[CDP2] L'attentatore
Posted: Wed Apr 03, 2024 5:29 pm
commento lungo
opzione uovo
Tre giorni e ancora non smetto di tremare. Ho bisogno di ritrovare un po’ di pace. Che cazzo dico, quale pace? Mi hanno dichiarato la guerra e finché non saprò chi è stato, non potrò ritrovare nessuna serenità.
I poliziotti non sembrano perderci il sonno, loro. O ignorano le mie chiamate o tirano fuori il solito ritornello: “le indagini sono in corso, le faremo sapere non appena ci saranno novità.”
Sembra che mi prendano in giro: faccia attenzione. Manco avessi rischiato di cadere perché non guardavo dove mettevo i piedi. Attenzione a cosa? Un pacco bomba, mi hanno mandato, ‘ste bestie. Con tutte la posta che riceviamo al lavoro, a cosa avrei dovuto fare attenzione? Non fosse stato per la stagista che vuole sempre farsi ben vedere sperando in un contratto retribuito, ora ci sarei io all’ospedale, al posto suo. Dovrei andarla a trovare, esprimerle la mia… riconoscenza? Dirle grazie per esserti bruciata le mani e la faccia al mio posto?
Impossibile. Non riesco a uscire di casa.
Le ho fatto recapitare dei fiori, la mia vicinanza l’ho espressa. Non devo sentirmi in colpa: quella ce l’ha l’animale che ha cercato di uccidermi. Un idiota, oltretutto. Gli artificieri hanno detto che nelle sue intenzioni l’esplosione avrebbe dovuto distruggere non solo me ma anche l’ufficio. Ma era un lavoro da amatori, per questo stiamo tutti bene. Tranne la stagista, a cui servirà un po’ di pelle nuova.
Chi? Chi mi odia così tanto da volermi morto? Continuo a esaminare tutte le possibilità, ma non trovo la risposta.
Anna? Mi ha chiamato subito, appena saputa la notizia. Non mi aveva più rivolto la parola dall’udienza con il giudice, «comunicheremo tramite avvocati». Invece, l’altro giorno era tutta sollecita, gentile, sembrava che le interessasse davvero come stavo.
Non ce la vedo a fabbricare una bomba con le sue unghie di dieci centimetri, però. Ha sempre saputo fare una cosa sola con le mani… la sa fare bene, così bene che mi ha convinto a sposarla. Lei no, ma uno dei suoi fratelli, cugini, amici di famiglia: i rumeni il crimine ce l’hanno nel sangue. Sì, ma cosa cazzo può ancora volere da me Anna? La ditta? Tutto il resto già se l’è preso. E se crepo, mica eredita lei. No, le servo vivo se vuole spillarmi ancora soldi.
L’eredità. Eccola, la chiave. Junior? È vero che è uno stronzetto, ma è l’adolescenza, non vuol dire nulla; lo ero anch’io alla sua età. Non si sognerebbe mai di ammazzare suo padre, mi rifiuto di crederlo. Sua madre? No, quella noiosa beghina non può essere. O sì? Mai fidarsi delle acque chete. È già riuscita a farmi un figlio che non volevo, così da esser sicura che non possa mai liberarmi di lei. Vuole farmi fuori per gestire l’eredità di Max? Mi sembra così assurdo.
Ma è tutto assurdo, non so più cosa pensare. Mi avessero detto il mese scorso che qualcuno avrebbe attentato alla mia vita, sarei scoppiato a ridere. Che cazzo dite? Mi vogliono bene tutti. Certo, un po’ di invidia la posso suscitare, ma niente di che.
E invece.
Vivevo nel mondo delle favole.
Basta! Non posso continuare a starmene rinchiuso qui con lo sguardo fisso nel vuoto. Devo riprendermi in mano, ricominciare a lavorare, i clienti non aspettano, non posso contare sulla loro empatia. Figuriamoci su quella dei miei concorrenti. Due ore dopo l’esplosione, la gente era già passata ad altro. Solo io resto fisso qui. A pensare al vigliacco che mi ha mancato.
Mi sento male solo a guardare i messaggi, riaprire Facebook. Quanta sollecitudine, decine e decine di dichiarazioni di solidarietà, sostegno: non costano nulla, guarda come sono tutti generosi.
Anche gente di cui non avevo notizie da una vita. Alberto Montorsi. Questo non mi cagava più dalla fine del liceo. Lui posso scartarlo dalla lista dei sospetti. Parlo come miss Marple, adesso! Nessuno è al di sopra dei sospetti, se voglio proprio giocare al detective da fiction. Come l’ha saputo, Montorsi? Saranno trent'anni che non ci frequentiamo. Non era nemmeno tra i miei contatti social. Le notizie corrono, certo, però…
Potrebbe avercela ancora con me per la serata al Torchio? Trent’anni di rancore per uno scherzo di merda? Ci eravamo andati giù pesante, ma… Non era nemmeno stata mia, l’idea.
Basta. Devo smetterla.
Forse dovrei dar retta a Biagio, accettare l’invito, andarmene un paio di settimane nella sua baita in montagna. Solo, senza impegni, lontano da tutto e da tutti, per riposarmi, ritrovare il mio equilibrio. Biagio, fedele, inossidabile amico. Su di lui posso contare. Non mi ha mai abbandonato, mai tradito, nemmeno quando l’ho fatto io.
Ricomincio a tremare. No. Non posso sospettare persino di Biagio.
Però, se invece… Se non mi avesse mai perdonato davvero? Era cotto perso di Anna. La donna della mia vita, non avevo mai provato niente di simile e tutte le altre stronzate da fotoromanzo che mi sparò prima di presentarmela.
E io non mi sono accontentato di scoparmela, l’ho pure sposata. Avrei fatto un favore sia a me che a lui, se avessi tenuto cazzo e anello nei pantaloni. Già. E se la vedesse così anche lui?
No. Era il mio testimone. Non mi ha mai portato rancore.
E se invece sì?
Sto uscendo di testa. Se dubito anche di Biagio, tanto vale farla finita.
Certo che la baita… Non ci sono vicini. Il borgo dista chilometri. Solo lui saprebbe dove sto. Per la mia tranquillità, certo. E da buon medico e amico, mi prescriverebbe dei calmanti. La solitudine, i calmanti, la tristezza, la paura, la cantina ben fornita… Sarebbe un attimo, finire il lavoro cominciato.
Sì, ma il pacco bomba? È il mio medico da vent’anni, avrebbe avuto mille occasioni di farmi fuori, se avesse voluto. È insensato. Biagio non mi farebbe mai del male.
Eppure. Come esserne sicuro?
E quegli sbirri di merda che staranno guardando video di ragazzine in mutande su tiktok, invece di cercare il mio attentatore.
Non vale nemmeno la pena provare a richiamarli. La terremo informata, non si preoccupi. Pensi solo a stare calmo. E faccia attenzione.
Attenzione un cazzo!
Adesso esco di casa e me ne vado ad aprire l’ufficio come fosse un giorno qualunque. Forza. Basta infilare le scarpe e la giacca, aprire la porta e attraversarla.
A chi la racconto. Ieri non sono riuscito ad arrivare oltre la prima rampa di scale. L’ascensore nemmeno a parlarne. E oggi non andrà meglio.
Non sono più io. Prigioniero della paura. E dell’odio di uno stronzo invisibile.
Mi credevo intoccabile. Avrei dovuto menarmela meno. Il successo, le donne, i soldi. Sempre a mettermi in mostra. Pure la Tesla dovevo comprarmi. E farla vedere a tutti. E adesso se ne sta sotto la fodera in garage perché non riesco a uscire dalla porta di casa.
Sto diventando scemo: adesso è a causa della Tesla se vogliono farmi secco. Figuriamoci.
Devo fare qualcosa, non posso restare qui a tremare da solo come un povero coglione.
Se mandassi un messaggio unico a tutti i miei contatti? “So tutto”.
No, meglio: “So che sei stato tu, ho già informato la polizia.”
Lo invio a tutti e aspetto le reazioni. Merde invidiose e inutili. Amici, clienti, collaboratori. Concorrenti. Non posso escludere nessuno. Forse sono più d’uno a essersi messi d’accordo. Per darsi un alibi l’un l’altro.
Dovrei provocarli, non limitarmi al “so” ma minacciare. Per vederli strisciare a chiedere perdono. E se un innocente dovesse restarci male… Non ho bisogno di nessuno di quei falliti. Nessuno di loro è alla mia altezza. Per questo hanno cercato di eliminarmi. Se non puoi competere, abbatti l’avversario.
“Lo so che sei stato tu, brutto stronzo. Credevi di farla franca? Non sei nemmeno riuscito a spezzarmi un’unghia, povera nullità. Ma io non fallirò, vedrai. Tieniti pronto, perché la mia collera non sbaglierà mira.”
Un po’ troppo film di serie b. Qualcosa di più sintetico e definitivo: “So chi sei. Sto arrivando.”
Potrei pubblicarlo su Facebook, che chiunque lo legga.
O rilasciare un’intervista ai giornali, carta e online.
Cazzo, il telefono che non smette di vibrare. Silvia. Di nuovo. Rifiuta chiamata. Cosa vuole ancora, questa?
Ci prova con Whatsapp: “Vorrei starti vicino. Cuore cuore cuore”. Cazzo vuole che ci faccia colle sue emoji a cuoricino? Forse pensa di approfittare della situazione per cercare di rendersi importante, indispensabile. Scordatelo, stella. Non mi faccio fregare così. Almeno con lei sono tranquillo: è così scema che fatica anche a trovarsi il culo con le mani, figuriamoci pianificare attentati e fabbricare bombe. Questa cerca solo di farsi sposare.
“Mollami, ho già abbastanza problemi.” Forse così la capisce. Blocca contatto.
Di nuovo Biagio con la sua baita. “O posso venire a stare da te per un po’, così non stai solo.”
Rispondi: “Vaffanculo tu e la tua baita di merda!”
Silenzio Whatsapp o finisce che insulto tutti.
Non lo capiscono che sono solo, solo di me stesso posso fidarmi.
Ho bisogno di dormire. E che mi svegli la polizia con il colpevole in manette. Dormire. Sono tre giorni che non lo faccio. Mi servirebbero dei calmanti. Ma ho appena mandato a fanculo Biagio. E non mi fiderei a prendere pasticche prescritte da lui, adesso. Né mai più. Come ho fatto a fidarmi per tutti questi anni di uno cui ho rubato la donna e umiliato ogni volta che potevo?
Almeno, quest’esperienza ha il merito d’avermi aperto gli occhi: hanno tutti un motivo di avercela con me. Anche la stagista, la elimino dai sospetti solo perché non sarebbe stata così scema da aprire lei il pacco. Ma i motivi non le mancano.
Non mancano a nessuno. Fortuna che mamma è morta da due anni perché ne avrebbe avuti di validi anche lei. Quando vuoi diventare qualcuno, è impossibile non pestare piedi.
Ho anche finito l’erba. Non ho nulla per rilassarmi. C'è sempre il caro, vecchio alcool. Potrei bere fino a stordirmi.
Poi metti che la donna delle pulizie domattina mi trova svenuto nel mio vomito e chiama Biagio. Per lui sarebbe un attimo.
O chiama il 118 e il mio assassino si traveste da infermiere.
Cazzo! La suoneria del telefono. Mi ha quasi fatto venire un infarto. Pensavo di averlo silenziato.
Se è ancora Silvia giuro che la faccio venire qui e poi la strozzo.
Il pulotto. Forse si sono decisi a lavorare.
«Pronto?»
«Signor Arrighi, buonasera. Mistero risolto. La chiamo per rassicurarla.»
Mi tremano le gambe, sto per sapere chi mi vuole morto.
«È stato un errore del corriere. Il pacco era destinato all’avvocato che ha lo studio al terzo piano. Luca Righi. Stesso nome, cognomi simili. Sa che vita fanno i fattorini al giorno d’oggi, sempre a correre 14 ore al giorno, feste comprese. Ha letto male il nome del destinatario, l’indirizzo è lo stesso. Un cliente scontento. Agli avvocati capita di farsi dei nemici.
Era molto scosso, quando l’abbiamo informato, ma non era la prima volta che se la prendevano con lui. È profondamente dispiaciuto che lei e la sua collega siate rimasti coinvolti. Signor Arrighi?»
Il corriere ha sbagliato piano?
«Signor Arrighi, mi sente?»
«Sì.»
«Immagino quanto debba essere sollevato, ma le avevo detto di stare tranquillo. La cosa mi lasciava perplesso: chi poteva avercela a morte con un agente immobiliare? A meno che non venda fregature… Scherzavo, mi scusi, capisco che non è in vena di ridere. Ma lo sarà, appena passato lo choc. Faccia un bel respiro, la sua vita non è in pericolo. Approfitti. Esca a festeggiare con gli amici e da domani ritornerà alla vita di prima. La lascio, immagino che voglia chiamare tutti i suoi cari per condividere la notizia.»
opzione uovo
L'attentatore
Tre giorni e ancora non smetto di tremare. Ho bisogno di ritrovare un po’ di pace. Che cazzo dico, quale pace? Mi hanno dichiarato la guerra e finché non saprò chi è stato, non potrò ritrovare nessuna serenità.
I poliziotti non sembrano perderci il sonno, loro. O ignorano le mie chiamate o tirano fuori il solito ritornello: “le indagini sono in corso, le faremo sapere non appena ci saranno novità.”
Sembra che mi prendano in giro: faccia attenzione. Manco avessi rischiato di cadere perché non guardavo dove mettevo i piedi. Attenzione a cosa? Un pacco bomba, mi hanno mandato, ‘ste bestie. Con tutte la posta che riceviamo al lavoro, a cosa avrei dovuto fare attenzione? Non fosse stato per la stagista che vuole sempre farsi ben vedere sperando in un contratto retribuito, ora ci sarei io all’ospedale, al posto suo. Dovrei andarla a trovare, esprimerle la mia… riconoscenza? Dirle grazie per esserti bruciata le mani e la faccia al mio posto?
Impossibile. Non riesco a uscire di casa.
Le ho fatto recapitare dei fiori, la mia vicinanza l’ho espressa. Non devo sentirmi in colpa: quella ce l’ha l’animale che ha cercato di uccidermi. Un idiota, oltretutto. Gli artificieri hanno detto che nelle sue intenzioni l’esplosione avrebbe dovuto distruggere non solo me ma anche l’ufficio. Ma era un lavoro da amatori, per questo stiamo tutti bene. Tranne la stagista, a cui servirà un po’ di pelle nuova.
Chi? Chi mi odia così tanto da volermi morto? Continuo a esaminare tutte le possibilità, ma non trovo la risposta.
Anna? Mi ha chiamato subito, appena saputa la notizia. Non mi aveva più rivolto la parola dall’udienza con il giudice, «comunicheremo tramite avvocati». Invece, l’altro giorno era tutta sollecita, gentile, sembrava che le interessasse davvero come stavo.
Non ce la vedo a fabbricare una bomba con le sue unghie di dieci centimetri, però. Ha sempre saputo fare una cosa sola con le mani… la sa fare bene, così bene che mi ha convinto a sposarla. Lei no, ma uno dei suoi fratelli, cugini, amici di famiglia: i rumeni il crimine ce l’hanno nel sangue. Sì, ma cosa cazzo può ancora volere da me Anna? La ditta? Tutto il resto già se l’è preso. E se crepo, mica eredita lei. No, le servo vivo se vuole spillarmi ancora soldi.
L’eredità. Eccola, la chiave. Junior? È vero che è uno stronzetto, ma è l’adolescenza, non vuol dire nulla; lo ero anch’io alla sua età. Non si sognerebbe mai di ammazzare suo padre, mi rifiuto di crederlo. Sua madre? No, quella noiosa beghina non può essere. O sì? Mai fidarsi delle acque chete. È già riuscita a farmi un figlio che non volevo, così da esser sicura che non possa mai liberarmi di lei. Vuole farmi fuori per gestire l’eredità di Max? Mi sembra così assurdo.
Ma è tutto assurdo, non so più cosa pensare. Mi avessero detto il mese scorso che qualcuno avrebbe attentato alla mia vita, sarei scoppiato a ridere. Che cazzo dite? Mi vogliono bene tutti. Certo, un po’ di invidia la posso suscitare, ma niente di che.
E invece.
Vivevo nel mondo delle favole.
Basta! Non posso continuare a starmene rinchiuso qui con lo sguardo fisso nel vuoto. Devo riprendermi in mano, ricominciare a lavorare, i clienti non aspettano, non posso contare sulla loro empatia. Figuriamoci su quella dei miei concorrenti. Due ore dopo l’esplosione, la gente era già passata ad altro. Solo io resto fisso qui. A pensare al vigliacco che mi ha mancato.
Mi sento male solo a guardare i messaggi, riaprire Facebook. Quanta sollecitudine, decine e decine di dichiarazioni di solidarietà, sostegno: non costano nulla, guarda come sono tutti generosi.
Anche gente di cui non avevo notizie da una vita. Alberto Montorsi. Questo non mi cagava più dalla fine del liceo. Lui posso scartarlo dalla lista dei sospetti. Parlo come miss Marple, adesso! Nessuno è al di sopra dei sospetti, se voglio proprio giocare al detective da fiction. Come l’ha saputo, Montorsi? Saranno trent'anni che non ci frequentiamo. Non era nemmeno tra i miei contatti social. Le notizie corrono, certo, però…
Potrebbe avercela ancora con me per la serata al Torchio? Trent’anni di rancore per uno scherzo di merda? Ci eravamo andati giù pesante, ma… Non era nemmeno stata mia, l’idea.
Basta. Devo smetterla.
Forse dovrei dar retta a Biagio, accettare l’invito, andarmene un paio di settimane nella sua baita in montagna. Solo, senza impegni, lontano da tutto e da tutti, per riposarmi, ritrovare il mio equilibrio. Biagio, fedele, inossidabile amico. Su di lui posso contare. Non mi ha mai abbandonato, mai tradito, nemmeno quando l’ho fatto io.
Ricomincio a tremare. No. Non posso sospettare persino di Biagio.
Però, se invece… Se non mi avesse mai perdonato davvero? Era cotto perso di Anna. La donna della mia vita, non avevo mai provato niente di simile e tutte le altre stronzate da fotoromanzo che mi sparò prima di presentarmela.
E io non mi sono accontentato di scoparmela, l’ho pure sposata. Avrei fatto un favore sia a me che a lui, se avessi tenuto cazzo e anello nei pantaloni. Già. E se la vedesse così anche lui?
No. Era il mio testimone. Non mi ha mai portato rancore.
E se invece sì?
Sto uscendo di testa. Se dubito anche di Biagio, tanto vale farla finita.
Certo che la baita… Non ci sono vicini. Il borgo dista chilometri. Solo lui saprebbe dove sto. Per la mia tranquillità, certo. E da buon medico e amico, mi prescriverebbe dei calmanti. La solitudine, i calmanti, la tristezza, la paura, la cantina ben fornita… Sarebbe un attimo, finire il lavoro cominciato.
Sì, ma il pacco bomba? È il mio medico da vent’anni, avrebbe avuto mille occasioni di farmi fuori, se avesse voluto. È insensato. Biagio non mi farebbe mai del male.
Eppure. Come esserne sicuro?
E quegli sbirri di merda che staranno guardando video di ragazzine in mutande su tiktok, invece di cercare il mio attentatore.
Non vale nemmeno la pena provare a richiamarli. La terremo informata, non si preoccupi. Pensi solo a stare calmo. E faccia attenzione.
Attenzione un cazzo!
Adesso esco di casa e me ne vado ad aprire l’ufficio come fosse un giorno qualunque. Forza. Basta infilare le scarpe e la giacca, aprire la porta e attraversarla.
A chi la racconto. Ieri non sono riuscito ad arrivare oltre la prima rampa di scale. L’ascensore nemmeno a parlarne. E oggi non andrà meglio.
Non sono più io. Prigioniero della paura. E dell’odio di uno stronzo invisibile.
Mi credevo intoccabile. Avrei dovuto menarmela meno. Il successo, le donne, i soldi. Sempre a mettermi in mostra. Pure la Tesla dovevo comprarmi. E farla vedere a tutti. E adesso se ne sta sotto la fodera in garage perché non riesco a uscire dalla porta di casa.
Sto diventando scemo: adesso è a causa della Tesla se vogliono farmi secco. Figuriamoci.
Devo fare qualcosa, non posso restare qui a tremare da solo come un povero coglione.
Se mandassi un messaggio unico a tutti i miei contatti? “So tutto”.
No, meglio: “So che sei stato tu, ho già informato la polizia.”
Lo invio a tutti e aspetto le reazioni. Merde invidiose e inutili. Amici, clienti, collaboratori. Concorrenti. Non posso escludere nessuno. Forse sono più d’uno a essersi messi d’accordo. Per darsi un alibi l’un l’altro.
Dovrei provocarli, non limitarmi al “so” ma minacciare. Per vederli strisciare a chiedere perdono. E se un innocente dovesse restarci male… Non ho bisogno di nessuno di quei falliti. Nessuno di loro è alla mia altezza. Per questo hanno cercato di eliminarmi. Se non puoi competere, abbatti l’avversario.
“Lo so che sei stato tu, brutto stronzo. Credevi di farla franca? Non sei nemmeno riuscito a spezzarmi un’unghia, povera nullità. Ma io non fallirò, vedrai. Tieniti pronto, perché la mia collera non sbaglierà mira.”
Un po’ troppo film di serie b. Qualcosa di più sintetico e definitivo: “So chi sei. Sto arrivando.”
Potrei pubblicarlo su Facebook, che chiunque lo legga.
O rilasciare un’intervista ai giornali, carta e online.
Cazzo, il telefono che non smette di vibrare. Silvia. Di nuovo. Rifiuta chiamata. Cosa vuole ancora, questa?
Ci prova con Whatsapp: “Vorrei starti vicino. Cuore cuore cuore”. Cazzo vuole che ci faccia colle sue emoji a cuoricino? Forse pensa di approfittare della situazione per cercare di rendersi importante, indispensabile. Scordatelo, stella. Non mi faccio fregare così. Almeno con lei sono tranquillo: è così scema che fatica anche a trovarsi il culo con le mani, figuriamoci pianificare attentati e fabbricare bombe. Questa cerca solo di farsi sposare.
“Mollami, ho già abbastanza problemi.” Forse così la capisce. Blocca contatto.
Di nuovo Biagio con la sua baita. “O posso venire a stare da te per un po’, così non stai solo.”
Rispondi: “Vaffanculo tu e la tua baita di merda!”
Silenzio Whatsapp o finisce che insulto tutti.
Non lo capiscono che sono solo, solo di me stesso posso fidarmi.
Ho bisogno di dormire. E che mi svegli la polizia con il colpevole in manette. Dormire. Sono tre giorni che non lo faccio. Mi servirebbero dei calmanti. Ma ho appena mandato a fanculo Biagio. E non mi fiderei a prendere pasticche prescritte da lui, adesso. Né mai più. Come ho fatto a fidarmi per tutti questi anni di uno cui ho rubato la donna e umiliato ogni volta che potevo?
Almeno, quest’esperienza ha il merito d’avermi aperto gli occhi: hanno tutti un motivo di avercela con me. Anche la stagista, la elimino dai sospetti solo perché non sarebbe stata così scema da aprire lei il pacco. Ma i motivi non le mancano.
Non mancano a nessuno. Fortuna che mamma è morta da due anni perché ne avrebbe avuti di validi anche lei. Quando vuoi diventare qualcuno, è impossibile non pestare piedi.
Ho anche finito l’erba. Non ho nulla per rilassarmi. C'è sempre il caro, vecchio alcool. Potrei bere fino a stordirmi.
Poi metti che la donna delle pulizie domattina mi trova svenuto nel mio vomito e chiama Biagio. Per lui sarebbe un attimo.
O chiama il 118 e il mio assassino si traveste da infermiere.
Cazzo! La suoneria del telefono. Mi ha quasi fatto venire un infarto. Pensavo di averlo silenziato.
Se è ancora Silvia giuro che la faccio venire qui e poi la strozzo.
Il pulotto. Forse si sono decisi a lavorare.
«Pronto?»
«Signor Arrighi, buonasera. Mistero risolto. La chiamo per rassicurarla.»
Mi tremano le gambe, sto per sapere chi mi vuole morto.
«È stato un errore del corriere. Il pacco era destinato all’avvocato che ha lo studio al terzo piano. Luca Righi. Stesso nome, cognomi simili. Sa che vita fanno i fattorini al giorno d’oggi, sempre a correre 14 ore al giorno, feste comprese. Ha letto male il nome del destinatario, l’indirizzo è lo stesso. Un cliente scontento. Agli avvocati capita di farsi dei nemici.
Era molto scosso, quando l’abbiamo informato, ma non era la prima volta che se la prendevano con lui. È profondamente dispiaciuto che lei e la sua collega siate rimasti coinvolti. Signor Arrighi?»
Il corriere ha sbagliato piano?
«Signor Arrighi, mi sente?»
«Sì.»
«Immagino quanto debba essere sollevato, ma le avevo detto di stare tranquillo. La cosa mi lasciava perplesso: chi poteva avercela a morte con un agente immobiliare? A meno che non venda fregature… Scherzavo, mi scusi, capisco che non è in vena di ridere. Ma lo sarà, appena passato lo choc. Faccia un bel respiro, la sua vita non è in pericolo. Approfitti. Esca a festeggiare con gli amici e da domani ritornerà alla vita di prima. La lascio, immagino che voglia chiamare tutti i suoi cari per condividere la notizia.»