[CC23] Penny - Medusa
Posted: Sun Feb 26, 2023 1:41 am
Traccia n. 2 - Luci nella notte
Boa: Deve apparire almeno una maschera
Titolo: Penny
Boa: Deve apparire almeno una maschera
Titolo: Penny
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- La maestra lo sa che tua mamma non è ancora arrivata? - la bidella lanciò un’occhiata corrucciata verso il viale buio che partiva dal cortile scolastico. Le uniche chiazze di luci erano intorno ai lampioni, simili a piccole isole gialle, occasionalmente attraversate dai fanali delle ultime auto in partenza. La recita di carnevale era finita da tempo. I festeggiamenti si erano spenti poco alla volta. Pure il vociare dei bambini si era esaurito.
- Posso andare anche da sola, conosco la strada, - Penelope si aggiustò lo zaino sulle spalle.
- E tuo padre..?
- Oh, lui non può, mamma si arrabbierebbe.
La bidella si sfregò le tempie:
- No, così non va bene. Vado a chiamare la maestra Anna.
Penelope ne approfittò per sgusciare fuori tra le aiuole. Sapeva che se fosse rimasta oltre, si sarebbero sentite in obbligo di accompagnarla, ma sapeva anche che non volevano farlo per davvero. Penny era piuttosto brava a capire queste cose.
Le vie erano silenziose. Il rumore dei suoi passi riecheggiava nel vuoto, seguito dal debole tum-tum del cuore. Di giorno non venivano mai uditi, coperti com’erano da una miriade di schiamazzi, voci, fruscii, schianti, rombi di motori, latrati di cani. Forse per questo suonavano così sbagliati? Penelope avrebbe preferito incrociare qualche passante, una giovane madre con un passeggino magari (era tra le più rassicuranti) o qualche vecchina con la busta della spesa, ma non ve n’erano. La bambina si strinse nella giacca.
A dire il vero, non era del tutto sola, lo sapeva. Qualcosa piroettava tra i rami spogli degli alberi, qualcosa di piccolo e sfavillante, luci nella notte che non avevano nulla a che vedere con i lampioni o con i fanali delle auto. La bambina faceva finta di non vederli. Se li avesse guardati direttamente, sarebbero scomparsi o, al contrario, le sarebbero venuti incontro. Non era sicura di volere né l’uno, né l’altro.
Quando infilò la chiave nella serratura di casa e spinse la pesante porta dell’appartamento, dal bagno sopraggiunse una voce irritata:
- Dove ti eri cacciata? Che penseranno i vicini se ti vedono rientrare così tardi?
- C’era lo spettacolo teatrale oggi, mamma, - Penny si tolse le scarpe e infilò i piedi nelle pantofole; quando si affacciò nel corridoio, vide dalla porta aperta del bagno che la madre era di fronte alla toeletta, intenta a truccarsi, - ricordi? Te l’avevo detto stamattina.
- Ah già, quella palla mortale che si rifà ogni anno.
- Stavolta è venuto carino… - la bambina trascinò lo zaino fino al bagno, - io ho fatto Pierrot. Mi hanno permesso di portare a casa la maschera, guarda, è tutta bianca con…
- Sì, sì, ho presente com’è Pierrot. Piuttosto senti un po’ qua, - la donna affondò lo scovolino del mascara nella boccetta e sbatté un paio di volte le ciglia, lanciando un'occhiata alla figlia, - Boris mi ha invitato fuori a cena! Finalmente!
Penny sollevò sorpresa la testa: la mamma era di buon umore. Non succedeva di frequente. Dopo un ultimo, lungo, sguardo alla maschera, la ricacciò nello zaino. Forse sarebbe riuscita a fargliela vedere più tardi.
- Potresti mostrare un po’ più d’entusiasmo, - brontolò la donna mentre sceglieva il rossetto, - è per noi due che sto lavorando! Boris è un ottimo partito. Non osare rovinare tutto quando lo incontrerai.
- Lo incontrerò?
- Oh, prima o poi. E’ un tizio serio, si capisce subito, non si butta dietro alla prima gonnella che incontra. Ma ho fatto colpo! “Fiona, occhi come i tuoi si vedono di rado” mi ha detto, “ecco una vera donna”. Una vera donna, hai sentito? E mi ha regalato dei fiori, ho sempre sognato che qualcuno mi regalasse dei fiori, mica come tuo padre a cui dovevo chiedere sempre tutto… Ah già, sul tuo letto c’è un regalo da parte sua.
- Da parte di papà? - il cuore di Penny accelerò suo malgrado i battiti.
Corse in cameretta a prendere il sacchetto di carta dalla bella trama a rombi e con l’etichetta di un negozio di giocattoli come sigillo.
- Ovviamente ho dovuto ricordarglielo, ma quell’uomo deve pur fare la sua parte. Non è giusto che faccia tutto io, - si sentì dal bagno.
Ma a Penny non importava. Era buffo: dopo il divorzio la mamma le confidava molte più cose di prima, cose da adulta. Forse perché non aveva nessun altro a cui raccontarle. Penelope si era abituata a sentire parlare male del padre, per quanto sotto sotto era convinta che la mamma si sbagliasse. Semplicemente non si erano mai capiti.
Strappò con cura il sigillo, per cercare di conservare la busta il più possibile intatta. Tirò fuori un costume da carnevale.
- Sai, mi fai davvero pena, Penny cara, - continuò a sentirsi dalla stanza a fianco, - ti lasci ancora fregare dal sorriso di quell’uomo. Devi imparare a essere meno ingenua.
La bambina aveva steso sul pavimento davanti a sé il vestito di tulle rosa da principessa. In mano teneva la coroncina di stoffa scadente.
Il papà doveva essersi dimenticato che a lei le principesse non piacevano.
- Soprattutto, bisogna stare attenti a scegliere l’uomo giusto. Sono sicura che con Boris non sbaglio, non stavolta, me lo sento. E’ proprio la forma del mento, del naso… Nell’uomo rivela molto la forma del naso.
Penelope lisciò il tulle. Cercò di sorridere, come se fosse un esercizio di teatro. Con papà non parlavano più tanto spesso e gli adulti erano così, si scordavano le cose.
- Allora, mi stai ascoltando o no?
- Sì, mamma.
Il sorriso era ancora teso sulla faccia della bambina, quando costei voltò il capo per guardare la finestra.
- Mamma…
- Oh santo cielo, è tardissimo ormai!
- Senti, mamma, tu pensi che le luci…
- Le luci? - fece ecco la donna distrattamente.
Si stava spostando in fretta da una parte all’altra della casa.
- Quelle che vedo di notte, - continuò Penny, - tu pensi…
- Eccola che ricomincia! Ti ho detto di non darmi fastidio, non adesso! Sei inquietante quando ti inventi le cose! Dov’è la mia sciarpa?
- Non le ho inventate. Le ho portate con me dalla baita, - rispose in tono neutrale.
- Lo sai che a volte sai essere davvero malvagia? - la donna si affacciò sulla soglia della cameretta mentre si sistemava i capelli; qualcosa nella sua voce aveva pericolosamente virato verso la collera, - mi sono già scusata per quell’episodio! Vuoi ancora farmela pagare? Ti abbiamo ritrovata, no?
Dopo un attimo di silenzio imbarazzato, indicò con un cenno il vestito da principessa:
- Per quando ti serve quello?
- La festa a scuola era oggi, - Penelope fece una pausa, - lo spettacolo e tutto il resto.
- Ah. Beh, avevi quel tuo costume da Pierino, no? Perché non hai acceso la luce? Comportati come le bambine normali, per l’amor del cielo.
Quando la donna finì di prepararsi e uscì di casa ticchettando con i tacchi sul pavimento, Penny stava ancora guardando fuori dalla finestra. Nessuno aveva abbassato le tapparelle, né tirato le tende. Uscendo, la mamma spense anche la lampada che illuminava il corridoio. Nel buio totale le piccole luci della notte si vedevano con maggiore chiarezza. Erano addossate al vetro e chiedevano di entrare.
Penelope esitava. L’ultima volta che aveva aperto, avevano ucciso il pesce rosso. Era l’unico animale che la mamma le aveva permesso di tenere e ci era rimasta molto male. Le luci si erano radunate intorno al corpo tondo dell’animale, l’acqua si era fatta scintillante… poi il pesciolino aveva smesso di mangiare e a breve lo trovarono galleggiare a pancia in su sulla superficie.
Le luci le avevano detto che non voleva vivere. Che era molto triste. Tuttavia Penelope pianse di nascosto per giorni.
La casa sembrava risucchiata nel vuoto. Gli unici suoni, adesso, erano il ticchettio dell’orologio e il suo respiro umido. Il silenzio cresceva, sempre più grande, sempre più pesante. Incombeva come un macigno.
La bambina si strinse nella felpa e si alzò in piedi. A fatica girò la maniglia della finestra. L’aria fredda le frustò la faccia, prima di diffondersi tutto intorno. Le lucine volarono dentro.
Da vicino somigliavano a un incrocio tra una fata e un insetto: sei zampette, nessun vestito, il volto vagamente umano come può esserlo un’incisione maldestra sulla corteccia, piccoli dentini aguzzi. Li aveva incontrati quella volta che si era persa nel bosco. Era rimasta indietro mentre mamma e papà stavano litigando, aveva cercato di gridare di fermarsi, di aspettarla, ma stavano urlando troppo per sentirla.
- Non mi avete ancora detto perché mi avete seguita, - chiese la bambina.
In realtà le luci non parlavano. Non parlavano mai. Di solito si limitavano ad osservarla. Eppure era in grado di capire cosa dicevano, come quella volta con il pesce rosso. Non avrebbe saputo dire come ci riusciva, ma era così. Lo sapeva e basta.
Penny tornò a sedersi sul pavimento.
- E va bene, non rispondetemi. Prima o poi lo scoprirò.
Dal comò non era ancora stato tolto l’acquario vuoto. Per terra giaceva il vestito rosa da principessa e la coroncina di stoffa scadente. Penelope si abbracciò le ginocchia.
- Non diventerò come il pesciolino. Sto bene. La prossima volta papà mi prenderà qualcosa che mi piace e la mamma verrà alla recita.
Le luci inclinarono la testa e sbatterono le alette, fissandola. La casa rispose con il silenzio.