Il mondo perduto

1
La Marchionda Sbigazzi da Pettaluma veleggiava tra i detriti di Tauros.
Nome lungo per una bagnarola interstellare, buono per coprire le crepe dello scafo tenuto insieme con lo sputo e grumi di magneto sparato col laser.
«Attento!»
Color vomito metallizzato, senza fanali, eliche a singhiozzo, il cargo spalamerda aveva finito il giro e adesso puntava dritto come ci fosse solo lui.
Balthus non riuscì a schivarlo. Strusciò la fiancata, fece una virata secca e lo lasciò a traballare nel gas.
«Non dovrebbero farli guidare gli Sliper» disse stizzito «Si pompano dentro quintali di Friba, ma restano rincoglioniti lo stesso.»
«E certo» fece Jasper «perché il signorino è un Aueik e si fa di TriNheril.»
«Piantala. Mio padre era Aueik. Mia madre gli puliva il cesso e io sono andato avanti coi servizi sociali.»
Andare avanti era un'esagerazione, ma su Tauros nessuno veniva abbandonato.
Non ti avrebbero mai lasciato marcire nel sonno, ci cadevi dentro da solo. Come tutti. Il Sonno Nero non risparmiava nessuno.
Ma il Consiglio di Stato a certe cose ci teneva: a ognuno le sue dosi, suddivise per tipo, secondo la classe di appartenenza.
Il TriNheril. Purissimo, roba da ricchi, come gli Aueik. Li teneva svegli per settimane. Piuttosto corrosivo, ma quelli potevano permettersi anche l'Aurun che gli foderava le budella.
Tutti gli altri erano Sliper e a loro toccava il Friba. Forniture regolari, come da tesserino magnetico. Restavi sveglio, ma ti squagliava il cervello, però solo dopo un ragionevole lasso di tempo, durante il quale potevi lavorare e fare il tuo dovere di bravo cittadino.
Finché finivi al terzo livello, l'ultimo. Da Sliper a Narcolept era solo questione di tempo.
E poi c'erano loro: Jasper e Balthus.
Avessero seguito le regole, sarebbero diventati Narcolept da un pezzo. Per questo avevano deciso di tirarsene fuori e badare a se stessi.
Non proprio contrabbandieri, piuttosto piccoli impreditori. Import-export di allucinogeni sintetici. Materiale di terza mano e tutto rigorosamente illegale. A suo modo, anche quello un servizio sociale.
Amici da sempre, lo sarebbero stati comunque, questione di odore. Nella buona e nella cattiva sorte. Più nella cattiva ultimamente. Pallore, frasi sconnesse, sguardo fisso: i segni del Sonno Nero. Avrebbero tirato avanti insieme, a calci in culo, fino a mantenere la promessa: un colpo in testa al primo che finiva Narcolept.
Nel frattempo si godevano la vita. Al Borea, la locanda dell'attracco18, dove potevi avere il miglior Friba in circolazione a quattro crediti. E se il rilevatore segnava rosso, Darjeeling scuoteva la testa sorridendo.
«Offre la casa» diceva. E tu l'avresti amata per sempre. Come Jasper.

«Lascia perdere» gli diceva Balthus ogni volta «Ne ha due e non te li darà mai. Né l'uno né l'altra»
«Anch'io ne ho due» ribatteva l'altro.
«Sì, ma nel posto sbagliato»
Quella volta, però, Jasper tirò fuori uno scatolino rosso.
«E' quello che penso io?» fece l'altro.
Jasper annuì «Adattatore di compatibilità, ultimo modello. Non può dirmi di no.»
«Sento puzza di guai» bofonchiò Balthus.
«E grossi anche» disse Jasper improvvisamente cupo «Quello è fuoco! Attracca, svelto!»

Del Borea non era rimasto granché. E nemmeno di Darjeeling. Qualcuno si era divertito a scarabocchiarla con l'acido prima di inchiodarla al muro.
L'adagiarono delicatamente sul bancone.
«Resta con me» le gridava Jasper «Resta con me!»
Darjeeling non respirava quasi più. Fece appena in tempo a sussurrargli: «Te li avrei dati comunque. Sia l'uno che l'altra» e se ne andò con un sospiro.
Un urlo selvaggio riempì la stanza.
Balthus lo afferrò e se lo strinse al petto. Lo mise a sedere, raccattò una fiala di Friba scampata al massacro e gliela sparò in gola.
«Meglio?»
«Meglio un cazzo» ringhiò Jasper «Non può farlo.»
«Chiunque sia, evidentemente può.»
«E allora vado a spiegarglielo di persona» fece Jasper alzandosi «Vieni con me?»
«Vengo dove?» chiese l'altro preoccupato.
«Muovi le chiappe. Facciamo una visitina al Duca.»

La torre si ergeva altissima e nera sopra un tappeto di baracche fatte coi resti di altre baracche. Strano posto per l'Aueik più potente di Tauros.
«Non ce li ho chiamati io» diceva mellifluo «Sono loro che non sanno starmi lontano.»
Interpretazione personale del concetto di Casa e bottega.

Il motore della Marchionda tossì e sputacchiò tutto il tempo.
«Vedi di far cabrare questa bagnarola» fece Jasper «L'eliporto del Duca è ai piani alti.»
La Marchionda ci franò sopra con sconquasso di lamiere. I due portelli si alzarono come ali di scarabeo, Jasper e Balthus si tirarono fuori, dettero una sistemata alle tute e avanzarono impettiti.
In una situazione normale la Security li avrebbe polverizzati col laser.
Non accadde niente del genere.
Un drone di cuoio e ottone sfarfallò verso di loro, li annusò lampeggiando e alla fine si fermò a mezz'aria.
«Seguitemi, prego» disse con voce metallica e sfrecciò dentro.
Percorsero sale e corridoi fino a un portale di legno e cristallo.
«Il Duca vi attende» fece la vocetta del drone. E schizzò via.
Nella sala, una quantità di bracieri accesi circondava un'enorme struttura di tubi e ingranaggi che azionavano un sistema idraulico collegato ad ampolle dove ribollivano liquidi giallastri.
Al centro, un oblò e dietro, un volto pallido, tumefatto, totalamente glabro e immerso nel liquido pompato dalle ampolle
«Benevenuti» disse gorgogliando.
«Benvenuti un cazzo» ringhiò Jasper puntandogli contro il blaster.
«Io non lo farei» disse il Duca «È liquido altamente infiammabile»
«Ha ragione» fece Balthus indicando i bracieri.
«Mi serve per respirare» disse il Duca «l'aria di Tauros non è molto salubre ultimamente.»
«Invece acido e chiodi fanno bene alla pelle, vero?» fece Jasper.
«Ho saputo del Borea.» disse il Duca.
«E ti dispiace, ma tu non c'entri.»
«Ti sembrerà strano, ma è così.»
Jasper guardò i bracieri, guardò la faccia dietro al vetro. Tutto quello che sapeva lo aveva imparato da lui. Poi lo aveva fottuto. E questa era la cosa migliore che gli avesse insegnato.
«Andiamo» disse a Balthus «Non ne vale la pena» e si avviò verso la porta.
«Il Borea non era solo una locanda» fece il Duca «Era un centro di smistamento.»
Jasper si girò «Non c'è un buco di culo, qui a Tauros che non lo sia» e poi a Balthus «Ti muovi?»
«C'è in ballo un carico speciale. Molto speciale.»
«Puttane spugnose farcite di TriNheril? No grazie. Stavolta non mi freghi»
«La droga più potente che sia mai esistita. Mille volte più del TriNheril.»
«Mille volte?»
«Anche di più. Dipende dalla reattività di chi la prende»
«E che fine ha fatto?»
«Vedo che la cosa comincia a interessarti.»
«Hanno distrutto il Borea e fatto fuori Darjeeling. Certo che mi interessa.»
«Senza contare quanto vale. Non riesci nemmeno a immaginartelo. Potrebbe metterti a posto la vecchiaia.»
«Ah sì, così posso comprarmi un coso come questo.»
«Se ti scoppiano fegato e polmoni, potrebbe farti comodo.»
«Dov'è?»
Un sibilo, un ticchettio di ingranaggi. Sotto all'oblò si aprì un otturatore e un fascio luminoso proiettò l'immagine di una distesa ghiacciata che si perdeva all'orizzonte sovrastata da tre sfere opalescenti.
«I soli di Minerva» disse Balthus rapito.
«L'hanno cancellata dalle mappe» fece Jasper «Non esiste più.»
«Oppure è quello che vogliono far credere» gorgogliò il Duca.
«Un laboratorio in quel cazzo di posto ai confini della galassia? Mi prendi per il culo» fece Jasper.
«Direi piuttosto un giacimento. È lì da migliaia di anni. Scorte praticamente inesauribili, perché il materiale si rinnova da solo.»
«Non mi torna il conto. Perché il massacro al Borea? Certo non per un carico solo.»
Gli ingranaggi presero a muoversi e, da un lato, si allungò un braccio telescopico con un parallelepipedo.
«Cercavano questo.»
«Una scatola?» chiese Jasper
«Le chiavi» disse il Duca «Potrai usarle se e quando sarai lì. Mi scuserai, una piccola precauzione.»
Jasper lo guardò. Odiarlo gli dava sicurezza. Il Sonno Nero se li sarebbe mangiati comunque. Avrebbe dovuto mandarlo affanculo come aveva sempre fatto.
Invece disse:«Va bene. Ci sto» e prese la scatola.
«Bravo. E adesso fuori» disse il Duca « Questa brodaglia comincia a marcire. Non vorrei andarmene sul più bello.»
Chiuse gli occhi e gli ingranaggi si misero in moto, gli stantuffi a pompare, il liquido a vorticare. Una botola quadrata si aprì nel basamento e, poco sopra, cominciò a fuoriuscire una poltiglia scura. Odore putrido, intenso. Lo stomaco di Jasper lottava contro i conati.
«Oh, cazzo» disse.
«No, credo sia merda» fece Balthus e poi al duca «Bene...Allora, se non c'è altro, noi andremmo...»

La Marchionda filava dritta verso il Canale 42. Traffico regolare, varco aperto. Qualche meteorite di traverso, ma roba da niente.
«Ne avremmo dovuto parlare, non credi?» fece Balthus.
«D'accordo. Parliamone» disse Jasper.
«Adesso, che ci siamo imbarcati?»
«Possiamo sempre tornare indietro.»
Balthus guardava fisso davanti a sé e scuoteva la testa.
«Cos'è che non ti quadra?»
«Perché noi?»
«Perché siamo i migliori.»
«Cazzate. Secondo te uno come il Duca non ha nessun altro da mandare per prendersi il giacimento?»
«Sta morendo» fece l'altro «Probabile che voglia togliersi un'ultima soddisfazione. Gli è sempre piaciuto metterlo in culo al Consiglio di Stato.»
«È una trappola.»
«Per toglierci di mezzo? Non ci guadagnerebbe niente.»
«Per togliere di mezzo il giacimento. Non ci ha dato le chiavi per aprirlo, ma per chiuderlo. E poi farci fuori.»
«Beh, tanto vale dargli un'occhiatina» fece Jasper «Non sei curioso?»


Il cielo di Minerva non aveva niente a che fare con quello di Tauros.
Bianco, rischiarato dai tre soli allineati che sorgevano e tramontavano a ciclo continuo, lasciando una pioggia di cristalli a planare dolcemente sulla distesa ghiacciata.
«Non è poi così male» fece Balthus «Anzi, è una meraviglia.»
«Va bene, ti ci porto in vacanza. Adesso chiuditi la termica e usciamo.»
Bianco ovunque. Bianco trasparente e opaco, chiaro e scuro, danzava tra luce e ombra come se l'universo intero non potesse essere altro che così: bianco.
«Mi sento strano» disse Balthus.
«Tu sei strano» fece Jasper «Che dice il rilevatore?»
«Che fa freschetto. Che c'è ghiaccio... ghiaccio... e sì, ecco, anche ghiaccio. Spessore due farsakh...»
«Balthus...» disse Jasper
«Sì, lo sento anch'io» fece l'altro senza alzare la testa dal rilevatore «È il pack. Non c'è da preoccuparsi: sono scricchiolii di assestamento.»
«Balthus...»
«Cavolo! Hai due farsakh di ghiaccio sotto i piedi che vuoi...»
«Non- ti- muovere.»
Una crepa, due crepe, a decine si allargavano sotto di loro, si intricavano come una ragnatela, mentre lo scricchiolio si faceva sempre più intenso, si mutava in un digrignare di denti, poi in un ringhio e alla fine esplose in un ruggito potente che si spalancò e li inghiottì.
E caddero giù, giù e giù. Senza freno, senza appigli. E mentre cadevano a poco a poco il bianco prese forme e colori che li circondavano e li avvolgevano in modo che tutto quel cadere prese a somigliare piuttosto a uno scivolare, dolce e senza peso, che li dondolava di azzurro, li sollevava di rosa con capriole violette e piccoli balzi amaranto.
E fu allora che Jasper, trovandosi capovolto, vide uscirgli di tasca la scatola delle chiavi.
La vide aprirsi.
Vide due tavolette galleggiargli intorno.
Vide un bastoncino metallico volteggiare.
Mentre cadeva giù, giù e ancora giù.

Si ritrovò seduto a terra. Balthus accanto a lui, attonito.
D'istinto alzarono lo sguardo.
Quello che videro li lasciò senza fiato.
Milioni di scaffali, armadi, stipi, ripiani salivano fino a perdersi in una bruma opalescente.
E tutto intorno ancora scaffali, armadi, stipi e ripiani in un dedalo infinito di corridoi che si aprivano a raggiera.
A pochi metri, una sedia a braccioli e un tavolino.
Sopra, una lampada di ottone con paralume di vetro verde, una boccetta panciuta con il bastoncino dentro e, accanto, le tavolette. Come fossero lì da sempre, nell'unico posto dove avrebbero dovuto essere.
«Tutto bene?» chiese Jasper.
Pallido, le braccia abbandonate come un pupazzo, Balthus fissava il vuoto con la bocca aperta e le palpebre appena socchiuse.
«Non te ne andare!» gridò Jasper. Prese a frugarsi nelle tasche, ma niente, nemmeno una fiala. Tutto il Friba perso nella caduta. Era la fine.
Guardò Balthus, la testa china, gli occhi chiusi, la bava che gli colava dalla bocca.
«Un colpo in testa al primo che finisce Narcolept.»
In quel momento, da uno scaffale, qualcosa gli cadde addosso e rimbalzò a terra.
Jasper lo raccolse e, mentre se lo rigirava tra le mani, quello gli sgusciò dalle dita e volò sul tavolino.
Si avvicinò cauto e la cosa si aprì. Ali bianche, sottili, che sembravano sul punto di volare via e invece restarono lì, a palpitare una sull'altra.
Allungò la mano, ma appena la sfiorò, apparve una fila di segni che correva da una parte all'altra, ricominciava più sotto e poi si fermava, quasi aspettasse di essere toccata ancora.
«Mi piace!»
Jasper si voltò.
Balthus era in piedi, lo sguardo vivo, le guance rosate, sorrideva «Fallo ancora.»
«Ma tu... stai bene?»
«Mai stato meglio.» disse l'altro «Cos'è quell'aggeggio?»
«Non ne ho la più pallida idea.»
E fu allora che accadde.
Fasci di luce dagli scaffali che presero a deformarsi come fossero cosa molle.
E furono suoni e sussurri e voci, cento, mille e poi una sola.
«Chiamatemi Ismaele»
Che li avvolgeva e li penetrava.
«...Una mattina Gregor Samsa, destandosi da sogni inquieti...»
Che in loro risuovava.
«...Se sai costringere il tuo cuore, nervi, e polsi a sorreggerti...»
Come fossero essi stessi quella voce.
«...Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d'avere il suo profumo...»
Come fosse tutto l'universo a parlare.
«...E tra voi danzino i venti dei cieli...»
E loro che erano carne, ossa, cuore e respiro, loro erano quella voce.
« ... quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga,...»

Loro.
Felici e disperati, vigliacchi e temerari, vivi di tutte le vite, uccisi e risorti da tutte le morti.
Loro caddero a terra ansimando.

E tutto tacque.

Lentamente Jasper si alzò.
«Sì. Adesso ho capito.» disse.
«Che bomba!» fece Balthus con gli occhi sgranati.
«È la droga più potente che sia mai esistita.»
«Oh, puoi scommetterci il culo, bello. Soldi, Jasper! Soldi a palate! Dovremmo prelevarne un campione.»
Estrasse il Karambit. Qualcosa sfrecciò da uno scaffale, lo colpì in faccia, a destra e sinistra, e tornò al suo posto.
«Ma che cazz...!»
«Ti ha preso a sberle» disse l'altro ridendo «Era ora che qualcuno lo facesse.»
«Vuoi dire che ci ascolta?» bisbigliò Balthus «Ma allora siamo dentro un mostro! Verremo digeriti e cagati!» urlò « Siamo fottuti, Jasper! Il Duca ci ha fottuti! Te l'avevo detto che era..»
«Calmati!» disse l'altro «Non è così. Il Duca a quest'ora è affogato nella sua merda. Credo... Sì, credo che questo una specie di regalo.»
«Un regalo?...»
«Il Consiglio di Stato ci pompava la sua merda perchè in testa ci fosse solo quella. Ci spremeva e poi ci buttava. Sono loro il Sonno Nero! Il Duca lo sapeva, forse si aspettava un trattamento speciale e quando ha capito che avevano fottuto anche lui, ha voluto prendersi la sua rivincita. Per questo il massacro al Borea! Perché nessuno potesse arrivare al giacimento. Perché questa è ...»
« La droga più potente che sia mai esistita!» esultò Balthus.
« Come ti senti?»
«Bene... anzi, benissimo.»
«E nella testa hai una folla di pensieri che non hai mai avuto.»
«E se ci faccio caso, quelli aumentano, come se dentro ce ne fossero altri e poi altri ancora e questo è... bellissimo!»
In quel momento qualcosa gli planò delicatamente tra le mani, aprì le sue ali bianche e restò a farsi guardare.
Balthus vide i segni che correvano da una parte all'altra, li vide legarsi tra loro, prendere senso e misura, diventare motivo ed effetto uno dell'altro.
E allora, per la prima volta nella storia di quel mondo perduto, lui si trovò a fare una cosa che nessuno avrebbe mai immaginato.
Una cosa che veniva da lontano eppure era sempre stata lì, antica e mai più nata, come tutte le cose dimenticate.
Cominciò a leggere.
«Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera. A volte, non appena spenta la candela........»
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