Gli Dei di Abydos

1
I due uomini raggiunsero il desktop; nel monitor il volto di una giovane donna era immortalato in un fermo immagine.
«È questo il video che devo vedere?» chiese il più anziano dei due sedendosi.
«Sissignore».
Quello rimasto in piedi toccò un punto nello schermo e l’immagine si animò.
«Mi chiamo Diane Ross, sono un’archeologa e quando vedrete questo video sarò morta. Non perdete tempo a dolervi di ciò, come ho detto sarebbe inutile, ascoltate invece la mia storia perché merita di essere raccontata».

Abydos day 1 La città
Il fiore alieno sembrò fremere. Diane avvicinò la mano e i petali dai cromatismi accesi si schiusero voluttuosi. Lei li sfiorò e la pianta espose gli stami e un pistillo cavo.
«Mi creda, non è una buona idea, dottoressa».
Diane interruppe a metà il gesto e guardò il capitano Blake. Lui le sorrise poi, con un movimento improvviso, lanciò verso la pianta un grasso bruco verde e bianco. Fulmineo, un aculeo scattò dal pistillo infilzando al volo la larva.
«E’ una pianta carnivora: la superficie dei petali è sensibile al calore. Sono i suoi occhi. E quando la vittima è a portata...»
Diane ritirò la mano contraendo il pugno.
«Ci rimettiamo in marcia?» la invitò il militare.
Tornarono sul rover elettrico e si avviarono fuori dal folto della foresta.
«Mi parli dell’insediamento, capitano».
«Un’autentica città, a giudicare dall'estensione dell’area edificata».
La pista sparì nelle acque basse di un corso d’acqua. Il rover vi si tuffò, agitando il liquido dai riflessi sanguigni.
«In che stato di conservazione è?»
«Non buona. Costruzioni sventrate, cumuli di materiale franato…» Blake face una pausa. «Certo, alcune strutture sono ancora in piedi, la sala con le colonne, ad esempio, ma per il resto è una distesa di macerie. Inoltre, quando l’abbiamo scoperta, la città, era invasa dalla vegetazione. È invecchiata male, questa signora, non come certe donne che conosco!» Rise.
Diane batté le palpebre senza commentare. «Cosa può averla ridotta così? Forse un terremoto?»
L'altro fece spallucce. «Può darsi, ma ci sono anche vistose tracce d’incendio: in alcuni tratti la cinta muraria è annerita».
«Iscrizioni?»
«Quante un’archeologa ne può desiderare!»
Due ore dopo, al crepuscolo, il veicolo iniziò ad inerpicarsi verso la cima di un’altura. In cielo, le tre lune di Abydos erano uno spettacolo suggestivo e inquietante ad un tempo: gigantesche, occupavano la gran parte della volta celeste inondando del loro chiarore il panorama.
Il campo base, quattro capienti strutture in nylon rinforzato, ingabbiate in tralicci di alluminio, si materializzò nell'alone azzurrino dei neon. Blake arrestò il rover in uno spiazzo a nord dell’insediamento e indicò la valle ai piedi del pianoro: la città aliena si stendeva in una successione di ruderi in parte mimetizzati dal groviglio di rampicanti.

Day 2 La sala ipostila
Diane lavò la ciotola nella quale aveva consumato i suoi cereali e la impilò insieme con le altre.
Quella mattina, a colazione, aveva fatto la conoscenza di alcuni compagni d’avventura: Karl, l’astronomo della spedizione, Pete il geologo, Vittoria il medico. Le avevano detto che la squadra constava anche di un antropologo, due biologi, oltre a scienziati della NASA e dell’ESA.
Faceva caldo. Lanciò un’occhiata al terminale da polso: indicava 36 gradi ed erano ancora le 8,30. Schermò la vista con un braccio e guardò l’orizzonte. Phaeton, il sole di Abydos, era persino più spaventoso delle sue lune: il disco dorato era talmente vicino e grande da non potere essere osservato nella sua interezza.
Al corso d’addestramento l’avevano avvisata. Tempo cinque mesi e il pianeta sarebbe stato al perielio; le temperature sarebbero state insopportabili, con punte di settanta gradi centigradi. Per questo, ben prima che si arrivasse a tanto, il personale sarebbe stato trasferito all'astroporto dove le strutture erano climatizzate.
«Buongiorno, dormito bene?»
«Proprio lei cercavo, capitano. Mi hanno detto che per andare alle rovine devo ottenere un’autorizzazione».
«Solo una formalità dottoressa». Blake srotolò il suo flextab e digitò alcune icone. «Intanto, integro i dati del suo terminale con il clearance pass. Poi, quando avrà un momento, compili e mi ritrasmetta i documenti che le ho mandato alla mail personale, d’accordo?»
«D’accordo. Posso andare?»
«A piedi?» l’ufficiale sorrise «Venga, le do un passaggio. A proposito, io mi chiamo Ron».

La luce filtrava di taglio dalla selva di colonne altissime. I fusti imponenti erano dipinti di un rosso cupo, i capitelli e le protomi alla sommità, di un blu brillante. In alto, le travi erano così lontane da apparire appena visibili. Sulla parete in fondo, la cui metà orientale era crollata, i raggi del sole facevano rifulgere un medaglione d'oro intarsiato d’azzurro. Figure policrome animavano il fascione che correva subito sotto e, più in basso, quattro geometrici cartigli racchiudevano dei glifi brillanti di pasta vitrea.
«Dalle misure effettuate, la sala ipostila misura venticinque metri di lunghezza. Quanto alla larghezza, la metà ancora misurabile è di sette metri; ne deduciamo che il salone avesse, in origine, una larghezza non inferiore ai quattordici metri. Frontalmente rispetto all'ingresso, al vertice del punto di fuga che la teoria di colonne contribuisce a creare, si trova un altorilievo con un grande disco dorato che sovrasta tre piccole sfere blu atteggiate a vertici di un triangolo. Sembra facile concludere che possano rappresentare il sole e le lune di Abydos, il giorno e la notte. È probabile che la costruzione abbia avuto finalità di culto. Il tempio, lo chiamerò così, d’ora in avanti, riporta alla memoria complessi terrestri come Karnak e Luxor o l'Apadana di Persepoli. La civiltà che lo ha realizzato pare condividere, con quelle terrestri, simili capacità tecniche e cognizioni scientifiche».
Diane interruppe la registrazione, fece alcuni passi indietro e scattò delle foto col terminale da polso.
«Sa capitano, sono sorpresa; il Governo ha organizzato proprio una spedizione in grande stile: scienziati, medici, persino un'archeologa».
Blake rise.
«Ho detto qualcosa di stupido?»
«No affatto, è, solo che il Governo non c'entra nulla! È una Corporation che paga tutto, anche i reparti dell'Esercito impiegati per la sicurezza, la EnerFire!»
Diane restò interdetta a guardare l’ufficiale.
«È per il metano!» spiegò lui «il sottosuolo del pianeta ne è pieno e quegli squali hanno fiutato l'affare. Tutto qui. Adesso però ce ne dobbiamo andare altrimenti gli altri squali, quelli al campo base, non ci lasceranno niente per pranzo. Lei non ha fame?».
La scienziata si toccò lo stomaco: si ne aveva.
«Ma poi torniamo?»
L'ufficiale raccolse da terra il portatile della donna.
«Ma certo!»

Day 3 Il pianeta quadruplo
«Buongiorno Diane!»
Un burroso gigante di almeno cento chili di stazza sedette allo stesso tavolo dell’archeologa.
«Salve Karl».
«Di già al lavoro?»
«Questione di sopravvivenza: da una certa ora fa troppo caldo sotto questi tendoni!»
Karl sorrise. Il suo faccione, contornato da una barbetta rossa, al pari dei pochi capelli, suscitava simpatia. «Hai ragione. Come procedi?»
«Abbastanza bene, direi: credo di avere decifrato circa il 10% della decorazione del tempio. Questi nuovi programmi riescono a trovare corrispondenze incredibili» disse la giovane indicando il display del suo computer.
«Ah, vedo che Paolo ha imposto anche a te gli esami dell’urina!» l’uomo puntò col mento la scatolina bianca che Diane aveva abbandonato sul piano del tavolo vicino a sé.
«Lascia perdere: voleva anche tirarmi il sangue! Gli ho premesso che mi sottoporrò alle sue sevizie quando saremo all'astroporto. Non prima. Per ora, mi sento così… strana. Tutta colpa di questa gravità. C’entrano le lune vero?»
Karl annuì vigorosamente.
«Aspetta, ti faccio vedere» aprì il suo portatile e le mostrò un’animazione. «Le tre lune orbitano attorno ad Abydos con velocità differenti: quella più vicina al pianeta è la più rapida, le altre due, più distanti, sono via via più lente».
Attese che la sua interlocutrice ne avesse memorizzato il movimento poi proseguì. «Le loro posizioni reciproche sono casuali, come vedi, ma una volta al mese...»
«Si allineano» suggerì Diane.
«Esatto! E la loro forza di attrazione si somma. Ora rifletti, se l'interazione gravitazionale di una sola luna sulla Terra causa le maree, immagina cosa possono fare tre lune insieme. In effetti, Abydos e i suoi satelliti formano un pianeta quadruplo: è un caso astronomico straordinario, mai osservato prima!» Ghignò. «Hai provato a pesarti?»
«No, perché?»
«Oh, tu fai la superiore perché sei leggera come una piuma ma io ci godo a guardare l’ago della bilancia in questi giorni: senza fare sport faticosi o sacrifici a tavola sono passato da 120 chili a 94!» Rise rumorosamente.
Anche Diane fu contagiata dallo scoppio d’ilarità del collega, poi, d’un tratto, tornò seria.
«Senti un po’ Karl, ho sentito dire che il pianeta è pieno di metano…»
L'altro annuì.
«Stavo pensando… non sembra ovvio pure a te che il gas, possa avere avuto un ruolo nel cataclisma che ha spazzato via la civiltà abidosiana?»
«A cosa pensi?»
«Ho visto i segni dell’incendio nella città, inoltre Pete mi ha detto che il suolo pare fuso, vetrificato…»
«E allora?»
«Un incendio colossale, l’esplosione a catena dei giacimenti…»
«Suona sensato. Ma come li fai accendere questi giacimenti?»
Diane si accarezzò la fronte. «Le tue maree gravitazionali potrebbero entrarci?»
«Buon Dio, no!» Karl aveva sgranato gli occhi «Almeno, lo spero, dato che siamo proprio nel bel mezzo di una di queste» sorrise.
«Cavolo, non ci avevo pensato!»
«No, tranquilla: l’energia sviluppata non è sufficiente a creare le condizioni di pressione necessarie per la tua catastrofe».
«Meglio così!» la giovane prese la scatolina e si alzò «Vado a portarla in laboratorio».


Day 16 Gli dei di Abydos
Il richiamo gracchiante di uno pterodattilo risuonò nel cielo terso.
Diane fissò l’orizzonte, nuvole spumose sembravano batuffoli imbevuti di sangue sospesi nell'arancio del tramonto. Un refolo di vento le scarmigliò i capelli biondi.
A quell'ora della sera non si stava tanto male e anche lo spettacolo delle ipertrofiche sfere celesti cominciava ad esserle familiare.
Sul portatile, il programma-interprete continuava a girare. Ormai erano due settimane che lavorava sulla decorazione del tempio. Alcuni degli ideogrammi erano evidenziati in giallo, più in basso l’applicativo riportava la traduzione suggerita. Diane lesse.
“Gli dei superni…”, il simbolo era il medaglione centrale con il disco dorato e le sfere blu, “ci guardano”. Sul geroglifico che rappresentava numerose figure umane stilizzate erano disponibili più interpretazioni “guardano la terra” o ancora “guardano gli uomini”.
Ritenne che il più neutro “ci guardano” fosse preferibile.
Accanto alle figure umane stilizzate, fiori e spighe erano stati tradotti con “ricchezza”, “fecondità” oppure “benedizione”.
“Gli Dei superni ci guardano e ci benedicono”. Seguivano alcuni glifi privi di traduzione. Poi “Prostriamoci davanti a loro e adoriamoli”. Ancora numerosi vuoti.
I cartigli, invece, erano tradotti quasi integralmente. “Sarà fatto un ponte con loro e i Signori verranno nel giorno della Gloria”, nuovamente fiori e spighe e tre mattonelle con due righe orizzontali. Il programma diceva: “la ricchezza sarà per sempre!”
Diane corresse con "in eterno sarà abbondanza". Raccolse le mani dietro la nuca e si stirò. Da quanto era seduta su quella sedia? Guardò il terminale al suo polso: erano le 20:44, chissà cosa facevano gli altri.

Day 25 Le Maree sizigiali.
«Quei reperti metteteli lì!»
Uno degli operai spinse via la carriola verso una grossa cesta adagiata alla parete del tempio.
«Implacabile stacanovista!»
Diane sorrise a sentire quella voce. Si voltò. Blake dava le spalle all'ingresso. Gli andò incontro e lo baciò.
«Avete rimosso un bel po’ di cocci, vedo»
Lei annuì convinta. «Cercavamo altre decorazioni alle pareti ma abbiamo trovato di meglio!»
Si sciolse dall'abbraccio e mostrò una tavoletta all'uomo.
«Cos'è?»
«Un ex-voto. Ci dicono un sacco di cose sulla religione e sulla società di Abydos».
L’altro fece una smorfia. Poi tornato serio «E quello?»
Uno dei lavoranti li guardava tenendo in mano una specie di pala affrescata.
Diane lo raggiunse. «Dove l'avete trovato?»
«Era sotto al cumulo; ce ne sono degli altri simili».
Blake le si fece accanto. «Sembra diverso dalla tavoletta che mi hai mostrato prima. Questa è colorata; cos'è, pasta vitrea? Guarda, è la stessa decorazione della parete!»
Figure stilizzate di uomini sembravano sdraiate sotto ed intorno al disco dorato; altre figurine avevano le braccia levate. Un simbolo simile alle onde del mare, circoscriveva la rappresentazione ai due lati.
«Tienila un attimo!»
Diane passò la tavola a Blake, ne scattò una foto e la trasferì al portatile. Il traduttore si mise subito al lavoro.
"Gli Dei tra noi..." seguivano tre possibili decifrazioni "sofferenza", "pestilenza" e "morte".
«Gli dei sono tra noi; ci uccidono. Noi li preghiamo perché ci risparmino» tradusse l'archeologa.
«E queste onde?»
«Non lo so! Forse... Oh mio Dio!»
«Cosa?» l'incalzò Blake.
La donna indicò il disco dorato con le tre sfere allineate in verticale al suo interno. «Questo simbolo... Torniamo al campo base devo parlare con Karl!»

L'insediamento era immerso nel silenzio. Solo le bandiere garrivano al vento.
«Saranno dentro» azzardò Blake «I rover sono al loro posto».
Li trovarono tutti nella “sala da pranzo”, ammutoliti.
«Credo di avere capito cos'è successo qui» annunciò Diane quasi sussurrando, quell'atmosfera strana le metteva inquietudine, mentre sedeva davanti all'astronomo.
«Karl, cosa succederebbe se l’allineamento delle lune avvenisse durante il perielio e mettesse sulla stessa congiungente anche il sole di Abydos?»
L’uomo annuì e la gratificò di un sorriso triste.
«Dillo anche a loro Karl». La voce di Vittoria era quasi irriconoscibile.
L’uomo si stropicciò gli occhi.
«Si chiamano maree sizigiali e, come hai capito da sola, in quei periodi gli effetti mareali sono i più intensi».
«Tanto da innescare il cataclisma?» lo incalzò Diane.
Lo scienziato annuì. «Colpa del leggero sfalsamento dell'orbita di Abydos dovuto all'allineamento delle tre lune. Di solito, ciò non produce alcun effetto, ma quando il pianeta è al perielio questo scostamento produce l’effetto di avvicinarlo ancora di più a Pheton».
«Sarà fatto un ponte con loro e i Signori verranno nel giorno della Gloria… Gli astronomi abydosiani avevano previsto il fenomeno!» si accese Diane «Ma non è sopraggiunta l’età dell’oro che si aspettavano» aggiunse poi con tristezza.
«No, i loro Dei li hanno distrutti!» Karl cominciò a singhiozzare «Le forze di attrazione hanno sollevato il suolo, deformando la circonferenza del pianeta. La pressione e la temperatura hanno fuso la roccia: la crosta è diventata un mare di magma resa ancor più incandescente dai geyser di metano infiammato... È successo 50.000 anni fa: ho fatto degli studi dopo il nostro incontro, sai?»
«Karl, perché piangi?»
«Perché adesso toccherà a noi!» dopo avere detto così, Pete abbandonò la sala sbattendo la porta.
«Che vuol dire?» chiese Blake.
«Fra quattro mesi…» lo scienziato non riuscì ad aggiungere altro.
«Dobbiamo fuggire» Diane era come tramortita. Tirò per la manica il suo uomo «Devi chiamare il comando missione e dire loro di venirci a prendere».
«L'avamposto umano più vicino si trova a tre anni luce» Blake scosse il capo, gli occhi fissi nel vuoto «nessuno potrà salvarci!»


«Adesso sapete tutto. Vi ho trasmesso i dati raccolti in quattro mesi di ricerche. Sono preziosissimi perché nessun altro potrà rifare queste osservazioni: la catastrofe che si abbatterà sul pianeta cancellerà le ultime tracce degli abidosiani. Non lasciate che il loro ricordo sia perso per sempre perché se lo farete il sacrificio mio, di Ron Blake, di Karl, di Pete, di Vittoria e di tutti gli altri sarà stato vano».
La donna bionda e dallo sguardo triste guardò in camera un'ultima volta, poi il contatto si spense.
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