[CE24] Certo che mi piacciono i bambini
Posted: Mon Aug 05, 2024 4:55 pm
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Traccia n° 2: "Ma è ovvio! No?"
Tre chiamate perse e otto messaggi Whatsapp. Mamma non si è calmata, a quanto pare. Porterà pazienza, io per ora non ne ho abbastanza per affrontarla. Resto nascosta ancora per un po’. Ne ho bisogno. Oltretutto, sono loro che mi hanno condannata, messa al bando. La pecora nera della famiglia. Almeno me ne sto al bando dove dico io: al parco, a prendere il sole.
Cosa pretendono, che mi scusi? Che mi senta in colpa? Neanche si parlasse della loro vita, del loro corpo. E quelle facce sorprese, oltraggiate quasi.
D’accordo, ammetto che la maxi-grigliata di ferragosto in famiglia non fosse il momento più adatto per darne l'annuncio ufficiale, ma al quindicesimo: e tu, un bambino, quando lo fai? non ce l’ho fatta più a tacere.
«Mai, non voglio figli.»
«Parli così adesso, vedrai che tra un po’ cambi idea, l’orologio biologico inizierà a fare tic tac tic tac…»
«Il mio orologio sta bene, le mie certezze anche. Anzi, per andare sul sicuro, ho appuntamento tra due settimane per la chiusura delle tube.»
Ecco, magari parlare delle mie tube tra una costina di maiale e un boccone di luganega è stata una scelta osé. Pace, ormai è andata così.
Ma le reazioni, davvero, non me le aspettavo. Com’è possibile che non mi conoscano? Ancora passi per zii e cugini, ma la mamma, vederla cascare dalle nuvole mi ha fatto male.
«Ho sempre detto che non volevo figli, non è come se la cosa saltasse fuori di punto in bianco.»
«Sempre… Pensavo fossero idee da adolescente troppo cresciuta, mi dicevo che col tempo… E poi non è vero: da bambina passavi i pomeriggi a giocare ai bambolotti con le tue amiche.»
È vero. Solo che loro giocavano alla mamma, io ero la pediatra. Pensa a quanta attenzione mi prestava, per non essersene mai accorta. Fin da piccola sapevo che il genitore non era un ruolo per me. Eppure, niente, sorpresa generale: quasi trentadue anni che mi conoscono, e dicono di volermi bene, ma davano per scontato che un giorno avrei procreato.
Nemmeno il giorno in cui dissi che mi sarei iscritta ad architettura invece di farmacia avevano una faccia più delusa.
«E così hai deciso di non darmi dei nipotini.»
Quando recita la parte della vittima, papà è anche peggio della mamma. Come se Alberto e consorte non gliene avessero già sfornati tre, di nipoti. E tutti belli come il sole, che non guasta. Ha perpetuato la specie e ripreso la farmacia: avete già il figlio ideale, lasciatemi vivere! Figlio ideale che si è guardato bene dall’intervenire in mia difesa, il pusillanime. È rimasto zitto e ha continuato a mangiare salsiccia con gli occhi bassi. Vatti a fidare di un fratello maggiore.
Respira! Svuota la mente. Approfitta del sole che ti arrostisce la pelle e smetti di pensare a ieri. Respira, rilassati, approfitta di questo venerdì di ponte. Rilassa… «Ahia!» E questa palla da dove arriva?
Da quel gruppetto no, ne stanno già scalciando una; papà e figlia là giocano a racchettoni: assolti anche loro. Sbucata dal nulla? Ah, no: c’è un biondino con le ginocchia sbucciate che mi fissa da sotto il platano, laggiù. Pantaloncini e berretto di Bluey, esattamente come la palla. Non servono i talenti di Sherlock. Ma non guardarmi con quella faccia, piccolo, ti sembro una di quelle vecchie arpie che bucano i palloni per pura cattiveria? Cos’è, hai parlato con mia madre? Il tono con cui ha sibilato: e io che credevo che i bambini ti piacessero, neanche le avessi annunciato di sognare una carriera da copycat di Erode.
Certo che mi piacciono i bambini, più degli adulti, a volte, ma non sento il desiderio di averne di miei. Non sono nata per fare il genitore, ho un sacco di progetti ma dedicarmi corpo e anima allo sviluppo, protezione, educazione di un piccolo essere umano del tutto dipendente da me non ne fa parte. E mettere al mondo un bambino perché sennò cosa dirà la gente: no grazie. Mi basta veder crescere i miei nipoti e i figli delle mie amiche.
Egoista, questo fa di me un’egoista. Invece, quelli come mia cugina che partoriscono un figlio l’anno perché crescono così in fretta, non ne approfitti mai abbastanza. E poi essere incinta è ogni volta un’esperienza diversa e meravigliosa. E chi se ne frega se devono dormire in tre per stanza, praticano per forza tutti lo stesso sport per avere una tariffa di gruppo e tra qualche anno tireranno la paglia più corta per decidere chi potrà fare l’università e chi dovrà andare a lavorare in un call center.
A quanto pare ci sono diversi gradi di egoismo e quello inaccettabile è il mio.
Basta, sto diventando acida; non posso mettermi anch’io a sindacare le scelte degli altri solo perché lo fanno con me. Devo pensare ad altro, o mi rovino tutto il ponte.
Ancora mi osservi e non ti fidi, Biondino. Neanche se sorrido e ti faccio segno di venire a riprendere la palla? Hai ragione, non mi conosci. Meglio non fidarsi. Guarda, la metto lì. Così posso sorvegliare che non la rubino, ma è abbastanza lontano perché tu possa riprenderla senza dover interagire con me.
Che a quanto pare sono un mostro di solipsismo. Ancora li sento: “Adesso che sei giovane puoi fare l’egoista, quella che non ha bisogno di nessuno, ma vedrai quando sarai vecchia e sola come lo rimpiangerai. Chi si occuperà di te?” Quindi dovrei mettere al mondo dei figli non perché diventino delle persone indipendenti e libere ma per essere sicura di avere dei badanti gratuiti a disposizione quando sarà l’ora. Cosa dicevamo dell’egoismo socialmente accettabile?
Mia madre, poi, da che pulpito! Se penso a quante volte l’abbiamo sentita lamentarsi dei sacrifici fatti per noi, delle privazioni subite per causa nostra…
Mi piacerebbe sapere perché fossero tutti convinti che la maternità rientrasse nei miei progetti. Su quali basi? Forse non mi ascoltano davvero quando parlo. O basta il fatto che sia femmina. Saranno adepti delle scempiaggini retoriche sull’essere madre come realizzazione suprema di una donna. Altrimenti, sei a metà, incompiuta.
A proposito d’incompiuto: hai fatto metà strada, Biondino, fai anche il resto e vieni a riprenderti la palla, su, che a stare al sole si sgonfia. Se vuoi mi giro in là e non ti guardo.
«E Flavio? Cosa ne pensa Flavio? Non credi che a un certo punto soffrirà di non essere padre e ne cercherà una disposta ad avere una famiglia?»
Figurati se non tirava in ballo il pover’uomo, vittima delle mie scelte d’arpia.
«Pensa un po’ che Flavio mi ama per il mio umorismo e non per il mio utero.»
Bella la risposta a effetto, ma devo ammettere che la prima reazione di Flavio quando gli ho detto che mi sarei informata per la chiusura delle tube mi ha un po' ferita.
«Sei sicura? Guarda che poi non potrai più tornare indietro.»
«Ma come, sono sicura? Te l’ho detto quando ci conoscevamo da dieci giorni che non volevo figli, ed eri d’accordo.»
«Sì, ma così è definitivo. E se poi un giorno dovessimo… cambiassi idea?»
No, amore, sono sicura delle mie decisioni. Anche tu convinto che i no delle donne siano volubili?
Da allora ne ha fatta di strada, abbiamo parlato, si è scusato. È dalla mia parte. Anche ieri contro mia madre, e Dio solo sa quanto gli costi scontentare la sua adorata suocera. Però che persino lui abbia messo in dubbio il mio no continua a bruciare.
Ehi! Hai ripreso la palla. Bene. Ma non te ne vai e continui a fissarmi. Che c’è? Ah, un sorriso. Hai deciso che non sono poi così cattiva?
«È la mia palla.»
«Lo so, lo avevo capito. Ho visto che hai anche il berretto di Bluey. Ti deve piacere molto. Hai ragione, piace anche a me.»
«Conosci Bluey? Lo guardi con i tuoi bimbi?»
«No, non ho bambini miei. Lo guardo con i miei nipoti, a volte.»
«Perché non hai dei bambini? La mia mamma ne ha uno nella pancia.»
No, ti prego, un altro inquisitore no. Ho avuto la mia dose ieri, con la grigliata della famiglia Torquemada. Oddio, il telefono che vibra: ancora la genitrice? Ti prego, no. Domani giuro che passo e ricominciamo ma oggi ho bisogno d’aria. Ah, no. Alberto. Viene a Canossa?
«Chi ti manda un messaggio? Il tuo innamorato?»
Ahahah, decisamente sei tagliato per gli interrogatori, Biondino.
«No, è mio fratello.»
«Che cosa dice?»
Ciao Tati, scusa se ieri non sono stato d’aiuto, ma sai come sono pavido di fronte alle scenate parentali. Giuro che stasera passo dai vecchi e li faccio calmare.
«Cerca di tirarmi su di morale perché ieri ho avuto una brutta discussione con qualcuno.»
«È gentile. Ti piace avere un fratello?»
«Sì, è gentile. Non sempre, un po’ come tutti, ma nel complesso è un bravo fratello. Sì, mi piace.»
«Anche la mamma dice che devo essere felice che avrò un fratello, che poi giochiamo insieme e ci vogliamo bene. Vedrai, dice.»
«E non sei convinto?»
«Il mio amico Lollo ha un fratellino e gli rompe tutti i giochi. E gli ha anche disegnato su una delle sue carte Pokemon. Una di quelle forti forti. Con i pennarelli!»
Ahahah, sono inconvenienti che capitano coi fratelli.
«Sì, a volte i piccoli combinano dei pasticci, tu non ne facevi mai?»
«…»
Vedo che rispondere alle domande ti piace meno che farle.
Messaggio di Alberto, di nuovo. Che poi a me fa piacere se non vuoi figli. Posso sbolognare più spesso i miei alla loro zietta adorata.
Scemo! Certo che la zia è disponibile. E non pretende nemmeno che le facciano da badante quando sarà ora, pensa.
«Ma tu li vuoi dei bambini nella pancia?»
Oddio, e adesso come ne esco? Dunque…
«Sai, non tutt…»
«Qual è il tuo colore preferito? Il mio è il verde ramarro. Lo hai mai visto un ramarro? Io uno in montagna dal nonno, me lo ha fatto vedere lui. Sbucava da un buco nel muro…»
Cavoli, a quanto pare a te non fa tutto ‘sto effetto che io non voglia figli. Non è che potresti parlare con mia madre?
«Leo, ma cosa fai, vieni. Lascia stare la signora che vuole prendere il sole in pace.»
Ah, anche tu hai una mamma critica. Ci capiamo.
«Non si preoccupi, non mi disturba. Mi stava parlando di un ramarro, e del suo colore preferito.»
«Oddio, il ramarro! Non gli dia corda, che senò non la smette più. Non ha idea di quanto possa parlare, ci vorrebbe il pulsante per metterlo in pausa.»
«Non c’è problema, lo ascolto volentieri. Davvero.»
«La mamma dice che parlo troppo. E che dico sempre le stesse cose.»
«Ma per me sono nuove, racconta dai.»
«È sicura che non le dia fastidio? Sennò vengo a prenderlo.»
«No, stia seduta. Si riposi, a me fa piacere.»
Non deve mimarmi nessun grazie, è vero che lo faccio volentieri. Mi piacciono i bambini.
Solo, non miei.
Traccia n° 2: "Ma è ovvio! No?"
Tre chiamate perse e otto messaggi Whatsapp. Mamma non si è calmata, a quanto pare. Porterà pazienza, io per ora non ne ho abbastanza per affrontarla. Resto nascosta ancora per un po’. Ne ho bisogno. Oltretutto, sono loro che mi hanno condannata, messa al bando. La pecora nera della famiglia. Almeno me ne sto al bando dove dico io: al parco, a prendere il sole.
Cosa pretendono, che mi scusi? Che mi senta in colpa? Neanche si parlasse della loro vita, del loro corpo. E quelle facce sorprese, oltraggiate quasi.
D’accordo, ammetto che la maxi-grigliata di ferragosto in famiglia non fosse il momento più adatto per darne l'annuncio ufficiale, ma al quindicesimo: e tu, un bambino, quando lo fai? non ce l’ho fatta più a tacere.
«Mai, non voglio figli.»
«Parli così adesso, vedrai che tra un po’ cambi idea, l’orologio biologico inizierà a fare tic tac tic tac…»
«Il mio orologio sta bene, le mie certezze anche. Anzi, per andare sul sicuro, ho appuntamento tra due settimane per la chiusura delle tube.»
Ecco, magari parlare delle mie tube tra una costina di maiale e un boccone di luganega è stata una scelta osé. Pace, ormai è andata così.
Ma le reazioni, davvero, non me le aspettavo. Com’è possibile che non mi conoscano? Ancora passi per zii e cugini, ma la mamma, vederla cascare dalle nuvole mi ha fatto male.
«Ho sempre detto che non volevo figli, non è come se la cosa saltasse fuori di punto in bianco.»
«Sempre… Pensavo fossero idee da adolescente troppo cresciuta, mi dicevo che col tempo… E poi non è vero: da bambina passavi i pomeriggi a giocare ai bambolotti con le tue amiche.»
È vero. Solo che loro giocavano alla mamma, io ero la pediatra. Pensa a quanta attenzione mi prestava, per non essersene mai accorta. Fin da piccola sapevo che il genitore non era un ruolo per me. Eppure, niente, sorpresa generale: quasi trentadue anni che mi conoscono, e dicono di volermi bene, ma davano per scontato che un giorno avrei procreato.
Nemmeno il giorno in cui dissi che mi sarei iscritta ad architettura invece di farmacia avevano una faccia più delusa.
«E così hai deciso di non darmi dei nipotini.»
Quando recita la parte della vittima, papà è anche peggio della mamma. Come se Alberto e consorte non gliene avessero già sfornati tre, di nipoti. E tutti belli come il sole, che non guasta. Ha perpetuato la specie e ripreso la farmacia: avete già il figlio ideale, lasciatemi vivere! Figlio ideale che si è guardato bene dall’intervenire in mia difesa, il pusillanime. È rimasto zitto e ha continuato a mangiare salsiccia con gli occhi bassi. Vatti a fidare di un fratello maggiore.
Respira! Svuota la mente. Approfitta del sole che ti arrostisce la pelle e smetti di pensare a ieri. Respira, rilassati, approfitta di questo venerdì di ponte. Rilassa… «Ahia!» E questa palla da dove arriva?
Da quel gruppetto no, ne stanno già scalciando una; papà e figlia là giocano a racchettoni: assolti anche loro. Sbucata dal nulla? Ah, no: c’è un biondino con le ginocchia sbucciate che mi fissa da sotto il platano, laggiù. Pantaloncini e berretto di Bluey, esattamente come la palla. Non servono i talenti di Sherlock. Ma non guardarmi con quella faccia, piccolo, ti sembro una di quelle vecchie arpie che bucano i palloni per pura cattiveria? Cos’è, hai parlato con mia madre? Il tono con cui ha sibilato: e io che credevo che i bambini ti piacessero, neanche le avessi annunciato di sognare una carriera da copycat di Erode.
Certo che mi piacciono i bambini, più degli adulti, a volte, ma non sento il desiderio di averne di miei. Non sono nata per fare il genitore, ho un sacco di progetti ma dedicarmi corpo e anima allo sviluppo, protezione, educazione di un piccolo essere umano del tutto dipendente da me non ne fa parte. E mettere al mondo un bambino perché sennò cosa dirà la gente: no grazie. Mi basta veder crescere i miei nipoti e i figli delle mie amiche.
Egoista, questo fa di me un’egoista. Invece, quelli come mia cugina che partoriscono un figlio l’anno perché crescono così in fretta, non ne approfitti mai abbastanza. E poi essere incinta è ogni volta un’esperienza diversa e meravigliosa. E chi se ne frega se devono dormire in tre per stanza, praticano per forza tutti lo stesso sport per avere una tariffa di gruppo e tra qualche anno tireranno la paglia più corta per decidere chi potrà fare l’università e chi dovrà andare a lavorare in un call center.
A quanto pare ci sono diversi gradi di egoismo e quello inaccettabile è il mio.
Basta, sto diventando acida; non posso mettermi anch’io a sindacare le scelte degli altri solo perché lo fanno con me. Devo pensare ad altro, o mi rovino tutto il ponte.
Ancora mi osservi e non ti fidi, Biondino. Neanche se sorrido e ti faccio segno di venire a riprendere la palla? Hai ragione, non mi conosci. Meglio non fidarsi. Guarda, la metto lì. Così posso sorvegliare che non la rubino, ma è abbastanza lontano perché tu possa riprenderla senza dover interagire con me.
Che a quanto pare sono un mostro di solipsismo. Ancora li sento: “Adesso che sei giovane puoi fare l’egoista, quella che non ha bisogno di nessuno, ma vedrai quando sarai vecchia e sola come lo rimpiangerai. Chi si occuperà di te?” Quindi dovrei mettere al mondo dei figli non perché diventino delle persone indipendenti e libere ma per essere sicura di avere dei badanti gratuiti a disposizione quando sarà l’ora. Cosa dicevamo dell’egoismo socialmente accettabile?
Mia madre, poi, da che pulpito! Se penso a quante volte l’abbiamo sentita lamentarsi dei sacrifici fatti per noi, delle privazioni subite per causa nostra…
Mi piacerebbe sapere perché fossero tutti convinti che la maternità rientrasse nei miei progetti. Su quali basi? Forse non mi ascoltano davvero quando parlo. O basta il fatto che sia femmina. Saranno adepti delle scempiaggini retoriche sull’essere madre come realizzazione suprema di una donna. Altrimenti, sei a metà, incompiuta.
A proposito d’incompiuto: hai fatto metà strada, Biondino, fai anche il resto e vieni a riprenderti la palla, su, che a stare al sole si sgonfia. Se vuoi mi giro in là e non ti guardo.
«E Flavio? Cosa ne pensa Flavio? Non credi che a un certo punto soffrirà di non essere padre e ne cercherà una disposta ad avere una famiglia?»
Figurati se non tirava in ballo il pover’uomo, vittima delle mie scelte d’arpia.
«Pensa un po’ che Flavio mi ama per il mio umorismo e non per il mio utero.»
Bella la risposta a effetto, ma devo ammettere che la prima reazione di Flavio quando gli ho detto che mi sarei informata per la chiusura delle tube mi ha un po' ferita.
«Sei sicura? Guarda che poi non potrai più tornare indietro.»
«Ma come, sono sicura? Te l’ho detto quando ci conoscevamo da dieci giorni che non volevo figli, ed eri d’accordo.»
«Sì, ma così è definitivo. E se poi un giorno dovessimo… cambiassi idea?»
No, amore, sono sicura delle mie decisioni. Anche tu convinto che i no delle donne siano volubili?
Da allora ne ha fatta di strada, abbiamo parlato, si è scusato. È dalla mia parte. Anche ieri contro mia madre, e Dio solo sa quanto gli costi scontentare la sua adorata suocera. Però che persino lui abbia messo in dubbio il mio no continua a bruciare.
Ehi! Hai ripreso la palla. Bene. Ma non te ne vai e continui a fissarmi. Che c’è? Ah, un sorriso. Hai deciso che non sono poi così cattiva?
«È la mia palla.»
«Lo so, lo avevo capito. Ho visto che hai anche il berretto di Bluey. Ti deve piacere molto. Hai ragione, piace anche a me.»
«Conosci Bluey? Lo guardi con i tuoi bimbi?»
«No, non ho bambini miei. Lo guardo con i miei nipoti, a volte.»
«Perché non hai dei bambini? La mia mamma ne ha uno nella pancia.»
No, ti prego, un altro inquisitore no. Ho avuto la mia dose ieri, con la grigliata della famiglia Torquemada. Oddio, il telefono che vibra: ancora la genitrice? Ti prego, no. Domani giuro che passo e ricominciamo ma oggi ho bisogno d’aria. Ah, no. Alberto. Viene a Canossa?
«Chi ti manda un messaggio? Il tuo innamorato?»
Ahahah, decisamente sei tagliato per gli interrogatori, Biondino.
«No, è mio fratello.»
«Che cosa dice?»
Ciao Tati, scusa se ieri non sono stato d’aiuto, ma sai come sono pavido di fronte alle scenate parentali. Giuro che stasera passo dai vecchi e li faccio calmare.
«Cerca di tirarmi su di morale perché ieri ho avuto una brutta discussione con qualcuno.»
«È gentile. Ti piace avere un fratello?»
«Sì, è gentile. Non sempre, un po’ come tutti, ma nel complesso è un bravo fratello. Sì, mi piace.»
«Anche la mamma dice che devo essere felice che avrò un fratello, che poi giochiamo insieme e ci vogliamo bene. Vedrai, dice.»
«E non sei convinto?»
«Il mio amico Lollo ha un fratellino e gli rompe tutti i giochi. E gli ha anche disegnato su una delle sue carte Pokemon. Una di quelle forti forti. Con i pennarelli!»
Ahahah, sono inconvenienti che capitano coi fratelli.
«Sì, a volte i piccoli combinano dei pasticci, tu non ne facevi mai?»
«…»
Vedo che rispondere alle domande ti piace meno che farle.
Messaggio di Alberto, di nuovo. Che poi a me fa piacere se non vuoi figli. Posso sbolognare più spesso i miei alla loro zietta adorata.
Scemo! Certo che la zia è disponibile. E non pretende nemmeno che le facciano da badante quando sarà ora, pensa.
«Ma tu li vuoi dei bambini nella pancia?»
Oddio, e adesso come ne esco? Dunque…
«Sai, non tutt…»
«Qual è il tuo colore preferito? Il mio è il verde ramarro. Lo hai mai visto un ramarro? Io uno in montagna dal nonno, me lo ha fatto vedere lui. Sbucava da un buco nel muro…»
Cavoli, a quanto pare a te non fa tutto ‘sto effetto che io non voglia figli. Non è che potresti parlare con mia madre?
«Leo, ma cosa fai, vieni. Lascia stare la signora che vuole prendere il sole in pace.»
Ah, anche tu hai una mamma critica. Ci capiamo.
«Non si preoccupi, non mi disturba. Mi stava parlando di un ramarro, e del suo colore preferito.»
«Oddio, il ramarro! Non gli dia corda, che senò non la smette più. Non ha idea di quanto possa parlare, ci vorrebbe il pulsante per metterlo in pausa.»
«Non c’è problema, lo ascolto volentieri. Davvero.»
«La mamma dice che parlo troppo. E che dico sempre le stesse cose.»
«Ma per me sono nuove, racconta dai.»
«È sicura che non le dia fastidio? Sennò vengo a prenderlo.»
«No, stia seduta. Si riposi, a me fa piacere.»
Non deve mimarmi nessun grazie, è vero che lo faccio volentieri. Mi piacciono i bambini.
Solo, non miei.