[Lab8] Giallo zafferano
Posted: Tue May 16, 2023 11:32 pm
Giallo zafferano oppure beige con finiture bordeaux?
Questa domanda è la causa della fronte aggrottata di Antonella, assieme al dubbio se scegliere countryman, clubman, cabrio o tutte e tre.
Scoppia ridere e si spaventa da sola e riprende la sua ricerca pensando che tutto potrebbe cambiare con quel segreto che si porta dentro.
La luna illumina il tavolo della cucina mentre le sue dita corrono sulla tastiera.
“Amore, ma non vieni a dormire?”
“Finisco di correggere i compiti.” risponde di rimando.
Si ingobbisce in attesa di sentire i passi di suo marito, il silenzio la convince a continuare.
Ci sarebbe da rifare il pavimento del corridoio, anche il parquet del salotto è in condizioni pietose. A pensarci bene tutto l’appartamento andrebbe ristrutturato, era già vecchio quando sono andati a viverci. Già che c’è, nella sua fantasia cambia anche tutto l’arredamento, non ne può più di vedere i mobili pesanti di sua suocera. Peggio di tutto la vetrinetta che era arrivata corredata di tutti i ninnoli. Una tortura da spolverare. Volendo avrebbe potuto occuparsene una donna delle pulizie, ma meglio ancora liberarsi di tutto.
Nella sua fantasia si vedeva in gonna e golfino, scarpe tacco sette, blocco e penna in mano a dare istruzioni ai manovali. Ci vuole una bella lista di cose da fare, così le può spuntare tutte con eleganza.
Le mani riposano in grembo, mentre lo sguardo vaga sulla facciata del condominio di fronte. Dormono tutti, nemmeno una luce accesa, neanche le ombre tremolanti di una tv rischiarano una finestra.
“Allora, Antonella, ma quanto ci metti? Vieni.”
Magari sono tutti come suo marito, sdraiati a letto, svegli ad aspettare la moglie al buio, perché quella cosa veloce del giovedì non tollera nemmeno la penombra.
Chiude gli occhi per riprendere il suo sogno. Dove è rimasta? Giusto, niente donna delle pulizie per la vetrinetta della suocera, ma per il suo appartamento completamente ristrutturato nei toni del bianco e verde salvia. Forse un architetto come si deve riuscirebbe a farci anche stare una poltroncina con tavolino sul poggiolo vista circonvallazione.
“Antonella, vieni che sono stufo di aspettare.”
“Si, Walter, arrivo.”
Per un momento si illumina, il prossimo acquisto potrebbe essere una casa. Ma dove? Per quante persone? Come investimento o per sé?
Meglio prendere due case una per sé e una per il figlio. Luigi ha appena fatto la maturità, studia lontano, gli può prendere una casa piccolina da studenti.
“Sono pronto, vuoi venire!”
Questa voce continua a strapparla dalle sue riflessioni, si guarda le mani screpolate nonostante la crema e si chiede se andare regolarmente dall’estetista potrebbe in qualche modo risolvere il problema. Potrebbe anche avere sempre le unghie curate, lunghe e colorate, come le vere signore, come la segretaria della scuola dove insegna.
“Se non vieni, mi alzo”
Veloce Antonella si avvia verso la camera da letto, memore degli ultimi lividi che le ha lasciato. Si infila sotto le coperte con la camicia da notte che le arriva alle ginocchia. Le viene da pensare a sua nonna che le raccontava che le donne avevano un motto ricamato sulla camicia da notte “Non lo fo per piacer mio ma per dar dei figli a Dio”. E si chiede nel buio perché lo facesse lei, che da quando l’ha fatta abortire a suon di calci, perché un figlio basta e avanza, era diventata sterile.
Il corpo di Walter inclina il materasso man mano che si muove, Antonella strizza gli occhi come se il buio non bastasse a cancellare dalla sua mente l’alligatore che si avvicina. I suoi seni si rimpiccioliscono in attesa della mano che li toccherà, la cassa toracica quasi collassa per aiutarli. Ed ecco che si posa come un macigno possessivo.
Un gemito di terrore misto a disgusto.
“Lo so che ti piace, piccolina”
La camicia da notte risale lungo le cosce strette, un ginocchio a divaricarle e tutto il peso che cala su di lei.
Si aggrappa alle lenzuola come fossero ancore di salvataggio, e come ogni giovedì si avventa su di lei, la strazia per cinque minuti. La lascia bruciante di dolore e umiliazione.
“Adesso puoi tornare di là a finire di correggere i compiti.”
Lei si alza rabbrividendo nell’aria ferma della stanza.
“Una buona moglie dice grazie al marito se dopo vent’anni la guarda ancora.”
“Grazie” mormora. Grazie per tutte le altre donne sulla faccia della terra, ma in modo particolare grazie a quelle donne che si prestavano a lui durante gli altri giorni della settimana preservandola.
Cammina contratta fino alla tavola, è stato tutto talmente veloce che il monitor non si è spento sui compiti dei suoi alunni.
Torna sulla pagina della Mini e si chiede se ha bisogno di una macchina così di stilosa. Conclude che probabilmente non ha bisogno di nessuna macchina né bella né brutta. Sotto casa passano tutti i mezzi necessari per andare a lavorare, e dato che nemmeno sa dove andare con la macchina, meglio lasciar perdere. Lasciar perdere anche tutte le idee di rinnovare l’appartamento, di cambiare l’arredamento che, se gli tocchi la mamma, Walter va giù di testa.
Seduta dritta corregge l’ultimo testo dei suoi alunni, abbassa lo schermo e una lacrima sola come lei scende lungo il viso.
Una tristezza infinita la pervade, triste perché nemmeno può desiderare, perché nemmeno ha il coraggio di pensare a come dire a Walter che ha aperto un proprio conto e che questo però non vuol dire che il suo stipendio non continui ad andare sul vecchio conto intestato a lui.
Non glielo vuole dire perché non vuole rispondere alle sue domande, non glielo vuole dire perché non vuole più rispondere a suon di schiaffi.
Rimane sulla sedia ad aspettare l’alba, come fosse un treno per scappare via. Va in bagno, si lava, si trucca e si veste con gli abiti pronti dalla sera prima.
Torna in cucina, apparecchia per la colazione di suo marito. Entrambe si siedono e mangiano in silenzio, non una parola che alla mattina bisogna iniziare con calma nella massima quiete.
Walter esce per primo, deve attraversare tutta la città in metro per andare a lavorare.
Antonella chiude il gas, così come chiude la porta di ogni stanza, sceglie le scarpe più comode, lascia il proprio cellulare sul tavolo, controlla che nella borsa ci sia il portafogli, il suo diario, la scatoletta con il bracciale del battesimo, l’album con le foto di Luigi piccolo.
Esce e si chiude alle spalle la porta dell’appartamento, scendendo butta la propria chiave nella cassetta delle lettere e si avvia dimessa come sempre per la sua strada.
Non gira a destra per andare a scuola, ha dato le dimissioni una settimana fa.
Prende a sinistra, va in banca e chiede del direttore.
“Buongiorno signora Corsetti, ho preparato tutto come ha chiesto lei. Sul cellulare le ho scaricato la app che, se mi permette, le illustro brevemente.” Le dice mostrandole il suo cellulare nuovo di zecca.
Antonella ascolta con mezzo orecchio, guarda quell’uomo chiedendosi se tratta la moglie con lo stesso rispetto.
Il direttore continua “Ecco signora, questo è il bancomat, questa la carta di credito entrambe senza limiti. Posso fare altro per lei?”
“Mi dimentichi per cortesia.”
Si avvia verso la stazione, sempre a piedi, nemmeno le viene in mente di prendere un taxi, in fondo non ha altro che la sua borsa.
Lei cammina e pensa.
Pensa che i 18 milioni di euro, che ha vinto al superenalotto la aiuteranno a reimparare a desiderare, a vivere.
Lo pensa mentre prende un biglietto per Napoli con l’intenzione di fare un viaggio romantico con sé stessa lunga la costa amalfitana. Forse ci sta la mini cabrio giallo zafferano.
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https://www.mini.it/it_IT/home.html
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Questa domanda è la causa della fronte aggrottata di Antonella, assieme al dubbio se scegliere countryman, clubman, cabrio o tutte e tre.
Scoppia ridere e si spaventa da sola e riprende la sua ricerca pensando che tutto potrebbe cambiare con quel segreto che si porta dentro.
La luna illumina il tavolo della cucina mentre le sue dita corrono sulla tastiera.
“Amore, ma non vieni a dormire?”
“Finisco di correggere i compiti.” risponde di rimando.
Si ingobbisce in attesa di sentire i passi di suo marito, il silenzio la convince a continuare.
Ci sarebbe da rifare il pavimento del corridoio, anche il parquet del salotto è in condizioni pietose. A pensarci bene tutto l’appartamento andrebbe ristrutturato, era già vecchio quando sono andati a viverci. Già che c’è, nella sua fantasia cambia anche tutto l’arredamento, non ne può più di vedere i mobili pesanti di sua suocera. Peggio di tutto la vetrinetta che era arrivata corredata di tutti i ninnoli. Una tortura da spolverare. Volendo avrebbe potuto occuparsene una donna delle pulizie, ma meglio ancora liberarsi di tutto.
Nella sua fantasia si vedeva in gonna e golfino, scarpe tacco sette, blocco e penna in mano a dare istruzioni ai manovali. Ci vuole una bella lista di cose da fare, così le può spuntare tutte con eleganza.
Le mani riposano in grembo, mentre lo sguardo vaga sulla facciata del condominio di fronte. Dormono tutti, nemmeno una luce accesa, neanche le ombre tremolanti di una tv rischiarano una finestra.
“Allora, Antonella, ma quanto ci metti? Vieni.”
Magari sono tutti come suo marito, sdraiati a letto, svegli ad aspettare la moglie al buio, perché quella cosa veloce del giovedì non tollera nemmeno la penombra.
Chiude gli occhi per riprendere il suo sogno. Dove è rimasta? Giusto, niente donna delle pulizie per la vetrinetta della suocera, ma per il suo appartamento completamente ristrutturato nei toni del bianco e verde salvia. Forse un architetto come si deve riuscirebbe a farci anche stare una poltroncina con tavolino sul poggiolo vista circonvallazione.
“Antonella, vieni che sono stufo di aspettare.”
“Si, Walter, arrivo.”
Per un momento si illumina, il prossimo acquisto potrebbe essere una casa. Ma dove? Per quante persone? Come investimento o per sé?
Meglio prendere due case una per sé e una per il figlio. Luigi ha appena fatto la maturità, studia lontano, gli può prendere una casa piccolina da studenti.
“Sono pronto, vuoi venire!”
Questa voce continua a strapparla dalle sue riflessioni, si guarda le mani screpolate nonostante la crema e si chiede se andare regolarmente dall’estetista potrebbe in qualche modo risolvere il problema. Potrebbe anche avere sempre le unghie curate, lunghe e colorate, come le vere signore, come la segretaria della scuola dove insegna.
“Se non vieni, mi alzo”
Veloce Antonella si avvia verso la camera da letto, memore degli ultimi lividi che le ha lasciato. Si infila sotto le coperte con la camicia da notte che le arriva alle ginocchia. Le viene da pensare a sua nonna che le raccontava che le donne avevano un motto ricamato sulla camicia da notte “Non lo fo per piacer mio ma per dar dei figli a Dio”. E si chiede nel buio perché lo facesse lei, che da quando l’ha fatta abortire a suon di calci, perché un figlio basta e avanza, era diventata sterile.
Il corpo di Walter inclina il materasso man mano che si muove, Antonella strizza gli occhi come se il buio non bastasse a cancellare dalla sua mente l’alligatore che si avvicina. I suoi seni si rimpiccioliscono in attesa della mano che li toccherà, la cassa toracica quasi collassa per aiutarli. Ed ecco che si posa come un macigno possessivo.
Un gemito di terrore misto a disgusto.
“Lo so che ti piace, piccolina”
La camicia da notte risale lungo le cosce strette, un ginocchio a divaricarle e tutto il peso che cala su di lei.
Si aggrappa alle lenzuola come fossero ancore di salvataggio, e come ogni giovedì si avventa su di lei, la strazia per cinque minuti. La lascia bruciante di dolore e umiliazione.
“Adesso puoi tornare di là a finire di correggere i compiti.”
Lei si alza rabbrividendo nell’aria ferma della stanza.
“Una buona moglie dice grazie al marito se dopo vent’anni la guarda ancora.”
“Grazie” mormora. Grazie per tutte le altre donne sulla faccia della terra, ma in modo particolare grazie a quelle donne che si prestavano a lui durante gli altri giorni della settimana preservandola.
Cammina contratta fino alla tavola, è stato tutto talmente veloce che il monitor non si è spento sui compiti dei suoi alunni.
Torna sulla pagina della Mini e si chiede se ha bisogno di una macchina così di stilosa. Conclude che probabilmente non ha bisogno di nessuna macchina né bella né brutta. Sotto casa passano tutti i mezzi necessari per andare a lavorare, e dato che nemmeno sa dove andare con la macchina, meglio lasciar perdere. Lasciar perdere anche tutte le idee di rinnovare l’appartamento, di cambiare l’arredamento che, se gli tocchi la mamma, Walter va giù di testa.
Seduta dritta corregge l’ultimo testo dei suoi alunni, abbassa lo schermo e una lacrima sola come lei scende lungo il viso.
Una tristezza infinita la pervade, triste perché nemmeno può desiderare, perché nemmeno ha il coraggio di pensare a come dire a Walter che ha aperto un proprio conto e che questo però non vuol dire che il suo stipendio non continui ad andare sul vecchio conto intestato a lui.
Non glielo vuole dire perché non vuole rispondere alle sue domande, non glielo vuole dire perché non vuole più rispondere a suon di schiaffi.
Rimane sulla sedia ad aspettare l’alba, come fosse un treno per scappare via. Va in bagno, si lava, si trucca e si veste con gli abiti pronti dalla sera prima.
Torna in cucina, apparecchia per la colazione di suo marito. Entrambe si siedono e mangiano in silenzio, non una parola che alla mattina bisogna iniziare con calma nella massima quiete.
Walter esce per primo, deve attraversare tutta la città in metro per andare a lavorare.
Antonella chiude il gas, così come chiude la porta di ogni stanza, sceglie le scarpe più comode, lascia il proprio cellulare sul tavolo, controlla che nella borsa ci sia il portafogli, il suo diario, la scatoletta con il bracciale del battesimo, l’album con le foto di Luigi piccolo.
Esce e si chiude alle spalle la porta dell’appartamento, scendendo butta la propria chiave nella cassetta delle lettere e si avvia dimessa come sempre per la sua strada.
Non gira a destra per andare a scuola, ha dato le dimissioni una settimana fa.
Prende a sinistra, va in banca e chiede del direttore.
“Buongiorno signora Corsetti, ho preparato tutto come ha chiesto lei. Sul cellulare le ho scaricato la app che, se mi permette, le illustro brevemente.” Le dice mostrandole il suo cellulare nuovo di zecca.
Antonella ascolta con mezzo orecchio, guarda quell’uomo chiedendosi se tratta la moglie con lo stesso rispetto.
Il direttore continua “Ecco signora, questo è il bancomat, questa la carta di credito entrambe senza limiti. Posso fare altro per lei?”
“Mi dimentichi per cortesia.”
Si avvia verso la stazione, sempre a piedi, nemmeno le viene in mente di prendere un taxi, in fondo non ha altro che la sua borsa.
Lei cammina e pensa.
Pensa che i 18 milioni di euro, che ha vinto al superenalotto la aiuteranno a reimparare a desiderare, a vivere.
Lo pensa mentre prende un biglietto per Napoli con l’intenzione di fare un viaggio romantico con sé stessa lunga la costa amalfitana. Forse ci sta la mini cabrio giallo zafferano.
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