[Lab 7] Un dono regale
Posted: Sun Mar 19, 2023 4:08 pm
È ancora notte, Giulio, nel suo studio, si lascia avvolgere dalle note umanizzate del sax di Coltrane. È soprappensiero quando il display dello smartphone s’illumina: appare il nome di Duccio Neri, avvocato.
«Ma certo, dottore, che mi ricordo di lei. No, no. Non sono più in servizio» posa lo sguardo sulla foto del nipotino.
«Ho urgente bisogno di vederla.»
La richiesta è inattesa come la neve a ferragosto.
«Le ho detto che sono fuori dal giro…»
«Lo consideri uno scambio di favori» risponde l’uomo senza fargli terminare la frase.
L’autostrada, prima dell’alba, è un nastro scuro proteso verso l’ignoto. Giulio spinge a fondo l’acceleratore.
Firenze lo accoglie col profumo di caffè e di paste appena sfornate.
Raggiunge palazzo Neri alle otto in punto. Preme l’unico pulsante sulla bottoniera lucidata a specchio. La serratura del grande portone ligneo fa uno scatto. All’ingresso, una scala in pietra serena conduce al piano nobile. Solleva lo sguardo verso la piccola finestra dell’anticamera: dal cielo coperto filtrano timidi raggi che illuminano la parete affrescata.
Il ronzio di una sedia a rotelle precede il click dell’apriporta.
I due uomini si scambiano una calorosa stretta di mano.
«È splendido, qui.»
«Un tempo era la chiesa di famiglia. Pensi che l’ho scoperto solo di recente; eppure il palazzo appartiene alla mia casata da secoli» dice l’avvocato «ma vengo subito al motivo del nostro incontro.» L’uomo apre un cassetto della scrivania, estrae un foglio ingiallito e glielo porge.
Giulio scorre il testo in silenzio. È costretto a tornare indietro più volte: il documento è parecchio danneggiato.
“Mi accoglierà l’Eterno nella schiera dei santi? Oppure le mani mie lorde di sangue arderanno tra le fiamme? Lo confesso. Per codardia non distrussi il regale dono. Lo celai agli occhi del mondo… quattro paladini, sí che la Chiesa non corresse periglio alcuno. Donato Neri A.D. 1600.”
«Dove l’ha trovato?»
L’avvocato indica un’antica Bibbia nella libreria. «Fra quelle pagine, a metà del libro.»
Giulio preleva il prezioso volume.
Lo colpisce una frase sottolineata nel libro di Giosuè: “Fermati, sole, su Gàbaon, e tu, luna, sulla valle di Àialon”.
«Un’eclisse… » pensa a voce alta.
«Vede, da quando ho trovato questa lettera, non riesco a pensare ad altro. Chi è stato ucciso? Cosa è stato nascosto? È come avere uno scheletro nell’armadio, ma sono certo che lei può aiutarmi.»
«Perché proprio io?»
«Perché lei è un uomo colto, arguto, e…» prosegue sottovoce «mi deve un favore» risponde l’avvocato.
Anni prima, l’indagine fiorentina gli aveva tolto il sonno per parecchio tempo. L’esito brillante di quell’operazione, risolta grazie all’aiuto dell’avvocato Duccio Neri, aveva fatto decollare la sua carriera nell’Arma.
Giulio sospira.
«Chi era Donato Neri?»
«Un mio antenato, uomo di chiesa. In famiglia si tramanda la leggenda che abbia speso parecchio pur di assistere di persona al rogo di Giordano Bruno. Questo è tutto.»
«Non è molto.»
«Mi fido di lei.»
Una volta rimasto solo, l’avvocato fa una telefonata.
«È uscito adesso. Sì, ha accettato.»
La città rinascimentale è magnifica anche sotto la pioggia primaverile. Assorto nei propri pensieri, Giulio non si accorge dell’uomo che lo segue con discrezione.
Inizia la ricerca alla biblioteca delle Oblate nella sezione storica.
A giudicare dalla quantità d’informazioni disponibili, a Firenze l’evento più importante del 1600 secolo fu il matrimonio per procura tra Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia celebrato il 5 ottobre.
Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono… le parole della lettera gli ronzano in testa. Forse era un dono di nozze,
Scorre l’elenco: gioielli, soprammobili, statuette, perfino un corsiero napoletano.
Nel girare le pagine, lo colpisce la didascalia sotto alla riproduzione di un dipinto: “Ritratto del giovane Damiano Adimari, inventore († 4 ottobre 1600)”.
Morto il giorno prima del matrimonio reale... Guarda l’orologio.
Si affretta a uscire.
L’uomo seduto nel banco dietro di lui chiude il volume, si alza e continua a seguirlo in strada.
Palazzo Bastogi, sede dell’archivio storico della città di Firenze, si trova giusto nelle vicinanze.
La signorina della biglietteria blocca Giulio all’ingresso: «Ha prenotato?»
Sul badge spicca il nome “Daniela Adimari”.
Giulio gioca l’asso: «Se le dicessi che sto facendo una ricerca araldica proprio sulla sua famiglia? Sia gentile, la prego. Mi faccia entrare.»
«Mi spiace, ma non posso» risponde quella con un mezzo sorriso.
Sta per desistere, quando il suo inseguitore esce dall’ombra e mostra alla ragazza un tesserino: «Per oggi può fare un’eccezione» le dice con tono autorevole. Nell’asola sul bavero della sua giacca riluce una spilla d’oro.
All’uscita, l’ex militare ha in testa un mormorio di nomi, date, e informazioni ma un nuovo tassello si è aggiunto: Damiano Adimari, nobile vicino alla casata Medici, fu ucciso in un vicolo nei pressi del Palazzo della Signoria.
La ricerca prosegue nelle vicinanze. San Cristoforo degli Adimari, oggi, è un’autorimessa per le ambulanze della Misericordia.
«La chiesa è stata sconsacrata alla fine del ’700» risponde uno dei volontari «un tempo era la cappella della famiglia, ma, come vede, non è rimasto molto.»
Gli stemmi della potente casata fiorentina non sono che cicatrici levigate dai secoli e dalle intemperie sulla facciata dell’antico edificio di culto.
Forse potrei tentare all’archivio arcivescovile…
Un sacerdote lo conduce in una stanza asettica e gli fornisce un paio di guanti. Sul tavolino c’è l’annuario richiesto.
I fogli, fragilissimi, sono vergati con una calligrafia ordinata, ma la lingua antica è ostica da decifrare. Giulio si stropiccia gli occhi.
Il sacerdote controlla ogni sua mossa.
«Ha bisogno di aiuto?»
«In effetti, sì... Cerco notizie sulle esequie di un certo Damiano Adimari, un giovane nobile deceduto il giorno prima delle nozze di Maria de’ Medici.»
Il prete s’accarezza la barba e sfoglia con lentezza le pagine.
«Guardi qui, il 20 ottobre 1600… il funerale fu officiato da frate Cosma, domenicano.
Giulio si sofferma sui simboli accanto al nome: una croce, un ramo d’olivo e una spada racchiusi in un ovale.
«Cosa significano?» chiede indicandoli.
«Forse era un membro dell’Inquisizione» risponde il religioso.
«Come posso risalire al suo vero nome?»
Il prete aggrotta le sopracciglia. «Per questo dovrebbe accedere agli archivi vaticani.»
«Capisco… grazie.»
E se Donato Neri fosse stato un inquisitore?
Giulio si avvia a tornare dall’avvocato con poche idee confuse.
L’anticamera gli sembra meno affascinante. L’ambiente è umido, la sedia emette una specie di lamento lugubre a ogni suo minimo movimento.
«Allora, cosa ha scoperto?»
«Ho più domande che risposte.»
«È riuscito almeno a farsi un’idea?»
«Solo speculazioni. Un certo Damiano Adimari, inventore, sembra sia stato assassinato e derubato il giorno prima delle nozze di Maria de’ Medici.»
«Interessante… nella lettera il mio antenato dice di aver agito in difesa della Chiesa. E se avesse ucciso l’Adimari perché aveva inventato qualcosa di “pericoloso”?»
«La Santa Inquisizione poteva condannare a morte chiunque per eresia. Non c’era bisogno di sporcarsi le mani.»
«E il dono regale?»
«Potrebbe essere stato un regalo per le nozze di Maria De’ Medici.»
«Dove sarà stato nascosto?»
Giulio allarga le braccia.
«Mi spiace, non ho elementi e ora si è fatto tardi.»
Apre la porta per uscire. Solleva lo sguardo verso la finestra dell’anticamera. Al tramonto i raggi proiettano una luce dorata che illumina il globo terracqueo dipinto sulla parete. Il pianeta è sostenuto ai quattro lati da arcangeli immersi nell’azzurro lapislazzuli del cielo.
Quattro paladini… La suggestione è irresistibile.
Le loro dita affusolate puntano dritto verso il centro della Terra, proprio dove s’intravede un minuscolo foro.
Giulio è assorto quando il rumore della sedia a rotelle alle sue spalle lo sorprende. L’avvocato stringe tra le mani una piccola chiave.
«Forse le serve questa» dice porgendogliela «era insieme alla lettera del mio antenato.»
«Perché non me l’ha detto subito? Credevo si fidasse di me.»
La chiave entra alla perfezione nel foro. Tre giri fanno scattare l’antica serratura. All’interno di un vano profondo c’è un astuccio contenente una pergamena e un tubo in cuoio con delle lenti alle due estremità.
«Posso?» Ottenuto il tacito assenso, srotola piano il documento costellato qua e là da infiorescenze di muffa e macchie scure.
Sulla parte superiore del foglio c’è una serie di disegni. Una stella racchiusa in un cerchio e quattro stelline che sembrano ruotarle intorno.
«Giove e i quattro satelliti… incredibile!»
“Mia Regina, vi reco in dono un istrumento che mostra il cielo in tutta sua bellezza e movimento. Damiano Adimari A.D. 1600.”
«Il dono regale… un cannocchiale! Adimari l’aveva costruito nove anni prima di Galileo. Si rende conto della portata di tutto ciò, dottore? Si dovranno riscrivere i libri di storia!»
In quel momento, un uomo sembra materializzarsi davanti a loro. Un raggio di luce fa risplendere il triangolo d’oro spillato sul bavero.
L’avvocato Neri si volta verso di lui e, senza dire una parola, gli consegna l’astuccio col prezioso contenuto.
«Il suo posto è nel museo di Galileo» dice il nuovo entrato.
Gli occhi di Giulio saettano dall’uno all’altro uomo.
«Avvocato, lei sapeva…»
«Chi vorrebbe mai vedere infangato il nome dello scienziato toscano più famoso al mondo?» prosegue, glaciale, l’uomo prima di chiudere il reperto in una valigetta e uscire di scena.
«Dottore, lei ha un dovere morale nei confronti della Storia. Ha ancora le lettere. Può fare la cosa giusta!»
«Quali lettere?» Con un gesto fulmineo, Duccio Neri estrae un accendino dalla tasca della giacca. Gli antichi documenti sfrigolano nel piccolo incendio divampato tra le sue dita.
L’ex carabiniere si avventa sulle carte divorate dalle fiamme, ma, di loro, non resta che un mucchietto di cenere.
«Dimentichi tutto, è un consiglio.»
Giulio cancella il numero dell’avvocato dallo smartphone ed esce senza voltarsi indietro.
«Ma certo, dottore, che mi ricordo di lei. No, no. Non sono più in servizio» posa lo sguardo sulla foto del nipotino.
«Ho urgente bisogno di vederla.»
La richiesta è inattesa come la neve a ferragosto.
«Le ho detto che sono fuori dal giro…»
«Lo consideri uno scambio di favori» risponde l’uomo senza fargli terminare la frase.
L’autostrada, prima dell’alba, è un nastro scuro proteso verso l’ignoto. Giulio spinge a fondo l’acceleratore.
Firenze lo accoglie col profumo di caffè e di paste appena sfornate.
Raggiunge palazzo Neri alle otto in punto. Preme l’unico pulsante sulla bottoniera lucidata a specchio. La serratura del grande portone ligneo fa uno scatto. All’ingresso, una scala in pietra serena conduce al piano nobile. Solleva lo sguardo verso la piccola finestra dell’anticamera: dal cielo coperto filtrano timidi raggi che illuminano la parete affrescata.
Il ronzio di una sedia a rotelle precede il click dell’apriporta.
I due uomini si scambiano una calorosa stretta di mano.
«È splendido, qui.»
«Un tempo era la chiesa di famiglia. Pensi che l’ho scoperto solo di recente; eppure il palazzo appartiene alla mia casata da secoli» dice l’avvocato «ma vengo subito al motivo del nostro incontro.» L’uomo apre un cassetto della scrivania, estrae un foglio ingiallito e glielo porge.
Giulio scorre il testo in silenzio. È costretto a tornare indietro più volte: il documento è parecchio danneggiato.
“Mi accoglierà l’Eterno nella schiera dei santi? Oppure le mani mie lorde di sangue arderanno tra le fiamme? Lo confesso. Per codardia non distrussi il regale dono. Lo celai agli occhi del mondo… quattro paladini, sí che la Chiesa non corresse periglio alcuno. Donato Neri A.D. 1600.”
«Dove l’ha trovato?»
L’avvocato indica un’antica Bibbia nella libreria. «Fra quelle pagine, a metà del libro.»
Giulio preleva il prezioso volume.
Lo colpisce una frase sottolineata nel libro di Giosuè: “Fermati, sole, su Gàbaon, e tu, luna, sulla valle di Àialon”.
«Un’eclisse… » pensa a voce alta.
«Vede, da quando ho trovato questa lettera, non riesco a pensare ad altro. Chi è stato ucciso? Cosa è stato nascosto? È come avere uno scheletro nell’armadio, ma sono certo che lei può aiutarmi.»
«Perché proprio io?»
«Perché lei è un uomo colto, arguto, e…» prosegue sottovoce «mi deve un favore» risponde l’avvocato.
Anni prima, l’indagine fiorentina gli aveva tolto il sonno per parecchio tempo. L’esito brillante di quell’operazione, risolta grazie all’aiuto dell’avvocato Duccio Neri, aveva fatto decollare la sua carriera nell’Arma.
Giulio sospira.
«Chi era Donato Neri?»
«Un mio antenato, uomo di chiesa. In famiglia si tramanda la leggenda che abbia speso parecchio pur di assistere di persona al rogo di Giordano Bruno. Questo è tutto.»
«Non è molto.»
«Mi fido di lei.»
Una volta rimasto solo, l’avvocato fa una telefonata.
«È uscito adesso. Sì, ha accettato.»
La città rinascimentale è magnifica anche sotto la pioggia primaverile. Assorto nei propri pensieri, Giulio non si accorge dell’uomo che lo segue con discrezione.
Inizia la ricerca alla biblioteca delle Oblate nella sezione storica.
A giudicare dalla quantità d’informazioni disponibili, a Firenze l’evento più importante del 1600 secolo fu il matrimonio per procura tra Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia celebrato il 5 ottobre.
Per codardia non fui capace di distruggere il regale dono… le parole della lettera gli ronzano in testa. Forse era un dono di nozze,
Scorre l’elenco: gioielli, soprammobili, statuette, perfino un corsiero napoletano.
Nel girare le pagine, lo colpisce la didascalia sotto alla riproduzione di un dipinto: “Ritratto del giovane Damiano Adimari, inventore († 4 ottobre 1600)”.
Morto il giorno prima del matrimonio reale... Guarda l’orologio.
Si affretta a uscire.
L’uomo seduto nel banco dietro di lui chiude il volume, si alza e continua a seguirlo in strada.
Palazzo Bastogi, sede dell’archivio storico della città di Firenze, si trova giusto nelle vicinanze.
La signorina della biglietteria blocca Giulio all’ingresso: «Ha prenotato?»
Sul badge spicca il nome “Daniela Adimari”.
Giulio gioca l’asso: «Se le dicessi che sto facendo una ricerca araldica proprio sulla sua famiglia? Sia gentile, la prego. Mi faccia entrare.»
«Mi spiace, ma non posso» risponde quella con un mezzo sorriso.
Sta per desistere, quando il suo inseguitore esce dall’ombra e mostra alla ragazza un tesserino: «Per oggi può fare un’eccezione» le dice con tono autorevole. Nell’asola sul bavero della sua giacca riluce una spilla d’oro.
All’uscita, l’ex militare ha in testa un mormorio di nomi, date, e informazioni ma un nuovo tassello si è aggiunto: Damiano Adimari, nobile vicino alla casata Medici, fu ucciso in un vicolo nei pressi del Palazzo della Signoria.
La ricerca prosegue nelle vicinanze. San Cristoforo degli Adimari, oggi, è un’autorimessa per le ambulanze della Misericordia.
«La chiesa è stata sconsacrata alla fine del ’700» risponde uno dei volontari «un tempo era la cappella della famiglia, ma, come vede, non è rimasto molto.»
Gli stemmi della potente casata fiorentina non sono che cicatrici levigate dai secoli e dalle intemperie sulla facciata dell’antico edificio di culto.
Forse potrei tentare all’archivio arcivescovile…
Un sacerdote lo conduce in una stanza asettica e gli fornisce un paio di guanti. Sul tavolino c’è l’annuario richiesto.
I fogli, fragilissimi, sono vergati con una calligrafia ordinata, ma la lingua antica è ostica da decifrare. Giulio si stropiccia gli occhi.
Il sacerdote controlla ogni sua mossa.
«Ha bisogno di aiuto?»
«In effetti, sì... Cerco notizie sulle esequie di un certo Damiano Adimari, un giovane nobile deceduto il giorno prima delle nozze di Maria de’ Medici.»
Il prete s’accarezza la barba e sfoglia con lentezza le pagine.
«Guardi qui, il 20 ottobre 1600… il funerale fu officiato da frate Cosma, domenicano.
Giulio si sofferma sui simboli accanto al nome: una croce, un ramo d’olivo e una spada racchiusi in un ovale.
«Cosa significano?» chiede indicandoli.
«Forse era un membro dell’Inquisizione» risponde il religioso.
«Come posso risalire al suo vero nome?»
Il prete aggrotta le sopracciglia. «Per questo dovrebbe accedere agli archivi vaticani.»
«Capisco… grazie.»
E se Donato Neri fosse stato un inquisitore?
Giulio si avvia a tornare dall’avvocato con poche idee confuse.
L’anticamera gli sembra meno affascinante. L’ambiente è umido, la sedia emette una specie di lamento lugubre a ogni suo minimo movimento.
«Allora, cosa ha scoperto?»
«Ho più domande che risposte.»
«È riuscito almeno a farsi un’idea?»
«Solo speculazioni. Un certo Damiano Adimari, inventore, sembra sia stato assassinato e derubato il giorno prima delle nozze di Maria de’ Medici.»
«Interessante… nella lettera il mio antenato dice di aver agito in difesa della Chiesa. E se avesse ucciso l’Adimari perché aveva inventato qualcosa di “pericoloso”?»
«La Santa Inquisizione poteva condannare a morte chiunque per eresia. Non c’era bisogno di sporcarsi le mani.»
«E il dono regale?»
«Potrebbe essere stato un regalo per le nozze di Maria De’ Medici.»
«Dove sarà stato nascosto?»
Giulio allarga le braccia.
«Mi spiace, non ho elementi e ora si è fatto tardi.»
Apre la porta per uscire. Solleva lo sguardo verso la finestra dell’anticamera. Al tramonto i raggi proiettano una luce dorata che illumina il globo terracqueo dipinto sulla parete. Il pianeta è sostenuto ai quattro lati da arcangeli immersi nell’azzurro lapislazzuli del cielo.
Quattro paladini… La suggestione è irresistibile.
Le loro dita affusolate puntano dritto verso il centro della Terra, proprio dove s’intravede un minuscolo foro.
Giulio è assorto quando il rumore della sedia a rotelle alle sue spalle lo sorprende. L’avvocato stringe tra le mani una piccola chiave.
«Forse le serve questa» dice porgendogliela «era insieme alla lettera del mio antenato.»
«Perché non me l’ha detto subito? Credevo si fidasse di me.»
La chiave entra alla perfezione nel foro. Tre giri fanno scattare l’antica serratura. All’interno di un vano profondo c’è un astuccio contenente una pergamena e un tubo in cuoio con delle lenti alle due estremità.
«Posso?» Ottenuto il tacito assenso, srotola piano il documento costellato qua e là da infiorescenze di muffa e macchie scure.
Sulla parte superiore del foglio c’è una serie di disegni. Una stella racchiusa in un cerchio e quattro stelline che sembrano ruotarle intorno.
«Giove e i quattro satelliti… incredibile!»
“Mia Regina, vi reco in dono un istrumento che mostra il cielo in tutta sua bellezza e movimento. Damiano Adimari A.D. 1600.”
«Il dono regale… un cannocchiale! Adimari l’aveva costruito nove anni prima di Galileo. Si rende conto della portata di tutto ciò, dottore? Si dovranno riscrivere i libri di storia!»
In quel momento, un uomo sembra materializzarsi davanti a loro. Un raggio di luce fa risplendere il triangolo d’oro spillato sul bavero.
L’avvocato Neri si volta verso di lui e, senza dire una parola, gli consegna l’astuccio col prezioso contenuto.
«Il suo posto è nel museo di Galileo» dice il nuovo entrato.
Gli occhi di Giulio saettano dall’uno all’altro uomo.
«Avvocato, lei sapeva…»
«Chi vorrebbe mai vedere infangato il nome dello scienziato toscano più famoso al mondo?» prosegue, glaciale, l’uomo prima di chiudere il reperto in una valigetta e uscire di scena.
«Dottore, lei ha un dovere morale nei confronti della Storia. Ha ancora le lettere. Può fare la cosa giusta!»
«Quali lettere?» Con un gesto fulmineo, Duccio Neri estrae un accendino dalla tasca della giacca. Gli antichi documenti sfrigolano nel piccolo incendio divampato tra le sue dita.
L’ex carabiniere si avventa sulle carte divorate dalle fiamme, ma, di loro, non resta che un mucchietto di cenere.
«Dimentichi tutto, è un consiglio.»
Giulio cancella il numero dell’avvocato dallo smartphone ed esce senza voltarsi indietro.