Jonathan Livingston e il Vangelo

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Titolo: Jonathan Livingston e il Vangelo
Autore: Mirco Tondi
Casa editrice: autopubblicato con Streetlib
Data di pubblicazione: 25 febbraio 2017
Genere: saggistica/spiritualità/religione/crescita personale
Prezzo: 2.99 E
ISBN: 9788826030265
ASIN: B06XB5S71C
Formato: ebook
Pagine: 128


Quarta di copertina.

Jonathan Livingston e Gesù.
Che cosa hanno in comune questi due?
Qualcuno potrebbe dire nulla. Io dico tutto.
Molte potrebbero essere le obiezioni per quest’affermazione. Uno è un personaggio inventato, l’altro un personaggio storico. Uno fa parte di un romanzo di fantasia, l’altro di un testo sacro. Uno è un volatile, l’altro un essere umano e così via discorrendo.
Apparenze differenti, ma la stessa sostanza.
Entrambi volano alto, lontano dal solito modo di vivere e di pensare. Per entrambi la vita è una ricerca per trovare qualcosa di più, perché l’esistenza è più di lavorare, mangiare, dormire e accoppiarsi; è molto di più che far parte di una popolazione, di uno stormo. Entrambi hanno scoperto, e rivelato poi ad altri, che il tesoro più grande al mondo già si possiede: è l’interiorità, percepire la vita in ogni cosa, a partire da se stessi. Occorre solo accorgersi di come viverla.
Il confronto tra questi due personaggi vuole mostrare come in modi differenti si può parlare dello stesso argomento. E non importa se uno è protagonista di un libro etichettato di fantasia e l’altro invece di uno strumento degli studi dei teologi: entrambi sono i personaggi principali di libri sacri, capaci d’insegnare e arricchire chi legge le pagine di cui sono protagonisti, facendo ritrovare se stessi e così essere liberi.




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Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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Re: Jonathan Livingston e il Vangelo

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Jonathan Livingston e il Vangelo, a differenza degli altri lavori che ho realizzato, non è un’opera di narrativa ma di saggistica. L’idea è nata diversi anni fa, quando ancora stavo lavorando a Strade Nascoste – Storie di Asklivion: rileggendo Il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach è risultato evidente che proponeva lo stesso messaggio del Vangelo. Il messaggio originale intendo, quello di libertà, non quello che alle volte viene piegato per favorire il tornaconto di qualcuno (non per niente Papa Francesco si sta impegnando perché la Chiesa ritrovi questo spirito, dato che troppe volte si è allontanata da un cammino che ha proposto cose ben diverse da quelle riportate nel Vangelo). Non è stata una cosa pensata o programmata: è qualcosa che è nato sul momento. In poco tempo è stato facile associare i brani di Il gabbiano Jonathan Livingston a quelli equivalenti del Vangelo e sviluppare un breve commento che mostrasse il significato insiti in quei pezzi. La stesura della struttura di come si presenta ora Jonathan Livingston e il Vangelo è stata realizzata in pochi giorni: si trattava di una bozza per sapere in che direzione far andare il progetto. Il progetto però non è stato sviluppato subito.
Perché?
Quello che si ha ora davanti non era stato pensato per essere un libro: doveva servire come spunti di riflessione. Inoltre, nel periodo in cui ho realizzato la bozza, come già scritto, stavo portando avanti altri lavori e quindi tempo ed energie erano impiegate altrove. La verità però è anche un’altra: i tempi non erano maturi per sviluppare approfonditamente Jonathan Livingston e il Vangelo. O forse è più appropriato dire che io non ero maturo a sufficienza per un’opera del genere. Nonostante ci fossero già delle basi, avvertivo che mancava ancora qualcosa per poter realizzare un lavoro soddisfacente e quel qualcosa era esperienza di vita, che avrebbe portato a far sviluppare la consapevolezza necessaria per scrivere un simile libro. Così, solo dopo qualche anno, quando stavo iniziando a dare il via al ciclo di I Tempi della Caduta, ho effettuato la prima stesura. Anche dopo le prime revisioni, mentre aspettavo risposte agli invii di sinossi e lettere di presentazioni, ho continuato ad approfondire e sviluppare certi argomenti trattati: le esperienze fatte, la crescita personale da esse conseguite, hanno portato ad ampliare il lavoro. In questo hanno contribuito anche le letture che ho fatto e quanto scritto sul sito che gestisco, Le Strade dei Mondi: come ho avuto modo di scrivere su Jonathan Livingston e il Vangelo, da tutto e da tutti si può imparare e si può crescere.
Anche se dal numero di pagine può non sembrare, Jonathan Livingston e il Vangelo è stato un lavoro lungo, che ha dovuto saper attendere, perché per poter giungere a compimento era necessario che i tempi arrivassero a maturazione. Tutte le cose hanno i loro tempi, bisogna solo saper aspettare, anche se nella società di oggi, sempre di corsa, che vuole tutto e subito, questo modo di fare è inconcepibile: è uno dei mali della società. Una società sempre protesa al materialismo, che non ne vuole sapere di riflessione e meditazione, di calma, vedendole come cose inutili, delle perdite di tempo. Eppure, se non ci si ferma a riflettere e non si assimilano le lezioni che la vita ha da dare, dandogli il tempo di cui si necessitano, si ripetono errori già visti.
Jonathan Livingston e il Vangelo è questo: la condivisione di riflessioni fatte sulla vita e quello a cui è correlata partendo da due opere che hanno tanto da dare perché sono libri sacri. Sì, anche Il gabbiano Jonathan Livingston può essere considerato tale, dato che un libro è sacro perché ha la capacità d’insegnare e arricchire chi legge le sue pagine, a prescindere del riconoscimento dato da un’autorità religiosa. Un insegnamento valido indipendentemente dal tempo in cui è scritto e dalla nazionalità di chi lo realizza, che permette a una persona di migliorare la propria vita.
Ma l’opera scritta non prende spunto solo da essi: per il suo sviluppo hanno dato il loro contributo altri libri, per non parlare di film, ma anche opere teatrali, canzoni e fumetti. Stephen King, Guy Gavriel Kay, George Orwell, Patrick Suskind, sono alcuni degli autori le cui opere sono servite per mostrare certi aspetti della vita. Almeno, questi sono alcuni di quelli che sono serviti a me: con tutto quello che è stato scritto nel mondo, ce ne sono tanti altri da cui prendere ispirazione e imparare. Ma non bisogna fermarsi ai libri, perché c’è sempre da apprendere, da tutto: piante, fiori, bambini, animali, fiumi, monti. Tutto può aiutare a trovare se stessi. In fondo, Jonathan Livingston e il Vangelo è stato scritto per questo. E far capire che di maestri ce ne sono tanti, a partire da se stessi e che forse è il più importante, e il più difficile, da riconoscere.

Su Letture Fantastiche c’è un’intervista (https://www.letturefantastiche.com/inte ... tondi.html) dove rispondo alle domande postemi sull’opera realizzata.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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Re: Jonathan Livingston e il Vangelo

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L’esempio, si sa, conta più delle parole. E più un esempio viene ripetuto, più diviene efficace, nel bene come nel male.
Proprio per questo sarebbe necessario porre grande attenzione a quello che si fa, a come ci si comporta; occorrerebbe grande responsabilità, perché non è vero che quello che si fa non ha nessuna influenza sugli altri, sulla realtà che sta attorno a ogni singolo individuo. Anche se banale, ogni piccola azione porta degli effetti: è qualcosa che chiunque dovrebbe esserne consapevole.
Purtroppo consapevolezza non c’è, mentre invece dilagano arroganza e menefreghismo. E i risultati si vedono.
Come si sa, molto spesso l’uomo agisce per imitazione, anzi il suo sviluppo parte proprio da qui.
…essa è un mezzo necessario per apprendere il modello indispensabile alla sopravvivenza nei primi anni di vita, dato che l’uomo, tra tutti gli esseri viventi, è l’unico a non sapere cosa fare per stare al mondo (a differenza degli animali), bisognoso che ogni cosa gli venga insegnata. Solo con il tempo e il raggiungimento di una certa maturità, può acquisire la capacità d’essere indipendente e muoversi senza supporti.
È proprio basandosi però su di essa per tanto tempo, avendo avuto un ruolo determinante per il suo stare al mondo, che trova difficoltà a comprendere quando giunge il momento di mettere da parte questo supporto, dipendente dall’appoggiarsi e dal guardare gli altri, facendo così sorgere il problema. Impegnato nel seguire modelli che sono stati importanti per la sua sopravvivenza, l’essere umano può perdere la capacità di scegliere ciò che vuole; a questo punto cala un senso d’ottundimento sulla percettività e diviene difficile discernere quali siano le scelte giuste da fare per dare davvero compimento alla propria vita (spesso le scelte fatte non sono quelle ottimali per la propria persona: come si vedrà, gli altri condizionano le decisioni e non sempre per il meglio).
È evidente che copiare un modello prefabbricato di vita è più semplice del crearne uno nuovo, ma toglie piacere e soprattutto felicità nell’essere quello che veramente si è. Agendo in tale maniera, i figli ripetono gli errori dei padri, riproponendo comportamenti e atteggiamenti che magari hanno criticato, ma che senza accorgersene sono arrivati ad assorbire e a fare propri, divenendo ciò che avevano disprezzato.
Era così nel passato, è così nel presente. Con una variante: ora le persone non assorbono solo i copioni famigliari. Molte porte si sono aperte con l’avvento della tecnologia, permettendo alle persone di accedere senza sforzo a migliaia di modelli da copiare. Con l’avvento dei mass-media, dei social-network, i modelli da seguire si sono moltiplicati in maniera esponenziale, portando l’uomo a imitare quello che in un determinato momento è ritenuto il copione più appariscente, più affascinante, che dà maggiore notorietà. Non si capisce lo sbaglio che si commette, dato che il modello creato da una persona funziona al meglio solo per lei; tentare di applicarlo a un’altra è una forzatura, come cercare di mettere una forma triangolare in uno spazio quadrato: ci si può riuscire, ma non è il suo posto.
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Non solo non è il suo posto, ma seguire certi modelli dominanti in un certo momento, può fare danni, perché, vedendo come si comportano persone che sono sotto i riflettori e hanno rinomanza, la gente ritiene che il modello che questi individui propongono sia giusto e si sentono in diritto di attuarlo anche loro, anche se poi i fatti dimostrano quanto ciò possa essere negativo e distruttivo. Di esempi ce ne sono tanti (basta volgere lo sguardo alla classe politica attualmente al governo in Italia, ma anche a quella precedente e quella prima ancora, arrivando ai primi anni ’90) e il brutto è che tanti non si sono resi conto dei danni che con il loro imitare hanno perpetrato. Oppure, cosa ancora peggiore, se ne sono resi conto, ma se ne sono fregati, indifferenti alle conseguenze del loro agire.
Bruno Bacelli ha scritto un articolo sul prendere posizione, sullo schierarsi. Sono d’accordo su non appartenere a gruppi, su non riconoscersi in essi, perché occorre saper pensare con la propria testa e non annullarsi per non sentirsi esclusi. E sono anche dell’idea che di fronte a certe realtà, una posizione occorre prenderla e schierarsi contro ciò che è sbagliato.

1. Jonathan Livingston e il Vangelo, un estratto del capitolo I, Il copione del mondo.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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