[MI176] Il segreto di Samuele
Posted: Wed Jun 21, 2023 8:32 pm
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Traccia n. 3. Pandora, oggi
E adesso, cosa?
Ada era imbambolata davanti alla macchinetta del caffè, il telefono di Samuele in mano. Se solo quel cretino non se lo fosse dimenticato lì, sbloccato! Lo riappoggiò sul tavolo dell’area break, come se nulla fosse successo, e ritirò il caffè. Liscio, senza zucchero. Amaro come la vita.
Dal corridoio sentì la porta del bagno aprirsi e, poco dopo, Samuele entrò nella stanza fischiettando. «Ada», fece un sorriso raggiante, e a lei prudettero le mani per il desiderio di prenderlo a pugni, «sempre a battere la fiacca, eh?»
«Senti chi parla. Quanti caffè hai già bevuto oggi?»
«Questo è il quinto della giornata», rispose lui con fierezza, inserendo la chiavetta nel distributore. Erano le undici del mattino.
«Va be’, comunque non sembra avere effetto, come al solito stai con la testa fra le nuvole». Indicò il telefono sul tavolo.
«Ecco dov’era!» Lo afferrò e lo fece sparire nella tasca dei pantaloni. «Sei la migliore, Ada», le fece l’occhiolino.
Di norma avrebbe avuto una risposta tagliente pronta al volo. Invece restò in silenzio e si portò i capelli a nascondere le orecchie che stavano arrossendo.
Quel cretino!
Cosa avrebbe dovuto farsene di quell’informazione? Sperò che si trattasse di uno scherzo, ma non ci credette molto: ormai aveva letto la chat, non c’era modo di cancellarla dalla sua memoria.
“Ti rendi conto che potrebbe rovinarti la carriera, tipo a vita, vero?”
Quando Ada aveva letto quel messaggio sul telefono di Samuele, non aveva potuto resistere alla curiosità. Aveva tutte le ragioni del mondo, cercò di giustificarsi. Un paio di pensionamenti avevano movimentato un po’ le cose e ora, anche se non in maniera esplicita, loro due stavano competendo per la stessa promozione. Qualsiasi informazione che potesse rovinargli la carriera sarebbe stata oro colato, per lei.
Ma mai si sarebbe aspettata quel che aveva scoperto quando aveva sbirciato nelle sue chat.
«Oh? Ci sei?»
«Eh?» Ada scosse la testa e tornò alla realtà, all’odore di caffè, e a Samuele appoggiato alla macchinetta che la guardava sorridendo.
«Poi sono io quello con la testa tra le nuvole... Ti ho chiesto come sta andando il progetto.»
«Ah, sì, sì», rispose con sospetto.
«Tutto bene? Non hai dormito, stanotte?»
«Certo, sì. Non c’è bisogno che ti preoccupi per me.» Non c’è bisogno che ti preoccupi per me? E questa come le era uscita? Si sentiva come se dovesse camminare sui gusci d’uovo con Samuele, ora.
«Ma figurati, chi si preoccupa», rispose lui, con lo stesso tono canzonatorio che c’era sempre stato nelle loro conversazioni. Come se nulla fosse successo. Come se Ada non sapesse il suo segreto. «È solo che siamo colleghi da tanto, e volenti o nolenti stiamo lavorando per lo stesso obiettivo, ed è solo naturale che io ci tenga a–»
«Sì, va be’, devo tornare al lavoro». Ada finì il caffè in un sorso e gettò il bicchiere nel cestino. «Vedi di combinare qualcosa anche tu, e dai il massimo.» Dai il massimo? Quando mai lei aveva parlato così? Aveva letto quella esatta espressione nella chat di Samuele, e ora si tradiva in quel modo.
Gli diede le spalle, arrossì fino alla punta del naso e andò in ufficio senza voltarsi.
Non lavorò granché. Non riusciva a non pensare a quello che aveva scoperto.
“Darò comunque il massimo”, aveva scritto Samuele nella chat col suo migliore amico. Come sempre, d’altronde: per quanto Ada si divertisse a scherzarci, doveva ammettere che fosse un gran lavoratore.
Eppure aveva deciso di rinunciare alla promozione, e di scrivere una lettera di raccomandazione per lei. O almeno, così aveva letto nella chat.
Perché il suo segreto era che era innamorato di lei.
Quel cretino.
Non voleva vincere così! Sarebbe stato un trionfo fasullo, una macchia per la carriera. La promozione sarebbe stata sua, ma per merito, non per una stupida cotta. Ma poi, “innamorato”, che significa? Proprio di lei, che non aveva mai dato segno di essere interessata a certe cose... Non sul posto di lavoro.
Cos’aveva in testa quel cretino? Era sempre così scherzoso, prendeva tutto alla leggera, e la faceva imbestialire. Come poteva parlare con tranquillità al suo amico di essersi innamorato di lei? Innamorato! E nonostante avesse tempo per pensare a quelle sciocchezze, comunque eccelleva nel lavoro – che nervoso! – e non aveva rivali.
A parte lei, ovviamente.
E adesso, cosa? La gamba sinistra le prese a tremare sotto la scrivania. Rifiutare i suoi sentimenti era la cosa più razionale, ma come si fa a fare una cosa del genere a un collega, a un – ebbe un conato mentale a quella parola – amico? Era un uomo affascinante e intelligente, per carità, ma cos’altro poteva fare?
Si mise una mano tra i capelli. Far finta di niente? Se tutto fosse andato bene, lui si sarebbe presto dimenticato di quell’infatuazione e le loro vite sarebbero proseguite come sempre; altrimenti si sarebbe tornati al piano A, il rifiuto. Ma cosa fare nel frattempo con quella lettera di raccomandazione?
Si alzò. Aveva bisogno di un caffè.
Sdraiato su una sedia in area break, Samuele stava chiacchierando con un collega mentre teneva in mano un bicchierino fumante.
«Ada!» La chiamò.
Lei prese un lungo respiro. Inizia la commedia. «Cos’è, hai la residenza fissa qui?» Si diresse a lunghi passi verso la macchinetta, le gambe molli.
«Diciamo di sì. Oppure diciamo che ti stavo aspettando.» Lui sorrise.
«A-aspettando?» Si sentì il viso scottare e si girò verso il distributore. Al quarto tentativo inserì la chiavetta nel verso giusto e selezionò il caffè.
«Sì, be’, insomma, anche tu sei sempre qui o sbaglio?»
«Sì, e vengo per schiarirmi le idee e rilassarmi in santa pace». Lo fulminò con lo sguardo.
Samuele scoppiò a ridere. «Non ti spezza?» Chiese al collega.
«Fortuna ci sei tu, almeno riesci a farlo stare un po’ zitto», rispose l’uomo, che si alzò stiracchiandosi. «Mi rimetto all’opera, che se no stasera non rientro più a casa». Si trascinò in corridoio. «Ciao belli!» Sollevò una mano e sparì.
Ada ritirò il bicchiere e si voltò, poggiando la schiena contro il distributore. Samuele stava seduto e fissava con intensità il proprio caffè. Erano rimasti soli.
«Allora–» Iniziarono, entrambi.
Tornò il silenzio, e anche lei abbassò lo sguardo. Di’ qualcosa di cattivo, qualcosa di divertente, qualsiasi cosa! La sua mente era vuota, del tutto vuota, e lei si mise a giocare con una ciocca di capelli. Perché tutto a un tratto si stavano comportando come ragazzini? Quel cretino e quel suo segreto!
«Hai ancora tanto da fare, oggi?» Chiese lui.
«Mh? In realtà sì, abbastanza.» Non aveva combinato niente, per dirla tutta.
«Peccato, pensavo di andare a farci una birra stasera».
Una birra. Questa poi! Niente di diverso dalla norma, a dir la verità, se solo fosse riuscita a ignorare quel segreto. E se poi le avesse confessato di essere INNAMORATO? E se lei, dopo qualche birra, ci fosse stata? Cosa sarebbe successo, allora? Non poteva permetterselo.
A parte che: perché avrebbe dovuto starci? Che in qualche modo le piacesse? Come se avesse mai avuto modo di chiederselo! Questo era gravissimo. Stava forse ignorando i suoi stessi sentimenti? Non andava bene, nient’affatto, sono cose pericolosissime, e si finisce poi a stare male e a far calare il rendimento al lavoro...
E anche se fosse, non avrebbe mai funzionato. Tra colleghi? Assurdo. Non conosceva il regolamento specifico in merito, non lo aveva mai approfondito, magari si poteva anche e non era vietato stare assieme, e allora...
Stare assieme? Ma a cosa stavo pensando? Cretina! Il suo compito era restare lucida e rifiutare i sentimenti di Samuele, se si fosse fatta coinvolgere allora–
«Quindi?» Samuele interruppe il suo flusso di pensieri.
«Cosa?»
«Birra?»
«Ah! No, sto male, cioè, stasera starò male, cioè, non è che l’ho programmato, in realtà ho un impegno e... Ciao!» Aveva preso a indietreggiare verso la porta ed era uscita di corsa, il bicchiere di caffè ancora in mano.
Fu durante una pausa pranzo, a pochi giorni dalla scadenza per la consegna del progetto, che la situazione si fece irrimediabile. Tutti i colleghi stavano andando nella stessa direzione, verso le scale per scendere; solo Samuele stava seguendo un’altra traiettoria. Verso l’ufficio del superiore.
Con una lettera in mano.
Ada lo vide dall’altra parte del corridoio. La sua prima reazione fu rimanere pietrificata. Ma durò solo un attimo: il meccanismo combatti o fuggi si attivò, ed era con le spalle al muro. Andò dritta per dritta verso Samuele.
«Ada!», sorrise quando la vide.
Lei non esitò. Lo afferrò per il polso e se lo portò dietro.
«Ma che fai?»
«Stai zitto e vieni con me, cretino».
Sotto gli sguardi perplessi dei colleghi, Ada trascinò Samuele nell’area break e si chiuse la porta alle spalle.
«Ada, cosa stai–»
Traccia n. 3. Pandora, oggi
E adesso, cosa?
Ada era imbambolata davanti alla macchinetta del caffè, il telefono di Samuele in mano. Se solo quel cretino non se lo fosse dimenticato lì, sbloccato! Lo riappoggiò sul tavolo dell’area break, come se nulla fosse successo, e ritirò il caffè. Liscio, senza zucchero. Amaro come la vita.
Dal corridoio sentì la porta del bagno aprirsi e, poco dopo, Samuele entrò nella stanza fischiettando. «Ada», fece un sorriso raggiante, e a lei prudettero le mani per il desiderio di prenderlo a pugni, «sempre a battere la fiacca, eh?»
«Senti chi parla. Quanti caffè hai già bevuto oggi?»
«Questo è il quinto della giornata», rispose lui con fierezza, inserendo la chiavetta nel distributore. Erano le undici del mattino.
«Va be’, comunque non sembra avere effetto, come al solito stai con la testa fra le nuvole». Indicò il telefono sul tavolo.
«Ecco dov’era!» Lo afferrò e lo fece sparire nella tasca dei pantaloni. «Sei la migliore, Ada», le fece l’occhiolino.
Di norma avrebbe avuto una risposta tagliente pronta al volo. Invece restò in silenzio e si portò i capelli a nascondere le orecchie che stavano arrossendo.
Quel cretino!
Cosa avrebbe dovuto farsene di quell’informazione? Sperò che si trattasse di uno scherzo, ma non ci credette molto: ormai aveva letto la chat, non c’era modo di cancellarla dalla sua memoria.
“Ti rendi conto che potrebbe rovinarti la carriera, tipo a vita, vero?”
Quando Ada aveva letto quel messaggio sul telefono di Samuele, non aveva potuto resistere alla curiosità. Aveva tutte le ragioni del mondo, cercò di giustificarsi. Un paio di pensionamenti avevano movimentato un po’ le cose e ora, anche se non in maniera esplicita, loro due stavano competendo per la stessa promozione. Qualsiasi informazione che potesse rovinargli la carriera sarebbe stata oro colato, per lei.
Ma mai si sarebbe aspettata quel che aveva scoperto quando aveva sbirciato nelle sue chat.
«Oh? Ci sei?»
«Eh?» Ada scosse la testa e tornò alla realtà, all’odore di caffè, e a Samuele appoggiato alla macchinetta che la guardava sorridendo.
«Poi sono io quello con la testa tra le nuvole... Ti ho chiesto come sta andando il progetto.»
«Ah, sì, sì», rispose con sospetto.
«Tutto bene? Non hai dormito, stanotte?»
«Certo, sì. Non c’è bisogno che ti preoccupi per me.» Non c’è bisogno che ti preoccupi per me? E questa come le era uscita? Si sentiva come se dovesse camminare sui gusci d’uovo con Samuele, ora.
«Ma figurati, chi si preoccupa», rispose lui, con lo stesso tono canzonatorio che c’era sempre stato nelle loro conversazioni. Come se nulla fosse successo. Come se Ada non sapesse il suo segreto. «È solo che siamo colleghi da tanto, e volenti o nolenti stiamo lavorando per lo stesso obiettivo, ed è solo naturale che io ci tenga a–»
«Sì, va be’, devo tornare al lavoro». Ada finì il caffè in un sorso e gettò il bicchiere nel cestino. «Vedi di combinare qualcosa anche tu, e dai il massimo.» Dai il massimo? Quando mai lei aveva parlato così? Aveva letto quella esatta espressione nella chat di Samuele, e ora si tradiva in quel modo.
Gli diede le spalle, arrossì fino alla punta del naso e andò in ufficio senza voltarsi.
Non lavorò granché. Non riusciva a non pensare a quello che aveva scoperto.
“Darò comunque il massimo”, aveva scritto Samuele nella chat col suo migliore amico. Come sempre, d’altronde: per quanto Ada si divertisse a scherzarci, doveva ammettere che fosse un gran lavoratore.
Eppure aveva deciso di rinunciare alla promozione, e di scrivere una lettera di raccomandazione per lei. O almeno, così aveva letto nella chat.
Perché il suo segreto era che era innamorato di lei.
Quel cretino.
Non voleva vincere così! Sarebbe stato un trionfo fasullo, una macchia per la carriera. La promozione sarebbe stata sua, ma per merito, non per una stupida cotta. Ma poi, “innamorato”, che significa? Proprio di lei, che non aveva mai dato segno di essere interessata a certe cose... Non sul posto di lavoro.
Cos’aveva in testa quel cretino? Era sempre così scherzoso, prendeva tutto alla leggera, e la faceva imbestialire. Come poteva parlare con tranquillità al suo amico di essersi innamorato di lei? Innamorato! E nonostante avesse tempo per pensare a quelle sciocchezze, comunque eccelleva nel lavoro – che nervoso! – e non aveva rivali.
A parte lei, ovviamente.
E adesso, cosa? La gamba sinistra le prese a tremare sotto la scrivania. Rifiutare i suoi sentimenti era la cosa più razionale, ma come si fa a fare una cosa del genere a un collega, a un – ebbe un conato mentale a quella parola – amico? Era un uomo affascinante e intelligente, per carità, ma cos’altro poteva fare?
Si mise una mano tra i capelli. Far finta di niente? Se tutto fosse andato bene, lui si sarebbe presto dimenticato di quell’infatuazione e le loro vite sarebbero proseguite come sempre; altrimenti si sarebbe tornati al piano A, il rifiuto. Ma cosa fare nel frattempo con quella lettera di raccomandazione?
Si alzò. Aveva bisogno di un caffè.
Sdraiato su una sedia in area break, Samuele stava chiacchierando con un collega mentre teneva in mano un bicchierino fumante.
«Ada!» La chiamò.
Lei prese un lungo respiro. Inizia la commedia. «Cos’è, hai la residenza fissa qui?» Si diresse a lunghi passi verso la macchinetta, le gambe molli.
«Diciamo di sì. Oppure diciamo che ti stavo aspettando.» Lui sorrise.
«A-aspettando?» Si sentì il viso scottare e si girò verso il distributore. Al quarto tentativo inserì la chiavetta nel verso giusto e selezionò il caffè.
«Sì, be’, insomma, anche tu sei sempre qui o sbaglio?»
«Sì, e vengo per schiarirmi le idee e rilassarmi in santa pace». Lo fulminò con lo sguardo.
Samuele scoppiò a ridere. «Non ti spezza?» Chiese al collega.
«Fortuna ci sei tu, almeno riesci a farlo stare un po’ zitto», rispose l’uomo, che si alzò stiracchiandosi. «Mi rimetto all’opera, che se no stasera non rientro più a casa». Si trascinò in corridoio. «Ciao belli!» Sollevò una mano e sparì.
Ada ritirò il bicchiere e si voltò, poggiando la schiena contro il distributore. Samuele stava seduto e fissava con intensità il proprio caffè. Erano rimasti soli.
«Allora–» Iniziarono, entrambi.
Tornò il silenzio, e anche lei abbassò lo sguardo. Di’ qualcosa di cattivo, qualcosa di divertente, qualsiasi cosa! La sua mente era vuota, del tutto vuota, e lei si mise a giocare con una ciocca di capelli. Perché tutto a un tratto si stavano comportando come ragazzini? Quel cretino e quel suo segreto!
«Hai ancora tanto da fare, oggi?» Chiese lui.
«Mh? In realtà sì, abbastanza.» Non aveva combinato niente, per dirla tutta.
«Peccato, pensavo di andare a farci una birra stasera».
Una birra. Questa poi! Niente di diverso dalla norma, a dir la verità, se solo fosse riuscita a ignorare quel segreto. E se poi le avesse confessato di essere INNAMORATO? E se lei, dopo qualche birra, ci fosse stata? Cosa sarebbe successo, allora? Non poteva permetterselo.
A parte che: perché avrebbe dovuto starci? Che in qualche modo le piacesse? Come se avesse mai avuto modo di chiederselo! Questo era gravissimo. Stava forse ignorando i suoi stessi sentimenti? Non andava bene, nient’affatto, sono cose pericolosissime, e si finisce poi a stare male e a far calare il rendimento al lavoro...
E anche se fosse, non avrebbe mai funzionato. Tra colleghi? Assurdo. Non conosceva il regolamento specifico in merito, non lo aveva mai approfondito, magari si poteva anche e non era vietato stare assieme, e allora...
Stare assieme? Ma a cosa stavo pensando? Cretina! Il suo compito era restare lucida e rifiutare i sentimenti di Samuele, se si fosse fatta coinvolgere allora–
«Quindi?» Samuele interruppe il suo flusso di pensieri.
«Cosa?»
«Birra?»
«Ah! No, sto male, cioè, stasera starò male, cioè, non è che l’ho programmato, in realtà ho un impegno e... Ciao!» Aveva preso a indietreggiare verso la porta ed era uscita di corsa, il bicchiere di caffè ancora in mano.
Fu durante una pausa pranzo, a pochi giorni dalla scadenza per la consegna del progetto, che la situazione si fece irrimediabile. Tutti i colleghi stavano andando nella stessa direzione, verso le scale per scendere; solo Samuele stava seguendo un’altra traiettoria. Verso l’ufficio del superiore.
Con una lettera in mano.
Ada lo vide dall’altra parte del corridoio. La sua prima reazione fu rimanere pietrificata. Ma durò solo un attimo: il meccanismo combatti o fuggi si attivò, ed era con le spalle al muro. Andò dritta per dritta verso Samuele.
«Ada!», sorrise quando la vide.
Lei non esitò. Lo afferrò per il polso e se lo portò dietro.
«Ma che fai?»
«Stai zitto e vieni con me, cretino».
Sotto gli sguardi perplessi dei colleghi, Ada trascinò Samuele nell’area break e si chiuse la porta alle spalle.
«Ada, cosa stai–»