[Lab 13] L'incontro
Posted: Fri Apr 26, 2024 3:34 pm
Guardo la collina attraverso la finestra e la trovo ogni volta diversa. È la mia forma di meditazione dopo una giornata di lavoro. Un campo scosceso si perde per far posto al bosco. Alberi librati dal vento cambiano forma e colore. Dolci curve si sovrappongono senza case e senza tempo. Una fila di puntini neri si muove in lontananza seguendo una ondulata traiettoria su una levigata roccia bianca. Cinghiali? Non ne sono sicuro. Uno si stacca dal gruppo e viene verso di me. Più si avvicina e più non riesco a capire a che specie possa appartenere, sembra una creatura mostruosa. Sparisce in un avvallamento. Un senso di inquietudine mi pervade. Ho paura. Scorgo la testa per vedere...
Di fronte mi appare una faccia terrificante con due occhi spiritati dai quali partono due antenne, un naso schiacciato e una bocca bavosa. Sto per svenire quando sento una calda voce femminile:
“Buongiorno.”
“Ahhh! Chi sei?”
“Tranquillo, sono in pace. Non sono una combattente, mi hanno scartata dal servizio di leva, per fortuna.”
“Da quale pianeta vieni?”
“Dal tuo stesso, ma un po' più in profondità.”
“Uno zombie?”
“No, un imenottero.”
“Eh?”
“È il genere a cui appartengo.. Ma se vogliamo fare una scrematura maggiore sono della famiglia, molto allargata, delle formicidae.”
“Non capisco, puoi essere più chiaro?”
“Intanto sono una femmina e comunemente vengo chiamata formica. Contento?”
Inizio a perdere bava anch'io.
“Cos'è quella faccia, non dirmi che non hai mai visto una formica?”
“Sì...”
“E allora? Potresti farmi entrare e offrirmi qualcosa.”
Sembrerà strano ma non avevo paura; superato il trauma iniziale dell'orripilante aspetto, l'insettone mi trasmette una sensazione di fiducia.
Ci sediamo sul divano e la prima cosa che mi chiede è se sono soddisfatto della mia vita.
“A questa domanda dobbiamo prenderci tutto il tempo e la calma per rispondere. Ti va una birra?”
“Non so cosa sia ma mi fido.”
Era buffo vederla seduta sul divano, non trovava una posizione comoda ma non lo dava a vedere. Quell'addome gigantesco non sapeva come appoggiarlo. Alla fine si sdraiò di lato. La guardavo con quelle sei zampe penzolanti. Era la prima volta che mi capitava di vedere un essere vivente più grande di me con sei zampe.
Le passo la lattina di birra ma noto che è impacciata nell'afferrarla con le zampe che culminano in un artiglio uncinato.
“Non mi sembra commestibile.”
“Ma non si mangia! Devi berne il contenuto.”
“E come faccio?”
“Aspetta un attimo.”
“E chi si muove.”
Apro la dispensa, trovo delle cannucce, ne Infilo una in entrambe le lattine, gliela porgo la invito succhiare mimando il gesto. Appoggia la sua zampa acuminata sulla mia mano che tiene la lattina provocandomi un piacevole solletico. Ci prova ma spezza continuamente il tubicino, con quei denti aguzzi e quella mascella poderosa non riesce a calibrare la forza.
Dopo aver fatto fuori una confezione di cannucce, finalmente riesce ad aspirarne un sorso.”
“Wow! È buonissima!”
“Lo so, lo so, è uno dei nostri piaceri dopo una dura giornata di lavoro.”
“Che lavoro fai?”
“L'operaio.”
“Lo sapevo che avevamo qualcosa in comune!”
Non avevamo delle vite molto diverse: tutti e due operai in catena di montaggio anche se io potevo scegliere di cambiare, lei no. Ma cambiare cosa? A 54 anni posso ritenermi fortunato ad avere un posto, dicono. Ma a differenza di me non si lamentava: era nata per quello; mi rivela che doveva anche allevare dei figli che non erano suoi. Quando le confido che alla sera sono così stanco che mi addormento davanti alla tv. Mi chiede cosa sia la tv. Provo a a spiegarglielo ma non capisce.
La accendo direttamente.
Rimane incantata. Sintonizzo un canale con un documentario sulla natura, per ampliare i suoi orizzonti, ma la vedo annoiata. Cambio canale, c'è un prete che cucina.
“Perché è vestito così?” mi chiede.
“È una storia troppo lunga, magari un'altra volta.”
Giro ancora e appare una vecchia seduta su una poltrona il cui schienale fa muovere premendo un pulsante. Cambio.
“Fermo!” esclama la formica.
Rimane affascinata da un film che stanno trasmettendo: Godzilla contro King Kong.
“Mi sembra di avere qualcosa in comune con loro.”
“Beh... le proporzioni. Siete giganteschi rispetto all'essere umano. Ecco, mi sta già venendo sonno.”
“Dormi pure, ci rivediamo tra un minuto.”
“Un minuto? Ma che dici!”
“Perché quanto dormi di solito?”
“Sette o otto ore.”
“Sei fortunato, da noi lo fanno solo le regine.”
“Ah sì? Perché, tu quanto dormi?”
“Quattro o cinque ore.”
“Beh, non è poi così male, molta gente va a letto a mezzanotte e si sveglia alle cinque.”
“Stai scherzando? Non è esattamente così per noi: le quattro o cinque ore sono suddivise in 250 sonnellini da un minuto.”
“Eh! Ma questo è schiavismo allo stato puro.”
“No, siamo noi che lo decidiamo, o meglio, è il nostro comportamento innato, l'unica via, non abbiamo altra scelta. Siamo nate per vivere in una comunità. Da sole non possiamo esistere. Però c'è anche chi non fa assolutamente nulla tutto il giorno, sta con le zampe nelle zampe, e sono in tante.”
“Lo sapevo, va sempre così il mondo! Chi si fa il culo e chi si gode la vita senza fare nulla.”
“Non è proprio così per noi. Anche chi non fa nulla è parte di una precisa organizzazione della colonia: conserva il patrimonio genetico e all'occorrenza fa la riserva.”
“In che senso?”
“Se qualcuna si dovesse ferire o morire, ne prenderebbe il posto; addirittura se le cose si mettessero male si sacrificherebbe come cibo per tutte le altre.”
“Ma è orripilante!”
“Direi che siamo altruiste.”
“Delle vere comuniste! E anche femministe, considerato il vostro potere. Ma il maschio in tutto ciò che ruolo ha? Non dirmelo ho capito.”
“Bravo. Poi muore di morte naturale dopo averci fecondato, non me, s'intende, ma la regina. Una vita breve, però felice. Pensa che in altri casi poteva andargli peggio: mangiato vivo dopo l'amplesso.”
“Sì, la so questa storia. Come mai non puoi avere figli?”
“Bella domanda, chi troppi e chi niente. Pensa che la regina può fare fino a 1500 uova al giorno.”
“Uova?”
“Vabbè, guarda che non le fanno solo le galline. E tu non hai mai fecondato? Aspetta. Direi di no se sei ancora vivo.”
“Da noi non funziona così. Comunque no, non ho mai fecondato anche se ci ho provato.”
“Mm... ce l'hai un'altra birra?”
Da tanto non mi capitava di discutere a casa con qualcuno e sentirmi così bene. Stiamo parlando da alcune ore e il sonno ormai è passato. In compenso mi è venuto un certo appetito, ma la mia dispensa langue: una scatola di tonno con un avanzo di maionese, due yogurt, qualche verdura rinsecchita di cui non si riconosce più l'origine.
“Cosa ne dici se ordiniamo due pizze? Con la birra sono l'abbinamento perfetto.”
“Mi fido.”
“Per curiosità, di solito cosa mangi?”
“Lo vuoi proprio sapere?”
“Se non è una domanda indiscreta...”
“No, no. Siamo onnivore ma se c'è qualche bestia anche molto più grande di noi non la disdegniamo...”
Mi fissa con uno sguardo diverso.
“Oh, oh, non scherziamo!”
“Sai che potresti essere un bel bocconcino... però sono curiosa di provare la pizza, per oggi.”
“A proposito, non ti stai assentando un po' troppo dal lavoro?”
“Eh sì, devo aver perso la scia ma ne ho trovata un'altra più interessante che mi ha portato fino a qui, anche se ora sono spacciata.”
“Perché dici questo?”
“Da sola sono molto vulnerabile e probabilmente morirò presto. Potrei diventare un boccone per uccellini, lucertole e ragni o finire stecchita a pancia in su per qualche insetticida. Ma sono contenta di aver fatto questo breve viaggio.”
“Stai tranquilla, non uso veleni e a giudicare dal tuo aspetto e dimensioni, direi che l'uccellino ti fa un baffo!”
“Non farti ingannare... sono pur sempre una formica. Però abbiamo anche delle armi segrete per dissuadere molti dei nostri predatori.”
“Quali sono?”
“Hai per caso da sgorgare un lavandino?”
“Ma cosa c'entra?”
“Sviluppiamo un acido abbastanza urticante e corrosivo che infastidisce parecchie bestie.”
“È vero! Come ho fatto a non pensarci prima. Non ci tengo a vederlo in azione.”
“Comunque questa casa fa proprio schifo, senza offesa.”
“Grazie del complimento.”
“È organizzata male, te lo dice una che di organizzazione se ne intende. Quel mega armadio è troppo ingombrante lì in mezzo, strozza il passaggio. Quella credenza andrebbe spostata e anche il divano.”
“Cosa fai l'arredatrice?”
Aveva ragione, questo mini loft dei poveri era un gran casino. Bisognava saltare o aggirare mobili e oggetti per spostarsi.
“Posso sistemare?”
“Prego.”
Vedo che punta la testa contro l'armadio e come fosse un carrello per la spesa lo sposta con facilità, lo confina in fondo alla parete. La credenza viene collocata sulla parete opposta e il divano nell'angolo. La casa cambia faccia.
“Non ti sembra meglio?”
Rimango a bocca aperta. Avevo dimenticavo che potevano trasportare cose molto superiori al loro peso.
Sono bastate poche ore per sollevarmi dal disagio della solitudine. Ho strani pensieri.
“Mi vuoi sposare?”
Si blocca di colpo, mi guarda seria. Poi il suo sguardo si fa triste. Sembra quasi che le scendano delle lacrime.
“Questa opzione non è contemplata dalla nostra natura. Ma non avrei potuto desiderare un finale migliore.”
Si appoggia su di me, con le zampe uncinate mi strappa i vestiti mentre le sue antenne mi tastano il corpo. Ho dei brividi. Sono in estasi. Mi addormento.
I raggi del sole entrano dalla finestra e si stagliano sul mio viso. Mi sveglio sul divano. La casa appare diversa. La camicia che indosso sembra quella di Hulk tornato nei panni di Bruce Banner. Ho dei graffi sul torace, la mente è annebbiata. Mi alzo barcollando e mi cade l'occhio su una piccola macchia nera che vibra sul pavimento. Mi avvicino, la tocco con il dito e all'istante una miriade di formiche si diramano in ogni direzione lasciando intravvedere un frammento di pizza. Poco distante altre formiche stanno circondando qualcosa. Mi infilo gli occhiali per vedere meglio e noto un'altra formica, morta, più grande, che viene trascinata via dalle altre.
“Buon viaggio” sono le prime parole che mi escono.
Oggi non vado a lavorare: ho voglia di perdermi.
Di fronte mi appare una faccia terrificante con due occhi spiritati dai quali partono due antenne, un naso schiacciato e una bocca bavosa. Sto per svenire quando sento una calda voce femminile:
“Buongiorno.”
“Ahhh! Chi sei?”
“Tranquillo, sono in pace. Non sono una combattente, mi hanno scartata dal servizio di leva, per fortuna.”
“Da quale pianeta vieni?”
“Dal tuo stesso, ma un po' più in profondità.”
“Uno zombie?”
“No, un imenottero.”
“Eh?”
“È il genere a cui appartengo.. Ma se vogliamo fare una scrematura maggiore sono della famiglia, molto allargata, delle formicidae.”
“Non capisco, puoi essere più chiaro?”
“Intanto sono una femmina e comunemente vengo chiamata formica. Contento?”
Inizio a perdere bava anch'io.
“Cos'è quella faccia, non dirmi che non hai mai visto una formica?”
“Sì...”
“E allora? Potresti farmi entrare e offrirmi qualcosa.”
Sembrerà strano ma non avevo paura; superato il trauma iniziale dell'orripilante aspetto, l'insettone mi trasmette una sensazione di fiducia.
Ci sediamo sul divano e la prima cosa che mi chiede è se sono soddisfatto della mia vita.
“A questa domanda dobbiamo prenderci tutto il tempo e la calma per rispondere. Ti va una birra?”
“Non so cosa sia ma mi fido.”
Era buffo vederla seduta sul divano, non trovava una posizione comoda ma non lo dava a vedere. Quell'addome gigantesco non sapeva come appoggiarlo. Alla fine si sdraiò di lato. La guardavo con quelle sei zampe penzolanti. Era la prima volta che mi capitava di vedere un essere vivente più grande di me con sei zampe.
Le passo la lattina di birra ma noto che è impacciata nell'afferrarla con le zampe che culminano in un artiglio uncinato.
“Non mi sembra commestibile.”
“Ma non si mangia! Devi berne il contenuto.”
“E come faccio?”
“Aspetta un attimo.”
“E chi si muove.”
Apro la dispensa, trovo delle cannucce, ne Infilo una in entrambe le lattine, gliela porgo la invito succhiare mimando il gesto. Appoggia la sua zampa acuminata sulla mia mano che tiene la lattina provocandomi un piacevole solletico. Ci prova ma spezza continuamente il tubicino, con quei denti aguzzi e quella mascella poderosa non riesce a calibrare la forza.
Dopo aver fatto fuori una confezione di cannucce, finalmente riesce ad aspirarne un sorso.”
“Wow! È buonissima!”
“Lo so, lo so, è uno dei nostri piaceri dopo una dura giornata di lavoro.”
“Che lavoro fai?”
“L'operaio.”
“Lo sapevo che avevamo qualcosa in comune!”
Non avevamo delle vite molto diverse: tutti e due operai in catena di montaggio anche se io potevo scegliere di cambiare, lei no. Ma cambiare cosa? A 54 anni posso ritenermi fortunato ad avere un posto, dicono. Ma a differenza di me non si lamentava: era nata per quello; mi rivela che doveva anche allevare dei figli che non erano suoi. Quando le confido che alla sera sono così stanco che mi addormento davanti alla tv. Mi chiede cosa sia la tv. Provo a a spiegarglielo ma non capisce.
La accendo direttamente.
Rimane incantata. Sintonizzo un canale con un documentario sulla natura, per ampliare i suoi orizzonti, ma la vedo annoiata. Cambio canale, c'è un prete che cucina.
“Perché è vestito così?” mi chiede.
“È una storia troppo lunga, magari un'altra volta.”
Giro ancora e appare una vecchia seduta su una poltrona il cui schienale fa muovere premendo un pulsante. Cambio.
“Fermo!” esclama la formica.
Rimane affascinata da un film che stanno trasmettendo: Godzilla contro King Kong.
“Mi sembra di avere qualcosa in comune con loro.”
“Beh... le proporzioni. Siete giganteschi rispetto all'essere umano. Ecco, mi sta già venendo sonno.”
“Dormi pure, ci rivediamo tra un minuto.”
“Un minuto? Ma che dici!”
“Perché quanto dormi di solito?”
“Sette o otto ore.”
“Sei fortunato, da noi lo fanno solo le regine.”
“Ah sì? Perché, tu quanto dormi?”
“Quattro o cinque ore.”
“Beh, non è poi così male, molta gente va a letto a mezzanotte e si sveglia alle cinque.”
“Stai scherzando? Non è esattamente così per noi: le quattro o cinque ore sono suddivise in 250 sonnellini da un minuto.”
“Eh! Ma questo è schiavismo allo stato puro.”
“No, siamo noi che lo decidiamo, o meglio, è il nostro comportamento innato, l'unica via, non abbiamo altra scelta. Siamo nate per vivere in una comunità. Da sole non possiamo esistere. Però c'è anche chi non fa assolutamente nulla tutto il giorno, sta con le zampe nelle zampe, e sono in tante.”
“Lo sapevo, va sempre così il mondo! Chi si fa il culo e chi si gode la vita senza fare nulla.”
“Non è proprio così per noi. Anche chi non fa nulla è parte di una precisa organizzazione della colonia: conserva il patrimonio genetico e all'occorrenza fa la riserva.”
“In che senso?”
“Se qualcuna si dovesse ferire o morire, ne prenderebbe il posto; addirittura se le cose si mettessero male si sacrificherebbe come cibo per tutte le altre.”
“Ma è orripilante!”
“Direi che siamo altruiste.”
“Delle vere comuniste! E anche femministe, considerato il vostro potere. Ma il maschio in tutto ciò che ruolo ha? Non dirmelo ho capito.”
“Bravo. Poi muore di morte naturale dopo averci fecondato, non me, s'intende, ma la regina. Una vita breve, però felice. Pensa che in altri casi poteva andargli peggio: mangiato vivo dopo l'amplesso.”
“Sì, la so questa storia. Come mai non puoi avere figli?”
“Bella domanda, chi troppi e chi niente. Pensa che la regina può fare fino a 1500 uova al giorno.”
“Uova?”
“Vabbè, guarda che non le fanno solo le galline. E tu non hai mai fecondato? Aspetta. Direi di no se sei ancora vivo.”
“Da noi non funziona così. Comunque no, non ho mai fecondato anche se ci ho provato.”
“Mm... ce l'hai un'altra birra?”
Da tanto non mi capitava di discutere a casa con qualcuno e sentirmi così bene. Stiamo parlando da alcune ore e il sonno ormai è passato. In compenso mi è venuto un certo appetito, ma la mia dispensa langue: una scatola di tonno con un avanzo di maionese, due yogurt, qualche verdura rinsecchita di cui non si riconosce più l'origine.
“Cosa ne dici se ordiniamo due pizze? Con la birra sono l'abbinamento perfetto.”
“Mi fido.”
“Per curiosità, di solito cosa mangi?”
“Lo vuoi proprio sapere?”
“Se non è una domanda indiscreta...”
“No, no. Siamo onnivore ma se c'è qualche bestia anche molto più grande di noi non la disdegniamo...”
Mi fissa con uno sguardo diverso.
“Oh, oh, non scherziamo!”
“Sai che potresti essere un bel bocconcino... però sono curiosa di provare la pizza, per oggi.”
“A proposito, non ti stai assentando un po' troppo dal lavoro?”
“Eh sì, devo aver perso la scia ma ne ho trovata un'altra più interessante che mi ha portato fino a qui, anche se ora sono spacciata.”
“Perché dici questo?”
“Da sola sono molto vulnerabile e probabilmente morirò presto. Potrei diventare un boccone per uccellini, lucertole e ragni o finire stecchita a pancia in su per qualche insetticida. Ma sono contenta di aver fatto questo breve viaggio.”
“Stai tranquilla, non uso veleni e a giudicare dal tuo aspetto e dimensioni, direi che l'uccellino ti fa un baffo!”
“Non farti ingannare... sono pur sempre una formica. Però abbiamo anche delle armi segrete per dissuadere molti dei nostri predatori.”
“Quali sono?”
“Hai per caso da sgorgare un lavandino?”
“Ma cosa c'entra?”
“Sviluppiamo un acido abbastanza urticante e corrosivo che infastidisce parecchie bestie.”
“È vero! Come ho fatto a non pensarci prima. Non ci tengo a vederlo in azione.”
“Comunque questa casa fa proprio schifo, senza offesa.”
“Grazie del complimento.”
“È organizzata male, te lo dice una che di organizzazione se ne intende. Quel mega armadio è troppo ingombrante lì in mezzo, strozza il passaggio. Quella credenza andrebbe spostata e anche il divano.”
“Cosa fai l'arredatrice?”
Aveva ragione, questo mini loft dei poveri era un gran casino. Bisognava saltare o aggirare mobili e oggetti per spostarsi.
“Posso sistemare?”
“Prego.”
Vedo che punta la testa contro l'armadio e come fosse un carrello per la spesa lo sposta con facilità, lo confina in fondo alla parete. La credenza viene collocata sulla parete opposta e il divano nell'angolo. La casa cambia faccia.
“Non ti sembra meglio?”
Rimango a bocca aperta. Avevo dimenticavo che potevano trasportare cose molto superiori al loro peso.
Sono bastate poche ore per sollevarmi dal disagio della solitudine. Ho strani pensieri.
“Mi vuoi sposare?”
Si blocca di colpo, mi guarda seria. Poi il suo sguardo si fa triste. Sembra quasi che le scendano delle lacrime.
“Questa opzione non è contemplata dalla nostra natura. Ma non avrei potuto desiderare un finale migliore.”
Si appoggia su di me, con le zampe uncinate mi strappa i vestiti mentre le sue antenne mi tastano il corpo. Ho dei brividi. Sono in estasi. Mi addormento.
I raggi del sole entrano dalla finestra e si stagliano sul mio viso. Mi sveglio sul divano. La casa appare diversa. La camicia che indosso sembra quella di Hulk tornato nei panni di Bruce Banner. Ho dei graffi sul torace, la mente è annebbiata. Mi alzo barcollando e mi cade l'occhio su una piccola macchia nera che vibra sul pavimento. Mi avvicino, la tocco con il dito e all'istante una miriade di formiche si diramano in ogni direzione lasciando intravvedere un frammento di pizza. Poco distante altre formiche stanno circondando qualcosa. Mi infilo gli occhiali per vedere meglio e noto un'altra formica, morta, più grande, che viene trascinata via dalle altre.
“Buon viaggio” sono le prime parole che mi escono.
Oggi non vado a lavorare: ho voglia di perdermi.