[CN24] Natale a quattro zampe
Posted: Mon Dec 30, 2024 1:02 pm
Pacco n° 1 L'incipit
Commento
Bibo adorava il Natale, non riusciva proprio a capacitarsi di come potesse arrivare solo una volta all'anno. Tutti quei luccichii colorati che brillavano seguendo un ritmo, le ghirlande scintillanti, le palline che pendevano dai rami e le bacche rosse sui centrotavola... Peccato che presto o tardi sarebbero spariti.
L'importante, però, era che adesso fossero lì: tutta la casa era come un grande Luna Park a sua disposizione. Sollevò orecchie e coda e balzò in alto, lungo quel buffo abete.
Il fracasso che giunse fino in cucina coprì il cozzare di pentole e coperchi.
Rubina, che stava spignattando, mollò tutto e accorse in salone.
Bibo cercò di sparire dietro la tenda, ma le sue zampe lo tradirono, e così dovette sorbirsi una bella strigliata.
«Fuori da qui» strillò Rubina. «Rimarrai in balcone fino a nuovo ordine. Sei un vero mascalzone. Hai deciso di rovinarmi il Natale?”
Bibo provò a parlarle con gli occhi, come faceva sempre: «Non voglio rovinarti un bel nulla, ho solo visto Babbo Natale in difficoltà sull’albero; lo hai appeso per il collo e si stava strozzando.»
Rubina, però, non aveva tempo per guardare Bibo negli occhi; lo spinse fuori e serrò gli infissi.
Osservato il disastro, la giovane donna constatò che, in realtà, non si era rotto nulla. D'altronde dato che Dario, il suo piccolino, aveva cominciato a gattonare, aveva deciso di usare solo palline infrangibili. Il frastuono lo aveva causato un vassoietto di latta che stava sulla credenza; nella caduta, l’albero lo aveva trascinato giù, ed ecco motivo dell’esibizione sonora.
Rimesso in piedi l’albero, Rubina se ne tornò in cucina.
Dunque oggi è Natale! Pensò Bibo che aveva seguito la scena dall’esterno.
Avrebbe dovuto capirlo dalle lasagne stese ad asciugare sul bancone della cucina, dall’arrosto che di primo mattino sfrigolava già dentro al forno e da tutte quelle tartine imburrate pronte per essere guarnite.
Come aveva fatto a non pensarci, visto quel trambusto in cucina?
Hum, allora tutto bene pensava ancora Bibo, Rubina mi perdonerà presto.
Teneva il muso appiccicato al vetro, nella speranza di vedere tornare la sua padrona da un momento all’altro. Ma era già passata più di un’ora, possibile che lo lasciasse ancora fuori con il freddo che faceva?
A breve sarebbero arrivati gli invitati. Di solito, tutti facevano le coccole a Bibo che, mettendosi con la pancia all’aria, se le godeva alla grande.
Zio Nicola aveva l'abitudine di portargli il regalo, lo metteva sotto l’albero come fosse uno di loro, e il cane, un bastardino dal pelo rossiccio, avrebbe fatto salti di gioia.
Mentre, accucciato, aspettava con pazienza che Rubina lo perdonasse, lo assalì un brutto presentimento, E se tra gli in vitati c’è anche Vittorio? Hum.
Le cose a quel punto si sarebbero messe molto male per Bibo.
Vittorio non la raccontava giusta, ma in quella casa gli unici ad averlo capito sembravano essere soltanto Bibo e Dario.
Dario, però, era troppo piccolo e non parlava ancora; cioè, parlava, ma non lo capiva nessuno. Solo Bibo comprendeva quei “goghidi, goghidi gammi, prumm prumm” Era questa, al momento, la lingua di Dario, e per Bibo non era un problema. Loro due si intendevano a meraviglia.
Da quando Rubina era rimasta sola con il suo bimbo da crescere, Vittorio aveva cominciato a ronzarle intorno, ma non aveva mica intenzioni serie, lui. Voleva solo approfittare della solitudine di Rubina.
Bibo, che si intendeva bene di razze, aveva capito a quale tipo apparteneva Vittorio; mentre Rubina, be’… lasciamo perdere.
Ti innamori di chi ti fa gli occhi dolci, senza mai riuscire a capire il cuore della gente. Per questo, a volte inciampi, cadi e ti fai male, le diceva spesso Bibo con gli occhi; le si accucciava accanto e cercava di consolarla nei momenti tristi.
Bibo aveva sorpreso Vittorio a sussurrare a Dario: “Fatti da parte, piccolino, il cuore di tua mamma sarà tutto mio.” Non era la prima volta che lo scopriva a bisbigliare frasi simili; e ogni volta che accadeva, Bibo reagiva abbaiando.
E come finiva? Be’, finiva sempre alla stessa maniera: «Basta Bibo!» lo rimproverava Rubina. «Sei un gran maleducato. Se continui così ti chiuderò in balcone.» Poi concludeva «Scusami Vittorio, non capisco cose gli prenda.»
«Dovresti riportarlo al canile» suggeriva lui, e lo diceva in presenza di Bibo, come se il cane non fosse in grado di capire nulla.
Andato via Vittorio, lei rimaneva per lunghi momenti a fissare Bibo chiedendosi il perché del suo comportamento senza, però, sapersi dare mai una risposta.
Proprio il giorno prima Vittorio aveva fissato negli occhi Bibo ripetendo, più o meno, lo stesso concetto: “Qui non ci sarà posto nemmeno per te, piccolo bastardo. Fattene una ragione.” E Bibo era rimasto tutta la sera vicino a Dario, ai piedi del suo lettino, in preda al timore per un pericolo così difficile da scampare.
Bibo, chiuso ancora fuori, non immaginava proprio di litigare con Rubina nel giorno di Natale; È il giorno dei miracoli! Pensava. I bambini più sfortunati ricevono regali dai benefattori e le famiglie si riappacificano.
Bibo, ancora bloccato fuori, rimugina su come farsi perdonare. Fa vanti e indietro lungo il balcone in cerca di una soluzione quando, all'improvviso, il rumore di uno sportello d'auto che si chiude lo fa voltare di scatto. Rizza le orecchie, avvista Vittorio e comincia ad agitarsi.
Sei venuto a buttarmi fuori da casa mia? Pensa, e gli ringhia dal balcone.
Il traditore ha un mazzo di fiori in mano e si appresta a fare il galante. Oggi ci saranno pure i parenti più cari di Rubina. Verrà anche nonna Orietta che rimarrà con noi per qualche giorno prima di tornare in paese, e Vittorio reciterà il copione per farsi accogliere in famiglia, medita Bibo. Non illuderti, a te ci penso io. Conclude.
Mi chiamo Bibo e oggi è capodanno. Non tocco cibo dal giorno di Santo Stefano, cioè da quando Vittorio, con una silenziosa Rubina, è venuto a scaricarmi qui: un canile abbandonato da Dio.
Ho perso tutto per colpa di quell’umano che di umano non ha proprio nulla. Cosa ne sarà della mia Rubina? E del mio piccolo Dario?
Adesso vi racconto cosa è successo a Natale da quando Rubina venne ad aprire il balcone dove mi aveva relegato.
Non so se venne perché mi aveva sentito abbaiare oppure perché aveva percepito l’odore di Vittorio; anche gli umani, in alcuni casi, mostrano un discreto olfatto, ma non sono sicuro, al cento per cento, che quello sia stato il caso giusto. Aveva il piccolo Dario in braccio, lo accarezzava e lui si beava appagato da tanta dolcezza. Così, smesso di abbaiare, guardavo estasiato la mia meravigliosa famiglia. Rubina è una donna e sa come si accarezza un bambino, mi dicevo mentre Vittorio non sa come si accarezza una donna. Dovevo stare allerta, ma portare anche pazienza per non rovinare il Natale a nessuno, dopo essere stato riaccolto in casa.
Alla spicciolata arrivarono tutti, erano stracarichi di pacchi e pacchettini e io saltellavo pazzo di gioia. Lo zio Nicola venne per primo a salutarmi e io ricambiai il suo affetto con lunghe slinguazzate sul suo viso.
Il pranzo si svolse in gioiosa serenità. Io e Vittorio ci ignorammo per tutto il tempo come due esseri civili. Ma la tregua, ahimè, finì al momento dei regali.
Mi ero apprestato anch’io perché lo zio Nicola mi aveva richiamato indicandomi un pacchetto. Era un nuovo osso per i miei denti? Oppure erano dei croccantini al tartufo nero? L’aria era carica di elettricità, ognuno di non noi non vedeva l’ora di scartare il proprio regalo. I più belli sarebbero stati quelli destinati a Rubina. Tutti le volevano un gran bene.
Ci affollammo intorno all’albero, qualcuno masticava un torroncino, altri tenevano ancora in mano il bicchiere con lo spumante.
L’infido Vittorio era alle mie spalle e, mentre io non stavo più nella pelliccia in attesa di scartare il mio regalo, lui mi pestò la coda con tale violenza che non potei fare a meno di spiccare un salto a molla. Guaii di dolore e finii rovinosamente sui pacchi che stavano sotto l’albero, facendolo cadere nuovamente. L’albero, a sua volta, trascinò con sé il vassoio con i dolci che stava sul mobile.
La crema finì un po’ dappertutto, anche sui pantaloni di zio Nicola e un bignè si catapultò sulla testa di zia Eleonora. Mi diedi alla fuga, ma disgraziatamente mi tirai dietro il filo delle luci colorate facendo cadere nonna Orietta. La poveretta lanciò un urlo di dolore che mi risuona ancore nelle orecchie.
Quando mi resi conto che Rubina, china a quattro zampe, piangeva cercando di ripulire il pastrocchio, capii che per me sarebbe finita male.
Infatti!
Vittorio, presa la palla al balzo, decretò: questo cane è incorreggibile, va portato al canile.
Sull’onda del disastro, tutti furono d’accordo.
Il fatto che fossi andato a nascondermi sotto il tavolo da pranzo, accucciato come un cane bastonato, non commosse nessuno. D’improvviso ero diventato un cane maledetto, un bastardo, un… Tutta una serie di epiteti che non sto qui a ripetere, tanto mi fanno male.
Quando giunse l’ambulanza per portare via nonna Orietta, ci mancò poco che sulla crema spiaccicata a terra non scivolasse anche il medico soccorritore. Inginocchiato a controllare la caviglia della nonna, il medico incrociò il mio sguardo sotto il tavolo, mentre ascoltava le accuse contro di me “è stata colpa di quel cane pazzo, all’improvviso si è avventato contro l’albero creando questo disastro” Non so dirvi come, ma ho avvertito una certa comprensione da parte sua. Con gli occhi sembrava dire: È andata davvero così? Se potessi ascoltare la tua versione sono certo che sarebbe diversa.”
Questo è quanto accaduto nella festa più bella dell’anno.
E adesso, imprigionato insieme ad altri poveri disgraziati come me, piango la mia felicità perduta.
Ma… cosa succede?
Rizzo le orecchie, sento nell’aria odore di casa. Infilo il muso tra le barre della mia cella e non credo ai mei occhi.
Rubina sta correndo verso me e non è sola. Con lei c’è il medico soccorritore, non capisco, mi sembra si tengano per mano.
Rimango immobile, credo di avere le allucinazioni. Sì, è così, sarà per il digiuno prolungato, meglio non farsi illusioni.
Qualcuno apre il catenaccio e braccia cariche di affetto mi stringono. Non reagisco perché non posso credere sia Rubina ad abbracciarmi così forte.
«Sei offeso?» Mi dice, «Hai ragione, ma non devi avercela con me. Adesso so che mi volevi difendere, perdonami Bibo. E se no fosse stato per quell’incidente del giorno di Natale non lo avrei mai capito.» Mi scuote la testa e mi da lunghi baci.
Io credo ancora di avere le allucinazioni. Davanti a me non può esserci Rubina che mi parla con tanta dolcezza. Ho mandato a gambe per aria nonna Orietta che si sarà rotta il femore o, peggio ancora, il bacino. Mio Dio, come starà adesso?»
«Avevi ragione su Vittorio» riprende lei, «e se non fosse stato per Michele…» si ferma, indica il medico, si scambiano sorrisi. «Nonna Orietta sta bene, si è solo slogata la caviglia.»
Sa che capisco ogni cosa, e la notizia mi riempie di gioia.
Rubina continua ad abbracciarmi, a stringermi forte e io posso finalmente credere che tutto ciò che sta accadendo è vero. Fa l’occhiolino a Michele e riprende: «Lui, con la scusa di volere controllare la sua paziente, è tornato ogni giorno, fino a conquistare quel briciolo di confidenza per confessarmi chi era veramente Vittorio: Un uomo geloso, subdolo e violento.»
Ma come faceva a saperlo? le chiedo con i miei occhi parlanti.
Rubina mi spiga: «Qualche anno fa, Michele ha soccorso una donna picchiata dal suo compagno. E sai chi era stato a picchiarla? Proprio Vittorio. Rivedendolo lì con il braccio sulla mia spalla, Michele ha sentito il dovere di avvertirmi.»
Rubina mi abbraccia ancora più forte, io scoppio di gioia, e comincio ad abbracciarla a modo mio. Saltello e scodinzolo, anche se ho poche forze per il troppo digiunare.
«L’incubo è finito» mi dice Michele, e Rubina conclude la frase: «Forza, andiamo, Dario e nonna Orietta ti aspettano.»
Trotterello davanti a Miche e Rubina. Passo davanti alle gabbie e auguro buon anno ai cani che non hanno la mia stessa fortuna.
Michele mi apre lo sportello della sua jeep e mi abbassa il finestrino. Come fa a sapere che quando andiamo in macchina mi piace tenere la testa fuori?
Comincia il viaggio più bello della mia vita: destinazione casa.
E intanto, mi chiedo: ci saranno ancora le luci colorate?
Commento
Bibo adorava il Natale, non riusciva proprio a capacitarsi di come potesse arrivare solo una volta all'anno. Tutti quei luccichii colorati che brillavano seguendo un ritmo, le ghirlande scintillanti, le palline che pendevano dai rami e le bacche rosse sui centrotavola... Peccato che presto o tardi sarebbero spariti.
L'importante, però, era che adesso fossero lì: tutta la casa era come un grande Luna Park a sua disposizione. Sollevò orecchie e coda e balzò in alto, lungo quel buffo abete.
Il fracasso che giunse fino in cucina coprì il cozzare di pentole e coperchi.
Rubina, che stava spignattando, mollò tutto e accorse in salone.
Bibo cercò di sparire dietro la tenda, ma le sue zampe lo tradirono, e così dovette sorbirsi una bella strigliata.
«Fuori da qui» strillò Rubina. «Rimarrai in balcone fino a nuovo ordine. Sei un vero mascalzone. Hai deciso di rovinarmi il Natale?”
Bibo provò a parlarle con gli occhi, come faceva sempre: «Non voglio rovinarti un bel nulla, ho solo visto Babbo Natale in difficoltà sull’albero; lo hai appeso per il collo e si stava strozzando.»
Rubina, però, non aveva tempo per guardare Bibo negli occhi; lo spinse fuori e serrò gli infissi.
Osservato il disastro, la giovane donna constatò che, in realtà, non si era rotto nulla. D'altronde dato che Dario, il suo piccolino, aveva cominciato a gattonare, aveva deciso di usare solo palline infrangibili. Il frastuono lo aveva causato un vassoietto di latta che stava sulla credenza; nella caduta, l’albero lo aveva trascinato giù, ed ecco motivo dell’esibizione sonora.
Rimesso in piedi l’albero, Rubina se ne tornò in cucina.
Dunque oggi è Natale! Pensò Bibo che aveva seguito la scena dall’esterno.
Avrebbe dovuto capirlo dalle lasagne stese ad asciugare sul bancone della cucina, dall’arrosto che di primo mattino sfrigolava già dentro al forno e da tutte quelle tartine imburrate pronte per essere guarnite.
Come aveva fatto a non pensarci, visto quel trambusto in cucina?
Hum, allora tutto bene pensava ancora Bibo, Rubina mi perdonerà presto.
Teneva il muso appiccicato al vetro, nella speranza di vedere tornare la sua padrona da un momento all’altro. Ma era già passata più di un’ora, possibile che lo lasciasse ancora fuori con il freddo che faceva?
A breve sarebbero arrivati gli invitati. Di solito, tutti facevano le coccole a Bibo che, mettendosi con la pancia all’aria, se le godeva alla grande.
Zio Nicola aveva l'abitudine di portargli il regalo, lo metteva sotto l’albero come fosse uno di loro, e il cane, un bastardino dal pelo rossiccio, avrebbe fatto salti di gioia.
Mentre, accucciato, aspettava con pazienza che Rubina lo perdonasse, lo assalì un brutto presentimento, E se tra gli in vitati c’è anche Vittorio? Hum.
Le cose a quel punto si sarebbero messe molto male per Bibo.
Vittorio non la raccontava giusta, ma in quella casa gli unici ad averlo capito sembravano essere soltanto Bibo e Dario.
Dario, però, era troppo piccolo e non parlava ancora; cioè, parlava, ma non lo capiva nessuno. Solo Bibo comprendeva quei “goghidi, goghidi gammi, prumm prumm” Era questa, al momento, la lingua di Dario, e per Bibo non era un problema. Loro due si intendevano a meraviglia.
Da quando Rubina era rimasta sola con il suo bimbo da crescere, Vittorio aveva cominciato a ronzarle intorno, ma non aveva mica intenzioni serie, lui. Voleva solo approfittare della solitudine di Rubina.
Bibo, che si intendeva bene di razze, aveva capito a quale tipo apparteneva Vittorio; mentre Rubina, be’… lasciamo perdere.
Ti innamori di chi ti fa gli occhi dolci, senza mai riuscire a capire il cuore della gente. Per questo, a volte inciampi, cadi e ti fai male, le diceva spesso Bibo con gli occhi; le si accucciava accanto e cercava di consolarla nei momenti tristi.
Bibo aveva sorpreso Vittorio a sussurrare a Dario: “Fatti da parte, piccolino, il cuore di tua mamma sarà tutto mio.” Non era la prima volta che lo scopriva a bisbigliare frasi simili; e ogni volta che accadeva, Bibo reagiva abbaiando.
E come finiva? Be’, finiva sempre alla stessa maniera: «Basta Bibo!» lo rimproverava Rubina. «Sei un gran maleducato. Se continui così ti chiuderò in balcone.» Poi concludeva «Scusami Vittorio, non capisco cose gli prenda.»
«Dovresti riportarlo al canile» suggeriva lui, e lo diceva in presenza di Bibo, come se il cane non fosse in grado di capire nulla.
Andato via Vittorio, lei rimaneva per lunghi momenti a fissare Bibo chiedendosi il perché del suo comportamento senza, però, sapersi dare mai una risposta.
Proprio il giorno prima Vittorio aveva fissato negli occhi Bibo ripetendo, più o meno, lo stesso concetto: “Qui non ci sarà posto nemmeno per te, piccolo bastardo. Fattene una ragione.” E Bibo era rimasto tutta la sera vicino a Dario, ai piedi del suo lettino, in preda al timore per un pericolo così difficile da scampare.
Bibo, chiuso ancora fuori, non immaginava proprio di litigare con Rubina nel giorno di Natale; È il giorno dei miracoli! Pensava. I bambini più sfortunati ricevono regali dai benefattori e le famiglie si riappacificano.
Bibo, ancora bloccato fuori, rimugina su come farsi perdonare. Fa vanti e indietro lungo il balcone in cerca di una soluzione quando, all'improvviso, il rumore di uno sportello d'auto che si chiude lo fa voltare di scatto. Rizza le orecchie, avvista Vittorio e comincia ad agitarsi.
Sei venuto a buttarmi fuori da casa mia? Pensa, e gli ringhia dal balcone.
Il traditore ha un mazzo di fiori in mano e si appresta a fare il galante. Oggi ci saranno pure i parenti più cari di Rubina. Verrà anche nonna Orietta che rimarrà con noi per qualche giorno prima di tornare in paese, e Vittorio reciterà il copione per farsi accogliere in famiglia, medita Bibo. Non illuderti, a te ci penso io. Conclude.
Mi chiamo Bibo e oggi è capodanno. Non tocco cibo dal giorno di Santo Stefano, cioè da quando Vittorio, con una silenziosa Rubina, è venuto a scaricarmi qui: un canile abbandonato da Dio.
Ho perso tutto per colpa di quell’umano che di umano non ha proprio nulla. Cosa ne sarà della mia Rubina? E del mio piccolo Dario?
Adesso vi racconto cosa è successo a Natale da quando Rubina venne ad aprire il balcone dove mi aveva relegato.
Non so se venne perché mi aveva sentito abbaiare oppure perché aveva percepito l’odore di Vittorio; anche gli umani, in alcuni casi, mostrano un discreto olfatto, ma non sono sicuro, al cento per cento, che quello sia stato il caso giusto. Aveva il piccolo Dario in braccio, lo accarezzava e lui si beava appagato da tanta dolcezza. Così, smesso di abbaiare, guardavo estasiato la mia meravigliosa famiglia. Rubina è una donna e sa come si accarezza un bambino, mi dicevo mentre Vittorio non sa come si accarezza una donna. Dovevo stare allerta, ma portare anche pazienza per non rovinare il Natale a nessuno, dopo essere stato riaccolto in casa.
Alla spicciolata arrivarono tutti, erano stracarichi di pacchi e pacchettini e io saltellavo pazzo di gioia. Lo zio Nicola venne per primo a salutarmi e io ricambiai il suo affetto con lunghe slinguazzate sul suo viso.
Il pranzo si svolse in gioiosa serenità. Io e Vittorio ci ignorammo per tutto il tempo come due esseri civili. Ma la tregua, ahimè, finì al momento dei regali.
Mi ero apprestato anch’io perché lo zio Nicola mi aveva richiamato indicandomi un pacchetto. Era un nuovo osso per i miei denti? Oppure erano dei croccantini al tartufo nero? L’aria era carica di elettricità, ognuno di non noi non vedeva l’ora di scartare il proprio regalo. I più belli sarebbero stati quelli destinati a Rubina. Tutti le volevano un gran bene.
Ci affollammo intorno all’albero, qualcuno masticava un torroncino, altri tenevano ancora in mano il bicchiere con lo spumante.
L’infido Vittorio era alle mie spalle e, mentre io non stavo più nella pelliccia in attesa di scartare il mio regalo, lui mi pestò la coda con tale violenza che non potei fare a meno di spiccare un salto a molla. Guaii di dolore e finii rovinosamente sui pacchi che stavano sotto l’albero, facendolo cadere nuovamente. L’albero, a sua volta, trascinò con sé il vassoio con i dolci che stava sul mobile.
La crema finì un po’ dappertutto, anche sui pantaloni di zio Nicola e un bignè si catapultò sulla testa di zia Eleonora. Mi diedi alla fuga, ma disgraziatamente mi tirai dietro il filo delle luci colorate facendo cadere nonna Orietta. La poveretta lanciò un urlo di dolore che mi risuona ancore nelle orecchie.
Quando mi resi conto che Rubina, china a quattro zampe, piangeva cercando di ripulire il pastrocchio, capii che per me sarebbe finita male.
Infatti!
Vittorio, presa la palla al balzo, decretò: questo cane è incorreggibile, va portato al canile.
Sull’onda del disastro, tutti furono d’accordo.
Il fatto che fossi andato a nascondermi sotto il tavolo da pranzo, accucciato come un cane bastonato, non commosse nessuno. D’improvviso ero diventato un cane maledetto, un bastardo, un… Tutta una serie di epiteti che non sto qui a ripetere, tanto mi fanno male.
Quando giunse l’ambulanza per portare via nonna Orietta, ci mancò poco che sulla crema spiaccicata a terra non scivolasse anche il medico soccorritore. Inginocchiato a controllare la caviglia della nonna, il medico incrociò il mio sguardo sotto il tavolo, mentre ascoltava le accuse contro di me “è stata colpa di quel cane pazzo, all’improvviso si è avventato contro l’albero creando questo disastro” Non so dirvi come, ma ho avvertito una certa comprensione da parte sua. Con gli occhi sembrava dire: È andata davvero così? Se potessi ascoltare la tua versione sono certo che sarebbe diversa.”
Questo è quanto accaduto nella festa più bella dell’anno.
E adesso, imprigionato insieme ad altri poveri disgraziati come me, piango la mia felicità perduta.
Ma… cosa succede?
Rizzo le orecchie, sento nell’aria odore di casa. Infilo il muso tra le barre della mia cella e non credo ai mei occhi.
Rubina sta correndo verso me e non è sola. Con lei c’è il medico soccorritore, non capisco, mi sembra si tengano per mano.
Rimango immobile, credo di avere le allucinazioni. Sì, è così, sarà per il digiuno prolungato, meglio non farsi illusioni.
Qualcuno apre il catenaccio e braccia cariche di affetto mi stringono. Non reagisco perché non posso credere sia Rubina ad abbracciarmi così forte.
«Sei offeso?» Mi dice, «Hai ragione, ma non devi avercela con me. Adesso so che mi volevi difendere, perdonami Bibo. E se no fosse stato per quell’incidente del giorno di Natale non lo avrei mai capito.» Mi scuote la testa e mi da lunghi baci.
Io credo ancora di avere le allucinazioni. Davanti a me non può esserci Rubina che mi parla con tanta dolcezza. Ho mandato a gambe per aria nonna Orietta che si sarà rotta il femore o, peggio ancora, il bacino. Mio Dio, come starà adesso?»
«Avevi ragione su Vittorio» riprende lei, «e se non fosse stato per Michele…» si ferma, indica il medico, si scambiano sorrisi. «Nonna Orietta sta bene, si è solo slogata la caviglia.»
Sa che capisco ogni cosa, e la notizia mi riempie di gioia.
Rubina continua ad abbracciarmi, a stringermi forte e io posso finalmente credere che tutto ciò che sta accadendo è vero. Fa l’occhiolino a Michele e riprende: «Lui, con la scusa di volere controllare la sua paziente, è tornato ogni giorno, fino a conquistare quel briciolo di confidenza per confessarmi chi era veramente Vittorio: Un uomo geloso, subdolo e violento.»
Ma come faceva a saperlo? le chiedo con i miei occhi parlanti.
Rubina mi spiga: «Qualche anno fa, Michele ha soccorso una donna picchiata dal suo compagno. E sai chi era stato a picchiarla? Proprio Vittorio. Rivedendolo lì con il braccio sulla mia spalla, Michele ha sentito il dovere di avvertirmi.»
Rubina mi abbraccia ancora più forte, io scoppio di gioia, e comincio ad abbracciarla a modo mio. Saltello e scodinzolo, anche se ho poche forze per il troppo digiunare.
«L’incubo è finito» mi dice Michele, e Rubina conclude la frase: «Forza, andiamo, Dario e nonna Orietta ti aspettano.»
Trotterello davanti a Miche e Rubina. Passo davanti alle gabbie e auguro buon anno ai cani che non hanno la mia stessa fortuna.
Michele mi apre lo sportello della sua jeep e mi abbassa il finestrino. Come fa a sapere che quando andiamo in macchina mi piace tenere la testa fuori?
Comincia il viaggio più bello della mia vita: destinazione casa.
E intanto, mi chiedo: ci saranno ancora le luci colorate?