L'Ultimo Potere

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Titolo: L’Ultimo Potere
Autore: Mirco Tondi
Data di pubblicazione: 25 novembre 2015
Genere: fantasy postapocalittico
Editore: autopubblicato con Streetlib
Prezzo: 2.99 E
ISBN: 9788892521940
Formato: ebook
Pagine: 486

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Si prenda l’ambientazione postapocalittica (e la pazzia che la imperversa) di Interceptor, Il guerriero della strada di George Miller, la ferocia e la brutalità di Devilman di Go Nagai nel mostrare la realtà umana, la lucida e profonda consapevolezza che nasce dal viaggio all’Inferno nella Divina Commedia di Dante Alighieri nel mostrare la natura dei vizi e del lato oscuro dell’animo umano, si aggiungano le teorie di Cesare Lombroso, il romanzo Orizzonte Perduto di James Hilton e l’idea che dietro ai culti e alle religioni ci siano entità che non hanno nulla di salvifico per l’umanità, e ci si ritroverà dinanzi a L’Ultimo Potere, primo romanzo del ciclo I Tempi della Caduta.

Sinossi.

L’umanità è caduta. La civiltà è andata in frantumi. O meglio, quella che si credeva civiltà: quanto realizzato dall’uomo è stato invece il mezzo che ha fatto precipitare il mondo in un abisso di desolazione. Tra i suoi ruderi, creature figlie di esperimenti scorrazzano impazzite seguendo la legge del più forte. Demoni e Posseduti la fanno da padroni, imponendo il loro giogo spietato su quanti sono caduti sotto il loro dominio.
In uno scenario apocalittico dove ogni equilibrio è perduto, un uomo, un guerriero della strada, viaggia da una città all’altra, covando la speranza di trovare un modo per fuggire all’inferno che è divenuto la Terra. In lui è forte la convinzione che Luna Azzurra sia da qualche parte, in attesa di essere trovata per dare rifugio a chi ha ancora un’anima non corrotta dai vizi. Come è forte la consapevolezza che non è facile sopravvivere a schiere di mutantropi e chimere, tanto meno pianificando d’abbattere l’egemonia demoniaca.



Al link seguente è possibile scaricare gratuitamente il racconto L'Ultimo Baluardo, presente in L'Ultimo Potere e che ne fa da prologo: http://www.lestradedeimondi.com/opere-personali/
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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Re: L'Ultimo Potere

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Immagine
L'idea da cui è partita la realizzazione del romanzo è che le istituzioni religiose non siano qualcosa di salvifico, atte ad aiutare l'umanità, a esserle di sostegno, bensì siano qualcosa che sfrutta la gente e la sua energia. Costrutti giganteschi in lotta tra loro per accaparrarsi il maggior numero di seguaci possibili, perché i grandi numeri sono potere. Dietro un'apparenza virtuosa (ma che delle virtù non ha nulla), si nasconde qualcosa che manipola, che degrada l'uomo, che lo spinge a concedere tutto quello che ha per ingrandire la forza di qualcun altro.
Chi sia questo qualcun altro non è difficile da capire: è chi è al potere. Ma chi è che è al potere? Da che cosa è animato?
Questo è quello che c'è da scoprire leggendo l'opera.
Dopo aver parlato brevemente dell'idea da cui è partito il romanzo, quella che ha fatto sorgere il tutto, spiego come è stata sviluppata e al voler ricorrere agli archetipi.
Perché gli archetipi?
Essi sono pieni di significati, di potenziale capace di trasmettere, coinvolgere e appassionare il lettore. Se ci si pensa, le storie più conosciute e apprezzate sono piene di archetipi. Basti pensare a quelle del ciclo arturiano con il Re, il Mago, Il Gueriero: sono diventate famose proprio per il significato celato dietro le vicende dei protagonisti. Infatti gli archetipi sono ritenuti simboli che rappresentano lati dell'animo umano, modi per conoscere se stessi. Ma esattamente cosa sono?
La spiegazione migliore viene data da Carl Gustav Jung nel libro L'uomo e i suoi simboli.

La mia teoria sui « resti arcaici », da me definiti « archetipi » o « immagini primordiali », è stata sempre criticata da coloro che non hanno una conoscenza appropriata dei sogni e della mitologia. Il termine « archetipo » è spesso frainteso in quanto viene identificato con certe immagini definite o precisi motivi mitologici. Questi, in realtà, non sono altro che rappresentazioni consce; sarebbe assurdo pensare che tali rappresentazioni variabili fossero ereditarie.
L'archetipo è invece la tendenza a formare singole rappresentazioni di uno stesso motivo che, pur nelle loro variazioni individuali anche sensibili, continuano a derivare dal medesimo modello fondamentale. Esistono, per esempio, molte rappresentazioni del motivo dei fratelli nemici, ma il motivo rimane sempre lo stesso. I miei critici hanno sempre erroneamente sostenuto che io presupponga l'esistenza di « rappresentazioni ereditarie » e su questa base hanno liquidato l'idea di archetipo come mera superstizione. Essi non hanno preso in considerazione il fatto che se gli archetipi fossero veramente rappresentazioni create (o acquisite) dalla nostra coscienza, noi dovremmo essere sicuramente in grado di comprenderle senza trovarci stupefatti e perplessi quando essi si presentano alla coscienza. Essi, in realtà, sono tendenze istintive altrettanto marcate quanto lo è l'impulso degli uccelli a costruire il nido, o quello delle formiche a dar vita a colonie organizzate.
A questo punto è necessario chiarire la relazione fra istinti e archetipi. Quelli che noi chiamiamo propriamente istinti, sono costituiti da stimoli fisiologici e risultano percepibili dai sensi. Essi però si manifestano contemporaneamente anche in veste di fantasie e spesso rivelano la loro presenza solo per mezzo di immagini simboliche. Queste manifestazioni sono ciò che io chiamo archetipi. La loro origine è ignota e si riproducono in ogni tempo e in qualunque parte del mondo, anche laddove bisogna escludere qualsiasi fattore di trasmissione ereditaria diretta o per « incrocio ».
(1)


1- L'uomo e i suoi simboli. Carla Gustav Jung, pag. 52. Tea 2010
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Re: L'Ultimo Potere

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Nel post precedente (mi scuso per il refuso scappatomi riguardo il nome di Jung), attraverso il brano tratto dal libro di Carl Gustav Jung, L’uomo e i suoi simboli, si è visto che cosa sono gli Archetipi: dei simboli. Che non sono la stessa cosa dei segni, dato che questi ultimi non hanno un significato particolare, ma sono utilizzati nell’uso comune per comodità per indicare o segnalare determinate cose (a esempio, cartelli stradali.)
Un archetipo è un qualcosa di universale, arcaico, che sta alla base di tutto, il mezzo per comprendere la vera natura delle cose, la forma preesistente e primitiva di un pensiero per indicare le idee innate e predeterminate dell’inconscio umano. Una parola o un’immagine è perciò simbolica quando implica qualcosa che sta al di là del suo significato ovvio e immediato; essa possiede un aspetto più ampio (come a esempio la ruota e la croce), inconscio, che non è mai definito con precisione o compiutamente spiegato. (1) I simboli possono essere collettivi, riconosciuti da tutti (il Mago, Il Guerriero), ma possono anche essere diversi per ciascuno, dato che ogni singolo individuo crea i propri, con i suoi significati, i suoi valori, in base alle proprie esperienze, alla propria educazione; cosa che spesso avviene inconsciamente.
L’interpretazione dei sogni e dei simboli richiede intelligenza; essa non può essere ridotta a un sistema meccanico con cui imbottire cervelli privi di immaginazione. Essa richiede contemporaneamente una sempre più approfondita conoscenza dell’individualità del sognante e un corrispondente affinamento della personale consapevolezza dell’interprete…Quando tentiamo di interpretare i simboli ci troviamo di fronte non solo il simbolo in sé, ma l’intera totalità dell’individuo produttore del simbolo. Ciò implica lo studio della sua formazione culturale…Le risposte usuali possono rivelarsi pratiche e utili finché si studia la superficie, ma quando si affrontano i problemi di fondo è la vita stessa a imporsi in primo piano e…l’immaginazione e l’intuizione sono di importanza vitale per la nostra comprensione.(2)
Quello che l’uomo moderno ha dimenticato, reputandolo di nessuna importanza, è che tutto può essere simbolo, capace d’insegnare a crescere, a evolvere; ogni immagine che vede può essere rappresentazione di elementi che lo caratterizzano, negativi e positivi. Ma di questi tempi, crescita ed evoluzione paiono fattori inutili, come si fosse raggiunto il punto più alto, mentre invece si è finiti piantati in una palude.



1- L’uomo e i suoi simboli. Carl Gustav Jung, 5. Tea 2010
2- L’uomo e i suoi simboli. Carl Gustav Jung, 73. Tea 2010
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Re: L'Ultimo Potere

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Un mio libro è sempre opera del destino. Quando si scrive si va incontro a qualcosa d’imprevedibile (1). Le parole di Carl Gustav Jung sono perfettamente comprensibili per chi si è cimentato nella stesura di un libro: c’è un’idea da cui nasce tutto e poi dopo ci si costruisce attorno un progetto che cresce man mano che si avanza, spesso andando dove si vuole che vada, ma anche alle volte conducendo verso punti che all’inizio non sarebbero stati presi in considerazione.
Questo vale sia per la saggistica, sia per i romanzi, per questi ultimi ancora più con forza, dato che si ha una maggiore libertà nel creare una storia.
Ma che cosa spinge a scrivere una storia?
I motivi possono essere tanti, uno per ogni individuo esistito, ma l’uomo ha sempre sentito il bisogno di raccontare esperienze vissute, fatti cui ha assistito, pensieri che ha realizzato: un modo per condividere con i suoi simili, per sentirsi parte di qualcosa, per trasmettere conoscenza e consapevolezza. Così abbiamo avuto dipinte scene di caccia sulle pareti per raccontare le imprese di gruppi di cacciatori; papiri, libri che narravano imprese di re e regine, ma anche storie di dei ed eroi, che per i popoli passati era un cercare di spiegare quello che vedevano, ma di cui non capivano il significato o l’origine, come accaduto nell’incontro tra Thor e Utgardaloki, il re del Recinto Esterno, dove attraverso il racconto venivano mostrati la natura del pensiero, delle maree e della vecchiaia.
Di racconti del genere, l’umanità è ricca e se si osserva, si può notare che ricorrono sempre le stesse figure, anche se appaiono con sembianze e nomi diversi: sono simboli che l’uomo utilizza per imparare a conoscere se stesso, parti di sé che proietta all’esterno per poterle osservare e comprendere. Si tratta degli Archetipi, stadi dell’inconscio umano che ogni individuo incontra nella propria vita e che gli sono da specchi e compagni nel percorso personale di crescita.
Uno dei più famosi e immediati che viene in mente è il Guerriero, spesso associato all’uomo in armatura, dotato di scudo e spada, come i famosi spartani (considerati i migliori combattenti dell’antica Grecia), gli uomini dei Medioevo che andavano in battaglia equipaggiati di tutto punto, ma anche i Samurai.
Con il passare delle epoche è stato normale che tale figura cambiasse sembianze, ma lo spirito è sempre rimasto lo stesso, comparendo in varie forme in ogni forma di storia: fumetti, film, libri.
Così abbiamo Kenshiro di Tetsuo Hara e Buronson (un connubio tra Mad Max di Interceptor, che oltre al personaggio prende ispirazione anche per l’ambientazione, e Bruce Lee), maestro della Scuola di Okuto (semplificando, una sorta di arti marziali), e Gatsu di Kentaro Miura, mercenario nel mondo inventato delle Midlands che ricordano Medioevo e Rinascimeto, per fare un esempio prendendo spunto fra due tra i manga più famosi. Visto che è stato citato come fonte d’ispirazione, non si può non parlare di Mad Max, che grazie alla sua trilogia cinematografica ha fatto conoscere e lanciare Mel Gibson nel mondo dello spettacolo: nessuna tecnica di combattimento speciale o armi magiche e mostri, ma pura e semplice sopravvivenza con ogni mezzo in un mondo impazzito.
Per quanto riguarda la letteratura, un ottimo esempio è il personaggio di Arthur Pendragon mostrato nella trilogia di Fionavar di Guy Gavriel Kay, conosciuto proprio come il Guerriero: è vero che Arthur incarna anche altri simboli (il Re, l’Eroe, il Cavaliere, anche se questo simbolo è rappresentato con molta più forza da Lancelot, altro personaggio attinto dai ciclo arturiani da Kay), ma in questa veste rappresenta in maniera molto chiara e forte l’archetipo che lo caratterizza.

Questi sono solo tre esempi di come può essere il Guerriero. Tre esempi uguali, ma allo stesso tempo con delle sfumature che li fanno essere differenti; una ripetizione si può pensare, ma una ripetizione importante e utile, perché usando la ripetizione, presentando lo stesso soggetto a varie riprese, ogni volta da un angolo visuale leggermente diverso dal precedente, fino a che il lettore, che non si è mai trovato di fronte a nessuna singola prova conclusiva, si accorge improvvisamente di avere abbracciato e accolto dentro di sé una verità più ampia. (2)
E’ questo che fanno gli archetipi nelle loro diverse manifestazioni: dare una maggiore consapevolezza di sé all’uomo per farlo crescere.
Ma esattamente, che cosa rappresenta il Guerriero?
Il coraggio, la risolutezza di raggiungere i propri obiettivi (quindi la conquista), la forza e i mezzi di difendere ciò che ha valore, la preparazione, la disciplina. E’ colui che combatte per le proprie idee e lo fa a tutti i costi, anche se questo può portare a sacrifici, perdite economiche e materiali, isolamento. Il Guerriero è una figura che bada al sodo, è pratica, razionale, concentra la sua attenzione e le sue energie nella realizzazione della sua ragion d’etre, eliminando ciò che ritiene superfluo; è uno stratega. Appare saldo, solido, ma anche duro e tagliente, con poco spazio per la tenerezza. Questo non significa che sia privo di sensibilità, gentilezza, ma i suoi modi senza fronzoli e abbellimenti che rimangono sempre legati al concreto non fanno scorgere i gesti di attenzione che rivolge agli altri. Spiccio e diretto, non ha tempo per perdersi in lunghi discorsi atti a comprendere gli altri ed essere di supporto come può fare il Saggio.
Il vero Guerriero combatte solo per quanto conta realmente, non combatte per il piacere di combattere; se questo avviene, se lotta per il piacere di distruggere, per dimostrare la sua forza e la sua superiorità, significa che si sta allontanando dal suo essere.
Anche lui, come tutti, possiede delle paure e quella che più lo spaventa è di essere sconfitto, di fallire, di non avere forza sufficiente per affrontare le sfide e i nemici e così non essere in grado di proteggere chi gli è caro, i suoi ideali.
Se riesce a superare le sue paure, le proprie zone d’ombra, se riesce davvero a essere se stesso, il Guerriero è una forza che lotta per il bene comune e non c’è nemico che lo possa piegare, ma combatterà fino all’ultima goccia di sangue, con tutte le sue forze.

Come si evince da questo articolo (ma non solo, avendone già parlato altre volte sul mio sito), Guerriero (e di conseguenza il suo Archetipo) è il protagonista delle vicende di L’Ultimo Potere. Perché la scelta è ricaduta su un personaggio con tale caratteristiche?
Perché in un periodo come quello che stiamo vivendo, dove si lascia andare, dove si sacrifica tutto per i soldi e ci si adegua a un sistema che si sa che è sbagliato, ma dove non si fa nulla per cambiarlo (un po’ per pigrizia, un po’ perché fa comodo ai propri interessi, un po’ perché non si hanno più valori e un po’ perché non si hanno i mezzi e la volontà per vedere quello che non va), occorre avere l’esempio di una figura che lotta per qualcosa che va oltre la materialità, che cerca di migliorare la propria vita, uscendo da un’esistenza che non ha nulla da dare, che è solo capace di togliere e privare di tutto chiunque. Nel contesto attuale c’è bisogno di qualcuno che sia diverso, che si dia da fare, che combatta consapevole che ci saranno sì difficoltà nelle sue battaglie, ma che alla fine ne sarà valsa la pena, perché si otterrà molto, mentre invece c’è tutto da rimetterci a conformarsi o a lasciar fare a un sistema che ha mostrato tutti i suoi limiti e che ha solo da far perdere: la libertà in primis, ma soprattutto far perdere se stessi. I più sono convinti che la modernità abbia portato benefici, miglioramenti nella vita di ognuno; questo può essere in parte vero. Non voglio certo negare che siano risultati grandi vantaggi dall’evoluzione della società civilizzata, ma tali vantaggi sono stati ottenuti al prezzo di perdite enormi della cui entità abbiamo appena cominciato a renderci conto. (3) Ed è quello che viene fatto vedere in L’ultimo Potere: un modo per mostrare sì le caratteristiche dell’archetipo in questione, ma che da sole però non bastano a far comprendere e vivere tale simbolo. Perché essi sono contemporaneamente sia immagini che emozioni. Si può parlare di archetipi solo quando questi due aspetti si manifestino simultaneamente. Quando c’è solo l’immagine si tratta di una notazione di scarso rilievo, ma quando è implicata l’emozione, l’immagine acquista un carattere numinoso (o energia psichica)…Poiché tante persone hanno intrapreso a trattare gli archetipi come semplici parti di un meccanismo che può essere appreso a memoria, è necessario insistere che essi non sono né nome puri e semplici, né concetti filosofici. Essi appartengono alla vita stessa, sono immagini integralmente connesse con l’individuo vivente per il tramite di emozioni…Gli archetipi cominciano a vivere solo quando si cerca pazientemente di scoprire perché e in quali guise essi sono significativi per un determinato individuo vivente. (4)


1- Ricordi, sogni, riflessioni. Carl Gustav Jung, pag.6. Bur 2008
2- L’uomo e i suoi simboli. Carl Gustav Jung, pag. X. Tea 2010
3- L’uomo e i suoi simboli. Carl Gustav Jung, pag. 32. Tea 2010
4- L’uomo e i suoi simboli. Carl Gustav Jung, pag. 79. Tea 2010
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Re: L'Ultimo Potere

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Nel post precedente ho parlato dell'archetipo del Guerriero e partendo da esso voglio collegarmi a un'altra fonte d'ispirazione per L'Ultimo Potere: i primi tre film di Mad Max di George Miller.

A queste pellicole mi sono ispirato per l'ambientazione del mondo postapocalittico in cui si svolgono le vicende dell'opera che ho scritto, trovandola perfetta per parlare di un mondo caduto, dove la civiltà e l'umanità sono quasi del tutto andate perdute; questi film sono ottimi per mostrare il degrado dell’animo umano, come ben viene riassunto dalla voce narrante all’inizio del secondo film della serie, Interceptor – Il guerriero della strada.

La mia vita si spegne e la vista si oscura. Mi restano soltanto alcuni ricordi di un caos immane: i sogni infranti delle terre perdute. E l’ossessione di un uomo sempre in lotta: Max.
Era figlio dei tempi in cui l’uomo viveva sotto il dominio dell’oro nero. E i deserti brillavano per le fiamme delle gigantesche torri che estraevano il petrolio.
Ora tutto è distrutto, scomparso, come e perché non lo ricorda più nessuno, ma è certo che un immane conflitto annientò due grandi potenze. Senza il petrolio l’uomo tornò alle sue origini primitive e tutte le sue macchine favolose andarono in rovina. Tutti i popoli tentarono di raggiungere un accordo, ma nessuno riuscì a fermare la valanga del caos. Nel terrore dei saccheggi e nelle fiamme della violenza il mondo scoppiò. E tutte le sue città crollarono una dopo l’altra.
L’uomo si nutrì di carni umane per sopravvivere.
Su tutte le strade vincevano coloro che avevano la forza e i mezzi per piombare sulle vittime e depredarle, anche dell’ultimo respiro; niente aveva più valore di una piccola tanica di benzina.
I deboli scomparivano senza nemmeno lasciare il segno di una croce su delle misere pietre.
Nel ruggito di un motore, quelli come Max si difendevano dai demoni del passato e dalle inutili speranze di un futuro svuotati di ogni sentimento umano, condannati a inseguire ogni piccola traccia di vita nelle Terre Perdute.
E alla luce di quei giorni desolati, Max imparò a dominare il suo destino.


Senza contare che Max è un'ottima incarnazione dell'Archetipo del Guerriero. Ma in questi film non è l'unico Archetipo usato: ci sono quelli del Viaggio, del Folle, dell'Orfano, dell'Innocente, del Distruttore, del Saggio.
Nell'articolo seguente approfondisco l'uso degli archetipi nella saga cinematografica di Miller: http://www.fantasymagazine.it/16669/mad ... -mitologia
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Re: L'Ultimo Potere

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“Un libro indubbiamente particolare e ricercato, e come in questi casi non per tutti.
Niente mezze misure.
Un testo coraggioso, un autore che sarà odiato o amato, ma che di certo non lascerà indifferenti.”
Questo è l’incipit della recensione su L’Ultimo Potere scritto da Andrea Zanotti sul sito Scrittori Indipendenti (al seguente link si può leggere l’intero giudizio sul romanzo: http://www.scrittorindipendenti.com/201 ... ing-7.html). Parole con cui mi trovo d’accordo, come il resto della recensione. Le scelte che ho fatto nello scrivere questa storia non hanno mezze misure e sono consapevole della strada intrapresa, perché non voglio essere un autore commerciale, che segue la massa e vi si adatta: sono un autore che scrive storie che abbiano qualcosa da raccontare, da trasmettere. Prendendo in prestito (e adattandola al mio contesto) una frase dal film Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan, L’Ultimo Potere è il libro che i lettori meritano, ma non quello di cui hanno bisogno adesso.
Quanto scrivo non è facile, né accomodante, né politicamente corretto (una frase del Vangelo rende bene lo spirito che ho voluto trasmettere al testo: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono infatti venuto a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.” Matteo 10,34-36) , ma non mi interessa, perché m’interessa scrivere di realtà benché usi degli elementi fantastici per farlo. Anche se vado controcorrente rispetto a quanto dicono tanti autori, case editrici, addetti al settore, percorro la strada che deve essere il lettore a cercare di raggiungere il livello dello scrittore, non lo scrittore che si deve adeguare al livello del lettore; perché se non si fa in questo modo, se ci si deve adeguare alla massa (specie alla massa italiana) si finisce con lo scivolare sempre più in basso e a dare sempre meno, riducendo le storie a cose insignificanti e banali. Di questo, purtroppo, ce n’è già in abbondanza e non ce n’è bisogno.
Alcune piccole note a margine. Le fonti d'ispirazione, come già scritto altrove, sono state diverse: ho riportato quelle che sono state le fondamenta dell’opera, ma non sono state le uniche. Prendendo spunto da quanto scritto da Andrea, come altri mi hanno fatto notare, ci sono somiglianze con la Torre Nera di Stephen King (specie nella questione Ka), anche se non è una cosa che ho voluto; evidentemente, inconsciamente ne sono stato influenzato e la cosa è stata trasmessa al testo (e dal mio punto di vista, non è un male, data la bontà del ciclo dedicato a Roland). Mentre invece è voluta una scena di combattimento che s’ispira a Ken il Guerriero e in particolare a Shu della Sacra Scuola di Nanto, maestro dello Stile dell'Airone Bianco e protetto dalla Stella della Benevolenza (ma non dirò qual è questa scena per non spoilerare: starà ai lettori scoprire qual è ;) ).


La salma di Padre Pio è stata a Roma per il Giubileo della Misericordia. Solamente la presenza del corpo del Santo attirerà decine di migliaia di pellegrini, un segno della fede dei fedeli nei riguardi di un uomo che ha fatto tanto in vita per gli altri ed è stato un esempio per tanti.
Dunque è solo una questione di fede? No, è anche e soprattutto una questione di soldi. Perché non va dimenticato che attorno alla figura del santo, dopo la sua morte, è sorto un business dal grande fatturato, perdendo così di vista l’insegnamento dato da Padre Pio e altri prima di lui (Cristo in primis). Tutto quanto succede non sorprende, perché la storia ha già mostrato situazioni simili. Come non sorprende che, dopo essere stato osteggiato proprio da una parte della Chiesa (cosa successa anche a S. Francesco) per buona parte della vita, dopo la sua morte sia stato portato come esempio e venerato.
Ipocrisia? No, semplice pragmatismo.
«…La gente vede nelle cose e negli altri ciò che di sé proietta all’esterno: getta ombre del proprio io al di fuori della sua coscienza. Non è detto che ciò che vediamo sia ciò che è; nella maggior parte dei casi non lo è mai. La gente non accetta le cose come stanno, né le vede per quello che realmente sono; spesso è una sorta di difesa per coprire qualcosa di sgradevole, un attribuire valori sbagliati a tutti e a tutto perché non si è mai riusciti a comprendere se stessi. Capisci perché fa così?»
«Perché spaventata?»
«Rimpianto e responsabilità. Il rimpianto di non aver usato prima le risorse a disposizione e la responsabilità di quello che si sarebbe dovuto fare con esse. Questi sono solo alcuni degli sbagli che l’umanità ha fatto e su questi sbagli si è creato un sistema d’illusioni. In mezzo a tanta falsità, i Vizi e i Demoni hanno proliferato, anche nelle istituzioni religiose, malgrado lo sforzo di alcuni uomini. Proprio per questa ragione, per il loro sforzo di smontare un sistema fasullo, le istituzioni hanno sempre avversato questi individui, solo per poi lodarli e benedirli una volta morti.»
«Perché hanno fatto così?»
«Perché avevano un gran numero di seguaci: numeri talmente grandi da essere un popolo e un popolo è potere. Oltre che un grosso problema, se si decide di prenderlo di petto. Molto più semplice ingannarlo. Pertanto hanno scelto di fare di quelle persone eroi e santi acclamati e osannati: così facendo hanno stretto nella propria morsa quelle folle. Poco importava se poi dietro le quinte si sputava sui nomi di quanti avevano innalzato: l’importante era che i seguaci di quelle persone fossero andati a rimpinguare le fila dell’ordine e il loro potere si fosse rafforzato.»
«Questa è una porcata.»
«Solo una mossa politica.»

L’Ultimo Potere. Capitolo VII. Il guerriero della strada


Sul sito di Antonia Romagnoli un'intervista su L'Ultimo Potere: http://www.antoniaromagnoli.it/write/ul ... l-venerdi/
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Re: L'Ultimo Potere

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Ogni civiltà, dopo l’ascesa, è soggetta alla caduta.
In alcuni casi può essere un evento catastrofico scatenato dalle forze della natura (un esempio è l’antica Creta, che non si riebbe più dopo un terremoto), in altri una guerra (di esempi la storia ne è ricca); più spesso però si tratta di un processo che parte dall’interno. Giunge un momento in cui gli individui di una popolazione, sicuri della posizione raggiunta e dei mezzi che gli hanno permesso di raggiungerla, si sentono arrivati sulla cima e ritengono di aver conquistato tutto quello che può essere conquistato. Un’illusione nata dall’arroganza e dalla presunzione, oltre che da una mente limitata e ignorante, dove non ci si è accorti del decadimento in cui si è finiti per una perdita che hanno sopravvalutato: quella dei valori.
Gli antropologi hanno spesso descritto ciò che accade a una società primitiva allorché i suoi valori spirituali si trovano esposti all’influenza della civiltà moderna. Gli uomini perdono il significato della propria vita, la loro organizzazione sociale si disintegra ed essi stessi decadono moralmente. Noi ci troviamo attualmente nella medesima condizione senza però esserci mai resi conto di ciò che abbiamo perduto, poiché i nostri capi spirituali, sfortunatamente, erano più interessati a proteggere le loro istituzioni che a comprendere il mistero offerto dai simboli. Secondo me, la fede non esclude la ragione (che è l’arma più potente dell’uomo), ma disgraziatamente molti credenti sembrano così impauriti dalla scienza (e, incidentalmente, dalla psicologia) da essere completamente ciechi di fronte alle forze psichiche soprannaturali che dominano incessantemente il destino degli uomini. Abbiamo spogliato ogni cosa del suo mistero e del suo carattere soprannaturale; non c’è più nulla di sacro.
Nell’età primitiva, quando i concetti istintivi zampillavano nella mente dell’uomo, non era difficile per lui integrarli consciamente in una coerente struttura psichica. Ma l’uomo « civilizzato » non è più capace di ciò: la sua coscienza « avanzata » lo ha privato dei mezzi attraverso i quali è possibile assimilare all’inconscio i contributi ausiliari degli istinti. Questi organi di assimilazione e d’integrazione erano i simboli soprannaturali, da tutti considerati sacri.
Oggi, per esempio, si fa un gran parlare di « materia »: descriviamo le sue proprietà fisiche, conduciamo esperimenti di laboratorio per dimostrarne alcuni aspetti. Tuttavia la parola « materia » rimane un concetto arido, disumano e puramente intellettuale, privo per noi di qualunque significato psichico. Quanto diversa era l’antica immagine della materia – la Grande Madre -, capace di abbracciare e di esprimere il profondo significato emotivo della Madre Terra! Nello stesso modo, ciò che prima era lo spirito, ora viene identificato con l’intelletto, cessando così di essere il Padre di tutte le cose. Esso è degenerato al rango dei limitati pensieri soggettivi dell’uomo e l’immensa energia emotiva espressa nell’immagine del « Padre nostro » è svanita nella sabbia di un deserto intellettuale.
(1)
Così scriveva Carl Gustav Jung qualche decennio fa, ma le sue parole sono ancora attuali, forse molto più di allora, dato che la perdita di valori si è fatta più accentuata, portando l’umanità in una caduta verso il baratro che si fa sempre più veloce. La società occidentale attuale (che non significa solo Europa e Stati Uniti, ma comprende tutte le nazioni dei continenti, comprese paesi come Cina, India che sono dell’Oriente) basa tutto il suo esistere sul denaro e il materialismo e gli effetti di tale mentalità sono ben visibili: l’uomo ha perso se stesso e sta impazzendo sempre di più.
Quanto più si è sviluppata la conoscenza scientifica, tanto più il mondo si è disumanizzato. L’uomo si sente isolato nel cosmo, poiché non è più inserito nella natura e ha perduto la sua « identità inconscia » emotiva con i fenomeni naturali…II suo contatto con la natura è perduto, e con esso è venuta meno quella profonda energia emotiva che questo contatto simbolico sprigionava. (2)
Ecco a cosa ha condotto il consumismo, il riversare tutte le energie alla macchina della produttività e dell’economia: a un inaridimento interiore che ha portato a dimenticare ciò che ha davvero valore, che ha lasciato solo ceneri e un senso d'amaro in bocca che non può essere cancellato, facendo sentire l’uomo un oggetto svuotato. E’ questo il risultato del freddo e calcolatore razionalismo che ha pensato solo al profitto e sta spingendo l’uomo verso la caduta.

1- L’uomo e i suoi simboli. Carl Gustav Jung, pag. 76 Tea 2010
2- L’uomo e i suoi simboli. Carl Gustav Jung, pag. 77. Tea 2010
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Re: L'Ultimo Potere

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Negli articoli inerenti a L’Ultimo Potere, ho parlato dei diversi elementi cui mi sono ispirato: il cinema (la trilogia di Mad Max), la letteratura (La Divina Commedia, Orizzonte perduto), i fumetti (Devilman), la psicologia (le teorie di Lombroso, gli archetipi). C’è stato un altro elemento che ha avuto una parte importante nella storia di I Tempi della Caduta: la religione.
Un ruolo centrale l’hanno avuto i Vizi e le Virtù (intesi come Vizi Capitali e Virtù Cardinali), servite per spiegare e mostrare i poteri dei Demoni e degli Usufruitori. Non solo: i Vizi sono serviti per far vedere come gli uomini hanno perso la loro umanità e integrità e si sono fatti sopraffare da essi fino a causare il crollo di ogni società e civiltà, rendendoli qualcosa che portava ovunque rovina; le Virtù fanno da contraltare e sono quelle che permettono possa esserci ancora salvezza per l’uomo e il mondo. Una visione questa che è ben conosciuta nella religione cristiana. Religione cristiana (e i suoi testi sacri) da cui ho preso altri spunti.
“Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo” Questo brano tratto dal Nuovo Testamento (Apocalisse 13,1) (e presente all’inizio di L’Ultimo Potere) serve da introduzione per spiegare che cos’è la Bestia e quale legame c’è con i Demoni Superni e i Vizi, come essa abbia preso dominio sulla vita degli uomini, assoggettandoli al suo volere e traendone forza.
Non è l’unico brano preso dal Nuovo Testamento. Si fa riferimento al figliol prodigo parlando del ritornare alle proprie origini. Viene usata la famosa frase rivolta dal diavolo a Gesù quando lo tenta nel deserto (tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti mi adorerai Matteo 4,9), perché è molto efficace nel mostrare a cosa può essere sottoposto l’animo umano (e che cosa può perdere se cede alla richiesta).
Nel terzo capitolo “Credenze ipocrite e cieca follia” ho voluto mostrare come da certe persone, in certi ambienti e periodi, la religione viene vissuta in maniera distorta, il suo messaggio travisato e usato per estremismi che portano le società alla rovina: in ogni tempo (purtroppo anche il presente ne è tristemente ricco) si usano il nome di Dio e la religione come pretesto per dare sfogo a una mentalità e un modo di vivere che vuole prevaricare e sopraffare chi pensa e vive in maniera differente. Si tratta sempre di una questione di dominio, di potere, per condizionare e controllare gli altri.
In altri capitoli (come La via della virtù) ho invece mostrato come a un certo punto le religioni abbiano perso la loro vera natura e siano diventati Culti dell’Ego che ricercano i grandi numeri, pretendendo obbedienza e riverenza, imponendo in ogni modo il loro potere, cercando di sopravanzare una sull’altra. In questo punto è stato affrontato il discorso di che cos’è la vera libertà (tema caro a molte religioni e filosofie), come essa dipenda dalla consapevolezza e dal liberarsi dei condizionamenti: messaggio insegnato da tanti santi e guide spirituali, spesso andato smarrito perché sfruttato dalle istituzioni religiose per attirare il maggior numero di persone al loro interno (ho usato una vicenda storica famosa della religione cristiana per dare monito di ciò).
Questi sono alcuni esempi di elementi delle religioni da cui ho tratto ispirazione; potrei andare ancora avanti, ma questo non servirebbe a chiarire ulteriormente che la vera natura delle religioni (di tutte) è quella di rendere consapevoli (e perciò liberi) gli uomini. Sono ben conscio che tante istituzioni di questo genere sono il più delle volte atte a creare dipendenze e modi per tenere assoggettate a sé le persone, ma la vera essenza delle religioni è un’altra ed è a essa che miro, sia in questo romanzo, sia nella vita.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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Re: L'Ultimo Potere

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Ogni autore, quando realizza un libro, fa delle scelte: quale stile utilizzare, quale storia raccontare, quali personaggi usare e come mostrarli. Qualcuno potrebbe obiettare che, a parte lo stile, l’autore non è poi così libero di scrivere e di ideare, come ha voluto mostrare Stephen King nella serie della Torre Nera, rivelando che lo scrittore è un semplice osservatore che riporta le vicende di mondi su cui apre una finestra e guarda. Queste sono realtà che ogni autore deve scoprire da solo: ognuno ha una propria verità da trovare e lo può fare solo scrivendo.
Quale che sia lo stato delle cose, ogni scrittore, una volta prese le sue decisioni, non può che aspettare il risultato delle sue scelte, che dipende dal giudizio dei lettori. Una premessa va fatta prima di andare avanti e che ogni scrittore dovrebbe avere chiara fin da subito: non si può piacere a tutti e non tutti possono essere accontentati. Chi vorrebbe che la storia andasse in un certo modo, chi vorrebbe un finale diverso, chi vorrebbe che un personaggio avesse avuto un altro ruolo o avesse avuto maggiore spazio: sono davvero tanti gli elementi che andrebbero cambiati se si ascoltasse tutti, al punto che alla fine si rimarrebbe bloccati.
Quello che un autore dovrebbe fare è andare avanti per la sua strada, ascoltando i suggerimenti che gli permettono di migliorare il suo lavoro, ma restando fedele alla propria idea se crede in essa.
Quando ho scritto L’Ultimo Potere sapevo come iniziare, come avanzare e come finire; sapevo che tipo di storia volevo raccontare. Ma sapevo anche che non volevo raccontare solo una storia d’azione, non volevo mostrare solo la rovina di un mondo: volevo creare un testo che rendesse il lettore consapevole di alcuni aspetti dell’essere umano. I vizi e le virtù sono alcuni degli elementi che ho trattato, ma non sono stati certo gli unici.
Niente di strano in questo, si potrebbe far notare. La scelta strana è che con L’Ultimo Potere ho voluto creare un’opera che unisse narrativa e saggistica: visto che mi piacciono entrambe, ho deciso di usarle nello stesso lavoro. L’obiezione che si può fare è che o si utilizza l’una o si utilizza l’altra, ma visto che a me piace sia l’azione, sia l’introspezione, sia la riflessione, averle in un’unica opera è qualcosa che ho ritenuto apprezzabile. Sono consapevole che è stato un rischio agire in questa maniera, che non a tutti può piacere vedere mischiati i due elementi (certi dialoghi non sono degli “spiegoni” come si usa dire tra gli addetti ai lavori, ma sono il modo in cui ho immesso la parte saggistica), ma questa è stata la mia scelta d’autore.
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Re: L'Ultimo Potere

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Il denaro è tutto nella nostra società e tutto viene messo dopo di esso, è risaputo, eppure in tanti oggi si scandalizzano per i fatti di Mottarone dove quattordici persone sono morte per la scelta di bypassare i sistemi di sicurezza per ovviare ai problemi della funivia. In tanti dicono che non è possibile morire per denaro, ma invece di fare tanti proclami e usare frasi di circostanza, dovrebbero invece accettare che siamo nell’Era dell’Economia e che è la normalità mettere il profitto prima di tutto, anche della vita umana. Occorre prendere atto che l’essere umano ormai è solo un mezzo per fare soldi, l’unica cosa che conta: uomini, donne, ormai non sono che oggetti da usare finché sono utili e basta. Tutto il resto (dignità, rispetto, sogni) non vale assolutamente nulla: è importante solo il Dio-Denaro. Anzi, il Demone-Denaro, perché Mammon non è mai stato un dio, ma soltanto un demonio.
Non ci si deve scandalizzare di questo, visto che le varie classi dirigenti di un paese con le pezze al culo come il nostro non hanno fatto altro che parlare di lavoro, di come farlo andare avanti non importa a quale costo, e mai hanno parlato dei lavoratori, della qualità delle condizioni in cui dovrebbero operare. Troppo spesso si è sorvolato sulla questione sicurezza e i fatti hanno dimostrato quanto tragica è stata tale scelta: è così nel presente con il caso Mottarone, è stato così nel passato recente con il ponte Morandi, preferendo risparmiare i soldi della manutenzione. Una scelta fatta consapevolmente, il che rende il quadro più chiaro della realtà in cui si vive e che è stata creata: si deve prendere atto di tutto ciò e smettere d’indignarsi, di fingersi sbigottiti. Occorre smettere di essere ipocriti e accettare che questa ormai è la nostra quotidianità e che si è responsabili di quanto sta accadendo, perché troppo spesso si è lasciato andare, troppo spesso ce ne si è fregati. Ogni giorno ci sono morti sul lavoro perché si sono voluti fare tagli sulla manutenzione, si è voluto sorvolare sulla sicurezza perché fa perdere tempo e così si perde guadagno: una piaga che va avanti da decenni, ma che dal 2000 in poi non ha fatto che peggiorare anno dopo anno. Mottarone, ponte Morandi, sono solo due tanti casi di morti per aver ignorato di mettere la sicurezza delle persone prima di tutto. E la cosa, se non ci si metterà un freno, non farà che peggiorare.
Ne ho parlato sia in L’inizio della Caduta, dove ho denunciato questo modo di fare, sia in L’ultimo Potere, dove ho mostrato dove aveva portato la scelta di asservire tutto il lavoro al profitto.

«Maledetti loro e la loro ossessione d’essere efficienti e produttivi, il dover fare a tutti i costi qualcosa d’utile per aumentare il benessere della società. Guarda!» allargò le braccia come se volesse abbracciare i cumuli d’oggetti che si alzavano fino al soffitto del magazzino. «Non hanno fatto che continuare a produrre, non si sono mai accontentati. Volevano di più, accumulando ingordamente: non gli bastava mai quello che avevano, dovevano aumentare la ricchezza in un’ascesa che non doveva mai avere fine. Sciocchi!» sbottò seccato. «La montagna che si sono creati gli si è rovesciata addosso e li ha travolti; preoccupati di avere sempre più cose, non hanno saputo apprezzare quello che avevano ottenuto, finché non l’hanno perso. Guarda tutto quel darsi da fare che cosa gli ha portato: sono altri a godersi i frutti delle loro fatiche. Ma in un mondo in rovina, dove tutto è stato perso, che cosa vuoi che importi la ricchezza? Possediamo di tutto, ma che cosa può fregarcene? Abbiamo perso noi stessi. Siamo soltanto cenere, sparsa nel grigiore dei quattro venti. Noi siamo i figli dei figli dell’era dell’economia e malediciamo i nostri genitori per averci dato un mondo del genere. Loro e la falsa ideologia in cui credevano.»
«Che ideologia?» chiese Guerriero.
L’uomo lo guardò con sorriso sardonico. «Conosci solo questa rovina di mondo: per te è la realtà, ma ce ne sono state altre. La madre di quella in cui vivi era ricca, ma anche frivola e crudele: non guardava in faccia a nessuno e per imbellettarsi e vestirsi sempre più sontuosamente non si curava di camminare sulle carni di chi si era spezzato la schiena per arricchirla. Era bella, ma senz’anima. Identificava il suo essere con ciò che aiutava a vivere: il potere, la notorietà, la ricchezza. Vi era attaccata così fermamente che era arrivata a credere che senza queste cose la vita non potesse esserci. La sua mente rifiutava di comprendere che erano solamente degli accessori, che l’esistenza poteva andare avanti senza di essi; la sua paura era che scomparsi questi elementi, se ne sarebbe andata anche lei. Così ne fece la sua ossessione e pensò che per sconfiggere la sua paura avrebbe dovuto avere una ricchezza che non aveva fine. Era talmente forte che si trasformò in un credo cui aderirono milioni di fedeli: popolazioni intere fecero propria la sua ideologia, creando una società spietata, dove le persone scalzavano, schiacciavano e sacrificavano il fratello per salire sempre più in alto nelle grazie della signora. Fu una competizione mortifera: gli individui si scannavano tra loro per avere sempre di più. E alla fine persero tutto.»

«Tu vieni da là sopra: hai mai visto dei caseggiati grandi come campi, squadrati, molto lunghi e con poche finestre? Di solito ci sono delle spianate ricoperte di simili edifici.»
Di nuovo Guerriero assentì.
«Quelle si chiamano industrie. La gente vi stava rinchiusa per ore a lavorare, facendo sempre le stesse identiche cose tutti i giorni della settimana.»
Un brivido di repulsione scosse Guerriero.
L’altro se ne accorse. «Dalla tua reazione noto che ce ne sono ancora e che le hai viste» grugnì soddisfatto. «Mi domandi perché non abbiamo intenzione di fare nulla? La risposta l’hai avuta sotto gli occhi. Una vita da reclusi, da schiavi e per che cosa? Per arricchire una sola persona che si gode i proventi del lavoro, dando agli altri una minuscola parte dei profitti dopo che hanno svolto una giornata di fatiche. Non ne vale la pena» scosse il capo. «Se c’impegnassimo di nuovo a creare qualcosa e ad averla tra le mani, si arriverebbe al punto che anche gli altri comincerebbero a desiderarla, a volerla per sé. Arriverebbero a sentirne il bisogno, a pensare che potrebbe essergli utile in un qualche modo. A questo punto ci sono due strade per riuscire a ottenere l’oggetto del desiderio. Si cercherebbe di rubarlo, magari arrivando a uccidere, innescando una reazione che porterebbe a violenza e sopraffazione. Oppure, cercando di seguire una via più civile, si cercherebbe di produrla in gran quantità. E per coprire grandi volumi, occorrerebbe effettuare una produzione in serie, coinvolgendo un gran numero di persone nel processo di lavorazione. Ma prima di arrivare alla produzione bisognerebbe ricercare il materiale di costruzione, costruire i macchinari per lavorarlo, trovare l’energia per far funzionare questi ultimi» le labbra si piegarono su un lato, in un sorriso sghembo. «Inevitabilmente tutto ricomincerebbe da capo. E sarebbe di nuovo schiavitù. A questa e alla violenza è preferibile quella che si chiama apatia; non ci va di sprecare la vita per accontentare altri, per un semplice capriccio. Non ci va di tornare in un inferno che abbiamo avuto la fortuna di lasciarci alle spalle.»

Chi vuol negare la realtà può asserire che le cose non vanno così male, che sono solo eccezioni, che sono soltanto fantasticherie, ma spesso la realtà supera la fantasia.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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