[CE24-2] Vamos a la playa - Monica
Posted: Mon Aug 26, 2024 5:26 pm
Vamos a la playa - Monica
Estate 1983
Mentre il treno rallenta all’ingresso di Loano, guardo fuori dal finestrino cercando di immaginare le storie che potrò scrivere da questo piccolo angolo della Liguria.
Ho vent’anni, una matita dietro l'orecchio e un quaderno di appunti nella borsa, pronta a catturare qualsiasi dettaglio che potrebbe trasformarsi in un buon articolo. Prima di scendere mi specchio nel vetro: i finti Rayban fanno il loro dovere, il taglio mullet mette in risalto il viso piccolo; se fossi muta potrebbero scambiarmi per una straniera in gita. Sorrido pensando al soprannome che mi ha affibbiato il mio nonno: “la tedesca”. Indosso pantaloncini di jeans scoloriti, una Lacoste bianca, comodissime ballerine color verde menta e un braccialetto acquistato al concerto di Vasco Rossi a Bergamo che è diventato come una seconda pelle per me.
Il sole splende già alto, la stazione è piccola, il tipico mix tra il vecchio e il nuovo che avanza.
Sistemo alla meglio le spalline di gommapiuma alle quali non potrei mai rinunciare (giuro che se potessi le inserirei anche sotto le spalline del costume) e carico sulle spalle il borsone zeppo di costumi, creme solari, cassette per il walkman e libri che porto dietro per la coscienza. Prima o poi finirò di leggerli.
Patty, la mia compagna ligure del corso di giornalismo all’Università, è in ritardo. Come sempre.
“Perché non vieni qualche giorno al mare a Loano? È bellissima e poi si può andare a ballare ai “Ai Pozzi”. È pieno di vip… magari ci scappa pure un’intervista.”
Magari… L’idea mi ha convinta. La mia carriera decollerebbe più veloce di un Concorde se riuscissi a beccare qualche personaggio famoso.
Alzo lo sguardo e riconosco in lontananza la mia amica. Indossa una maglietta gialla con un disegno di frutta esotica scintillante di paillettes; le piace stare al centro dell’attenzione.
Mi raggiunge zoppicando. Ha un piede ingessato, se lo è fratturato giocando a volley sulla spiaggia. Come dire: vacanza finita prima d’iniziare. Addio danze.
Le sorrido comprensiva anche se, in realtà, vorrei salire di nuovo sul treno e tornare a casa. Ma tant’è.
Mi guardo intorno respirando a fondo l’aria che odora di salmastro e di sole. Il posto appare molto accogliente, un viale di palme che ondeggiano alla brezza marina dà l’illusione di trovarsi in qualche spiaggia tropicale. Patty mi offre la chiave della sua cabina e mi dice che posso usare il suo ombrellone ai Bagni Torino, tanto lei non potrà venire in spiaggia per qualche settimana.
Non è certo la vacanza che immaginavo, ma ne approfitterò per per mettere alla prova me stessa e la mia capacità di osservare e ascoltare. Sarà utile per esercitarmi nel mio futuro mestiere.
Mentre cammino verso il mare, con il quaderno di appunti ben stretto tra le mani, scruto il paesaggio: le case color pastello, le insegne delle gelaterie, i turisti che si dirigono verso la spiaggia con asciugamani e ombrelloni. Le civette davanti alle edicole sono occupate dal volto sorridente di Emanuela Orlandi.
Ovunque mi giri, in questi giorni non si parla d’altro. La storia della ragazza scomparsa negli ambienti del Vaticano è diventata una sorta di ossessione collettiva. Anch’io mi chiedo che fine abbia fatto e se verrà mai ritrovata. Il suo sorriso getta un’ombra cupa sulla spensieratezza di queste giornate estive. Sospiro.
L’altoparlante diffonde il tormentone del momento.
Vamos a la playa…
Detesto questa canzone che viene trasmessa a ripetizione dappertutto. Non capisco come possa avere tutto il successo che ha: si parla di una bomba atomica che esplode e siamo in piena guerra fredda… il tutto condito da una melodia spensierata.
Ci può essere qualcosa di più assurdo? Mi vengono i brividi se penso che anche i bambini la canticchiano come nulla fosse. Frugo nella borsa alla ricerca del mio walkman. Inserisco la cassetta e alzo il volume. Le note di “Vita spericolata” mi riconciliano per qualche minuto con la musica.
Finalmente raggiungo la spiaggia. La sabbia è un nastro dorato che orla il tessuto morbido della risacca; si respira profumo d’azzurro, di salsedine e di olio solare al cocco. Allungo lo sguardo verso i bagnanti sulla riva. Spero che il mare non diventi subito troppo profondo perché non so nuotare… appena l’acqua mi arriva all’ombelico, mi sento mancare il respiro e devo uscire.
Nell’ombrellone accanto al mio c’è una ragazza sdraiata sul lettino immersa nella lettura di un libro. Ha capelli castani corti che riflettono i raggi dorati del sole. Indossa un bikini alla moda, con un top a triangolo e slip a vita alta, decorato con motivi floreali dai colori vivaci. La pelle è leggermente abbronzata, porta occhiali da sole con lenti scure e montatura in plastica bianca. Ai polsi, braccialetti colorati e di conchiglie che tintinnano ogni volta che gira la pagina. Sul tavolino dell’ombrellone una bottiglia di acqua fresca a giudicare dal vetro ancora leggermente appannato.
Deve sentirsi osservata perché chiude il libro, si alza dal lettino e mi raggiunge.
Non sono una persona molto incline a socializzare ma la ragazza è così accogliente che non posso fare a meno di ricambiare il sorriso.
«Ciao! Tu devi essere l’amica di Patty, mi ha parlato tanto di te in questi giorni. Non vedeva l’ora che tu arrivassi, peccato si sia fatta male…»
«Sì, una bella sfortuna e vacanze rovinate. Sono Monica, piacere.»
«E io Mariangela. Se vuoi puoi unirti a me e ai miei amici per qualche partita a volley con noi visto che abbiamo Patty fuori uso per un po’…»
Rifletto un attimo.
«Ti avverto che sono un po’ arrugginita…»
Vamos a la playa… Il tormentone sparato ad alto volume copre le nostre grida tra una “schiacciata” e un “bagher”.
Le giornate ci aspettano come pagine bianche, pronte per essere scritte, tra partite di pallavolo sulla sabbia, camminate sul lungomare e serate che finiscono solo quando il primo sole dell'alba ci ricorda che un altro giorno sta per cominciare.
«Stasera vorrei portarti all’osservatorio astronomico. Se non hai mai visto la Luna al telescopio hai perso qualcosa di spettacolare!»
Non mi aspettavo questa proposta, avrei preferito andare in discoteca, ma l’entusiasmo di Mariangela è contagioso e poi non ho mai visto un osservatorio fino a oggi.
Prendo il mio quaderno per gli appunti e la seguo in questa nuova avventura.
«Stanotte la Luna e Giove saranno in congiunzione» dice l’astronomo con una certa enfasi.
Il prato antistante l’osservatorio è pieno di gente che lo ascolta a bocca aperta. Nella piccola cupola astronomica c’è un telescopio. Facciamo la fila per entrare. Davanti a noi c’è anche una bambina che non sta zitta un attimo e fa un sacco di domande. Sembra uscita da una rivista: ha lunghe trecce bionde che scendono da un delizioso cappellino di paglia color fucsia sul quale sono applicate delle margheritine di stoffa. Sorrido. Anch’io, se avessi un cappellino così, non vorrei toglierlo neppure di notte. I due “santi” che fanno fatica a starle dietro devono essere i nonni. Penso che non abbia più di sei anni.
L’astronomo la fa salire su una piccola scaletta e la solleva un po’ con le braccia per consentirle di appoggiare l’occhio sull’oculare fra gridolini di meraviglia.
Arriva anche il nostro turno. In effetti sembra quasi di poter toccare la Luna allungando le mani. È come se la vastità del cielo mi risucchiasse. Trattengo il respiro. Uscendo dall’osservatorio barcollo come fossi ubriaca.
Mariangela mi osserva divertita. Forse devo sembrarle un po’ matta.
La mattina arriva troppo presto, stanotte non sono riuscita a chiudere occhio.
Prima di andare in spiaggia mi fermo a casa di Patty per fare colazione e la inondo con un fiume di chiacchiere.
«Non è che mi lasci il corso di giornalismo per frequentare astronomia, eh?»
La guardo storta.
«Lo sai che a matematica sono una schiappa! Ma studiando… chissà!»
«Mi ha detto Mariangela che avete tenuto alto l’onore della squadra.»
«Ce la siamo cavata. Io, almeno, sono ancora tutta intera» le faccio l’occhiolino.
Ridiamo di cuore.
Vamos a la playa… Prima o o poi prenderò a sassate quell’altoparlante.
Mariangela è già stesa al sole. Io preferisco fare due passi sulla battigia. Ultimo giorno di vacanza. Faccio un bilancio mentale: non ho intervistato alcun personaggio famoso, neppure sono riuscita ad avvistarne qualcuno. Ai Pozzi c’era troppa gente e la musica così alta da non riuscire a parlare. Non è accaduto nulla da poter meritare un articolo neppure per il giornale di facoltà… eppure mi sento felice. Spruzzi di spuma di mare bagnano i miei passi che scrocchiano ogni volta che m’imbatto nelle piccole conchiglie disseminate sulla riva.
Sono assorta quando vedo galleggiare un cappellino rosa fucsia con delle margheritine. Con la coda dell’occhio noto che sulla riva si è creato un capannello di persone. In un attimo mi trovo a correre così forte che sbatto a destra e sinistra sulle sdraie come una mosca intontita.
«Mariangela, la bambina dell’osservatorio…» balbetto indicandole il mare.
Lei si alza di scatto e, senza chiedermi altro, raggiunge la riva tuffandosi senza esitare. Poco dopo esce dall’acqua col cappellino in mano. Scuote la testa, trascina le gambe come fossero di piombo.
Vamos a la playa…
Sento l’acido del vomito bruciarmi la gola.
Dal capannello esce una donna. La riconosco: è la nonna della bambina delle stelle. Si avvicina a Mariangela e l’abbraccia.
Non capisco, non sembra disperata.
«Grazie per averlo ripescato! La mia nipotina ci stava facendo diventare matti perché una ventata glielo aveva portato via!»
Lei nota i nostri occhi arrossati e si schermisce.
«Il suo papà glielo ha riportato come regalo da un viaggio in America… le piace così tanto che vorrebbe tenerlo anche per dormire.» Si volta e, a voce alta, la chiama: «Caterina, vieni qui a ringraziare queste signorine!»
La piccolina saltella verso di noi. Mariangela le porge il cappellino e lei lo indossa subito anche se è zuppo d’acqua. Ci regala un sorriso stellare mentre le note di Vamos a la playa vibrano nell’aria. Non mi sono mai sembrate più gioiose di così. Non servono parole, io e Mariangela cominciamo a ballare seguite da altri bagnanti in una sorta di festa improvvisata che trasforma la spiaggia in un onda variopinta e spumeggiante.
Salgo sul treno, tengo il mio quaderno aperto sulle ginocchia. Forse non scriverò un articolo da prima pagina ma non voglio dimenticare neppure un dettaglio di questa vacanza, Vamos a la playa inclusa.
***
Estate 2024
Dopo quaranta rivoluzioni terrestri, sono corsa a cercare gli appunti di quella bella vacanza. Ho riascoltato Vamos a la playa, una canzonetta che tuttora mi fa venire i brividi ma che, per assurdo, è legata a un bel periodo della mia vita.
Oggi il cielo è parte di me. Potrei passare ore col naso all’insù e lasciarmi avvolgere dalla notte e dai suoi misteri. Mi sento totalmente appartenente all’Universo. In fondo, non siamo che una parte del tutto. Ogni singola, apparentemente insignificante particella, è un mattone che costituisce tutto ciò a cui apparteniamo, inclusi noi stessi, in una sorta di mirabile e misterioso ingranaggio.
Penso alla strana combinazione che ha voluto ricongiungere due particelle affini nel cielo della rete telematica, in un punto in cui si costruiscono mondi virtuali.
Un punto in cui io ho due chiocciole (di mare?) davanti al nickname, e Mariangela è Poeta Zaza, dalla sua antica passione. E, per un gioco di scrittura, scriviamo la stessa storia sotto lo stesso cielo!
Estate 1983
Mentre il treno rallenta all’ingresso di Loano, guardo fuori dal finestrino cercando di immaginare le storie che potrò scrivere da questo piccolo angolo della Liguria.
Ho vent’anni, una matita dietro l'orecchio e un quaderno di appunti nella borsa, pronta a catturare qualsiasi dettaglio che potrebbe trasformarsi in un buon articolo. Prima di scendere mi specchio nel vetro: i finti Rayban fanno il loro dovere, il taglio mullet mette in risalto il viso piccolo; se fossi muta potrebbero scambiarmi per una straniera in gita. Sorrido pensando al soprannome che mi ha affibbiato il mio nonno: “la tedesca”. Indosso pantaloncini di jeans scoloriti, una Lacoste bianca, comodissime ballerine color verde menta e un braccialetto acquistato al concerto di Vasco Rossi a Bergamo che è diventato come una seconda pelle per me.
Il sole splende già alto, la stazione è piccola, il tipico mix tra il vecchio e il nuovo che avanza.
Sistemo alla meglio le spalline di gommapiuma alle quali non potrei mai rinunciare (giuro che se potessi le inserirei anche sotto le spalline del costume) e carico sulle spalle il borsone zeppo di costumi, creme solari, cassette per il walkman e libri che porto dietro per la coscienza. Prima o poi finirò di leggerli.
Patty, la mia compagna ligure del corso di giornalismo all’Università, è in ritardo. Come sempre.
“Perché non vieni qualche giorno al mare a Loano? È bellissima e poi si può andare a ballare ai “Ai Pozzi”. È pieno di vip… magari ci scappa pure un’intervista.”
Magari… L’idea mi ha convinta. La mia carriera decollerebbe più veloce di un Concorde se riuscissi a beccare qualche personaggio famoso.
Alzo lo sguardo e riconosco in lontananza la mia amica. Indossa una maglietta gialla con un disegno di frutta esotica scintillante di paillettes; le piace stare al centro dell’attenzione.
Mi raggiunge zoppicando. Ha un piede ingessato, se lo è fratturato giocando a volley sulla spiaggia. Come dire: vacanza finita prima d’iniziare. Addio danze.
Le sorrido comprensiva anche se, in realtà, vorrei salire di nuovo sul treno e tornare a casa. Ma tant’è.
Mi guardo intorno respirando a fondo l’aria che odora di salmastro e di sole. Il posto appare molto accogliente, un viale di palme che ondeggiano alla brezza marina dà l’illusione di trovarsi in qualche spiaggia tropicale. Patty mi offre la chiave della sua cabina e mi dice che posso usare il suo ombrellone ai Bagni Torino, tanto lei non potrà venire in spiaggia per qualche settimana.
Non è certo la vacanza che immaginavo, ma ne approfitterò per per mettere alla prova me stessa e la mia capacità di osservare e ascoltare. Sarà utile per esercitarmi nel mio futuro mestiere.
Mentre cammino verso il mare, con il quaderno di appunti ben stretto tra le mani, scruto il paesaggio: le case color pastello, le insegne delle gelaterie, i turisti che si dirigono verso la spiaggia con asciugamani e ombrelloni. Le civette davanti alle edicole sono occupate dal volto sorridente di Emanuela Orlandi.
Ovunque mi giri, in questi giorni non si parla d’altro. La storia della ragazza scomparsa negli ambienti del Vaticano è diventata una sorta di ossessione collettiva. Anch’io mi chiedo che fine abbia fatto e se verrà mai ritrovata. Il suo sorriso getta un’ombra cupa sulla spensieratezza di queste giornate estive. Sospiro.
L’altoparlante diffonde il tormentone del momento.
Vamos a la playa…
Detesto questa canzone che viene trasmessa a ripetizione dappertutto. Non capisco come possa avere tutto il successo che ha: si parla di una bomba atomica che esplode e siamo in piena guerra fredda… il tutto condito da una melodia spensierata.
Ci può essere qualcosa di più assurdo? Mi vengono i brividi se penso che anche i bambini la canticchiano come nulla fosse. Frugo nella borsa alla ricerca del mio walkman. Inserisco la cassetta e alzo il volume. Le note di “Vita spericolata” mi riconciliano per qualche minuto con la musica.
Finalmente raggiungo la spiaggia. La sabbia è un nastro dorato che orla il tessuto morbido della risacca; si respira profumo d’azzurro, di salsedine e di olio solare al cocco. Allungo lo sguardo verso i bagnanti sulla riva. Spero che il mare non diventi subito troppo profondo perché non so nuotare… appena l’acqua mi arriva all’ombelico, mi sento mancare il respiro e devo uscire.
Nell’ombrellone accanto al mio c’è una ragazza sdraiata sul lettino immersa nella lettura di un libro. Ha capelli castani corti che riflettono i raggi dorati del sole. Indossa un bikini alla moda, con un top a triangolo e slip a vita alta, decorato con motivi floreali dai colori vivaci. La pelle è leggermente abbronzata, porta occhiali da sole con lenti scure e montatura in plastica bianca. Ai polsi, braccialetti colorati e di conchiglie che tintinnano ogni volta che gira la pagina. Sul tavolino dell’ombrellone una bottiglia di acqua fresca a giudicare dal vetro ancora leggermente appannato.
Deve sentirsi osservata perché chiude il libro, si alza dal lettino e mi raggiunge.
Non sono una persona molto incline a socializzare ma la ragazza è così accogliente che non posso fare a meno di ricambiare il sorriso.
«Ciao! Tu devi essere l’amica di Patty, mi ha parlato tanto di te in questi giorni. Non vedeva l’ora che tu arrivassi, peccato si sia fatta male…»
«Sì, una bella sfortuna e vacanze rovinate. Sono Monica, piacere.»
«E io Mariangela. Se vuoi puoi unirti a me e ai miei amici per qualche partita a volley con noi visto che abbiamo Patty fuori uso per un po’…»
Rifletto un attimo.
«Ti avverto che sono un po’ arrugginita…»
Vamos a la playa… Il tormentone sparato ad alto volume copre le nostre grida tra una “schiacciata” e un “bagher”.
Le giornate ci aspettano come pagine bianche, pronte per essere scritte, tra partite di pallavolo sulla sabbia, camminate sul lungomare e serate che finiscono solo quando il primo sole dell'alba ci ricorda che un altro giorno sta per cominciare.
«Stasera vorrei portarti all’osservatorio astronomico. Se non hai mai visto la Luna al telescopio hai perso qualcosa di spettacolare!»
Non mi aspettavo questa proposta, avrei preferito andare in discoteca, ma l’entusiasmo di Mariangela è contagioso e poi non ho mai visto un osservatorio fino a oggi.
Prendo il mio quaderno per gli appunti e la seguo in questa nuova avventura.
«Stanotte la Luna e Giove saranno in congiunzione» dice l’astronomo con una certa enfasi.
Il prato antistante l’osservatorio è pieno di gente che lo ascolta a bocca aperta. Nella piccola cupola astronomica c’è un telescopio. Facciamo la fila per entrare. Davanti a noi c’è anche una bambina che non sta zitta un attimo e fa un sacco di domande. Sembra uscita da una rivista: ha lunghe trecce bionde che scendono da un delizioso cappellino di paglia color fucsia sul quale sono applicate delle margheritine di stoffa. Sorrido. Anch’io, se avessi un cappellino così, non vorrei toglierlo neppure di notte. I due “santi” che fanno fatica a starle dietro devono essere i nonni. Penso che non abbia più di sei anni.
L’astronomo la fa salire su una piccola scaletta e la solleva un po’ con le braccia per consentirle di appoggiare l’occhio sull’oculare fra gridolini di meraviglia.
Arriva anche il nostro turno. In effetti sembra quasi di poter toccare la Luna allungando le mani. È come se la vastità del cielo mi risucchiasse. Trattengo il respiro. Uscendo dall’osservatorio barcollo come fossi ubriaca.
Mariangela mi osserva divertita. Forse devo sembrarle un po’ matta.
La mattina arriva troppo presto, stanotte non sono riuscita a chiudere occhio.
Prima di andare in spiaggia mi fermo a casa di Patty per fare colazione e la inondo con un fiume di chiacchiere.
«Non è che mi lasci il corso di giornalismo per frequentare astronomia, eh?»
La guardo storta.
«Lo sai che a matematica sono una schiappa! Ma studiando… chissà!»
«Mi ha detto Mariangela che avete tenuto alto l’onore della squadra.»
«Ce la siamo cavata. Io, almeno, sono ancora tutta intera» le faccio l’occhiolino.
Ridiamo di cuore.
Vamos a la playa… Prima o o poi prenderò a sassate quell’altoparlante.
Mariangela è già stesa al sole. Io preferisco fare due passi sulla battigia. Ultimo giorno di vacanza. Faccio un bilancio mentale: non ho intervistato alcun personaggio famoso, neppure sono riuscita ad avvistarne qualcuno. Ai Pozzi c’era troppa gente e la musica così alta da non riuscire a parlare. Non è accaduto nulla da poter meritare un articolo neppure per il giornale di facoltà… eppure mi sento felice. Spruzzi di spuma di mare bagnano i miei passi che scrocchiano ogni volta che m’imbatto nelle piccole conchiglie disseminate sulla riva.
Sono assorta quando vedo galleggiare un cappellino rosa fucsia con delle margheritine. Con la coda dell’occhio noto che sulla riva si è creato un capannello di persone. In un attimo mi trovo a correre così forte che sbatto a destra e sinistra sulle sdraie come una mosca intontita.
«Mariangela, la bambina dell’osservatorio…» balbetto indicandole il mare.
Lei si alza di scatto e, senza chiedermi altro, raggiunge la riva tuffandosi senza esitare. Poco dopo esce dall’acqua col cappellino in mano. Scuote la testa, trascina le gambe come fossero di piombo.
Vamos a la playa…
Sento l’acido del vomito bruciarmi la gola.
Dal capannello esce una donna. La riconosco: è la nonna della bambina delle stelle. Si avvicina a Mariangela e l’abbraccia.
Non capisco, non sembra disperata.
«Grazie per averlo ripescato! La mia nipotina ci stava facendo diventare matti perché una ventata glielo aveva portato via!»
Lei nota i nostri occhi arrossati e si schermisce.
«Il suo papà glielo ha riportato come regalo da un viaggio in America… le piace così tanto che vorrebbe tenerlo anche per dormire.» Si volta e, a voce alta, la chiama: «Caterina, vieni qui a ringraziare queste signorine!»
La piccolina saltella verso di noi. Mariangela le porge il cappellino e lei lo indossa subito anche se è zuppo d’acqua. Ci regala un sorriso stellare mentre le note di Vamos a la playa vibrano nell’aria. Non mi sono mai sembrate più gioiose di così. Non servono parole, io e Mariangela cominciamo a ballare seguite da altri bagnanti in una sorta di festa improvvisata che trasforma la spiaggia in un onda variopinta e spumeggiante.
Salgo sul treno, tengo il mio quaderno aperto sulle ginocchia. Forse non scriverò un articolo da prima pagina ma non voglio dimenticare neppure un dettaglio di questa vacanza, Vamos a la playa inclusa.
***
Estate 2024
Dopo quaranta rivoluzioni terrestri, sono corsa a cercare gli appunti di quella bella vacanza. Ho riascoltato Vamos a la playa, una canzonetta che tuttora mi fa venire i brividi ma che, per assurdo, è legata a un bel periodo della mia vita.
Oggi il cielo è parte di me. Potrei passare ore col naso all’insù e lasciarmi avvolgere dalla notte e dai suoi misteri. Mi sento totalmente appartenente all’Universo. In fondo, non siamo che una parte del tutto. Ogni singola, apparentemente insignificante particella, è un mattone che costituisce tutto ciò a cui apparteniamo, inclusi noi stessi, in una sorta di mirabile e misterioso ingranaggio.
Penso alla strana combinazione che ha voluto ricongiungere due particelle affini nel cielo della rete telematica, in un punto in cui si costruiscono mondi virtuali.
Un punto in cui io ho due chiocciole (di mare?) davanti al nickname, e Mariangela è Poeta Zaza, dalla sua antica passione. E, per un gioco di scrittura, scriviamo la stessa storia sotto lo stesso cielo!