[Lab12] L’opera incompiuta
Inviato: sab feb 03, 2024 5:30 pm
1
Roma, amata e odiata dai romani.
Imponente, ti riempie gli occhi quando passeggi per le vie del centro. Un monumento che ti avvolge ad ogni passo.
La maledici quando devi percorrerla nel traffico.
Alla prima periferia, la meraviglia cede il posto al degrado di una città sporca e caotica.
Sto tornando a casa da sola, Mario ha dovuto anticipare il turno, dovevamo approfittare dei musei gratuiti la prima domenica del mese, invece lo hanno chiamato per andare immediatamente con la troupe sul luogo di un omicidio. È la prima volta che capita, lui fa sempre servizi sui parlamentari, o su manifestazioni, ma la troupe che segue la cronaca nera era impegnata a seguire una retata.
Era emozionatissimo, ma dal messaggio che gli ho imposto di mandarmi, supplicandolo per delle foto, ho percepito disagio.
Non mi avrebbe ovviamente inviato nulla, mi ha solo confidato che era una donna sulla quarantina, incorniciata nel suo sangue.
Un brivido e il clacson della smart alle mie spalle mi hanno scossa. Immobili con il verde, ora che è scattato il rosso, beneficiamo dello spazio che hanno liberato le sole quattro macchine che sono riuscite a passare, nonostante i veicoli bloccati in mezzo all’incrocio.
Stupidi idioti che con una percorrenza media di sei chilometri orari, si lanciano con un arancione pieno e un muro di macchine davanti.
2
Oggi Mario attacca alle 16, ci vediamo prima di pranzo, ora che ha inviato tutto alla redazione può farmi curiosare.
“Secondo me, è meglio se lasci stare, fa impressione.”
“Ma dove è successo?”
“Non ci crederai, davanti la Centrale Montemartini, dove volevi andare ieri”
Mi stringo in un lieve abbraccio confortante, ma il luogo mi stupisce.
“Come è possibile? Lì attaccato c’è il bar aperto H24.”
“Era dentro il cancello del vialetto, sui sampietrini, subito dopo la sbarra, guarda!”
Fisso gli occhi sul video, non ho visto il tg oggi e comunque questo lo ha girato con il cellulare di nascosto, prima di avere l’autorizzazione per riprendere.
Il corpo appare fugacemente per meno di un secondo, subito impallato da un agente che si china davanti, forse a constatarne per prassi il decesso.
Un uomo in borghese, abbastanza alterato, strepita che devono fare le fotografie e non toccare nulla, un altro agente, stizzito, lo accompagna all’interno, fine delle riprese non autorizzate; quelle ufficiali, mi racconta Mario, riprendono solo il capannello di curiosi, il nastro che delimita la scena e gli agenti dei Ris, intervenuti successivamente, che placano le domande dei reporter, riducendo un’esistenza in poche parole: una donna tra i trenta e i quarant’anni senza documenti, un delitto efferato.
Sono scettica.
“Come ha fatto a portarla lì dentro senza essere visto? Non solo il bar sempre aperto, ma con il cancello chiuso… l’ha uccisa alla centrale, nascosta, sistemata e portata lì per la messinscena?”
Mario mi guarda sbieco per il terzo grado, vedendo il mio sguardo serio, si concentra.
“in effetti potrebbero averla uccisa ieri sera, dentro la centrale, ma quindi qualcuno è rimasto dentro, strano, perché sicuramente c’è un allarme quando chiudono. Non sono riuscito a sentire praticamente nulla, ci hanno tenuti distanti. Ma hai visto in che posizione sta?”
La donna era in una posizione fetale, le ginocchia leggermente più basse e staccate dal petto, il braccio sinistro arcuato sopra la testa verso il ginocchio, il destro in una posizione innaturale, da dietro, leggermente curvo, allungato verso i piedi posizionati sotto il sedere. Un cerchio spezzato da una sciarpa piegata perfettamente a metà e poi ancora una volta in verticale, bloccata tra le ginocchia, allungata verso l’esterno in diagonale.
Rispondo prontamente:
“È una Q”
Mario mi guarda inarcando un sopracciglio, torna indietro nel video faticando per bloccarlo sulla fugace apparizione.
Mi conosce, sa che capto particolari in frazioni di secondo, riesco a fermare immagini ricche di dettagli e a collegarli con facilità. Stenta a vedere una lettera in quell’immagine.
Pensa a voce alta.
“Sarà un messaggio? Un’iniziale?” Si rabbuia, lo assale un dubbio “E se avesse già ucciso tante persone quante sono le lettere prima della Q?”
Quest’ultima frase mi riporta alla mente altre immagini, non è passato molto tempo, avevo visto la foto su un giornale, il titolo recitava qualcosa come il delitto della donna con l’ Hula Hop. Un’altra donna uccisa.
Trovata a Trastevere a Piazza Sant’ Egidio. Dove gli altri vedevano un corpo rigido e perfettamente allineato con un cerchio di plastica tra le braccia, io avevo visto una P.
Ne parlo con Mario
“Siamo di fronte ad un serial killer dell’ alfabeto, a Roma? Impossibile, non ci sono tutti questi omicidi in città.
Anche quella volta tutti dicevano che era impossibile lasciare un corpo in una piazza che è sempre piena di gente, anche a tarda notte, ricordi?”
Mario non risponde, smanetta sul portatile per cercare l’evento precedente.
Troviamo tantissimi articoli e immagini. Sono passati esattamente 28 giorni.
Alfabeto e fasi lunari?
Sono inorridita ed eccitata, calata nel ruolo di piccola detective.
Mario in una foto riconosce il tipo dei Ris che ha visto ieri, prova a sfottermi perché la mia “super vista” non lo aveva riconosciuto, ma non era inquadrato nelle riprese con il telefonino, mentre lui non si è accorto che c’era anche il tipo che strepitava di non toccare nulla, immagino il detective, visto che è sempre in borghese.
“Aspetta! Anche quella volta l’omicidio era davanti ad un museo, lì c’è il posto dove una volta abbiamo visto la mostra sul 1968, ti ricordi?”
Ci fissiamo negli occhi sospendendo le parole a mezz’aria per qualche secondo, l’afonia si sblocca all’ unisono, ma con diverse intenzioni.
“Dobbiamo parlare con i Ris!”
“Potresti fare uno scoop!”
Mario strizza appena narice e occhio destro, un movimento involontario che tradisce la sua contrarietà.
“Uno, non sono un giornalista, il merito dell’ eventuale scoop non sarebbe mio.
Due, mi sento a disagio solo a pensare di speculare su una cosa del genere!”
Nonostante le mie remore, per paura che ci accusino di qualcosa, e quelle di Mario, che è sicuro di mostrarsi ridicolo, ci rechiamo alla caserma Salvo d’Acquisto, pronti ad essere cacciati a calci o, in alternativa, ad essere arrestati.
Il tesserino stampa di Mario ci permette di essere accolti dal maggiore del nucleo operativo in un open space che non ha nulla da invidiare ai set dei miei crime preferiti.
Ci fanno spegnere e posare i cellulari in una cassettina sul tavolo, formalizzando l’avvertimento che, se avessimo registrato o ripreso qualsiasi cosa in quella stanza, avremmo commesso un reato.
Eravamo potuti entrare per l’insolita combinazione “stampa” e “fornirvi informazioni sul caso” anziché richiederle.
Mentre il maggiore ci chiede quali informazioni dobbiamo trasmettere, capta il mio sguardo carico di apprensione e stupore proiettato alle sue spalle.
È un attimo. Urla a un sottoposto di rigirare immediatamente la lavagna, che incautamente aveva esposto alla nostra vista.
Troppo tardi, ho già registrato ogni particolare
Le foto mostravano tre vittime, una posizionata a forma di S, ognuna collegata alla foto di un uomo, tra cui quello che avevo identificato come detective, attaccato alla foto della donna Q.
Il maggiore ci dedica la sua attenzione con furore rabbioso “allora, quali informazioni avete su questo omicidio?”
Io sto navigando a vista tra i miei collegamenti, rispondo senza continuità.
“Allora manca la R, quindi ha accorciato i tempi?”
Con la vista laterale percepisco un nuovo interesse nei miei confronti.
“Cosa significa esattamente questa domanda?”
Mi sento sulle spine, ma siamo a un passo dall’ essere cacciati in malo modo.
“Eravamo venuti per dirvi che avevamo visto nelle pose di due cadaveri la P e la Q, che avevamo notato che erano avvenuti esattamente a quattro settimane di distanza e che erano posizionati vicino a dei musei. Ora ho visto la S, quindi ho capito che manca la R, ma vuol dire che sono stati compiuti altri due omicidi in un giorno.”
Il maggiore ci guarda con rinnovato rispetto, ma vuole liquidarci, premiandoci con qualche dettaglio.
“Noi abbiamo riconosciuto le lettere dopo diversi giorni, complimenti, comunque la S è la prima che abbiamo trovato, due mesi fa, sempre la prima domenica del mese.”
Ragiono velocemente, mentre ci fa avanzare verso l’uscita.
“Quindi uccide in coincidenza con le aperture gratuite dei musei?”
Non stiamo fornendo nessun nuovo dettaglio, il maggiore scrolla la testa mentre continua ad avanzare.
Mi sento arrossire fino alla punta dei capelli, le mie ambizioni da detective sono naufragate in pochi minuti, ma devo soddisfare l’ultima curiosità.
“Pensavo fosse un detective, uno degli uomini sulle foto era presente sulla scena di due omicidi!”
Vedo il maggiore sgranare gli occhi, mentre tuona “Chi?”
3
A quanto pare era veramente necessaria una super vista per riconoscere il tipo della vittima Q nelle immagini pubblicate per la vittima P.
Il killer che pensava di essere un’artista incompreso, voleva scrivere col sangue S.P.Q.R., un omaggio alla città e la convinzione che il popolo avrebbe apprezzato le sue opere, mai a suo parere comprese da chi si arrogava il diritto di giudicarle.
Dipendente della cooperativa che gestisce la maggior parte dei plessi museali di Roma, si accordava con i colleghi per scambi turno che gli permettevano di girare più siti, avvelenava le vittime, prostitute con cui si appagava con disgusto, per poi operare sui loro corpi e creare delle lettere artistiche e sconvolgenti.
Questa sera in televisione è previsto uno speciale con tutti i dettagli, il montaggio è spettato a Mario, con tutti gli onori.
Il maggiore mi ha suggerito di verificare se dopo la triennale possa interessarmi criminologia e mi ha chiesto se può avvalersi della mia super vista, in caso di necessità.
La R mancata è una vita ancora pulsante ed io mi sento totalmente appagata.
Roma, amata e odiata dai romani.
Imponente, ti riempie gli occhi quando passeggi per le vie del centro. Un monumento che ti avvolge ad ogni passo.
La maledici quando devi percorrerla nel traffico.
Alla prima periferia, la meraviglia cede il posto al degrado di una città sporca e caotica.
Sto tornando a casa da sola, Mario ha dovuto anticipare il turno, dovevamo approfittare dei musei gratuiti la prima domenica del mese, invece lo hanno chiamato per andare immediatamente con la troupe sul luogo di un omicidio. È la prima volta che capita, lui fa sempre servizi sui parlamentari, o su manifestazioni, ma la troupe che segue la cronaca nera era impegnata a seguire una retata.
Era emozionatissimo, ma dal messaggio che gli ho imposto di mandarmi, supplicandolo per delle foto, ho percepito disagio.
Non mi avrebbe ovviamente inviato nulla, mi ha solo confidato che era una donna sulla quarantina, incorniciata nel suo sangue.
Un brivido e il clacson della smart alle mie spalle mi hanno scossa. Immobili con il verde, ora che è scattato il rosso, beneficiamo dello spazio che hanno liberato le sole quattro macchine che sono riuscite a passare, nonostante i veicoli bloccati in mezzo all’incrocio.
Stupidi idioti che con una percorrenza media di sei chilometri orari, si lanciano con un arancione pieno e un muro di macchine davanti.
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Oggi Mario attacca alle 16, ci vediamo prima di pranzo, ora che ha inviato tutto alla redazione può farmi curiosare.
“Secondo me, è meglio se lasci stare, fa impressione.”
“Ma dove è successo?”
“Non ci crederai, davanti la Centrale Montemartini, dove volevi andare ieri”
Mi stringo in un lieve abbraccio confortante, ma il luogo mi stupisce.
“Come è possibile? Lì attaccato c’è il bar aperto H24.”
“Era dentro il cancello del vialetto, sui sampietrini, subito dopo la sbarra, guarda!”
Fisso gli occhi sul video, non ho visto il tg oggi e comunque questo lo ha girato con il cellulare di nascosto, prima di avere l’autorizzazione per riprendere.
Il corpo appare fugacemente per meno di un secondo, subito impallato da un agente che si china davanti, forse a constatarne per prassi il decesso.
Un uomo in borghese, abbastanza alterato, strepita che devono fare le fotografie e non toccare nulla, un altro agente, stizzito, lo accompagna all’interno, fine delle riprese non autorizzate; quelle ufficiali, mi racconta Mario, riprendono solo il capannello di curiosi, il nastro che delimita la scena e gli agenti dei Ris, intervenuti successivamente, che placano le domande dei reporter, riducendo un’esistenza in poche parole: una donna tra i trenta e i quarant’anni senza documenti, un delitto efferato.
Sono scettica.
“Come ha fatto a portarla lì dentro senza essere visto? Non solo il bar sempre aperto, ma con il cancello chiuso… l’ha uccisa alla centrale, nascosta, sistemata e portata lì per la messinscena?”
Mario mi guarda sbieco per il terzo grado, vedendo il mio sguardo serio, si concentra.
“in effetti potrebbero averla uccisa ieri sera, dentro la centrale, ma quindi qualcuno è rimasto dentro, strano, perché sicuramente c’è un allarme quando chiudono. Non sono riuscito a sentire praticamente nulla, ci hanno tenuti distanti. Ma hai visto in che posizione sta?”
La donna era in una posizione fetale, le ginocchia leggermente più basse e staccate dal petto, il braccio sinistro arcuato sopra la testa verso il ginocchio, il destro in una posizione innaturale, da dietro, leggermente curvo, allungato verso i piedi posizionati sotto il sedere. Un cerchio spezzato da una sciarpa piegata perfettamente a metà e poi ancora una volta in verticale, bloccata tra le ginocchia, allungata verso l’esterno in diagonale.
Rispondo prontamente:
“È una Q”
Mario mi guarda inarcando un sopracciglio, torna indietro nel video faticando per bloccarlo sulla fugace apparizione.
Mi conosce, sa che capto particolari in frazioni di secondo, riesco a fermare immagini ricche di dettagli e a collegarli con facilità. Stenta a vedere una lettera in quell’immagine.
Pensa a voce alta.
“Sarà un messaggio? Un’iniziale?” Si rabbuia, lo assale un dubbio “E se avesse già ucciso tante persone quante sono le lettere prima della Q?”
Quest’ultima frase mi riporta alla mente altre immagini, non è passato molto tempo, avevo visto la foto su un giornale, il titolo recitava qualcosa come il delitto della donna con l’ Hula Hop. Un’altra donna uccisa.
Trovata a Trastevere a Piazza Sant’ Egidio. Dove gli altri vedevano un corpo rigido e perfettamente allineato con un cerchio di plastica tra le braccia, io avevo visto una P.
Ne parlo con Mario
“Siamo di fronte ad un serial killer dell’ alfabeto, a Roma? Impossibile, non ci sono tutti questi omicidi in città.
Anche quella volta tutti dicevano che era impossibile lasciare un corpo in una piazza che è sempre piena di gente, anche a tarda notte, ricordi?”
Mario non risponde, smanetta sul portatile per cercare l’evento precedente.
Troviamo tantissimi articoli e immagini. Sono passati esattamente 28 giorni.
Alfabeto e fasi lunari?
Sono inorridita ed eccitata, calata nel ruolo di piccola detective.
Mario in una foto riconosce il tipo dei Ris che ha visto ieri, prova a sfottermi perché la mia “super vista” non lo aveva riconosciuto, ma non era inquadrato nelle riprese con il telefonino, mentre lui non si è accorto che c’era anche il tipo che strepitava di non toccare nulla, immagino il detective, visto che è sempre in borghese.
“Aspetta! Anche quella volta l’omicidio era davanti ad un museo, lì c’è il posto dove una volta abbiamo visto la mostra sul 1968, ti ricordi?”
Ci fissiamo negli occhi sospendendo le parole a mezz’aria per qualche secondo, l’afonia si sblocca all’ unisono, ma con diverse intenzioni.
“Dobbiamo parlare con i Ris!”
“Potresti fare uno scoop!”
Mario strizza appena narice e occhio destro, un movimento involontario che tradisce la sua contrarietà.
“Uno, non sono un giornalista, il merito dell’ eventuale scoop non sarebbe mio.
Due, mi sento a disagio solo a pensare di speculare su una cosa del genere!”
Nonostante le mie remore, per paura che ci accusino di qualcosa, e quelle di Mario, che è sicuro di mostrarsi ridicolo, ci rechiamo alla caserma Salvo d’Acquisto, pronti ad essere cacciati a calci o, in alternativa, ad essere arrestati.
Il tesserino stampa di Mario ci permette di essere accolti dal maggiore del nucleo operativo in un open space che non ha nulla da invidiare ai set dei miei crime preferiti.
Ci fanno spegnere e posare i cellulari in una cassettina sul tavolo, formalizzando l’avvertimento che, se avessimo registrato o ripreso qualsiasi cosa in quella stanza, avremmo commesso un reato.
Eravamo potuti entrare per l’insolita combinazione “stampa” e “fornirvi informazioni sul caso” anziché richiederle.
Mentre il maggiore ci chiede quali informazioni dobbiamo trasmettere, capta il mio sguardo carico di apprensione e stupore proiettato alle sue spalle.
È un attimo. Urla a un sottoposto di rigirare immediatamente la lavagna, che incautamente aveva esposto alla nostra vista.
Troppo tardi, ho già registrato ogni particolare
Le foto mostravano tre vittime, una posizionata a forma di S, ognuna collegata alla foto di un uomo, tra cui quello che avevo identificato come detective, attaccato alla foto della donna Q.
Il maggiore ci dedica la sua attenzione con furore rabbioso “allora, quali informazioni avete su questo omicidio?”
Io sto navigando a vista tra i miei collegamenti, rispondo senza continuità.
“Allora manca la R, quindi ha accorciato i tempi?”
Con la vista laterale percepisco un nuovo interesse nei miei confronti.
“Cosa significa esattamente questa domanda?”
Mi sento sulle spine, ma siamo a un passo dall’ essere cacciati in malo modo.
“Eravamo venuti per dirvi che avevamo visto nelle pose di due cadaveri la P e la Q, che avevamo notato che erano avvenuti esattamente a quattro settimane di distanza e che erano posizionati vicino a dei musei. Ora ho visto la S, quindi ho capito che manca la R, ma vuol dire che sono stati compiuti altri due omicidi in un giorno.”
Il maggiore ci guarda con rinnovato rispetto, ma vuole liquidarci, premiandoci con qualche dettaglio.
“Noi abbiamo riconosciuto le lettere dopo diversi giorni, complimenti, comunque la S è la prima che abbiamo trovato, due mesi fa, sempre la prima domenica del mese.”
Ragiono velocemente, mentre ci fa avanzare verso l’uscita.
“Quindi uccide in coincidenza con le aperture gratuite dei musei?”
Non stiamo fornendo nessun nuovo dettaglio, il maggiore scrolla la testa mentre continua ad avanzare.
Mi sento arrossire fino alla punta dei capelli, le mie ambizioni da detective sono naufragate in pochi minuti, ma devo soddisfare l’ultima curiosità.
“Pensavo fosse un detective, uno degli uomini sulle foto era presente sulla scena di due omicidi!”
Vedo il maggiore sgranare gli occhi, mentre tuona “Chi?”
3
A quanto pare era veramente necessaria una super vista per riconoscere il tipo della vittima Q nelle immagini pubblicate per la vittima P.
Il killer che pensava di essere un’artista incompreso, voleva scrivere col sangue S.P.Q.R., un omaggio alla città e la convinzione che il popolo avrebbe apprezzato le sue opere, mai a suo parere comprese da chi si arrogava il diritto di giudicarle.
Dipendente della cooperativa che gestisce la maggior parte dei plessi museali di Roma, si accordava con i colleghi per scambi turno che gli permettevano di girare più siti, avvelenava le vittime, prostitute con cui si appagava con disgusto, per poi operare sui loro corpi e creare delle lettere artistiche e sconvolgenti.
Questa sera in televisione è previsto uno speciale con tutti i dettagli, il montaggio è spettato a Mario, con tutti gli onori.
Il maggiore mi ha suggerito di verificare se dopo la triennale possa interessarmi criminologia e mi ha chiesto se può avvalersi della mia super vista, in caso di necessità.
La R mancata è una vita ancora pulsante ed io mi sento totalmente appagata.