[Lab7] Azzurra
Posted: Wed Mar 22, 2023 11:33 am
Azzurra
Vieni a prendermi, sono sola e senza un soldo, ti prego, non farmi aspettare, ti amo.
Scopro, dalle righe anonime del telegramma, che sei a Pittsburgh.
Le altre cose di te le ho sapute da Angela. Ho pianto, davanti a lei, come un disperato per sapere.
Duecentotredici giorni, sì, li ho contati uno per uno. Le tue amiche sono tornate e tu no, senza nessuna spiegazione.
Angela ha tenuto il segreto finché ha potuto, poi, quando non hai risposto più nemmeno a lei, è sbottata:
— Ha conosciuto uno, Matteo, non tornerà mai più in Italia. Voleva tornare una settimana dopo di noi, voleva dirtelo di persona, ma …Adesso non risponde più al telefono. Non sai i soldi che ho speso per chiamare in America! ‘Sta stronza, mi ha fatto dire dalla vicina che si sono trasferiti, non mi ha nemmeno telefonato per dirmelo. Lasciala perdere, Matteo, dimenticala.
Il silenzio sulla fine del nostro amore mi ha devastato per altri interminabili giorni e adesso, questo telegramma…
Adesso che stavo per rinunciare, finalmente.
Il risentimento e la voglia di partire mi spaccano il cuore e…e io non so che cosa fare.
Il conducente del taxi si ferma all’indirizzo che gli ho fornito; un posto brutto perfino per passarci di striscio… Scendo e dico di aspettare, non ci vorrà molto. L’odore nauseabondo che viene dal fiume mi fa odiare ancora di più il fatto che io sia qui, nonostante tutto. Sulle scale che portano al tuo portone c’è un enorme donna di colore: mangia qualcosa da un contenitore di carta, si sbrodola addosso una salsa marrone e non alza lo sguardo, quando la supero e allungo una mano per suonare il campanello…Aspetto. Sono impaziente, non vedo l’ora di risalire sull’aereo per tornare a casa.
Mi giro per controllare che il taxi sia ancora lì, mi accorgo che la donna ha un serpente vivo intorno al collo, accoccolato al caldo sotto uno scialle, le tiene la testa sulla spalla,
Lei, si accorge che la sto osservando, mi fa un sorriso scemo, beve da una lattina di coca cola ed esplode in un rutto sonoro, poi senza guardarmi dice.
— Quella non torna mai prima delle dieci di mattina, stai fresco ad aspettare.
Si fa una grassa risata che quasi soffoca ma continua a ridere sguaiata alla sua battuta.
Maledico te, maledico me e la mia stupida voglia di riabbracciarti, sto pensando di andarmene ma tu, per fortuna, apri la porta e mi voli tra braccia. Ti scosti quasi immediatamente.
— Presto!— Scendi i gradini di corsa, poi ti volti. — Presto! Non voglio stare qui un minuto di più.
Sono sconvolto, avrai perso almeno dieci chili, hai i capelli sporchi e spettinati, il viso così spento che stento a riconoscerti, tu, che non uscivi mai se non eri perfettamente truccata e vestita.
— Non hai bagagli? Almeno il cappotto. Fa freddo!
— Certo, sulla poltrona, per favore vai tu, la porta è aperta, ti aspetto in taxi.
Entro, la puzza di cibo andato a male m’investe, trattengo un conato e mi metto la sciarpa su naso e bocca.
L’appartamento è tutto lì: un angolo cottura un bagno e un letto. Prendo il cappotto e mi giro a guardare le lenzuola che l’hanno avvolta insieme a un altro uomo. Chiudo gli occhi per la rabbia, darei fuoco a tutto. Quando li riapro distolgo lo sguardo dal letto; sul comodino c’è un libro e la sua bambolina portafortuna, prendo anche lei, la metto in tasca ed esco di corsa.
— Ci riporti all’aeroporto, dico ad alta voce, salgo sull’auto. Lei, accovacciata sul sedile, mi sorride. Le passo il cappotto.
— Mettilo o ti ammalerai. L’auto parte, qualcuno ci taglia la strada, il tassista tira giù qualche santo delle sue parti.
— Perdonami, ha la voce bassa e un’aria dimessa che non le riconosco. Cambio discorso, non posso affrontarlo ora.
— Sul comodino c’era il tuo portafortuna, l’ho…
— Non importa, hai fatto bene a lasciarla lì. Ora sei tu il mio talismano. Allunga il collo e mi schiocca un bacio sulla guancia. Potrei perdonarla ora, potrei dirle che l’amo ancora, sono tentato ma voglio vederci chiaro. Perché non ha chiamato sua madre? Sarebbe stato più logico. Ora non voglio pensarci però…Distolgo a fatica lo sguardo dalle sue labbra.
— Mi dispiace, perdonami ti prego.
—Per favore, è già abbastanza difficile per me, sono qui perché mi hai chiesto aiuto, per riportarti a casa, non chiedermi altro adesso.
Non ha più detto una parola fino all’albergo. Ho svuotato il conto in banca per lei e fa pure l’offesa. Sembrava perfino stupita che avessi prenotato due stanze. È finita davvero, non sarà mai più quella che conoscevo. Aveva ragione Angela.
È buio, parcheggio al solito posto, sotto casa sua. Per un attimo sembra che il tempo sia tornato indietro, che non sia successo nulla, sembra tutto come prima. Scendiamo, l’accompagno alla porta come facevamo una volta. La osservo, cammina a testa bassa poco davanti a me, sento che non potrò vivere senza di lei, la mia fermezza si sta sbriciolando ma, lei si ferma sul portone, si gira mi guarda con gli occhi umidi.
— Non andrò mai più via, te lo prometto.
— Sono stanco ora, ti auguro una buona notte.
— Buonanotte Matteo, a domani, vero?
— A domani.
Ventisesi anni dopo:
Te ne sei andata troppo presto. Domani nostra figlia si sposa e tu non ci sarai. Non è giusto, ogni madre dovrebbe posare gli occhi su sua figlia vestita di bianco il giorno delle sue nozze. Ci manchi davvero tanto, sai?
Prendo la bottiglia di plastica, verso l’acqua, metà per ognuno dei due vasi,
I fiori freschi, la lapide pulita, la tua immagine sorridente, è tutto a posto.
Azzurra, tra poco tornerà. Voglio prepararle qualcosa di speciale. Faccio la spesa di corsa e subito a casa, prima che lei torni; pasta al pesto, il suo piatto preferito.
— Papà? Sei a casa?
— Si, Sono in cucina, vieni, il pranzo è pronto.
La sento camminare verso la sua stanza e mi sembra di vederla: poggia la borsa sulla sedia, le chiavi sul comodino, un’occhiata allo specchio, un sorriso alla vita e poi, eccola! Mi dà un bacio sulla guancia e illumina la mia esistenza.
— la prova capelli è andata benissimo sai? Clara è davvero brava. Vedrai domani, ti farò svenire. Pasta al pesto! Papà, grazie!
— Siediti, dai. Parliamo un po’ del tuo viaggio. La Grecia! Io e la mamma abbiamo programmato non so quanti viaggi, alcuni fatti e alcuni rimandati, ma la Grecia… Mai andati. Cos’hai perché non mangi?
— Papà, ho paura.
— Paura? Di cosa?
— Il matrimonio, mi spaventa. Continuo a pensare che forse avremmo dovuto convivere per un po’ di tempo. La sorella di Carla si è separata dopo soli sei mesi, ed erano insieme da quattro anni! Ti rendi conto?
— Non pensarci, Luca è un bravo ragazzo, e se lo dico io…
— Si, lo so ma…
— Io e tua madre non ti abbiamo mai raccontato della nostra crisi americana, vero?
— Eh no, quando chiedevo alla mamma del viaggio in America cambiava discorso. Dai, raccontami, parlami di lei.
— La mamma mi perdonerà se ti svelo il suo segreto. Un buon motivo per restare o per tornare insieme si trova sempre, sai?
Io e tua madre ci siamo schivati al liceo, lei mi piaceva già. La guardavo da lontano e lei nemmeno mi vedeva.
Ci ritrovammo all’università: la stessa facoltà, stessi corsi, stesse feste, sai cosa voglio dire. Ci siamo innamorati. Passarono due anni, tutto filava liscio, poi, un professore organizzò un viaggio, scelse quattro studentesse meritevoli e le fece assegnare un premio per studiare sette mesi in America. Le sue amiche tornarono, lei no. Mi lasciò senza darmi nessuna spiegazione.
— La mamma? Oddio, non posso crederci!
— Non giudicarla. Era una ragazza molto libera. Sua madre non abitava qui, lei viveva con suo padre e lui era sempre in viaggio. Io non sapevo a chi chiedere sue notizie e le sue amiche, all’inizio, non volevano dirmi niente. Ma dopo mesi di silenzio, Angela, la sua migliore amica, sbottò. Mi disse che viveva con un altro uomo e che non sarebbe più tornata in Italia. Basta, chiuso, non dovevo pensare più a lei.
Riaffiora l’amarezza, trattengo il respiro.
—Papà tutto bene?
— Si, si, fammi bere un po’ d’acqua. Ero quasi rassegnato, quando arrivò un telegramma: Vieni a prendermi, sono sola e senza soldi, Ti amo.
Non credevo che provasse ancora qualcosa per me… Ma è difficile essere razionali in certe situazioni.
— Si, ti capisco.
— Sono partito e l’ho riportata a casa, il resto puoi immaginarlo. Se non fossi andato, tu non saresti qui. Quel viaggio è stato la nostra felicità, non trovi?
— Perché non ha chiesto aiuto alla nonna?
— A quei tempi non andavano molto d’accordo. Per orgoglio credo. Ho provato a indagare, ma non sono riuscito a scoprire la verità.
— Mi sembra strano, conoscendo la nonna.
— E forse l'ha fatto, ma non andavano molto d'accordo. Devo darti una cosa a cui tua madre teneva molto, prima di quel viaggio.
Mi alzo, prendo dal cassetto un involto e lo poggio sul tavolo. Lei lo guarda incuriosita.
— Era di mamma?
.— Sì, aprilo dai.
La carta ingiallita crepita sotto le sue dita.
— Una bambolina!
— Il suo vestitino é scolorito, ma era azzurro come i tuoi occhi. Lei non la voleva più ma, io l'ho tenuta senza dirglielo. Faceva parte del prima, a quel punto ero io a tenerci.
— L'hai protetta tutto questo tempo, è commovente, Papà. Oh, guarda la testa è quasi staccata, che peccato.
— Fa vedere, ci mettiamo un po’ di colla.
— C’è qualcosa dentro, sembra…
— È un foglietto, sarà un messaggio segreto? Oggi uno scoop dietro l’altro… vado a prendere le mie pinzette?
— No, no. Ecco, ce l’ho fatta. È la sua calligrafia, la riconosco.
Leggiamo insieme con le guance che quasi si toccano:
Non so perché ti sto scrivendo, tanto non troverai mai questo messaggio, ma farò finta che tu sia qui.
Matteo sta venendo a prendermi. Lui non è più niente per me, lo sai, ne abbiamo parlato.
Gli regalerò la tua paternità, e darò a questo bambino un padre degno di questa parola.
Non sacrificherò una vita in nome dell’amore che provo per te, se fosse stato reciproco non mi avresti chiesto di abortire. Matteo mi ama, e io proverò ad amarlo quello che basta per allevare il nostro bambino, insieme a lui.
Azzurra singhiozza, le asciugo le lacrime.
Riesco provare solo gratitudine. Lei è il più bel regalo che la vita possa darmi.
Vieni a prendermi, sono sola e senza un soldo, ti prego, non farmi aspettare, ti amo.
Scopro, dalle righe anonime del telegramma, che sei a Pittsburgh.
Le altre cose di te le ho sapute da Angela. Ho pianto, davanti a lei, come un disperato per sapere.
Duecentotredici giorni, sì, li ho contati uno per uno. Le tue amiche sono tornate e tu no, senza nessuna spiegazione.
Angela ha tenuto il segreto finché ha potuto, poi, quando non hai risposto più nemmeno a lei, è sbottata:
— Ha conosciuto uno, Matteo, non tornerà mai più in Italia. Voleva tornare una settimana dopo di noi, voleva dirtelo di persona, ma …Adesso non risponde più al telefono. Non sai i soldi che ho speso per chiamare in America! ‘Sta stronza, mi ha fatto dire dalla vicina che si sono trasferiti, non mi ha nemmeno telefonato per dirmelo. Lasciala perdere, Matteo, dimenticala.
Il silenzio sulla fine del nostro amore mi ha devastato per altri interminabili giorni e adesso, questo telegramma…
Adesso che stavo per rinunciare, finalmente.
Il risentimento e la voglia di partire mi spaccano il cuore e…e io non so che cosa fare.
Il conducente del taxi si ferma all’indirizzo che gli ho fornito; un posto brutto perfino per passarci di striscio… Scendo e dico di aspettare, non ci vorrà molto. L’odore nauseabondo che viene dal fiume mi fa odiare ancora di più il fatto che io sia qui, nonostante tutto. Sulle scale che portano al tuo portone c’è un enorme donna di colore: mangia qualcosa da un contenitore di carta, si sbrodola addosso una salsa marrone e non alza lo sguardo, quando la supero e allungo una mano per suonare il campanello…Aspetto. Sono impaziente, non vedo l’ora di risalire sull’aereo per tornare a casa.
Mi giro per controllare che il taxi sia ancora lì, mi accorgo che la donna ha un serpente vivo intorno al collo, accoccolato al caldo sotto uno scialle, le tiene la testa sulla spalla,
Lei, si accorge che la sto osservando, mi fa un sorriso scemo, beve da una lattina di coca cola ed esplode in un rutto sonoro, poi senza guardarmi dice.
— Quella non torna mai prima delle dieci di mattina, stai fresco ad aspettare.
Si fa una grassa risata che quasi soffoca ma continua a ridere sguaiata alla sua battuta.
Maledico te, maledico me e la mia stupida voglia di riabbracciarti, sto pensando di andarmene ma tu, per fortuna, apri la porta e mi voli tra braccia. Ti scosti quasi immediatamente.
— Presto!— Scendi i gradini di corsa, poi ti volti. — Presto! Non voglio stare qui un minuto di più.
Sono sconvolto, avrai perso almeno dieci chili, hai i capelli sporchi e spettinati, il viso così spento che stento a riconoscerti, tu, che non uscivi mai se non eri perfettamente truccata e vestita.
— Non hai bagagli? Almeno il cappotto. Fa freddo!
— Certo, sulla poltrona, per favore vai tu, la porta è aperta, ti aspetto in taxi.
Entro, la puzza di cibo andato a male m’investe, trattengo un conato e mi metto la sciarpa su naso e bocca.
L’appartamento è tutto lì: un angolo cottura un bagno e un letto. Prendo il cappotto e mi giro a guardare le lenzuola che l’hanno avvolta insieme a un altro uomo. Chiudo gli occhi per la rabbia, darei fuoco a tutto. Quando li riapro distolgo lo sguardo dal letto; sul comodino c’è un libro e la sua bambolina portafortuna, prendo anche lei, la metto in tasca ed esco di corsa.
— Ci riporti all’aeroporto, dico ad alta voce, salgo sull’auto. Lei, accovacciata sul sedile, mi sorride. Le passo il cappotto.
— Mettilo o ti ammalerai. L’auto parte, qualcuno ci taglia la strada, il tassista tira giù qualche santo delle sue parti.
— Perdonami, ha la voce bassa e un’aria dimessa che non le riconosco. Cambio discorso, non posso affrontarlo ora.
— Sul comodino c’era il tuo portafortuna, l’ho…
— Non importa, hai fatto bene a lasciarla lì. Ora sei tu il mio talismano. Allunga il collo e mi schiocca un bacio sulla guancia. Potrei perdonarla ora, potrei dirle che l’amo ancora, sono tentato ma voglio vederci chiaro. Perché non ha chiamato sua madre? Sarebbe stato più logico. Ora non voglio pensarci però…Distolgo a fatica lo sguardo dalle sue labbra.
— Mi dispiace, perdonami ti prego.
—Per favore, è già abbastanza difficile per me, sono qui perché mi hai chiesto aiuto, per riportarti a casa, non chiedermi altro adesso.
Non ha più detto una parola fino all’albergo. Ho svuotato il conto in banca per lei e fa pure l’offesa. Sembrava perfino stupita che avessi prenotato due stanze. È finita davvero, non sarà mai più quella che conoscevo. Aveva ragione Angela.
È buio, parcheggio al solito posto, sotto casa sua. Per un attimo sembra che il tempo sia tornato indietro, che non sia successo nulla, sembra tutto come prima. Scendiamo, l’accompagno alla porta come facevamo una volta. La osservo, cammina a testa bassa poco davanti a me, sento che non potrò vivere senza di lei, la mia fermezza si sta sbriciolando ma, lei si ferma sul portone, si gira mi guarda con gli occhi umidi.
— Non andrò mai più via, te lo prometto.
— Sono stanco ora, ti auguro una buona notte.
— Buonanotte Matteo, a domani, vero?
— A domani.
Ventisesi anni dopo:
Te ne sei andata troppo presto. Domani nostra figlia si sposa e tu non ci sarai. Non è giusto, ogni madre dovrebbe posare gli occhi su sua figlia vestita di bianco il giorno delle sue nozze. Ci manchi davvero tanto, sai?
Prendo la bottiglia di plastica, verso l’acqua, metà per ognuno dei due vasi,
I fiori freschi, la lapide pulita, la tua immagine sorridente, è tutto a posto.
Azzurra, tra poco tornerà. Voglio prepararle qualcosa di speciale. Faccio la spesa di corsa e subito a casa, prima che lei torni; pasta al pesto, il suo piatto preferito.
— Papà? Sei a casa?
— Si, Sono in cucina, vieni, il pranzo è pronto.
La sento camminare verso la sua stanza e mi sembra di vederla: poggia la borsa sulla sedia, le chiavi sul comodino, un’occhiata allo specchio, un sorriso alla vita e poi, eccola! Mi dà un bacio sulla guancia e illumina la mia esistenza.
— la prova capelli è andata benissimo sai? Clara è davvero brava. Vedrai domani, ti farò svenire. Pasta al pesto! Papà, grazie!
— Siediti, dai. Parliamo un po’ del tuo viaggio. La Grecia! Io e la mamma abbiamo programmato non so quanti viaggi, alcuni fatti e alcuni rimandati, ma la Grecia… Mai andati. Cos’hai perché non mangi?
— Papà, ho paura.
— Paura? Di cosa?
— Il matrimonio, mi spaventa. Continuo a pensare che forse avremmo dovuto convivere per un po’ di tempo. La sorella di Carla si è separata dopo soli sei mesi, ed erano insieme da quattro anni! Ti rendi conto?
— Non pensarci, Luca è un bravo ragazzo, e se lo dico io…
— Si, lo so ma…
— Io e tua madre non ti abbiamo mai raccontato della nostra crisi americana, vero?
— Eh no, quando chiedevo alla mamma del viaggio in America cambiava discorso. Dai, raccontami, parlami di lei.
— La mamma mi perdonerà se ti svelo il suo segreto. Un buon motivo per restare o per tornare insieme si trova sempre, sai?
Io e tua madre ci siamo schivati al liceo, lei mi piaceva già. La guardavo da lontano e lei nemmeno mi vedeva.
Ci ritrovammo all’università: la stessa facoltà, stessi corsi, stesse feste, sai cosa voglio dire. Ci siamo innamorati. Passarono due anni, tutto filava liscio, poi, un professore organizzò un viaggio, scelse quattro studentesse meritevoli e le fece assegnare un premio per studiare sette mesi in America. Le sue amiche tornarono, lei no. Mi lasciò senza darmi nessuna spiegazione.
— La mamma? Oddio, non posso crederci!
— Non giudicarla. Era una ragazza molto libera. Sua madre non abitava qui, lei viveva con suo padre e lui era sempre in viaggio. Io non sapevo a chi chiedere sue notizie e le sue amiche, all’inizio, non volevano dirmi niente. Ma dopo mesi di silenzio, Angela, la sua migliore amica, sbottò. Mi disse che viveva con un altro uomo e che non sarebbe più tornata in Italia. Basta, chiuso, non dovevo pensare più a lei.
Riaffiora l’amarezza, trattengo il respiro.
—Papà tutto bene?
— Si, si, fammi bere un po’ d’acqua. Ero quasi rassegnato, quando arrivò un telegramma: Vieni a prendermi, sono sola e senza soldi, Ti amo.
Non credevo che provasse ancora qualcosa per me… Ma è difficile essere razionali in certe situazioni.
— Si, ti capisco.
— Sono partito e l’ho riportata a casa, il resto puoi immaginarlo. Se non fossi andato, tu non saresti qui. Quel viaggio è stato la nostra felicità, non trovi?
— Perché non ha chiesto aiuto alla nonna?
— A quei tempi non andavano molto d’accordo. Per orgoglio credo. Ho provato a indagare, ma non sono riuscito a scoprire la verità.
— Mi sembra strano, conoscendo la nonna.
— E forse l'ha fatto, ma non andavano molto d'accordo. Devo darti una cosa a cui tua madre teneva molto, prima di quel viaggio.
Mi alzo, prendo dal cassetto un involto e lo poggio sul tavolo. Lei lo guarda incuriosita.
— Era di mamma?
.— Sì, aprilo dai.
La carta ingiallita crepita sotto le sue dita.
— Una bambolina!
— Il suo vestitino é scolorito, ma era azzurro come i tuoi occhi. Lei non la voleva più ma, io l'ho tenuta senza dirglielo. Faceva parte del prima, a quel punto ero io a tenerci.
— L'hai protetta tutto questo tempo, è commovente, Papà. Oh, guarda la testa è quasi staccata, che peccato.
— Fa vedere, ci mettiamo un po’ di colla.
— C’è qualcosa dentro, sembra…
— È un foglietto, sarà un messaggio segreto? Oggi uno scoop dietro l’altro… vado a prendere le mie pinzette?
— No, no. Ecco, ce l’ho fatta. È la sua calligrafia, la riconosco.
Leggiamo insieme con le guance che quasi si toccano:
Non so perché ti sto scrivendo, tanto non troverai mai questo messaggio, ma farò finta che tu sia qui.
Matteo sta venendo a prendermi. Lui non è più niente per me, lo sai, ne abbiamo parlato.
Gli regalerò la tua paternità, e darò a questo bambino un padre degno di questa parola.
Non sacrificherò una vita in nome dell’amore che provo per te, se fosse stato reciproco non mi avresti chiesto di abortire. Matteo mi ama, e io proverò ad amarlo quello che basta per allevare il nostro bambino, insieme a lui.
Azzurra singhiozza, le asciugo le lacrime.
Riesco provare solo gratitudine. Lei è il più bel regalo che la vita possa darmi.