[MI 178] L'esproprio
Posted: Thu Sep 21, 2023 8:16 pm
Traccia n° 3: "Non è così che doveva andare".
― Come sta mamma?
― Non molto bene Ignazio. Ma sarà contenta di vederti.
Ignazio annuì, mentre zia Filomena lo guardava con intensità. Era invecchiata dall’ultima volta che l’aveva vista.
― Pensava che saresti arrivato prima.
― Non ho potuto, avevo problemi e poi non pensavo che stava male. Mi avevi detto dell’esproprio, ma sono cose d’ufficio che vanno per le lunghe… Non pensavo che sarebbe stata male.
― La dottoressa è venuta e ha detto che sarebbe bene se andasse all’ospedale, l’assistono meglio. Le ho detto che faccio tutto io per mia sorella, ma non mi ha risposto.
― Ti ringrazio zia. Se non era per te… E ci credo che non vuole ricoverarsi. Ogni volta che abbiamo mandato qualcuno in ospedale è morto. La dottoressa l’ha visitata? Cos’ha detto?
Non l’ha neanche toccata. Ha solo scritto…
― Non dirmi niente. Vado su.
Ignazio salì al piano di sopra, entrò in camera da letto fingendo di chiacchierare amabilmente prima di entrare, in modo che sua madre lo sentisse da lontano e non si spaventasse.
La trovò sotto le coperte, le braccia magre fuori, i capelli grigi scompigliati sopra due cuscini candidi, lo sguardo verso la luce che entrava dalla porta del balconcino. Ebbe un lampo di felicità nel vederlo, a Ignazio venne un groppo alla gola e l’abbracciò. Ma da quanto mancava?
― Non sono potuto venire prima. Perdonami.
― Lo so, lo so. Non preoccuparti. Sei molto impegnato con il lavoro e poi la famiglia, lo so. Come stanno Vincenzo e Gabriella?
Chiedeva sempre dei bambini, non nominava mai Vanessa, sua moglie. Non correva buon sangue fra di loro da sempre. I primi anni, quando venivano più spesso con i bambini piccoli sua madre insisteva sempre perché glieli lasciassero mentre loro uscivano la sera, dopo il mare, ma Vanessa non glieli lasciava mai, come se non si fidasse di quella donna magra e triste che trattava suo figlio come se fosse ancora un ragazzo.
― Ma cos’è questa cosa dell’esproprio? ― chiese Ignazio dopo aver chiacchierato un po’.
― Uno del comune mi ha portato un foglio. È lì sopra.
Ignazio si girò e fissò la sua immagine sulla specchiera. Aveva la barba di alcuni giorni e due occhiaie scure, troppo stress e nervosismo con Vanessa che si era adombrata quando gli aveva detto che andava da sua madre; non riusciva a comprendere perché si allontanava da lei, da sempre. Poi si aggiungevano i problemi di lavoro e ora anche l’esproprio.
Prese in mano il foglio, con intestazione della Regione. “Espropriazione per causa di pubblica utilità preordinata all’acquisizione degli immobili siti in territorio del comune di Bauflores, occorrenti per la realizzazione di verde pubblico…
― Miserabili ipocriti! ― gli sfuggì a denti stretti.
Si comunica che in esecuzione del decreto regionale che si notifica alla S.V… incaricati di questo Assessorato si troveranno il giorno 9 giugno alle ore otto presso l’ufficio del sindaco di Bauflores per procedere in mattinata al sopralluogo degli immobili appresso indicati, di proprietà della S.V. prendendone possesso in nome e per conto della Regione. Contestualmente verrà redatto lo stato di consistenza. Si intima alla S.V. di far trovare gli immobili predetti liberi e vacui da persone e cose e a rendere possibile la preavvisata occupazione. Si avverte la S.V. che l’immissione in possesso, come la redazione degli stati di consistenza, avrà comunque luogo anche in sua assenza e che, in caso di resistenza attiva o passiva, verrà richiesta l’assistenza della forza pubblica. Il sindaco…
― Miserabili! Morti di fame! ― disse Ignazio sfogliando le carte e guardando la mappa allegata.
― Filomena mi ha detto che prenderanno anche il pozzo…
― Sì. La metà del terreno vogliono, mamma. Davanti a casa.
― Ma perché… di nuovo…
― Non piangere mamma. Ci sono io. Farò di tutto perché non succeda.
Ma la mamma piangeva. Tanti anni prima, quando ancora era vivo il marito, avevano espropriato del terreno davanti al mare, sempre per uso pubblico, verde e parcheggi. Fin da subito lo avevano dato in gestione a un camper service e nello spazioso marciapiede adiacente che avevano ricavato si era piazzato un bar con verandine e palme che avevano invaso la spiaggia sottostante. Oh sì: sempre di uso pubblico poteva trattarsi.
Il sindaco di Bauflores, Erminio, sedeva nel suo ufficio. Il capo ufficio tecnico Basilio e l’assessore al turismo Pedda erano seduti davanti a lui.
― Abbiamo fatto le cose per bene ― disse Erminio.
― Più che altro secondo la legge ― disse Pedda.
― Non ti sarai mica pentito vero? Ho scomodato un po’ di gente in Regione per avere il decreto ― disse Basilio.
― Non discuto su questo. Il fatto è, anche io so leggere, che guardando in archivio ho visto che a quella famiglia negli anni sono stati espropriati un bel po’ di terreni per “uso pubblico”…
― E con questo? Peggio per loro che sono possidenti. La terra va al popolo. Non ti riconosco più Pedda, così ragiona l’opposizione, per fortuna in minoranza.
― Ma quali possidenti! Erano semplici contadini con appezzamenti di terra vicino al mare, come si usava all’epoca. Ai loro tempi coltivavano grano, allevavano pecore, avevano qualche orto.
― Avevano più terra di altri. Stavano meglio degli altri. Con la vita di oggi non è più concepibile. E poi quel lotto che gli espropriamo… ma lo hai visto? È un peccato vederci crescere l’erbaccia tutti gli anni, proprio davanti al mare, quando possiamo accorparlo al camper service, collegarlo alla strada e metterci qualche localino, allestire un parcheggio a pagamento, e affittarlo come suolo pubblico ai mercati ambulanti e sagre. Bisogna civilizzare questo posto. I tempi dei contadini non esistono più!
― Specialmente quando devono lavorare amici che non hanno mai avuto niente e che in cambio danno voti. Tutto giusto quello che dici, Basilio.
― E allora che problema ti fai? ― disse Erminio.
― Mi chiedo perché nessuno in questo comune, parlo anche delle amministrazioni precedenti, nessuno abbia mai pensato di espropriare i terreni, che pure sono davanti al mare, dei figli del cavalier Gereu.
― Oh, ma quelli…
― Ve lo dico io perché: perché i figli di cavalier Gereu sono tutti avvocati.
― Mica abbiamo paura degli avvocati! E poi, figurati: il marito di Angela, che è proprietaria del terreno, bada bene, il marito era carabiniere ed era ancora vivo quando espropriammo gli altri terreni dove ora c’è il camper service. Nessuno ha mai fatto ricorso.
― Era ancora vivo, ma in pensione da anni, anziano e malato.
― Fatti loro, non stiamo a discutere del passato. Noi agiamo con la legge. Piuttosto, ora che ci penso, non vorrai mica ostacolarci quando daremo in concessione il terreno? Sei assessore al turismo ma non montarti troppo, Pedda.
― Eh già.
― Eh già cosa?
― Ma lasciatemi perdere! ― disse Pedda alzandosi e uscendo dall’ufficio.
― Ma possiamo fidarci di quello là? ― disse Basilio al sindaco, socchiudendo gli occhi.
― Ma non preoccuparti. Pedda parla ma non agisce. Ci penso io. Piuttosto mi hanno detto che oggi è venuto il figlio di Angela dalla città.
― Ah si, Ignazio. Non vale niente.
― Che lavoro fa in città? Non ricordo.
― Lavora in fabbrica, ma non come operaio, figurati. Sta in ufficio, al personale mi pare. Controlla gli operai. Non sarà contento, ma non dobbiamo preoccuparci. Le cose stanno filando come avevamo previsto. Sarà una festa il giorno dell’esproprio!
Ignazio era andato da un avvocato per chiedere consiglio, ma non conoscendo nessuno ne aveva scelto uno a caso, appena uscito dal tirocinio, appena aperto lo studio e ansioso di far pagare ogni minuto delle sue preziose parole a chi gli si rivolgeva per un consulto. In fondo qualcuno doveva pur pagare i duri anni di sacrifici fatti per gli studi.
Ignazio se ne era reso conto dopo un’ora di colloqui e consultazione dei documenti quando gli aveva chiesto la parcella; lo aveva pagato in contanti esigendo la ricevuta.
― Faremo la ricevuta alla fine ― disse l’avvocato con fare amichevole.
― Infatti: questa è la fine.
Venne il 9 giugno. Una bella giornata di sole, con il mare che luccicava come in piena estate.
La signora Angela era scesa dal letto, si era ben lavata e pettinata con l’aiuto della sorella e si era vestita con uno dei suoi abiti migliori con i quali soleva andare in chiesa. Era una donna alta, spiccava ancora di più nella sua giacca nera, la gonna lunga, una fine sciarpa di seta verde scuro, i capelli bianchi argentati. Prese la sua vecchia borsetta a pasticcino, dalla quale non si separava mai quando usciva.
― Mamma, cosa vuoi fare?
― Voglio vedere! Voglio vedere!
Ignazio come al suo solito non sapeva che pesci prendere. Non era riuscito a dormire quella notte, pensando a mille cose eclatanti che avrebbe voluto fare per impedire l’esproprio, ma sapeva di non avere il coraggio, di non avere spirito di iniziativa. Questo lo faceva disperare.
― Prova ad andare dai carabinieri ― gli disse la zia.
― Cosa vuoi che facciano? Il documento è fatto con le leggi!
― Parla con il nuovo maresciallo. È un uomo giusto da come sta facendo da quando è qui.
― E cosa sta facendo?
― Tu vai da lui e parlagli. Digli degli espropri di prima, digli che tuo papà era carabiniere. Digli… digli che non è giusto anche se ci sono le leggi… digli così. Digli così. ― Filomena si era messa a piangere ma si asciugò le lacrime per non farsi vedere da Angela.
Ignazio andò in macchina alla caserma. Vide dei carabinieri che stavano uscendo dal cancello carraio con una jeep.
― Dovrei parlarvi… ― disse mettendosi di fianco, facendo un timido gesto con la mano.
― Stiamo uscendo per servizio ― disse il maresciallo seduto accanto all’autista, guardando bene negli occhi Ignazio. Fece cenno all’autista di fermarsi. ― Cosa è successo? ―
Doveva trattarsi di “quel” maresciallo che gli aveva detto la zia. Si stava dedicando a lui. Ignazio scoppiò a piangere. ― Io… ecco… a casa… oggi… il comune espropria ecco…
― Lei è il figlio della signora Angela?
― Si.
― Stiamo andando a casa sua.
― Ma…
― Non si preoccupi. Venga con noi. No, non salga sulla sua auto. Venga con noi.
Arrivarono davanti alla villetta. Sulla strada adiacente che scendeva al mare c’era un piccolo assembramento di curiosi e una fila di auto, come a un matrimonio.
Il sindaco Ermino si stava sbracciando in maniche di camicia davanti al vecchio cancello arrugginito che dava sul terreno da espropriare davanti alla casa. Parlava con qualcuno all’interno, si voltò nel vedere i carabinieri e parve rassicurato.
― Ah! Meno male! I proprietari non vogliono farci entrare! Maresciallo dobbiamo entrare… ― si zittì vedendo Ignazio bianco come un cencio uscire dall’auto dei carabinieri.
― Abbiamo il documento dell’ordine di pratica espropriativa regionale, dobbiamo procedere e siamo impediti…
― Da chi siete impediti? ― chiese il maresciallo.
― Da quelle là! ― disse indicando Angela e Filomena sedute su sedie di plastica ai lati di due sbilenchi pilastri di un vecchio pozzo cadente a lato del cancello. Erano immobili e composte come statue, dignitosamente vestite, guardavano severamente.
― Se non aprono dovremo chiamare un fabbro per tagliare la serratura. Si stanno opponendo…
― Posso vedere il decreto di esproprio?
― Ce l’ha anche il signor Ignazio che ha perso tempo ad andare da voi ― disse con un sorriso malevolo un uomo a fianco del sindaco.
― Ora lo chiedo a lei il decreto, capo ufficio tecnico Basilio ― disse il maresciallo. Basilio andò alla sua macchina e prese una cartella. Nel frattempo il maresciallo disse qualcosa all’orecchio del carabiniere autista che annuì e mise in moto allontanandosi con una sgommata. Il maresciallo scorse le pagine del documento, annuendo. ― Perfetto. Tutto perfetto ― disse compiaciuto.
― Quindi ora intimate alle signore…
― Quello che devo intimare lo decido io.
― E cosa dobbiamo fare?
― Aspettiamo.
― Cosa?
― Lo vedrete.
― Ma non possiamo perdere tempo. Ci sono resistenze a un esproprio, voi dovete…
― Dovete, dovete, dovete… Io non devo niente. Voi dovete aspettare.
Le persone intorno si stavano divertendo a osservare la scena. Meglio che vedere un film.
― E aspettiamo! E aspettiamo! Lo sa lei cosa aspettiamo! ― disse Basilio.
Ritornò la jeep dei carabinieri. Ne scese un civile, un uomo sulla sessantina, capelli arruffati, barba ispida e giacca stazzonata che sembrava essere sceso da poco dal letto. Era Salvatore Gereu, uno dei quattro figli del fu cavalier Gereu, avvocato assieme ai suoi fratelli con uno studio legale molto famoso in città.
Il maresciallo si voltò verso Ignazio. ― Vada a spiegare a sua madre che l’avvocato Gereu vuole parlarle. Non deve preoccuparsi. L’avvocato non rappresenta il comune.
― E questo cosa vuol dire? Si può sapere quando cominciamo? Noi dobbiamo lavorare…
― Cominciamo con il fare silenzio! ― disse il maresciallo.
Ignazio entrò in casa da un cancello pedonale posto più avanti e parlò con la madre che gli diede una chiave. Ignazio aprì il cancello, l’avvocato guardò il maresciallo che gli fece cenno di entrare. Rimase un po’ a parlare con Angela e Filomena, finito il colloquio si vide la signora Angela che piangeva, ma sembrava serena e fece un tentativo di baciare la mano dell’avvocato che però si schernì con gentilezza chinandosi lui a baciare la mano della signora Angela e di sua sorella. L’avvocato uscì e si rivolse al sindaco.
― Da questo momento ho avuto mandato verbale dalla signora Angela, che sarà ufficializzato formalmente, di rappresentare i suoi diritti. Impugniamo il decreto espropriativo.
― Ma cosa significa? Cosa significa? ― urlarono di concerto il sindaco e il capo ufficio tecnico.
― Significa che l’esproprio viene automaticamente sospeso.
― Ma sarà sbloccato… anzi…
― Anzi cosa? ― disse il maresciallo. ― L’avvocato è stato chiaro e non dobbiamo fare schiamazzi in strada. Si discute in tribunale.
― Ma in tribunale…
― Vanno un pochino per le lunghe eh? Bisogna avere pazienza. Può darsi che tutto decada, non sarebbe poi male! ― disse il maresciallo sorridendo.
― Ma lei… ma come, ma cosa è successo?
― E chi lo sa. Mi stia bene signor sindaco e anche lei signor capo ufficio eccetera. Fate godere la giornata a quelle povere signore e… signor Ignazio… sta bene? Si appoggi qui. Tranquillo: è tutto sospeso.
La gente cominciò a diradarsi, l’avvocato parlò in disparte con il maresciallo e risalì nella jeep dei carabinieri che lo accompagnarono a casa.
Il maresciallo entrò dal cancello e aiutò la signora Angela ad alzarsi dalla sedia accompagnandola dentro casa.
― Possiamo offrirvi qualcosina? ― disse Filomena.
― Vi ringrazio, sarà per un’altra volta.
― Ma come faremo a pagare l’avvocato? Ho solo la pensione di mio marito… ― disse Angela.
― L’avvocato Gereu vi rappresenterà gratuitamente. Ve lo garantisco, ho parlato con lui prima di venire qua. È una brava persona e anche nel comune ci sono brave persone. Un assessore è venuto da me per raccontarmi dell’esproprio. Lo facevano come interesse pubblico e poi affittavano ad altri il terreno diventato comunale, guadagnandoci. Questo assessore mi ha detto che con voi anni fa hanno già fatto così, espropriandovi il terreno in fondo alla casa, dove c’è il camper service. Questa volta non gli è andata bene.
― E se vincono?
― Non vinceranno. L’avvocato conosce bene le intenzioni di quella gente. Si nascondono dietro amici potenti e corrotti e dietro le leggi contro le persone deboli. Ma a volte la frittata gli si rivolge contro, come in questo caso.
― Maresciallo, lei sa che mio marito era carabiniere?
― Lo so bene signora. Abbiamo il suo nominativo. Era decorato al valor militare.
― Vuole vedere una sua foto?
― Con piacere signora.
Angela andò a prendere la foto del marito in uniforme dalla specchiera in camera da letto e la mostrò orgogliosa.
Il maresciallo strinse le labbra, fece il saluto militare.
― Mi sarebbe piaciuto conoscerlo.
― Anche lui sarebbe stato contento.
― Ora devo andare. Se avete bisogno, chiamatemi.
Ignazio lo accompagnò alla porta.
― Grazie maresciallo. Avete salvato mia madre e mia zia dalla disperazione.
― Abbia fiducia e stia tranquillo. Non sempre certa gente la fa franca.
― Maresciallo, come si chiama?
― Francesco Jaddanu.
― Come sta mamma?
― Non molto bene Ignazio. Ma sarà contenta di vederti.
Ignazio annuì, mentre zia Filomena lo guardava con intensità. Era invecchiata dall’ultima volta che l’aveva vista.
― Pensava che saresti arrivato prima.
― Non ho potuto, avevo problemi e poi non pensavo che stava male. Mi avevi detto dell’esproprio, ma sono cose d’ufficio che vanno per le lunghe… Non pensavo che sarebbe stata male.
― La dottoressa è venuta e ha detto che sarebbe bene se andasse all’ospedale, l’assistono meglio. Le ho detto che faccio tutto io per mia sorella, ma non mi ha risposto.
― Ti ringrazio zia. Se non era per te… E ci credo che non vuole ricoverarsi. Ogni volta che abbiamo mandato qualcuno in ospedale è morto. La dottoressa l’ha visitata? Cos’ha detto?
Non l’ha neanche toccata. Ha solo scritto…
― Non dirmi niente. Vado su.
Ignazio salì al piano di sopra, entrò in camera da letto fingendo di chiacchierare amabilmente prima di entrare, in modo che sua madre lo sentisse da lontano e non si spaventasse.
La trovò sotto le coperte, le braccia magre fuori, i capelli grigi scompigliati sopra due cuscini candidi, lo sguardo verso la luce che entrava dalla porta del balconcino. Ebbe un lampo di felicità nel vederlo, a Ignazio venne un groppo alla gola e l’abbracciò. Ma da quanto mancava?
― Non sono potuto venire prima. Perdonami.
― Lo so, lo so. Non preoccuparti. Sei molto impegnato con il lavoro e poi la famiglia, lo so. Come stanno Vincenzo e Gabriella?
Chiedeva sempre dei bambini, non nominava mai Vanessa, sua moglie. Non correva buon sangue fra di loro da sempre. I primi anni, quando venivano più spesso con i bambini piccoli sua madre insisteva sempre perché glieli lasciassero mentre loro uscivano la sera, dopo il mare, ma Vanessa non glieli lasciava mai, come se non si fidasse di quella donna magra e triste che trattava suo figlio come se fosse ancora un ragazzo.
― Ma cos’è questa cosa dell’esproprio? ― chiese Ignazio dopo aver chiacchierato un po’.
― Uno del comune mi ha portato un foglio. È lì sopra.
Ignazio si girò e fissò la sua immagine sulla specchiera. Aveva la barba di alcuni giorni e due occhiaie scure, troppo stress e nervosismo con Vanessa che si era adombrata quando gli aveva detto che andava da sua madre; non riusciva a comprendere perché si allontanava da lei, da sempre. Poi si aggiungevano i problemi di lavoro e ora anche l’esproprio.
Prese in mano il foglio, con intestazione della Regione. “Espropriazione per causa di pubblica utilità preordinata all’acquisizione degli immobili siti in territorio del comune di Bauflores, occorrenti per la realizzazione di verde pubblico…
― Miserabili ipocriti! ― gli sfuggì a denti stretti.
Si comunica che in esecuzione del decreto regionale che si notifica alla S.V… incaricati di questo Assessorato si troveranno il giorno 9 giugno alle ore otto presso l’ufficio del sindaco di Bauflores per procedere in mattinata al sopralluogo degli immobili appresso indicati, di proprietà della S.V. prendendone possesso in nome e per conto della Regione. Contestualmente verrà redatto lo stato di consistenza. Si intima alla S.V. di far trovare gli immobili predetti liberi e vacui da persone e cose e a rendere possibile la preavvisata occupazione. Si avverte la S.V. che l’immissione in possesso, come la redazione degli stati di consistenza, avrà comunque luogo anche in sua assenza e che, in caso di resistenza attiva o passiva, verrà richiesta l’assistenza della forza pubblica. Il sindaco…
― Miserabili! Morti di fame! ― disse Ignazio sfogliando le carte e guardando la mappa allegata.
― Filomena mi ha detto che prenderanno anche il pozzo…
― Sì. La metà del terreno vogliono, mamma. Davanti a casa.
― Ma perché… di nuovo…
― Non piangere mamma. Ci sono io. Farò di tutto perché non succeda.
Ma la mamma piangeva. Tanti anni prima, quando ancora era vivo il marito, avevano espropriato del terreno davanti al mare, sempre per uso pubblico, verde e parcheggi. Fin da subito lo avevano dato in gestione a un camper service e nello spazioso marciapiede adiacente che avevano ricavato si era piazzato un bar con verandine e palme che avevano invaso la spiaggia sottostante. Oh sì: sempre di uso pubblico poteva trattarsi.
Il sindaco di Bauflores, Erminio, sedeva nel suo ufficio. Il capo ufficio tecnico Basilio e l’assessore al turismo Pedda erano seduti davanti a lui.
― Abbiamo fatto le cose per bene ― disse Erminio.
― Più che altro secondo la legge ― disse Pedda.
― Non ti sarai mica pentito vero? Ho scomodato un po’ di gente in Regione per avere il decreto ― disse Basilio.
― Non discuto su questo. Il fatto è, anche io so leggere, che guardando in archivio ho visto che a quella famiglia negli anni sono stati espropriati un bel po’ di terreni per “uso pubblico”…
― E con questo? Peggio per loro che sono possidenti. La terra va al popolo. Non ti riconosco più Pedda, così ragiona l’opposizione, per fortuna in minoranza.
― Ma quali possidenti! Erano semplici contadini con appezzamenti di terra vicino al mare, come si usava all’epoca. Ai loro tempi coltivavano grano, allevavano pecore, avevano qualche orto.
― Avevano più terra di altri. Stavano meglio degli altri. Con la vita di oggi non è più concepibile. E poi quel lotto che gli espropriamo… ma lo hai visto? È un peccato vederci crescere l’erbaccia tutti gli anni, proprio davanti al mare, quando possiamo accorparlo al camper service, collegarlo alla strada e metterci qualche localino, allestire un parcheggio a pagamento, e affittarlo come suolo pubblico ai mercati ambulanti e sagre. Bisogna civilizzare questo posto. I tempi dei contadini non esistono più!
― Specialmente quando devono lavorare amici che non hanno mai avuto niente e che in cambio danno voti. Tutto giusto quello che dici, Basilio.
― E allora che problema ti fai? ― disse Erminio.
― Mi chiedo perché nessuno in questo comune, parlo anche delle amministrazioni precedenti, nessuno abbia mai pensato di espropriare i terreni, che pure sono davanti al mare, dei figli del cavalier Gereu.
― Oh, ma quelli…
― Ve lo dico io perché: perché i figli di cavalier Gereu sono tutti avvocati.
― Mica abbiamo paura degli avvocati! E poi, figurati: il marito di Angela, che è proprietaria del terreno, bada bene, il marito era carabiniere ed era ancora vivo quando espropriammo gli altri terreni dove ora c’è il camper service. Nessuno ha mai fatto ricorso.
― Era ancora vivo, ma in pensione da anni, anziano e malato.
― Fatti loro, non stiamo a discutere del passato. Noi agiamo con la legge. Piuttosto, ora che ci penso, non vorrai mica ostacolarci quando daremo in concessione il terreno? Sei assessore al turismo ma non montarti troppo, Pedda.
― Eh già.
― Eh già cosa?
― Ma lasciatemi perdere! ― disse Pedda alzandosi e uscendo dall’ufficio.
― Ma possiamo fidarci di quello là? ― disse Basilio al sindaco, socchiudendo gli occhi.
― Ma non preoccuparti. Pedda parla ma non agisce. Ci penso io. Piuttosto mi hanno detto che oggi è venuto il figlio di Angela dalla città.
― Ah si, Ignazio. Non vale niente.
― Che lavoro fa in città? Non ricordo.
― Lavora in fabbrica, ma non come operaio, figurati. Sta in ufficio, al personale mi pare. Controlla gli operai. Non sarà contento, ma non dobbiamo preoccuparci. Le cose stanno filando come avevamo previsto. Sarà una festa il giorno dell’esproprio!
Ignazio era andato da un avvocato per chiedere consiglio, ma non conoscendo nessuno ne aveva scelto uno a caso, appena uscito dal tirocinio, appena aperto lo studio e ansioso di far pagare ogni minuto delle sue preziose parole a chi gli si rivolgeva per un consulto. In fondo qualcuno doveva pur pagare i duri anni di sacrifici fatti per gli studi.
Ignazio se ne era reso conto dopo un’ora di colloqui e consultazione dei documenti quando gli aveva chiesto la parcella; lo aveva pagato in contanti esigendo la ricevuta.
― Faremo la ricevuta alla fine ― disse l’avvocato con fare amichevole.
― Infatti: questa è la fine.
Venne il 9 giugno. Una bella giornata di sole, con il mare che luccicava come in piena estate.
La signora Angela era scesa dal letto, si era ben lavata e pettinata con l’aiuto della sorella e si era vestita con uno dei suoi abiti migliori con i quali soleva andare in chiesa. Era una donna alta, spiccava ancora di più nella sua giacca nera, la gonna lunga, una fine sciarpa di seta verde scuro, i capelli bianchi argentati. Prese la sua vecchia borsetta a pasticcino, dalla quale non si separava mai quando usciva.
― Mamma, cosa vuoi fare?
― Voglio vedere! Voglio vedere!
Ignazio come al suo solito non sapeva che pesci prendere. Non era riuscito a dormire quella notte, pensando a mille cose eclatanti che avrebbe voluto fare per impedire l’esproprio, ma sapeva di non avere il coraggio, di non avere spirito di iniziativa. Questo lo faceva disperare.
― Prova ad andare dai carabinieri ― gli disse la zia.
― Cosa vuoi che facciano? Il documento è fatto con le leggi!
― Parla con il nuovo maresciallo. È un uomo giusto da come sta facendo da quando è qui.
― E cosa sta facendo?
― Tu vai da lui e parlagli. Digli degli espropri di prima, digli che tuo papà era carabiniere. Digli… digli che non è giusto anche se ci sono le leggi… digli così. Digli così. ― Filomena si era messa a piangere ma si asciugò le lacrime per non farsi vedere da Angela.
Ignazio andò in macchina alla caserma. Vide dei carabinieri che stavano uscendo dal cancello carraio con una jeep.
― Dovrei parlarvi… ― disse mettendosi di fianco, facendo un timido gesto con la mano.
― Stiamo uscendo per servizio ― disse il maresciallo seduto accanto all’autista, guardando bene negli occhi Ignazio. Fece cenno all’autista di fermarsi. ― Cosa è successo? ―
Doveva trattarsi di “quel” maresciallo che gli aveva detto la zia. Si stava dedicando a lui. Ignazio scoppiò a piangere. ― Io… ecco… a casa… oggi… il comune espropria ecco…
― Lei è il figlio della signora Angela?
― Si.
― Stiamo andando a casa sua.
― Ma…
― Non si preoccupi. Venga con noi. No, non salga sulla sua auto. Venga con noi.
Arrivarono davanti alla villetta. Sulla strada adiacente che scendeva al mare c’era un piccolo assembramento di curiosi e una fila di auto, come a un matrimonio.
Il sindaco Ermino si stava sbracciando in maniche di camicia davanti al vecchio cancello arrugginito che dava sul terreno da espropriare davanti alla casa. Parlava con qualcuno all’interno, si voltò nel vedere i carabinieri e parve rassicurato.
― Ah! Meno male! I proprietari non vogliono farci entrare! Maresciallo dobbiamo entrare… ― si zittì vedendo Ignazio bianco come un cencio uscire dall’auto dei carabinieri.
― Abbiamo il documento dell’ordine di pratica espropriativa regionale, dobbiamo procedere e siamo impediti…
― Da chi siete impediti? ― chiese il maresciallo.
― Da quelle là! ― disse indicando Angela e Filomena sedute su sedie di plastica ai lati di due sbilenchi pilastri di un vecchio pozzo cadente a lato del cancello. Erano immobili e composte come statue, dignitosamente vestite, guardavano severamente.
― Se non aprono dovremo chiamare un fabbro per tagliare la serratura. Si stanno opponendo…
― Posso vedere il decreto di esproprio?
― Ce l’ha anche il signor Ignazio che ha perso tempo ad andare da voi ― disse con un sorriso malevolo un uomo a fianco del sindaco.
― Ora lo chiedo a lei il decreto, capo ufficio tecnico Basilio ― disse il maresciallo. Basilio andò alla sua macchina e prese una cartella. Nel frattempo il maresciallo disse qualcosa all’orecchio del carabiniere autista che annuì e mise in moto allontanandosi con una sgommata. Il maresciallo scorse le pagine del documento, annuendo. ― Perfetto. Tutto perfetto ― disse compiaciuto.
― Quindi ora intimate alle signore…
― Quello che devo intimare lo decido io.
― E cosa dobbiamo fare?
― Aspettiamo.
― Cosa?
― Lo vedrete.
― Ma non possiamo perdere tempo. Ci sono resistenze a un esproprio, voi dovete…
― Dovete, dovete, dovete… Io non devo niente. Voi dovete aspettare.
Le persone intorno si stavano divertendo a osservare la scena. Meglio che vedere un film.
― E aspettiamo! E aspettiamo! Lo sa lei cosa aspettiamo! ― disse Basilio.
Ritornò la jeep dei carabinieri. Ne scese un civile, un uomo sulla sessantina, capelli arruffati, barba ispida e giacca stazzonata che sembrava essere sceso da poco dal letto. Era Salvatore Gereu, uno dei quattro figli del fu cavalier Gereu, avvocato assieme ai suoi fratelli con uno studio legale molto famoso in città.
Il maresciallo si voltò verso Ignazio. ― Vada a spiegare a sua madre che l’avvocato Gereu vuole parlarle. Non deve preoccuparsi. L’avvocato non rappresenta il comune.
― E questo cosa vuol dire? Si può sapere quando cominciamo? Noi dobbiamo lavorare…
― Cominciamo con il fare silenzio! ― disse il maresciallo.
Ignazio entrò in casa da un cancello pedonale posto più avanti e parlò con la madre che gli diede una chiave. Ignazio aprì il cancello, l’avvocato guardò il maresciallo che gli fece cenno di entrare. Rimase un po’ a parlare con Angela e Filomena, finito il colloquio si vide la signora Angela che piangeva, ma sembrava serena e fece un tentativo di baciare la mano dell’avvocato che però si schernì con gentilezza chinandosi lui a baciare la mano della signora Angela e di sua sorella. L’avvocato uscì e si rivolse al sindaco.
― Da questo momento ho avuto mandato verbale dalla signora Angela, che sarà ufficializzato formalmente, di rappresentare i suoi diritti. Impugniamo il decreto espropriativo.
― Ma cosa significa? Cosa significa? ― urlarono di concerto il sindaco e il capo ufficio tecnico.
― Significa che l’esproprio viene automaticamente sospeso.
― Ma sarà sbloccato… anzi…
― Anzi cosa? ― disse il maresciallo. ― L’avvocato è stato chiaro e non dobbiamo fare schiamazzi in strada. Si discute in tribunale.
― Ma in tribunale…
― Vanno un pochino per le lunghe eh? Bisogna avere pazienza. Può darsi che tutto decada, non sarebbe poi male! ― disse il maresciallo sorridendo.
― Ma lei… ma come, ma cosa è successo?
― E chi lo sa. Mi stia bene signor sindaco e anche lei signor capo ufficio eccetera. Fate godere la giornata a quelle povere signore e… signor Ignazio… sta bene? Si appoggi qui. Tranquillo: è tutto sospeso.
La gente cominciò a diradarsi, l’avvocato parlò in disparte con il maresciallo e risalì nella jeep dei carabinieri che lo accompagnarono a casa.
Il maresciallo entrò dal cancello e aiutò la signora Angela ad alzarsi dalla sedia accompagnandola dentro casa.
― Possiamo offrirvi qualcosina? ― disse Filomena.
― Vi ringrazio, sarà per un’altra volta.
― Ma come faremo a pagare l’avvocato? Ho solo la pensione di mio marito… ― disse Angela.
― L’avvocato Gereu vi rappresenterà gratuitamente. Ve lo garantisco, ho parlato con lui prima di venire qua. È una brava persona e anche nel comune ci sono brave persone. Un assessore è venuto da me per raccontarmi dell’esproprio. Lo facevano come interesse pubblico e poi affittavano ad altri il terreno diventato comunale, guadagnandoci. Questo assessore mi ha detto che con voi anni fa hanno già fatto così, espropriandovi il terreno in fondo alla casa, dove c’è il camper service. Questa volta non gli è andata bene.
― E se vincono?
― Non vinceranno. L’avvocato conosce bene le intenzioni di quella gente. Si nascondono dietro amici potenti e corrotti e dietro le leggi contro le persone deboli. Ma a volte la frittata gli si rivolge contro, come in questo caso.
― Maresciallo, lei sa che mio marito era carabiniere?
― Lo so bene signora. Abbiamo il suo nominativo. Era decorato al valor militare.
― Vuole vedere una sua foto?
― Con piacere signora.
Angela andò a prendere la foto del marito in uniforme dalla specchiera in camera da letto e la mostrò orgogliosa.
Il maresciallo strinse le labbra, fece il saluto militare.
― Mi sarebbe piaciuto conoscerlo.
― Anche lui sarebbe stato contento.
― Ora devo andare. Se avete bisogno, chiamatemi.
Ignazio lo accompagnò alla porta.
― Grazie maresciallo. Avete salvato mia madre e mia zia dalla disperazione.
― Abbia fiducia e stia tranquillo. Non sempre certa gente la fa franca.
― Maresciallo, come si chiama?
― Francesco Jaddanu.