Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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Tu che te ne fai dei racconti? Li pubblichi sulle riviste, partecipi ai concorsi o li raccogli in antologie da proporre alle case editrici?

Io finora mi sono diviso tra concorsi e riviste. Ho letto in giro che sia preferibile inviare a queste ultime perché così la gente ti legge e qualche editor potrebbe persino "scoprire il tuo talento". Certo però che è una bella soddisfazione quando tra trecento/quattrocento racconti il tuo viene decretato unico vincitore in un concorso, soprattutto quando si vincono soldini, targhe, coppe o libri. 

Ci sono concorsi e concorsi, lo so. Alcuni della parrocchia e altri più importanti. Ma vincere è sempre vincere  :wow:
E ci sono riviste e riviste. Quelle che pagano qualcosina si contano sulle dita di mezza mano. Però è bello vedere il tuo lavoro selezionato tra altri lavori e stampato su una specie di giornaletto  xD


Voi scrittori cosa preferite farvene dei vostri racconti?
Voialtri più esperti invece cosa consigliate di fare coi nostri racconti?
Il pianeta dei Bipedi - Sabir Editore
Il genio raccomandato - Sága Edizioni
Pizze indemoniate e come mangiarle - Nero Press Edizioni

Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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Io ho iniziato a scrivere narrativa proprio con i racconti, per cui i primi anni ne ho scritti una trentina.
Con essi partecipavo a concorsi, spesso venivo anche premiato.
Li ho raccolti in un'antologia ma non ho mai ricevuto proposte editoriali, perché anche gli editori che pubblicano racconti si contano sulle dita di mezza mano.
Sono ormai otto anni che mi dedico solo a romanzi.
Recentemente ho provato a mandare uno degli ultimi racconti a delle riviste di genere, ma non sono stato selezionato.
Per il momento fine della storia.
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Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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Io ho scritto il primissimo racconto per un concorso. È stato scelto e pubblicato, quindi ci ho preso gusto. Dopodiché diversi sono stati premiati o pubblicati in antologie.
Credo che per la mia carriera di scrittrice abbiano influito pochissimo, ma è sempre bene avere qualcosina da aggiungere al curriculum quando si è agli inizi.
Tutti gli altri racconti li ho scritti per i contest del vecchio forum, quindi più che altro per esercizio, ma alcuni mi parevano buoni e ho iniziato a sistemarli e mandarli a riviste (finora ne hanno presi due). Pubblicando sulle riviste più prestigiose è più facile essere notati dagli addetti ai lavori, ma credo che tutte possano essere utili. C'è sempre una selezione, quindi il fatto di aver pubblicato dei racconti è già un punto a favore.
Non credo che li raccoglierò mai in un'antologia (se poi i miei molti fan vorranno farlo dopo la mia morte, ben venga :P  ), perché vendono poco e non ci tengo particolarmente. Non ho necessità di ricavarci qualcosa, se non la soddisfazione che una giuria o una redazione di esperti li abbia apprezzati.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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Ngannafoddi ha scritto: Tu che te ne fai dei racconti? Li pubblichi sulle riviste, partecipi ai concorsi o li raccogli in antologie da proporre alle case editrici?
Solo la terza, per quel che mi riguarda. Concepisco il singolo racconto come parte integrante di un'opera, e non riesco a trarre soddisfazione dal pensare di pubblicare un solo racconto in una rivista, prestigiosa o meno che sia, né dal partecipare a un concorso. L'ho fatto qualche anno fa con la poesia, poi ho smesso anche in quel campo. Certamente, una pubblicazione in una buona rivista può essere in alcuni casi un buon biglietto da visita, ma d'altro canto se il racconto è parte di un'opera, allora questa non sarà più del tutto inedita. In queste settimane sto proponendo una raccolta di racconti, e mi pregio di poter scrivere che è "inedita in ogni sua parte". 
bore_ale ha scritto: perché anche gli editori che pubblicano racconti si contano sulle dita di mezza mano.
In questi mesi mi sono dedicato a questa ricerca, e posso dirti che non è così, o che comunque la questione è più complessa.

In realtà, ciò da cui rifuggono gli editori (quelli seri) non è la forma-racconto, ma sono proprio le antologie, che invece risultano molto appetibili per gli editori a pagamento o a doppio binario, specie quando sono presenti diversi autori, che compreranno tante belle copie da regalare ai loro amici e parenti. Anche gran parte di concorsi per antologie di racconti girano intorno a questa dinamica, che è soltanto una delle tante declinazioni della vanity press, magari a volte un po' più rispettabile di altre. 

Se però parliamo di editoria di qualità, ci sono almeno una ventina di editori (anche medio-grossi) che pubblicano opere letterarie in forma di racconti, purché non siano le solite "antologie". Il punto è che l'antologia di racconti in sé non costituisce un'opera letteraria, perché non possiede una struttura formale in cui l'insieme delle parti risulti superiore rispetto alle singole parti. Il tema è un debole collante tra le parti, non sufficiente affinché l'opera costituisca un "organismo letterario". Una raccolta di racconti coerente e organica, invece può essere equivalente rispetto a un romanzo, e a mio avviso può rivelare persino una marcia in più, ed essere una tipologia di opera più in sintonia con i ritmi della nostra epoca, rispetto alla forma-romanzo. 

Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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Wanderer ha scritto:  Il punto è che l'antologia di racconti in sé non costituisce un'opera letteraria, perché non possiede una struttura formale in cui l'insieme delle parti risulti superiore rispetto alle singole parti. Il tema è un debole collante tra le parti, non sufficiente affinché l'opera costituisca un "organismo letterario". Una raccolta di racconti coerente e organica, invece può essere equivalente rispetto a un romanzo, e a mio avviso può rivelare persino una marcia in più, ed essere una tipologia di opera più in sintonia con i ritmi della nostra epoca, rispetto alla forma-romanzo. 
Mi sembra un discorso molto interessante e utile, visto che in passato (su WD) molti utenti andavano alla ricerca proprio di editori per racconti.
Cosa intendi, però, dicendo che gli editori rifuggono dalle antologie?
Discorso concorsi o miscellanee di vari autori, con cui concordo, specie sul fatto che molte volte possa avere un fine speculativo, quale potrebbe essere una modalità per pubblicare i racconti di un autore che non sia una raccolta? E se non tematica, come potrebbe avere una coerenza tale da darle le sembianze di un corpus unico?
Con gli autori già noti mi sembra, in realtà, una cosa più fattibile, ma per un esordiente come si può creare un'appetibilità che non riguardi un tema specifico? Non riesco a comprendere con esattezza ciò che intendi.

Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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@ElleryQ 

Io personalmente ho scelto la formula dei “racconti correlati”, vale a dire che nella mia opera non solo c’è un tema comune, ma anche dei personaggi comuni, un’ambientazione comune, e una progressione narrativa, tale per cui ogni racconto ha una sua funzione e collocazione. Diciamo che è un quasi-romanzo, ma la differenza a livello formale resta, ed è ciò che viene teorizzato in questo interessante articolo, che mi è stato utile durante la realizzazione dell'opera. 

Non credo che realizzare un'opera con una struttura del genere sia difficile, non più difficile di quanto lo sia scrivere un buon romanzo. Ci possono essere tantissime soluzioni, tantissimi "espedienti", e ovviamente non ci può essere una formula univoca e valida per tutti. Io consiglio di concepire la raccolta di racconti come un meta-racconto, ovvero di immaginare un intreccio che collega tutti i racconti. Anche se questo intreccio non emerge in modo esplicito, può funzionare a livello latente, a livello subconscio, e consente all'opera di raggiungere una struttura formale in cui ogni racconto ha una sua precisa funzione (da questo punto di vista, può essere molto utile approfondire il concetto di "funzione" nelle teorie di Propp). 

In generale, potremmo dire che se da un lato c’è l’antologia di racconti – il grado zero della struttura letteraria – dall’altro c'è l'opera di racconti correlati, equivalente (ma non uguale) a un romanzo. Nella musica pop, sarebbe come la differenza tra una compilation con un tema generico (tipo “anni ‘80”) e un concept-album. In mezzo, ci possono essere varie possibilità, e di fatto in quasi tutti gli album musicali (a meno che non siano dei “best of”) è presente in un modo o nell'altro una struttura formale , seppure a volte con un paio di riempitivi.

Quello da cui rifuggono gli editori di qualità sono per l’appunto le compilation letterarie, tipo  “racconti d’amore”, “racconti di fantasmi”, che invece sono graditissime ad altri editori (*). Quando la raccolta ha invece una sua struttura e una sua uniformità stilistica – tale per cui ogni racconto ha una sua precisa collocazione, una sua funzione – l'opera risulta molto più originale e interessante sul piano letterario, e anche sul piano del mercato è più appetibile. 

(*) l'unica eccezione nell'editoria di qualità è quando l'editore stesso concepisce una raccolta di racconti che ruotano intorno a un tema, magari qualche tema particolarmente d'attualità, e recluta più autori, magari quelli più noti al pubblico e già presenti nel suo catalogo. 

Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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Grazie @Wanderer , esempio interessante e comprensibilissimo.
Sì, in effetti esistono opere concepite così come descrivi e si tratta sia di romanzi (in cui ogni capitolo è una sorta di racconto, magari narrato dal punto di vista di un diverso personaggio e ognuno fa progredire la storia), sia di racconti, ambientati, per esempio, in uno stesso luogo. Esistono anche esempi cinematografici e fumettistici interessanti, in tal senso.
Ora mi è più chiaro anche il tuo concetto di "tema". Credevo fosse assodato che genere e tema sono due cose diverse, ma ora che mi ci fai pensare, alcuni editori di antologie tendono persino a confonderli.
Il discorso che fai sugli editori, più interessati a questa tipologia da te descritta, mi sembra coerente e logico.
Ricordo un libro di racconti, che, diversi anni addietro, mi intrigò moltissimo per la sua struttura. Era "Lo specchio nello specchio", di Ende; i racconti (molti dei quali surreali) erano concatenati. Pur essendo tutti autoconclusivi, la fine dell'uno coincideva con l'inizio dell'altro, infatti l'incipit del successivo era la stessa frase con cui si concludeva il precedente e l'ultimo riconduceva al primo. Era, come tu dici, una raccolta di racconti e al contempo un corpus unico.

Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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ElleryQ ha scritto: Ricordo un libro di racconti, che, diversi anni addietro, mi intrigò moltissimo per la sua struttura. Era "Lo specchio nello specchio", di Ende; i racconti (molti dei quali surreali) erano concatenati. Pur essendo tutti autoconclusivi, la fine dell'uno coincideva con l'inizio dell'altro, infatti l'incipit del successivo era la stessa frase con cui si concludeva il precedente e l'ultimo riconduceva al primo. Era, come tu dici, una raccolta di racconti e al contempo un corpus unico.
Infatti, la cosa interessante è che con l'opera composta da racconti la struttura diventa parte integrante della cifra stilistica, e il range delle possibilità è ampissimo. Nel caso del romanzo, invece, ci sono dei limiti più ristretti, perché è una forma letteraria più canonica e codificata. Mi sembra comunque molto interessante sperimentare delle forme ibride, in una terra di mezzo tra romanzo e racconto. Personalmente ritengo possibile che il romanzo canonico sarà sempre meno considerato, e che anche in letteratura accadrà sempre più quello che sta accadendo nella cinematografia: la forma lunga (il film canonico di due o tre ore) sta lasciando sempre più posto alle forme brevi e seriali. Quindi, un'opera composta da racconti che funzionino come degli episodi di una "serie" mi sembra una tipologia adatta alla nostra epoca, pur essendo una forma letteraria che affonda nella notte dei tempi. 

Re: Che me ne faccio dei racconti? Li invio alle riviste o partecipo ai concorsi letterari?

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Spero anch'io in uno sviluppo del modello racconti-romanzo.  Il mio primo lavoro pubblicato -ormai dieci anni or sono-  era proprio una raccolta di storie gialle con protagonisti fissi. Non andò male, ma persino l'editore riteneva il romanzo più commerciabile. Così sono passata a questi,  pur continuando a scrivere testi brevi, però "slegati". Magari ci riprovo.
 Negli  anni successivi mi sembra che la fortuna dei racconti sia in ascesa. Un editore si è intolato proprio così, e google mi fornisce al volo ben  19  nominativi interessati.
" ...con mano ferma ma lenta sollevò la celata. L'elmo era vuoto." (Calvino)
Pagina autrice fb: virginialess/21 Blog "Noi nonne": https.//virginialess.wordpress.com
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