattro risate.
Ma, come detto più volte, le persone amano apparire e sono disposte a spendere tutto quello che hanno per farlo.
Per la tua domanda credo che bisognerebbe arrivare quantomeno a 5 mila copie vendute per essere in attivo. Non so quanti libri arrivano a 5 mila copie vendute in Italia ma, pure se non conosco il numero esatto, un’idea me la sono fatta.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Impostare l'argomento su basi puramente economiche secondo me non ha molto senso. È evidente che, a parte rare eccezioni, il ritorno economico della scrittura è molto modesto o addirittura passivo e questo lo sanno quasi tutti, almeno chiunque abbia un minimo di informazione in materia.
La molla che spinge a scrivere non è quasi mai di natura economica, dal momento che la scrittura è uno dei modi più difficili in assoluto per poter guadagnare il minimo indispensabile da poterci vivere.
Per la quasi totalità delle persone che scrivono si tratta quindi di una passione, di una necessità, di un modo di esprimersi, di un hobby, o di qualsiasi altra cosa del genere. Non c'è da stupirsi se chi pratica questa attività è disposto a non guadagnarci niente; chi va a pesca non spera certo di rientrare dalla spesa di benzina, attrezzatura, birretta e panino con frittata con quelle due trote o carpe che forse riuscirà a prendere; chi gioca al lotto il terno secco consigliato in sogno dallo zio Liutprando o dalla nonna Abelarda non ci spera sul serio, lo fa tanto per giocare.
Insomma, i soldi con la scrittura di romanzi c'entrano poco, sono un fattore molto secondario, salvo ovviamente:
ElleryQ ha scritto: lun lug 24, 2023 8:53 amil "fattore 3 C": conoscenze, capacità, *ulo,
soprattutto la terza C, quell'enigmatico *ulo, di cui non si comprende bene il significato ma sembra qualcosa di scientificamente fondato, qualcosa su cui si può contare. 

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Wanderer ha scritto: Dici che non serve un editing a pagamento (bene) e che tu hai fatto degli editing interni (meglio), ma questo presuppone proprio che il testo sia stato inviato non editato, per poi essere perfezionato dall'editore. Mi sembra che dunque tu ti sia giovata solo degli editing interni, ed è da questi che ne hai tratto un'esperienza formativa, secondo quanto avevi scritto prima. Perché dici che ti sei accorta dei problemi a romanzo pubblicato? Non sono stati editing soddisfacenti? 
Ho specificato che io ho sempre mandato i testi non editati. Non ho però specificato che c'era pochissimo lavoro da fare, almeno su grammatica e refusi, perché li avevo rivisti diverse volte. Dagli editing effettuati ho imparato molto sui miei problemi principali, come le ripetizioni o la tendenza a nominare le emozioni anche dopo averle mostrate. In un caso mi è stato fatto notare un eccesso di similitudini, che io non vedevo, ma fidandomi del consiglio ne ho tolta qualcuna. Rileggendolo dopo anni, mi sono accorta che ne andavano tolte più di metà, il consiglio era fin troppo diplomatico. Nessuno degli editing lo potrei definire soddisfacente, ma a distanza di tempo mi accorgo che tutti (anche il peggiore, perché fatto in fretta e male) mi ha insegnato qualcosa: le ripetizioni sono un mio problema effettivo, l'editor in questione le ha cambiate spesso con sinonimi assurdi e casuali (un'altra editor, migliore, mi ha solo segnalato il problema: "Qui questa parola viene troppo ripetuta, cerca di toglierne o cambiarne qualcuna"), ma il problema c'era davvero, e adesso che lo so lo posso risolvere da me.
Wanderer ha scritto: Il fatto è che molti autori spendono fiumi di soldi in editing solo perché si rivolgono a microeditori che non hanno né le risorse né le competenze per editare le opere, e quindi l'editing esterno finisce per supplire alle carenze dell'editore, oltre che dell'autore.
Ma certo che non dev'essere l'autore a supplire alle mancanze degli editori. Il punto è che se uno si rivolge a una micro, può già mettere in conto che l'editing sarà molto superficiale (non sempre, a me una volta è capitata una brava editor, ma non è la norma), quindi il punto non è pagare o non pagare qualcosa ma che cosa si vuole mettere in commercio col nostro nome. Se già si presume che la CE farà poco, allora sta all'autore (anche se non è affatto giusto, questo spero sia chiaro) assicurarsi di pubblicare qualcosa che lo soddisfa.

Wanderer ha scritto: In definitiva, un buon manoscritto non è un testo già editato e pronto per la pubblicazione (quello va bene solo per il Self), ma un ottimo testo che, pur non essendo ancora perfetto, lascia già intravedere agli occhi dell'editore il bel libro che diventerà.
Tutto giusto. Ma ciò significa, con la situazione editoriale attuale, lasciare al caso ciò che ne verrà fuori.

Cheguevara ha scritto: E non è che chi si propone senza essersi fatto prima editare lo faccia avendo come unico obiettivo una copertina col proprio nome scritto sopra,
Non c'è nessuna correlazione. Uno può anche spendere migliaia di euro per un libro che non ha alcuna prospettiva, per avere il nome in copertina. Il senso di ciò che volevo dire era diverso. Nemmeno io ho mai fatto editing a pagamento. Ma sto rivedendo un romanzo pubblicato tre anni fa, da una CE piccola ma buona, almeno sulla carta, e vorrei poterlo ritirare dal mercato, perché non rispecchia più la conoscenza che ho adesso. Vedo errori ovunque: frasi troppo complesse, similitudini come se piovesse, ripetizioni inutili, ecc. L'editor della CE (probabilmente il cugino del titolare) non ha corretto niente di tutto ciò.
Sì, ho pubblicato senza pagare, ma sono sempre meno contenta del risultato. Quale delle due cose conta di più? Per me la seconda, per altri magari è diverso. Se tre anni fa avessi potuto permettermi un editing come si deve, l'avrei fatto. Non per essere accettata (è successo comunque) ma per imparare qualcosa e per la soddisfazione personale di mettere fuori qualcosa che mi rispecchia e mi rende orgogliosa, non una semplice copertina col mio nome. Probabilmente non avrebbe venduto una singola copia in più, ma io sarei stata più contenta, ed è l'unica cosa che alla fine conta.

massimopud ha scritto: Impostare l'argomento su basi puramente economiche secondo me non ha molto senso
Dovevo dirlo io, invece che perdermi in assurde diatribe sui dettagli :facepalm: 
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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massimopud ha scritto: Insomma, i soldi con la scrittura di romanzi c'entrano poco, sono un fattore molto secondario
Sarà così per chi scrive, ma non lo è di certo per chi mette l'autore al centro non per promuoverlo sul mercato, ma per spolparlo. Non sono neanche d'accordo nel paragonare la scrittura agli hobby più o meno costosi, ludopatia inclusa: spendere per attività rilassanti o divertenti è un conto, sovvenzionare una filiera nata con lo scopo di campare sul vanity fair è ben diverso. Se io scrivessi per hobby e non per soddisfare un intimo bisogno, come invece mi capita, preferirei pagare una stamperia.
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Silverwillow ha scritto: Non per essere accettata (è successo comunque) ma per imparare qualcosa e per la soddisfazione personale di mettere fuori qualcosa che mi rispecchia e mi rende orgogliosa
Secondo me non avresti comunque risolto il problema. Vivendo si cambia e, in genere, le esperienze arricchiscono e il tutto si riflette sul nostro modo di scrivere. Nessun autore si riconosce pienamente nelle proprie opere scritte decenni prima, perché oggi è una persona diversa, nel senso che ha cambiato, probabilmente in meglio, il proprio modo di pensare. L'io (il me?) di adesso può rispecchiarsi pienamente solo in ciò che scrivo adesso. 
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Se devo dire la mia, a mio umilissimo modo di vedere, gli autori si fanno troppi problemi di forma e pochi di sostanza.
I lettori cercano storie belle, interessanti, non testi perfetti. Ovunque, questo forum compreso, leggo di qualunque problema sul come scrivere ma praticamente mai sul cosa scrivere. Di recente ho letto Il pane perduto di Edith Bruck, in quel testo gli scrittori vedrebbero errori su errori, io vedo un capolavoro e credo proprio di non essere il solo.
Se un libro è perfetto ma non dice nulla, sempre a mio umilissimo parere, è totalmente inutile. Ed è anche questo uno dei motivi per cui il 95%, riprendendo il titolo ma sarà il 99%, non viene preso in considerazione dagli editori e, soprattutto, dai lettori.
Va benissimo cercare di migliorarsi, è l’obiettivo di tutti, ma non bisogna perdere di vista le cose più importanti.

Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Fabioloneilboia ha scritto: Va benissimo cercare di migliorarsi, è l’obiettivo di tutti, ma non bisogna perdere di vista le cose più importanti.
Proprio così: inutile scrivere se non si ha niente da dire. La retorica lasciamola ai politici.
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Re: Cosa induce gli editori a scartare il 95% delle proposte?

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Fabioloneilboia ha scritto: Ovunque, questo forum compreso, leggo di qualunque problema sul come scrivere ma praticamente mai sul cosa scrivere.
Lo scrivere ("bene", questo lo preciso sempre, ma dovrebbe essere sottinteso) è uno strumento. Chiaro che si cercano sempre suggerimenti ed esempi per affinarne l'uso. E magari si è pure (un po' presuntuiosamente, talvolta) disposti a dare disinteressati consigli ("disinteressati", salvo il nostro interesse a far sapere che ne sappiamo :asd: ).
Sul "cosa", io credo che un po' in tutti esista una forma di paura di vedersi soffiata un'idea che (magari senza alcuna ragionevole speranza) consideriamo valida. Ecco perché il "cosa" è un argomanto quasi tabù. Lo scambio di idee "sulle idee", sul proprio plot, è assente perché l'idea viene protetta il più possibile.
Fabioloneilboia ha scritto: Di recente ho letto Il pane perduto di Edith Bruck, in quel testo gli scrittori vedrebbero errori su errori, io vedo un capolavoro e credo proprio di non essere il solo.
Se un libro è perfetto ma non dice nulla, sempre a mio umilissimo parere, è totalmente inutile.
A parte rarissime eccezioni (e non conosco quest'opera della Bruck, ma non ho dubbi che rientri in questa casistica) affinché sia vera Letteratura, quindi raggiunga vette inarrivabili per la stragrande maggioranza di coloro che ci provano, è indispensabile che libro dica qualcosa E sia perfetto (a meno che l'imperfezione sia una scelta narrativa consapevole e funzionale alla storia, ovvio. Ricordo, quale esempio estremo, un racconto di George Saunders, dalla raccolta 10 dicembre, scritto in forma di brogliaccio d'appunti. Una dozzina di pagine d'appunti (!). Se ci avessi provato io, a scrivere un racconto così, Il risultato sarebbe stato claustrofobico, esasperante, illeggibile. Saunders, invece, tiene incollato il lettore con cambi improbabili di tempi verbali, errori od omissioni ortografiche, rimescolamenti di pensieri, riuscendo a tirarne fuori una storia!).

Insomma: sono d'accordo con te, ma capisco e trovo inevitabili sia la carenza di discussioni sulla sostanza e sia l'eccesso di quelle sulla forma.
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