Il male minore
Posted: Wed Apr 05, 2023 4:23 pm
[CC23] Luci - Pulcinella - Costruttori di Mondi
Sfumature
Il male minore
Vi è mai capitato di tradire la vostra o il vostro partner?
Se lo avete fatto, come vi siete regolati in seguito con loro, avete confessato la scappatella o vi siete trincerati in un colpevole silenzio?
Avete mai riflettuto sul fatto che si è disposti, cristianamente, a perdonare un ladro, talvolta anche un assassino, ma che a un traditore in amore è più difficile concedere il nostro perdono?
Questo perché, parole evangeliche o no, col tradimento amoroso si sente d'essere stati privati di qualcosa di fondamentale, di prezioso.
D'essere stati defraudati della nostra fiducia, feriti nell'amor proprio, viene cancellato quel piccolo o grande sogno d'amore che nutrivamo nell'intimo; è stato usurpato un bene che reputavamo di possedere per diritto esclusivo, come chi occupa abusivamente il nostro posto auto nel cortile del condominio in cui abitiamo.
Per questo siamo restii a concedere la grazia al fedifrago o alla infedele.
Avevo, dopo quindici anni d'una fedeltà d'ippocampo, tradito mia moglie.
Non è che l'avessi cercato, ma era accaduto perché se n'era presentata l'occasione.
Avevo capito che nella maggioranza dei casi, la fedeltà nasceva da una mancanza d'opportunità, o dal timore di vivere un'esperienza trasgressiva dal canone morale.
Quanti, per ragioni così poco nobili, vivevano una fedeltà di coppia perpetua, senza alcun reale merito virtuoso.
Magari, nel segreto della mente, tradiscono centinaia di volte senza trovare il coraggio di farlo veramente, salvo rammaricarsene al termine della vita, pensando che di questa ce n'era una soltanto.
Non avevo mai pensato a tradire fino al momento in cui, le condizioni si erano presentate come un sentiero improvviso, che deviava dalla strada principale della mia esistenza: un sentiero ignoto, ma col fascino della nuova scoperta, dello sfizio ludico.
Risultava chiaro che fosse un percorso dal fondo impervio e scivoloso, con qualche rischio del cammino.
Perciò mi ci avventurai con cautela, solo col proposito di tastare il terreno per farmi un'idea della cosa.
Ero certo di arrestarmi per tempo, prima di qualche doloroso scivolone o d'una brutta storta.
Giusto due passi per sgranchire la gambe: provare il gusto temporaneo di uscire dalla strada maestra che procedeva troppo tranquilla e senza inciampi.
Un semplice fatto di curiosità.
Del resto, avere curiosità non era poi cosa strana: già ai tempi di Adamo ed Eva, qualche complicazione, a causa di essa, l'avevano avuta.
Purtroppo, il sentiero, nella realtà si rivelò più insidioso del previsto: così mi ritrovai a scivolare verso quel fondo oscuro e peccaminoso.
Ora, il dilemma che mi si poneva, era quello di fare i conti con la mia coscienza, posto che ne avessi una, seppure molto elastica.
Iniziai a ragionarci sapendo che, di quel tradimento, non avevo scusanti.
Non esistevano giustificazioni pratiche: non lamentavo insoddisfazioni o in crisi con mia moglie, le nostre cose intime e il rapporto scorreva sereno; soprattutto non ero innamorato della donna con cui l'avevo tradita, non mi passava in mente la minima idea di separarmi da lei.
I pochi difetti della mia metà erano tutti perdonabili, non concepivo in assoluto di vedere un'altra nella mia vita, anzi, il nostro rapporto era tanto simbiotico che pensare di perderla, mi toglieva la terra da sotto i piedi.
Sostanzialmente, l'avevo tradita per capire cosa si provasse a divenire un fedifrago.
L'avevo fatto con lo spirito di chi prova, in pizzeria, una pizza diversa da quella mangiata per quindici anni: lasciando la consueta “Quattro stagioni”, per una “Diavola” con cipolla, gorgonzola e salamino piccante.
Un semplice esperimento gastronomico.
Sapevo che, per la morale comune, non avere rimorsi non deponeva a mio favore, era brutto ammetterlo, ma non mi sentivo spregevole più che tanto.
Ora mi trovavo in ambasce sul confessare o meno, a mia moglie, la piccola divagazione culinaria: un peccatuccio veniale insomma.
Del resto, mica potevo presentarmi dicendole d'averla tradita, ma a cuor leggero, solo per provare il gusto di una pizza diversa
Lei, purtroppo, pur essendo donna intelligente e di larghe vedute, non aveva ancora elaborato il concetto della pizza differenziata.
Di certo, meno filosofica e più pratica di me, avrebbe preso male quella variazione di menù: e con ottime probabilità, mi avrebbe catapultato in cortile dal balcone del sesto piano.
Per regola, da adultero, avrei dovuto confessare il mio peccato: perché il vincolo del matrimonio imponeva, tra i coniugi, l'assoluta sincerità.
Questo principio era la pietra angolare su cui si fondava l'istituto matrimoniale.
Sincerità a ogni costo: anche se il tradimento non avesse nulla a che vedere col sentimento che li univa.
Questo perché non era concepibile che si potesse tradire col corpo, ma restare fedeli con l'anima.
A mia idea tale confusione dei piani poteva essere deleteria.
Infatti, il tradito si sentiva ferito e offeso, talvolta al punto di non potere perdonare l'affronto subito.
Si dava vita a un conflitto brutale: con risentimenti rabbiosi, atti di vendetta e ripercussioni interminabili, giungendo in taluni casi a troncare una relazione che durava da una vita.
L'amore, la famiglia, i figli, venivano inghiottiti in un incandescente calderone, dove si bruciavano affetti, speranze, felicità ed esistenze personali, con conseguenti dolorose separazioni e fin divorzio finale.
E questo, per una scopata, compiuta fuori dalle mura domestiche.
Tutto ciò per un semplice dettato morale: qualcosa che aveva a che vedere con l'orgoglio oltraggiato.
Vero che ne uccide più l'orgoglio che la spada.
Avevo in ufficio la mia segretaria di area, con la quale si era in grande confidenza
La giovane, che era fidanzata con un bravo ragazzo, col quale prima o dopo sarebbe convolata a nozze, mi raccontava di voler andare in discoteca ogni giovedì e sabato sera.
Lui che lavorava sodo e sovente fino a tardi, per la stanchezza, non se la sentiva d'accompagnarla tutte le volt: così lei raggiungeva il locale con qualche amica.
Praticamente, quasi ogni volta che era lì da sola, finiva col rimorchiare uno diverso, con cui finiva la serata a letto.
Il mattino dopo, regolarmente pentita, confessava tutto al suo ragazzo: il quale pativa come una bestia, ma poiché l'amava moltissimo, la perdonava di continuo.
C'era del ridicolo nella cosa, ma lei sosteneva di voler essere sempre sincera e che non avrebbe potuto vivere col rimorso d'avergli nascosto un tradimento.
In sostanza voleva il perdono, per poter continuare a cornificarlo una o due volte la settimana.
Io ero fortemente convinto che i tradimenti di coppia andassero sempre celati.
Il tradimento è un atto nascosto e segreto, quindi tale deve rimanere per una serie di buone ragioni.
Intanto, va detto che il partner non è il nostro confessore parrocchiale: non è tenuto a conoscere i nostri peccati, con l'obbligo d'assolverli, a fronte di un certo numero di preghiere assortite.
Perché è troppo facile scaricare la nostra coscienza dal fardello del peccato commesso, ribaltandone il peso sulla coscienza dell'altro.
Così il traditore potrà dormire sereno per il resto della vita, lasciando che sia il tradito a vivere la sua nel tormento del dubbio.
Confessare un tradimento è un atto di egoistica irresponsabilità, avvelenare l'acqua del pozzo in cui si abbevera il rapporto: un atto autolesionista, suicida, quanto inutile.
La confessione non è un colpo di spugna che cancella il danno.
Non esistono le debolezze di un momento: cosa fatta capo ha.
I pentimenti postumi sono un'ipocrisia: il rifarsi una verginità estetica, come quella ottenuta in una clinica di chirurgia plastica.
Non sono un antropologo, né uno storico né tanto meno uno psicologo, ma a memoria di qualche nozione acquisita nel tempo, una certa idea me l'ero fatta.
La specie umana, da un punto di vista biologico, non prevede la monogamia: essa è rara anche per la maggior parte di coppie animali.
La monogamia umana nasce per un condizionamento culturale, che ha origine nella notte dei tempi.
Ovvero, quando la scarsità di risorse per la sopravvivenza imponeva un controllo della prole d'appartenenza, e di conseguenza, della rigorosa monogamia sessuale del componente di sesso femminile della coppia.
Il maschio, nostro progenitore, stante la diffusa mortalità infantile, si accoppiava con più donne per ingravidarle: onde assicurare la continuità della specie.
La femmina, necessitava d'accoppiarsi con più uomini, alla ricerca del miglior esemplare a disposizione, per assicurare una selezione qualitativa della prole.
Con la difficoltà a procacciare sufficienti risorse alimentari, il maschio decise di nutrire e allevare solo i propri figli, ai quali avrebbe anche lasciato gli eventuali beni d'appartenenza alla propria morte.
Da qui nasceva il bisogno di controllo e possesso esclusivo della femmina da parte del maschio.
Questa cosa del possesso assoluto della donna si era cementata nei secoli, dando vita al patriarcato e ciò che ne derivava.
Su questa consuetudine, originariamente d'ordine funzionale, si è poi inserita la sovrastruttura psicologica dell'essere umano.
Dietro il concetto di danno da tradimento, si nasconde la più profonda, atavica e infantile, paura della morte per abbandono.
Il piccolo umano, nel momento in cui prende coscienza di non auto alimentarsi, ma che si nutre grazie alla madre, lega questa figura alla propria sopravvivenza.
Da quel momento, fino a quando non acquista una certa autonomia funzionale, il bambino vive nel terrore d'essere abbandonato e di morire per fame.
Questo genera un attaccamento e una gelosia difensiva verso la figura materna: diviene geloso del suo affetto, delle sue attenzioni e ne reclama l'esclusività.
Se qualcuno gli contende questo rapporto privilegiato, scatta la difesa del possesso e del territorio: l'odio per il rivale.
Il complesso edipico, la competizione col padre nasce da questo.
Dietro
la gelosia patologica di molti uomini adulti, si nasconde un Edipo e una paura infantile dell'abbandono non risolti.
Abbondiamo di cinquantenni che credono d'essere gelosi della propria moglie, ma in realtà sono terrorizzati dall'idea d'essere abbandonati dalla mamma e di morire di fame.
La gelosia femminile segue un meccanismo simile, che trova origine nel bisogno di mantenere un'egemonia affettiva sulla figura paterna.
Vi è un'ambivalenza verso la madre, che è figura necessaria nella prima infanzia, ma che diviene, da prima antagonista e poi complice, nella contesa del maschio padre.
Dalla contesa per l'affetto del padre alla contesa con le altre donne per il possesso esclusivo di un uomo, a la conseguente gelosia, il passo è breve.
Insomma il timore delle corna ha origini storiche e psicologiche profonde, che vanno al di là del fatto in sé.
Un grande feticcio del tradimento è il sesso.
Nel tradire, avevo appreso una verità: che l'idea del sesso fosse sovrastimata e poco realistica, era un'icona mitizzata, qualcosa che nella mente umana diveniva capitale, totalizzante nella sua essenza.
In particolare era mitizzato quello straordinario, magico e sbalorditivo che il partner fedifrago doveva necessariamente compiere con l'amante.
Anche perché il sesso nella nostra cultura cattolica è sempre legato al senso del peccato, della trasgressione lussuriosa, dalla storia della mela e del serpente in giù.
Il sesso lascivo e sregolato diviene, soprattutto, quello consumato al di fuori del sacramento matrimoniale.
Si immaginano i due traditori immersi in un piacere selvaggio e dissoluto.
Intenti a compiere acrobazie e giochi erotici strabilianti: cose lascive a cui, il proprio partner, non si è mai abbandonato nell'ambito del talamo nuziale.
Come se il sesso fatto con altri appartenesse a un universo diverso da quello in cui si attuava quello fatto nel proprio letto.
Non mi risulta ci siano in giro molti fedifraghi col Kamasutra in tasca.
Vero che vi sono numerose varianti e fantasie nel far l'amore, ma non sono più numerose di quelle che normalmente la gente pratica col partner.
Se non si è completamente digiuni di sesso, o repressi da inibizioni, in linea di massima, se il sesso è soddisfacente per entrambi, non c'è ragione di credere che chi ci tradisce trovi altrove uno sconosciuto universo di piacere.
Nulla di tanto grandioso c'è in una scopata fuori porta, anche il sesso più appagante non aggiunge qualcosa in più alla tua vita, se essa è già piena.
Ogni sesso dopo una buona doccia, ti lascia quello che eri prima di averlo fatto.
Si dice che le donne, più sentimentali, fantasiose e romantiche, degli uomini, tradiscano per passione amorosa, per qualcosa che manca al loro rapporto ufficiale, per sentirsi ascoltate, valorizzate.
Forse noi uomini siamo esseri più semplici, quasi primitivi: con pulsioni e bisogni non così articolati, culliamo nel profondo un pizzico di vocazione al sultanato.
Ci gratifica l'idea di possedere un piccolo harem, per autocompiacere il nostro infantile, risibile, mito di virilità.
Certo, anche per gli uomini vi è la possibilità di un innamoramento, il perdere la ragione per un'altra donna, ma in genere, avveniva se l'amore per la compagna del momento viene a cessare.
Personalmente ero fermamente certo che nessuna donna avrebbe potuto sostituire mia moglie nella mia vita.
L'amavo profondamente, era il mio faro nelle tenebre dell'esistenza, la roccia salvifica su cui approdare in ogni mio naufragio, la chiesa in cui trovare conforto per la mia anima inquieta, l'altra metà del cielo e l'ossigeno che mi manteneva in vita.
Proprio per questa inamovibile certezza, sapevo di poterla tradire a cuor leggero, nulla avrebbe mai potuto infrangere il legame che faceva di noi un unico organismo declinato in due corpi.
Ero un fedifrago, senza pentimento, questo era un fatto, ma avevo una mia norma morale: ovvero ciò che valeva per me doveva valere anche per mia moglie, se pure a sua insaputa.
Pertanto se avessi scoperto che anche lei si fosse concessa una pizza, con ingredienti diversi dai miei, purché rimanesse una esperienza passeggera, non avrei avuto alcunché da obiettare.
Umanamente, benché mi considerassi un prototipo d'uomo difficilmente sostituibile per le qualità che possedevo, e fossi certo che solo Richard Gere avrebbe potuto offrirle una momentanea distrazione dalla mia persona, l'idea di restare l'unico ad averle fatto battere il cuore per tutta la vita, mi appariva profondamente triste per lei.
Sarebbe stata una sorta di “pena a fine mai”, un ergastolo sentimentale, che non avrei augurato al mio peggior nemico, figurarsi a lei che era il mio amore più grande.
Era più che giusto che anche lei trovasse qualche occasione per una salutare boccata d'aria fresca e tonificante.
Mi venivano alla mente le parole della bellissima “Chanson des vieux amants” la famosa canzone di Jacques Brel sulla durata dell'amore:
Ti amo ancora, sai, ti amo
So tutto delle tue magie
E tu della mia intimità
Sapevo delle tue bugie
Tu delle mie tristi viltà
So che hai avuto degli amanti
Bisogna pur passare il tempo
Bisogna pur che il corpo esulti
Ma c'è voluto del talento
Per riuscire a invecchiare
Senza diventare adulti
Per sicurezza chiedevo solo che non facesse la sciocchezza di pensare di lasciarmi o confessarmi quella sua distrazione.
Come si dice: “occhio non vede, cuore non duole”.
Quindi in ogni caso è fondamentale, se proprio si vuol tradire, di mantenere il più assoluto riserbo sulle nostre peccaminosa scappatelle, non si abbatte una casa per l'esigenza di cambiare il colore delle tende alle finestre.
Talvolta è necessario compiere un male minore in vista di un bene più grande.
Sfumature
Il male minore
Vi è mai capitato di tradire la vostra o il vostro partner?
Se lo avete fatto, come vi siete regolati in seguito con loro, avete confessato la scappatella o vi siete trincerati in un colpevole silenzio?
Avete mai riflettuto sul fatto che si è disposti, cristianamente, a perdonare un ladro, talvolta anche un assassino, ma che a un traditore in amore è più difficile concedere il nostro perdono?
Questo perché, parole evangeliche o no, col tradimento amoroso si sente d'essere stati privati di qualcosa di fondamentale, di prezioso.
D'essere stati defraudati della nostra fiducia, feriti nell'amor proprio, viene cancellato quel piccolo o grande sogno d'amore che nutrivamo nell'intimo; è stato usurpato un bene che reputavamo di possedere per diritto esclusivo, come chi occupa abusivamente il nostro posto auto nel cortile del condominio in cui abitiamo.
Per questo siamo restii a concedere la grazia al fedifrago o alla infedele.
Avevo, dopo quindici anni d'una fedeltà d'ippocampo, tradito mia moglie.
Non è che l'avessi cercato, ma era accaduto perché se n'era presentata l'occasione.
Avevo capito che nella maggioranza dei casi, la fedeltà nasceva da una mancanza d'opportunità, o dal timore di vivere un'esperienza trasgressiva dal canone morale.
Quanti, per ragioni così poco nobili, vivevano una fedeltà di coppia perpetua, senza alcun reale merito virtuoso.
Magari, nel segreto della mente, tradiscono centinaia di volte senza trovare il coraggio di farlo veramente, salvo rammaricarsene al termine della vita, pensando che di questa ce n'era una soltanto.
Non avevo mai pensato a tradire fino al momento in cui, le condizioni si erano presentate come un sentiero improvviso, che deviava dalla strada principale della mia esistenza: un sentiero ignoto, ma col fascino della nuova scoperta, dello sfizio ludico.
Risultava chiaro che fosse un percorso dal fondo impervio e scivoloso, con qualche rischio del cammino.
Perciò mi ci avventurai con cautela, solo col proposito di tastare il terreno per farmi un'idea della cosa.
Ero certo di arrestarmi per tempo, prima di qualche doloroso scivolone o d'una brutta storta.
Giusto due passi per sgranchire la gambe: provare il gusto temporaneo di uscire dalla strada maestra che procedeva troppo tranquilla e senza inciampi.
Un semplice fatto di curiosità.
Del resto, avere curiosità non era poi cosa strana: già ai tempi di Adamo ed Eva, qualche complicazione, a causa di essa, l'avevano avuta.
Purtroppo, il sentiero, nella realtà si rivelò più insidioso del previsto: così mi ritrovai a scivolare verso quel fondo oscuro e peccaminoso.
Ora, il dilemma che mi si poneva, era quello di fare i conti con la mia coscienza, posto che ne avessi una, seppure molto elastica.
Iniziai a ragionarci sapendo che, di quel tradimento, non avevo scusanti.
Non esistevano giustificazioni pratiche: non lamentavo insoddisfazioni o in crisi con mia moglie, le nostre cose intime e il rapporto scorreva sereno; soprattutto non ero innamorato della donna con cui l'avevo tradita, non mi passava in mente la minima idea di separarmi da lei.
I pochi difetti della mia metà erano tutti perdonabili, non concepivo in assoluto di vedere un'altra nella mia vita, anzi, il nostro rapporto era tanto simbiotico che pensare di perderla, mi toglieva la terra da sotto i piedi.
Sostanzialmente, l'avevo tradita per capire cosa si provasse a divenire un fedifrago.
L'avevo fatto con lo spirito di chi prova, in pizzeria, una pizza diversa da quella mangiata per quindici anni: lasciando la consueta “Quattro stagioni”, per una “Diavola” con cipolla, gorgonzola e salamino piccante.
Un semplice esperimento gastronomico.
Sapevo che, per la morale comune, non avere rimorsi non deponeva a mio favore, era brutto ammetterlo, ma non mi sentivo spregevole più che tanto.
Ora mi trovavo in ambasce sul confessare o meno, a mia moglie, la piccola divagazione culinaria: un peccatuccio veniale insomma.
Del resto, mica potevo presentarmi dicendole d'averla tradita, ma a cuor leggero, solo per provare il gusto di una pizza diversa
Lei, purtroppo, pur essendo donna intelligente e di larghe vedute, non aveva ancora elaborato il concetto della pizza differenziata.
Di certo, meno filosofica e più pratica di me, avrebbe preso male quella variazione di menù: e con ottime probabilità, mi avrebbe catapultato in cortile dal balcone del sesto piano.
Per regola, da adultero, avrei dovuto confessare il mio peccato: perché il vincolo del matrimonio imponeva, tra i coniugi, l'assoluta sincerità.
Questo principio era la pietra angolare su cui si fondava l'istituto matrimoniale.
Sincerità a ogni costo: anche se il tradimento non avesse nulla a che vedere col sentimento che li univa.
Questo perché non era concepibile che si potesse tradire col corpo, ma restare fedeli con l'anima.
A mia idea tale confusione dei piani poteva essere deleteria.
Infatti, il tradito si sentiva ferito e offeso, talvolta al punto di non potere perdonare l'affronto subito.
Si dava vita a un conflitto brutale: con risentimenti rabbiosi, atti di vendetta e ripercussioni interminabili, giungendo in taluni casi a troncare una relazione che durava da una vita.
L'amore, la famiglia, i figli, venivano inghiottiti in un incandescente calderone, dove si bruciavano affetti, speranze, felicità ed esistenze personali, con conseguenti dolorose separazioni e fin divorzio finale.
E questo, per una scopata, compiuta fuori dalle mura domestiche.
Tutto ciò per un semplice dettato morale: qualcosa che aveva a che vedere con l'orgoglio oltraggiato.
Vero che ne uccide più l'orgoglio che la spada.
Avevo in ufficio la mia segretaria di area, con la quale si era in grande confidenza
La giovane, che era fidanzata con un bravo ragazzo, col quale prima o dopo sarebbe convolata a nozze, mi raccontava di voler andare in discoteca ogni giovedì e sabato sera.
Lui che lavorava sodo e sovente fino a tardi, per la stanchezza, non se la sentiva d'accompagnarla tutte le volt: così lei raggiungeva il locale con qualche amica.
Praticamente, quasi ogni volta che era lì da sola, finiva col rimorchiare uno diverso, con cui finiva la serata a letto.
Il mattino dopo, regolarmente pentita, confessava tutto al suo ragazzo: il quale pativa come una bestia, ma poiché l'amava moltissimo, la perdonava di continuo.
C'era del ridicolo nella cosa, ma lei sosteneva di voler essere sempre sincera e che non avrebbe potuto vivere col rimorso d'avergli nascosto un tradimento.
In sostanza voleva il perdono, per poter continuare a cornificarlo una o due volte la settimana.
Io ero fortemente convinto che i tradimenti di coppia andassero sempre celati.
Il tradimento è un atto nascosto e segreto, quindi tale deve rimanere per una serie di buone ragioni.
Intanto, va detto che il partner non è il nostro confessore parrocchiale: non è tenuto a conoscere i nostri peccati, con l'obbligo d'assolverli, a fronte di un certo numero di preghiere assortite.
Perché è troppo facile scaricare la nostra coscienza dal fardello del peccato commesso, ribaltandone il peso sulla coscienza dell'altro.
Così il traditore potrà dormire sereno per il resto della vita, lasciando che sia il tradito a vivere la sua nel tormento del dubbio.
Confessare un tradimento è un atto di egoistica irresponsabilità, avvelenare l'acqua del pozzo in cui si abbevera il rapporto: un atto autolesionista, suicida, quanto inutile.
La confessione non è un colpo di spugna che cancella il danno.
Non esistono le debolezze di un momento: cosa fatta capo ha.
I pentimenti postumi sono un'ipocrisia: il rifarsi una verginità estetica, come quella ottenuta in una clinica di chirurgia plastica.
Non sono un antropologo, né uno storico né tanto meno uno psicologo, ma a memoria di qualche nozione acquisita nel tempo, una certa idea me l'ero fatta.
La specie umana, da un punto di vista biologico, non prevede la monogamia: essa è rara anche per la maggior parte di coppie animali.
La monogamia umana nasce per un condizionamento culturale, che ha origine nella notte dei tempi.
Ovvero, quando la scarsità di risorse per la sopravvivenza imponeva un controllo della prole d'appartenenza, e di conseguenza, della rigorosa monogamia sessuale del componente di sesso femminile della coppia.
Il maschio, nostro progenitore, stante la diffusa mortalità infantile, si accoppiava con più donne per ingravidarle: onde assicurare la continuità della specie.
La femmina, necessitava d'accoppiarsi con più uomini, alla ricerca del miglior esemplare a disposizione, per assicurare una selezione qualitativa della prole.
Con la difficoltà a procacciare sufficienti risorse alimentari, il maschio decise di nutrire e allevare solo i propri figli, ai quali avrebbe anche lasciato gli eventuali beni d'appartenenza alla propria morte.
Da qui nasceva il bisogno di controllo e possesso esclusivo della femmina da parte del maschio.
Questa cosa del possesso assoluto della donna si era cementata nei secoli, dando vita al patriarcato e ciò che ne derivava.
Su questa consuetudine, originariamente d'ordine funzionale, si è poi inserita la sovrastruttura psicologica dell'essere umano.
Dietro il concetto di danno da tradimento, si nasconde la più profonda, atavica e infantile, paura della morte per abbandono.
Il piccolo umano, nel momento in cui prende coscienza di non auto alimentarsi, ma che si nutre grazie alla madre, lega questa figura alla propria sopravvivenza.
Da quel momento, fino a quando non acquista una certa autonomia funzionale, il bambino vive nel terrore d'essere abbandonato e di morire per fame.
Questo genera un attaccamento e una gelosia difensiva verso la figura materna: diviene geloso del suo affetto, delle sue attenzioni e ne reclama l'esclusività.
Se qualcuno gli contende questo rapporto privilegiato, scatta la difesa del possesso e del territorio: l'odio per il rivale.
Il complesso edipico, la competizione col padre nasce da questo.
Dietro
la gelosia patologica di molti uomini adulti, si nasconde un Edipo e una paura infantile dell'abbandono non risolti.
Abbondiamo di cinquantenni che credono d'essere gelosi della propria moglie, ma in realtà sono terrorizzati dall'idea d'essere abbandonati dalla mamma e di morire di fame.
La gelosia femminile segue un meccanismo simile, che trova origine nel bisogno di mantenere un'egemonia affettiva sulla figura paterna.
Vi è un'ambivalenza verso la madre, che è figura necessaria nella prima infanzia, ma che diviene, da prima antagonista e poi complice, nella contesa del maschio padre.
Dalla contesa per l'affetto del padre alla contesa con le altre donne per il possesso esclusivo di un uomo, a la conseguente gelosia, il passo è breve.
Insomma il timore delle corna ha origini storiche e psicologiche profonde, che vanno al di là del fatto in sé.
Un grande feticcio del tradimento è il sesso.
Nel tradire, avevo appreso una verità: che l'idea del sesso fosse sovrastimata e poco realistica, era un'icona mitizzata, qualcosa che nella mente umana diveniva capitale, totalizzante nella sua essenza.
In particolare era mitizzato quello straordinario, magico e sbalorditivo che il partner fedifrago doveva necessariamente compiere con l'amante.
Anche perché il sesso nella nostra cultura cattolica è sempre legato al senso del peccato, della trasgressione lussuriosa, dalla storia della mela e del serpente in giù.
Il sesso lascivo e sregolato diviene, soprattutto, quello consumato al di fuori del sacramento matrimoniale.
Si immaginano i due traditori immersi in un piacere selvaggio e dissoluto.
Intenti a compiere acrobazie e giochi erotici strabilianti: cose lascive a cui, il proprio partner, non si è mai abbandonato nell'ambito del talamo nuziale.
Come se il sesso fatto con altri appartenesse a un universo diverso da quello in cui si attuava quello fatto nel proprio letto.
Non mi risulta ci siano in giro molti fedifraghi col Kamasutra in tasca.
Vero che vi sono numerose varianti e fantasie nel far l'amore, ma non sono più numerose di quelle che normalmente la gente pratica col partner.
Se non si è completamente digiuni di sesso, o repressi da inibizioni, in linea di massima, se il sesso è soddisfacente per entrambi, non c'è ragione di credere che chi ci tradisce trovi altrove uno sconosciuto universo di piacere.
Nulla di tanto grandioso c'è in una scopata fuori porta, anche il sesso più appagante non aggiunge qualcosa in più alla tua vita, se essa è già piena.
Ogni sesso dopo una buona doccia, ti lascia quello che eri prima di averlo fatto.
Si dice che le donne, più sentimentali, fantasiose e romantiche, degli uomini, tradiscano per passione amorosa, per qualcosa che manca al loro rapporto ufficiale, per sentirsi ascoltate, valorizzate.
Forse noi uomini siamo esseri più semplici, quasi primitivi: con pulsioni e bisogni non così articolati, culliamo nel profondo un pizzico di vocazione al sultanato.
Ci gratifica l'idea di possedere un piccolo harem, per autocompiacere il nostro infantile, risibile, mito di virilità.
Certo, anche per gli uomini vi è la possibilità di un innamoramento, il perdere la ragione per un'altra donna, ma in genere, avveniva se l'amore per la compagna del momento viene a cessare.
Personalmente ero fermamente certo che nessuna donna avrebbe potuto sostituire mia moglie nella mia vita.
L'amavo profondamente, era il mio faro nelle tenebre dell'esistenza, la roccia salvifica su cui approdare in ogni mio naufragio, la chiesa in cui trovare conforto per la mia anima inquieta, l'altra metà del cielo e l'ossigeno che mi manteneva in vita.
Proprio per questa inamovibile certezza, sapevo di poterla tradire a cuor leggero, nulla avrebbe mai potuto infrangere il legame che faceva di noi un unico organismo declinato in due corpi.
Ero un fedifrago, senza pentimento, questo era un fatto, ma avevo una mia norma morale: ovvero ciò che valeva per me doveva valere anche per mia moglie, se pure a sua insaputa.
Pertanto se avessi scoperto che anche lei si fosse concessa una pizza, con ingredienti diversi dai miei, purché rimanesse una esperienza passeggera, non avrei avuto alcunché da obiettare.
Umanamente, benché mi considerassi un prototipo d'uomo difficilmente sostituibile per le qualità che possedevo, e fossi certo che solo Richard Gere avrebbe potuto offrirle una momentanea distrazione dalla mia persona, l'idea di restare l'unico ad averle fatto battere il cuore per tutta la vita, mi appariva profondamente triste per lei.
Sarebbe stata una sorta di “pena a fine mai”, un ergastolo sentimentale, che non avrei augurato al mio peggior nemico, figurarsi a lei che era il mio amore più grande.
Era più che giusto che anche lei trovasse qualche occasione per una salutare boccata d'aria fresca e tonificante.
Mi venivano alla mente le parole della bellissima “Chanson des vieux amants” la famosa canzone di Jacques Brel sulla durata dell'amore:
Ti amo ancora, sai, ti amo
So tutto delle tue magie
E tu della mia intimità
Sapevo delle tue bugie
Tu delle mie tristi viltà
So che hai avuto degli amanti
Bisogna pur passare il tempo
Bisogna pur che il corpo esulti
Ma c'è voluto del talento
Per riuscire a invecchiare
Senza diventare adulti
Per sicurezza chiedevo solo che non facesse la sciocchezza di pensare di lasciarmi o confessarmi quella sua distrazione.
Come si dice: “occhio non vede, cuore non duole”.
Quindi in ogni caso è fondamentale, se proprio si vuol tradire, di mantenere il più assoluto riserbo sulle nostre peccaminosa scappatelle, non si abbatte una casa per l'esigenza di cambiare il colore delle tende alle finestre.
Talvolta è necessario compiere un male minore in vista di un bene più grande.