Case Editrici a Pagamento, sono tutte il male?

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Premettendo che non credo mi rivolgerò mai ad una casa editrice a pagamento per pubblicare uno dei miei libri, mi sono chiesto però sono tutte davvero il male?

Il modus operandi di una EAP è quello di far pagare, con vari mezzi, lo scrittore per pubblicare il suo romanzo. 
Quello che molte volte fanno, lo sappiamo, è farti pagare le copie del libro, un sistema già evidenziato da Umberto Eco, in maniera esilarante, a fine anni 80' nel Pendolo di Foucault, nel quale veniva spiegato tale sotterfugio.

Però quando si parla di grafici o editor nessuno si scandalizza se, per il loro lavoro, ricevono un compenso, come è giusto che sia. E magari alcuni autori hanno fatto ricorso a loro per migliorare il proprio manoscritto e vederlo pubblicato da una non EAP.
Allora io mi chiedo, se una casa editrice facesse pagare una somma allo scrittore, diciamo la quota per non andarci in perdita se non ci sono vendite, però facendo un lavoro ben fatto da tutti i punti di vista, editing, grafica e promozione vera con sbattimento e scegliesse solo libri sui quali crede davvero, anche perché per fare tutto quel lavoro non si può puntare sulla quantità, non sarebbe un po' come pagare professionisti di editing e roba varia per poi far pubblicare ad una non EAP?
Ci sono EAP che lo fanno? O sono davvero tutte concentrate sul pubblicare qualsiasi cosa, senza poi spendere tempo e denari su di essa, perché i loro ricavi arrivano tutti, o quasi, dai soldi messi dall'autore?

Re: Case Editrici a Pagamento, sono tutte il male?

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Quando si parla di EAP, il rischio di fare di tutta l'erba un fascio è molto alto.
Innanzitutto, bisogna fare una distinzione di base. 

Ci sono gli EAP "puri", cioè quelli che pubblicano sempre e soltanto a pagamento, e che sono editori squalificati. 
Non esiste un singolo EAP "puro" che venga considerato un editore qualificato (gli EAP sono banditi da Wikipedia, ad esempio). 
A prescindere dal rapporto costi/servizi, pubblicare con questi editori significa avere una macchia indelebile sul curriculum. 
Con questi editori, è impossibile giungere a una pubblicazione decente, se non altro perché c'è comunque un danno d'immagine. 

Spesso, tuttavia, vengono bollati come EAP anche editori che altri definiscono "a doppio binario", in quanto chiedono contributi solo in alcuni casi. 
Nel momento stesso in cui chiede un contributo, un editore a doppio binario è effettivamente un EAP, quindi la distinzione non è facile. 
Anche perché, specie a livello locale, ci sono tanti minuscoli EAP "a doppio binario" che non sono tanto più qualificati degli EAP "puri". 
Dipende anche e soprattutto da quante volte l'editore a "doppio binario" fa da EAP, e da quante volte pubblica senza chiedere contributi. 
Un EAP squalificato che ogni tanto pubblica gratis resta quello che è. Un editore valido che ogni tanto fa da EAP resta valido. 

Secondo un mio amico editore (a doppio binario), TUTTI gli editori sono a doppio binario, perché può capitare che anche i big chiedano contributi. 
Non è esattamente così, o quantomeno mancano le prove che sia così. 

Ci sono però alcuni editori che, pur facendo a volte da EAP (quindi a doppio binario), sono editori riconosciuti e qualificati.
Questo non avviene quasi mai per la narrativa, come ricorda @Marcello, ma per generi più di nicchia, come poesia, saggistica, manualistica.  
Mi consta che più o meno spesso chiedano contributi Rubbettino (collana saggistica), Manni (collana poesia), Passigli (poesia), Mimesis (saggistica), Macro Edizioni (saggistica), Moretti & Vitali (saggistica e poesia), e altri editori meno conosciuti, ma spesso validi e presenti negli scaffali delle librerie. 
Questi editori, anche quando chiedono contributi all'autore, selezionano le opere da pubblicare e realizzano in genere dei libri di buona qualità. 
Pubblicare con loro è comunque un buon traguardo, anche perché nessuno saprà che quel libro in particolare è stato sostenuto dall'autore. 

Quindi, per rispondere alla tua domanda: no, non sempre una pubblicazione a pagamento è il male assoluto. Così come, viceversa, pubblicare "free" non sempre è sinonimo di buona pubblicazione. Anzi, spesso, certe modalità di pubblicazione "free" (tipo queste) sono peggiori di quelle a pagamento. 
Ma bisogna valutare caso per caso. 
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