[Lab3] Macchie gialle

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MACCHIE GIALLE

La penna rotolò dalla scrivania e cadde per terra. Mi chinai per prenderla, ma era finita vicino ai tacchi di Regina.
«Pronto? Sono Regina, ciao. Come stai, caro?»
Il tacco destro si alzò e scattò sul pavimento. Stump! Scansai la mano in tempo.
«Perdonami, ti devo chiedere un favore... come dici? Ha ha!»
Il tacco si rialzò e stump! Mi sollevai, mi sistemai la gonna e andai a prendere un'altra penna.
Silvia alzò un sopracciglio e continuò a ticchettare sulla tastiera.
«Senza dubbio. Certo, tesoro!» Stump! Questa volta centrò la penna, che scricchiolò.
«Ciao, a domani.» «Quel deficiente non capisce niente.»
«Chi era?» Chiesi.
«Il Teccucci.» Si alzò, afferrò un plico di fogli e lo sbatté sul tavolo. Lo riagguantò e lo risbatté di nuovo. La voce si trasformò in quella di una cornacchia. «Dico, io. Se non lo sai fare, cambia mestiere - colpetto di tosse - no, io... io... Tocca farlo a me, come sempre.» Colpetto di tosse. Si sedette e frustò la scrivania coi pendagli dei braccialetti. Ciaf! Ciaf! Mentre spostava fogli e scriveva al PC. Ciaf! Ciaf! Ciaf! Il sottofondo sonoro delle nostre giornate in ufficio.
Arrivò Felicita. «Che succede?»
«Il fornitore della carta» dissi a bassa voce.
«Ah, ritorniamo a quello di prima?»
«Chee? Manco per idea! Ivo lo mandò via. Era da un anno che gli dicevo non-fa-per-no-i. Io ottengo sempre quello che voglio.» Colpetto di tosse.
Silvia ficcò il collo dentro le spalle e picchiettò più veloce sui tasti.
«Mi serve un caffè.» Regina si alzò e barcollò sui tacchi fino alle scale. Era bassa, nonostante i tacchi.
Incrociò il portiere che stava salendo. Lui indicò giù con una mano e con l'altra fece segno di domanda.
«Niente, le solite cose.» Risposi.
«È arrivato Fedroni per l'allaccio del gas. Lo faccio salire?»
«Finalmente! Fallo pure salire, intanto avverto Ivo.»

Il tipo si presentò con la cartellina dell'Ente e in bermuda. Ivo lo portò in cortile dal contatore.
Regina tornò e li guardò dalla finestra. «Noo, non ci credo. È venuto in bermuda? Ma è questo il modo di presentarsi al lavoro? No, io proprio... Ma guardatelo! Io, io...» Agitava le unghie laccate come se volesse graffiare il vetro, le vene gonfie sporgevano dalle mani, girava in circolo come una belva in gabbia. Faceva per allontanarsi dalla finestra e ci ritornava a guardare fuori. Solo la chioma rimase perfetta, persino nella concitazione non aveva un capello fuori posto.

Ritornò Ivo. «Quando vengono per l'allaccio?» Chiesi.
«See» disse lui. Sfregò pollice e indice «vuole questi.»
Sgranai gli occhi «ma dai, davvero?»
«E con quale naturalezza me li ha chiesti! Altrimenti se ne parla a Settembre...»
Ci guardammo allargando le sopracciglia. Tutte tranne Regina. Lei tornò a sedersi. «Eh, ragazzi, è il mondo!» Doppio colpetto di tosse. Prese la cornetta del telefono e digitò un numero.
Silvia strabuzzò gli occhi.

«Ma ciao, meraviglia d'una ragazza! Ti sei ricordata di mand... Sei la numero uno, brava! A casa tutto bene? Quanto ha tuo figlio ora? Il mio 22. Va all'università. La macchina? No, lo porto io. Preferisco.» Colpetto di tosse. «Cosa non si farebbe per i figli, vero?» Colpetto di tosse. «E pensare che certi genitori li fanno e poi non li seguono» colpetto di tosse. Ricordati di mandarmi la copia, eh? Ciao. Ciao ciao. Ciao»

Nel pomeriggio mi capitò tra le mani il faldone Berti.
«Come è andata poi col Berti, Regina? L'ingiunzione va avanti?»
«Guarda, sono andata là e nessuno sapeva come fare. C'era un penalista e due tributaristi. Pieni di scrupoli, e se poi, e se quando... Alla fine gli ho detto io come fare.» Colpetto di tosse.
Spensi il computer, erano già le 19. Felicita e Regina fecero lo stesso, misero in spalla le loro Chanel e Hermès e imboccarono le scale. Silvia stava finendo una email, la salutai. Le altre erano già uscite senza salutarla.


Il giorno dopo arrivai per prima. Poi arrivarono i tacchi di Regina e poi lei. Anzi, no, prima i tacchi, poi la suoneria del suo cellulare, e poi lei. Gli AC/DC invasero l'ufficio con le loro chitarre elettriche e mi svegliarono del tutto.
«Buongiorno, Regina.»
Mi salutò con la mano mentre rispondeva al telefono. «Dimmi, amore. Hai preso 8 al compito? Brava!»
«Ha preso 8 la mia figliuola - mi disse col petto in fuori - è molto brava. Io alla sua età ero uguale. Mio marito invece...»
«Buongiorno, Felicita! Lo sai che la mia figliuola ha preso 8?»
Arrivò Silvia, salutò e si mise alla scrivania. Io e Felicita la salutammo. Regina grugnì un buongiorno che sapeva di minaccia.
«Chi vuole un caffé?» Scese le scale a stonfi di tacco ogni gradino.
Mentre era giù, scattò l'assolo di chitarra degli AC/DC. Dopo 7 secondi si aggiunsero anche i colpi della batteria, e dopo 20 secondi partirono pure gli strilli di Brian Johnson, che non capivi con chi ce l'avesse, ma dagli strilli era inc. zz.to parecchio. La suoneria terminò e tirammo tutte un sospiro di sollievo.

«Ti suonava il telefono» dissi a Regina, quando rispuntò.
«Ah, grazie.» Prese in mano il cellulare, lo guardò e lo rimise sul tavolo. «La Bernardini. La richiamerò. Se tanto ti premeva, non ti separavi, cara. Si è separata dal marito. Mah, oggigiorno!»
«Che ne sai del motivo, magari...» Silvia non riuscì a finire, trafitta da dardi infuocati.
«Sono sposata da 35 anni, io. Mio marito deve solo baciare dove cammino. Faccio tutto io. Bisogna saperla gestire la famiglia. GESTIRE la casa, GESTIRE i figliuoli, GESTIRE il marito...»
Ci guardammo e ci immergemmo ognuna al di sotto del proprio separé.

Silvia l'incauta si sporse dalla scrivania. «Regina, scusa, hai il numero interno dell'ufficio tributi del comune?»
«Non ce l'ho.» Ciaf, ciaf, i pendagli dei bracciali sulla scrivania.
«Ma tu con chi parli di solito?»
«Cercati il numero in rete.» Ciaf, ciaf.
«Ci ho guardato, ma c'è solo il numero del centralino.»
«E allora chiama il centralino.» Ciaf, ciaf, ciaf.
«Parlare con lo stesso contatto agevolerebbe, no?»
«E io come ho fatto, secondo te?» Alzò la voce di due toni. «Ho chiamato il centralino e col tempo ho capito con chi dovevo parlare.»
«Appunto.»
La tempesta era vicina. Felicita se la svignò.
«Coosa?» La voce stridula stava assomigliando sempre più a quella degli AC/DC.
«Lavori qui da 30 anni, Regina. Forse potresti darmi qualche dritta. Agevoleresti il lavoro dell'azienda.»
«Qui ognuno se la cava da solo! All'azienda gioverebbero dipendenti furbi, piuttosto!»
Digitai tasti a raffica a casaccio.

L'arrivo di Ivo mi tolse dall'impiccio. Girò lo sguardo a destra e a sinistra per cercare un appoggio e posò sulla mia scrivania un pacchetto di paste.
«Oh, è il tuo compleanno?» Dissi.
«Auguri!» Gli gridammo tutte e quattro.
Andai a prendere dei bicchieri di plastica, Felicita prese dal frigo una bottiglia di spumante e Silvia qualche salvietta. Ne porse una a Regina, che si era imbrattata aprendo il pacchetto. Lei gliela strappò di mano.
Scelsi un pasticcino al cioccolato.
«Il cioccolato non mi piace» commentò Regina.
Felicita ne prese uno alla frutta. Ivo alla crema. Silvia quello con la panna.
Regina emise un suono nasale di disappunto. Scelse la più piccola, di semplice pasta frolla. Poi si allontanò a ingurgitare acqua dalla sua bottiglia.
Eravamo al secondo giro di paste e Silvia si avvicinò al vassoio, si sistemò la maglietta che le tirava un po' troppo sulla pancia e prese un'altra pasta. Regina le piantò gli occhi negli occhi come un giaguaro a caccia, la scandagliò dalla testa ai piedi e col mento in su e labbra a grugno sputò: «Brava Felicita, che non fa il bis! Lei sì che ci tiene alla linea!»

Mi avvicinai a Regina e le indicai gli occhi. «Cos'hai qui?» Delle macchie gialle erano sparse sulle sue palpebre, un po' in rilievo, come dei grumi di burro.
Prese dalla borsetta uno specchietto tondo. «Il trucco» tagliò corto.


Il giorno dopo arrivò in ufficio con uno strato spesso di ombretto giallo.
«Nuovo look?» Chiesi.
«Sì», si limitò a dire.
Il giorno successivo l'ombretto giallo era anche al di sotto degli occhi. «Vuoi lanciare una nuova moda?» Scherzai.
C-ci stai bene...» la compiacque Felicita.
Il terzo giorno il suo viso era giallo dagli occhi fino a metà guancia. In rilievo, come una maschera di velluto. Si piazzò con nonchalance alla sua scrivania.
«Il dottore dice che lavoro troppo.» Gonfiò il petto «Ma non è mai troppo!» Prese due caffè e si mise al computer.
Il quarto giorno anche Felicita arrivò con metà faccia gialla. Scossi la mano con le dita raggruppate in forma interrogativa. Lei scosse le mani per dirmi di tacere, tirò fuori da una busta un tubetto, lo sventolò e lo rimise subito via.
All'uscita andai a comprare lo stesso tubetto. Per ben 5 giorni mi spalmai di giallo prima di andare al lavoro.
Silvia fu l'unica che non si dipinse mai. Saltellava qui e là. Troppo serena, per una che stava per essere licenziata.
Ivo se ne stava chiuso nel suo ufficio al piano di sopra. Poteva capitare qualsiasi cosa, purché non sparisse il pezzo da 90 di Regina.


«Dov'è il tomo terzo?» Chiese Silvia.
«È nel...» Regina sovrastò la mia voce: «Sempre stato nell'armadio. Ancora non lo sai?»
«Non l'ho mai usato.»
«Mai sentito che ne parlavamo noi?» Alzò il labbro come uno che ha appena pestato una cacca.
L'anta della finestra si aprì di scatto e la maniglia sbatté contro il monitor di Regina.
Crash! Il rumore fece scendere Ivo.
Dissi: «Ma questo monitor non è uguale a quello che dobbiamo ancora spacchettare? È per caso lo stesso codice di prodotto?»
L'indice di Ivo ondeggiò verso di me mentre faceva sì con la testa. «Mmh... Hai ragione, si potrebbe dire che è arrivato con il vetro rotto per utilizzare quella garanzia...»
Regina mi applaudì. «Brava così! È importante essere furbi nella vita.»


Mi stavo trasformando in Regina? Guardai la me stessa di 20 anni dopo, vidi una cornacchia dare del cretino a chiunque non mi riconoscesse superiore.


La mattina successiva aprii il mio tubetto di colore, lo capovolsi e ne uscirono solo tre gocce. Deglutii. Forse avrei fatto in tempo ad andare a comprarne un altro...
Presi la borsa e andai diretta al lavoro. Pulita.

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Otta ha scritto: Hai preso 8 al compito? Brava!»
otto

Un racconto “onomatopeico” @Otta, il linguaggio quasi fumettistico con tutti i quei suoni. La situazione si delinea chiara, le dinamiche interne di uno studio legale (ma di qualsiasi ufficio) in cui l’arroganza e l’incompetenza fanno la voce grossa e assumono le vesti dell’impiegato/impiegata che, a parole, dimostra più abnegazione e sa rendersi indispensabile agli occhi del “capo”.  Immagino che il colore giallo (che io lego alla pazzia) sia una bella provocazione e un’immagine che caratterizza bene Regina (ottima la scelta del nome).
Un testo fresco, attuale e ben riuscito. Piaciuta anche la chiusa finale. Complimenti.

Re: [Lab3] Macchie gialle

3
Il tuo testo mi ha spiazzato.
Bellissimo da leggere, i dialoghi sono scoppiettanti e non ci si perde mai. Sono ben caratterizzate anche le colleghe di lavoro. L'unico a cui non sono riuscita ad attirbuire un vero ruolo è Ivo, che in un primo momento lo sospettavo portinaio, ma dopo ho capito che doveva almeno essere un collega.
Si intuisce anche il cambiamento della narratrice, che piuttosto di finire come Regina, decide di non adeguarsi al giallo in viso.
Mi manca però un vero culmine della storia, un po' come se il racconto vero fosse sottotraccia, ma non abbastanza da fare contrasto, rispetto al comportamento sguaiato e invadente di Regina.
Quindi, per la mia modesta opinione, il testo è molto bello, di lettura molto gradevole, ma un pò carente come trama.

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Otta ha scritto: Si alzò, afferrò un plico di fogli e lo sbatté sul tavolo. Lo riagguantò e lo risbatté di nuovo. La voce si trasformò in quella di una cornacchia. «Dico, io. Se non lo sai fare, cambia mestiere - colpetto di tosse - no, io... io... Tocca farlo a me, come sempre.» Colpetto di tosse. Si sedette e frustò la scrivania coi pendagli dei braccialetti. Ciaf! Ciaf! Mentre spostava fogli e scriveva al PC. Ciaf! Ciaf! Ciaf! Il sottofondo sonoro delle nostre giornate in ufficio.
Arrivò Felicita. «Che succede?»
Ciao @Otta, questo qui sopra è solo uno dei tantissimi pezzi del tuo racconto, che restituiscono al lettore una precisa idea del personaggio di Regina, e questo è positivo, secondo me, perché tu non racconti di quanto sia snob, antipatica, egocentrica, tu lo mostri. Hai davvero fatto un ottimo lavoro, hai utilizzato lo "Show, don't tell" con sapiente maestria, servendoti dei dialoghi, peraltro gestiti benissimo, ma anche di immagini molto efficaci, facendomi percepire addirittura il suono, quel ciaf, del pomposo bracciale di Regina. Mai nome fu più azzeccato.  :D
Otta ha scritto: Regina tornò e li guardò dalla finestra. «Noo, non ci credo. È venuto in bermuda? Ma è questo il modo di presentarsi al lavoro? No, io proprio... Ma guardatelo! Io, io...» Agitava le unghie laccate come se volesse graffiare il vetro, le vene gonfie sporgevano dalle mani, girava in circolo come una belva in gabbia. Faceva per allontanarsi dalla finestra e ci ritornava a guardare fuori. Solo la chioma rimase perfetta, persino nella concitazione non aveva un capello fuori posto.
Ecco un'altra efficacissima immagine, tutta mostrata, della "Diva"... Perché è a questo che mi fai pensare, leggendo di lei, che si senta una diva e che voglia che anche gli altri la trattino da diva. Il che vuol dire che lo "show" ha funzionato.
Otta ha scritto: «Ma ciao, meraviglia d'una ragazza! Ti sei ricordata di mand... Sei la numero uno, brava! A casa tutto bene? Quanto ha tuo figlio ora? Il mio 22. Va all'università. La macchina? No, lo porto io. Preferisco.» Colpetto di tosse. «Cosa non si farebbe per i figli, vero?» Colpetto di tosse. «E pensare che certi genitori li fanno e poi non li seguono» colpetto di tosse. Ricordati di mandarmi la copia, eh? Ciao. Ciao ciao. Ciao»
Diva sì, ma anche una mamma "perfetta". Che in verità a me ha dato l'impressione di essere una manipolatrice, e anche maniaca del controllo[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif] del figlio. Poi più avanti leggerò anche della figlioletta e dei suoi bei voti, beh, brava quanto lo era la madre, ovviamente. Ottimo anche qui. [/font]
Otta ha scritto: Silvia l'incauta si sporse dalla scrivania. «Regina, scusa, hai il numero interno dell'ufficio tributi del comune?»
«Non ce l'ho.» Ciaf, ciaf, i pendagli dei bracciali sulla scrivania.
«Ma tu con chi parli di solito?»
«Cercati il numero in rete.» Ciaf, ciaf.
«Ci ho guardato, ma c'è solo il numero del centralino.»
«E allora chiama il centralino.» Ciaf, ciaf, ciaf.
«Parlare con lo stesso contatto agevolerebbe, no?»
«E io come ho fatto, secondo te?» Alzò la voce di due toni. «Ho chiamato il centralino e col tempo ho capito con chi dovevo parlare.»
«Appunto.»
La tempesta era vicina. Felicita se la svignò.
«Coosa?» La voce stridula stava assomigliando sempre più a quella degli AC/DC.
«Lavori qui da 30 anni, Regina. Forse potresti darmi qualche dritta. Agevoleresti il lavoro dell'azienda.»
«Qui ognuno se la cava da solo! All'azienda gioverebbero dipendenti furbi, piuttosto!»
Digitai tasti a raffica a casaccio.
Le mollerei uno schiaffone, posso?  :D E se è questa la sensazione che hai suscitato in me mentre leggevo questo, allora ok, allora è efficace. Almeno per me. Ottimo "show"! Complimenti. 
Otta ha scritto: Alzò il labbro come uno che ha appena pestato una cacca.
Geniale!  
Otta ha scritto: Mi stavo trasformando in Regina? Guardai la me stessa di 20 anni dopo, vidi una cornacchia dare del cretino a chiunque non mi riconoscesse superiore.


La mattina successiva aprii il mio tubetto di colore, lo capovolsi e ne uscirono solo tre gocce. Deglutii. Forse avrei fatto in tempo ad andare a comprarne un altro...
Presi la borsa e andai diretta al lavoro. Pulita.
Ed ecco il mutamento della protagonista. Si rende conto di non voler diventare come Regina, e decide di essere se stessa, pulita. Che vuol dire sì, dal trucco, ma anche da tutto quel coacervo di brutti difetti della collega. 
Approfitto anche qui, ma l'ho già rilevato in altri commenti, per dire che, a mio parere, in un esercizio come questo, incentrato sulla tecnica dello "show, don't tell" che mirava a mostrare un mutamento, quindi una evoluzione del personaggio senza l'ausilio prevalente del raccontare, la trama non era poi così fondamentale. Avremmo potuto mostrare, per dire, un gatto che prova per ore ad arrampicarsi su una rete di confine senza riuscirci. Apprezzo quindi, e mi complimento, per l'ottima scelta: concentrarti non tanto sulla trama, ma sulla personalità, tutta mostrata, di quella gran... di una Regina! 
Grazie per aver scritto! <3

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Otta ha scritto: La penna rotolò dalla scrivania e cadde per terra. Mi chinai per prenderla, ma era finita vicino ai tacchi di Regina.
«Pronto? Sono Regina, ciao. Come stai, caro?»
Il tacco destro si alzò e scattò sul pavimento. Stump! Scansai la mano in tempo.
«Perdonami, ti devo chiedere un favore... come dici? Ha ha!»
Il tacco si rialzò e stump! Mi sollevai, mi sistemai la gonna e andai a prendere un'altra penna.
Ottimo incipit. Molto buona l'idea del tacco che, da solo, ci mostra fin da subito la personalità dispotica e prepotente di Regina, in grado di schiacciare chiunque.
Otta ha scritto: Senza dubbio. Certo, tesoro!» Stump! Questa volta centrò la penna, che scricchiolò.
«Ciao, a domani.» «Quel deficiente non capisce niente.»
E qui vediamo un altro elemento della sua personalità: la doppia faccia. Falsamente gentile con chi le fa comodo. 
Otta ha scritto: Incrociò il portiere che stava salendo. Lui indicò giù con una mano e con l'altra fece segno di domanda.
Il portiere che non osa nemmeno parlare ma si esprime a gesti pur di non contrariare Regina, mi ha fatto ripiombare immediatamente in un clima di "terrore" che, ahimè, ho vissuto personalmente. 
Otta ha scritto: Ma ciao, meraviglia d'una ragazza! Ti sei ricordata di mand... Sei la numero uno, brava! A casa tutto bene? Quanto ha tuo figlio ora? Il mio 22. Va all'università. La macchina? No, lo porto io. Preferisco.» Colpetto di tosse. «Cosa non si farebbe per i figli, vero?» Colpetto di tosse. «E pensare che certi genitori li fanno e poi non li seguono»
Di nuovo la falsità, la gentilezza sperticata che è solamente facciata. Ho avuto un capo come Regina, purtroppo per me, e usava esattamente le stesse espressioni quando voleva leccare il sedere a qualcuno. 
Otta ha scritto: Gli AC/DC invasero l'ufficio con le loro chitarre elettriche e mi svegliarono del tutto.
Questo è l'unico elemento che mi stona e mi ha sorpreso, se devo essere sincera. Che  ci azzecca la suoneria degli AC/DC con un personaggio del genere? Chissà, magari ce lo spiegherai...
Otta ha scritto: La mattina successiva aprii il mio tubetto di colore, lo capovolsi e ne uscirono solo tre gocce. Deglutii. Forse avrei fatto in tempo ad andare a comprarne un altro...
Presi la borsa e andai diretta al lavoro. Pulita
E qui, davvero ti faccio i complimenti per il finale. Hai saputo mostrare il cambiamento in un solo paragrafo. Ottimo. 

Brava, trama semplice e testo che si adatta benissimo all show don't tell  che, lasciamelo dire, padroneggi davvero bene. Anche il mobbing spietato che Regina sta facendo all'impiegata che non le va a genio, lo hai mostrato benissimo. E hai mostrato benissimo anche come queste dinamiche, pericolossime in un ambiente di lavoro, tendano a instaurarsi prevalentemente in un ambiente tutto femminile. Non a caso quando l'unico uomo del team, Ivo (forse il capo....) entra in scena, le altre impiegate sembrano prendere tutte quante un po' di respiro, una sorta di tregua dalle angherie di Regina.
Brava davvero, una lettura piacevolissima. Grazie!

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Ciao @Otta 

 
Piacevole questo tuo racconto: uno spaccato sulle dinamiche talvolta perverse che si instaurano fra le componenti di un piccolo ufficio di lavoro, nella fattispecie l'ufficio legale dell'azienda.
Sei riuscita a dipingere un piccolo affresco, delineando con efficacia le singole psicologie dei personaggi.

La scrittura è vivace e scorrevole, solcata di una amara ironia.

Direi che è soprattutto notevole la capacità di inscenare le dinamiche di una realtà femminile nell'abito di un comune lavoro.
Si dice che le peggiori nemiche di una donna siano le altre donne, mi pare che il tuo racconto tenda a confermare tale diceria.
Non di meno che in ufficio di soli uomini, si stabiliscono labili equilibri fatti di arrivismo, di personaggi come la tua Regina che per carattere accentratore e personale superbia, tendono a auto eleggersi come le dominus incontrastate dell'ambiente di lavoro.
Personaggi che sanno abilmente ritagliarsi uno spazio di potere, anche non ufficialmente attribuito, primeggiando con arroganza sui colleghi, forti di una anzianità (che fa grado) che li porta a conoscere a fondo i meccanismi tecnici dell'attività, usandoli come arma contundente verso pari grado e sottoposti.
Normalmente sono dei figuri ben visti e sostenuti in questo loro imperio dai responsabili superiori o dai titolari dell'attività.

Non è facile vivere a contatto quotidiano con certi personaggi, vi è in loro qualcosa di malato che ripugna al senso comune, sovente per lo status quo vigente è assai difficile contrastarli se non a prezzo di scontri sanguinosi.
Ma la fiamma della ribellione a volte trova mezzi per segnare il confine tra la libertà e il giogo del conformismo, come avviene nel tuo racconto, rifiutando di acquistare un secondo tubetto di colorante giallo.

Bel racconto, complimenti, un caro saluto.

Re: [Lab3] Macchie gialle

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@Otta ciao. Ti lascio un veloce commento. Anche te hai deciso di ambientare la storia in un ufficio. Da qui si capisce quanto questo ambiente sia a volte familiare, terreno ideale per qualsiasi rappresentazione del vivere quotidiano. Hai lavorato molto sui dialoghi ed è stata giusta la scelta della scrittura in prima persona. Non so se è stato un bene quel continuo ricorrere alla descrizione veloce delle scene di introduzione ai dialoghi. Per esempio:
Otta ha scritto: Il tacco destro si alzò e scattò sul pavimento.
Di queste veloci descrizioni ne è pieno il testo. Ne deduco che è il frutto di tenere un certo equilibrio tra la voce narrante, che è anche la protagonista, e l'esercizio dello show- don't tell. Secondo il mio modestissimo parere questo modo perentorio di descrizione delle azioni mi appare troppo forzare il racconto. Vi è da dire, però, che vi è stato un buon risultato. Dico anche, a riguardo della trama, che non mi ha particolarmente preso. Ciao  :P
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [Lab3] Macchie gialle

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@Otta   :)

Sei stata brava a "mostrare" le interazioni in un gruppo di lavoro di quattro donne, con un capo marginale sullo sfondo.

Lo "show" è ben servito qui:
Otta ha scritto: Si alzò, afferrò un plico di fogli e lo sbatté sul tavolo. Lo riagguantò e lo risbatté di nuovo. La voce si trasformò in quella di una cornacchia. «Dico, io. Se non lo sai fare, cambia mestiere - colpetto di tosse - no, io... io... Tocca farlo a me, come sempre.» Colpetto di tosse. Si sedette e frustò la scrivania coi pendagli dei braccialetti. Ciaf! Ciaf! Mentre spostava fogli e scriveva al PC. Ciaf! Ciaf! Ciaf! Il sottofondo sonoro delle nostre giornate in ufficio.
e qui:
Otta ha scritto: Incrociò il portiere che stava salendo. Lui indicò giù con una mano e con l'altra fece segno di domanda.
Otta ha scritto: Agitava le unghie laccate come se volesse graffiare il vetro, le vene gonfie sporgevano dalle mani, girava in circolo come una belva in gabbia.
Qui sopra c'è del tell, con quei due "come" che spiegano al lettore...
Otta ha scritto: Mi stavo trasformando in Regina? Guardai la me stessa di 20 vent'anni dopo, vidi una cornacchia dare del cretino a chiunque non mi riconoscesse superiore.


La mattina successiva aprii il mio tubetto di colore, lo capovolsi e ne uscirono solo tre gocce. Deglutii. Forse avrei fatto in tempo ad andare a comprarne un altro...
Presi la borsa e andai diretta al lavoro. Pulita.
Trovo la trama e i mutamenti esili, ma ti ringrazio della lettura e di esserci, @Otta   :libro:
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Ciao @@Monica, ho pensato al nome Regina per via dell'ape regina. Perché ho messo in scena le dinamiche che si instaurano in un ufficio quando una donna prende il comando (al di là del suo ruolo effettivo) e ha al suo seguito diverse "api" che le ronzano attorno, la ammirano/temono e eseguono quello che lei dice. In questi casi si dice proprio che è un'ape regina. E poi veniva anche bene per il significato della parola, insomma una regnante, una diva, un'egocentrica.
Sul giallo... non solo è legato alla pazzia, ma anche alla falsità, che in Regina è ai massimi livelli. Per manipolare serve tanta falsità.

Sì, mi sono accorta che mi viene naturale usare suoni onomatopeici, il che rimanda un po' al linguaggio fumettistico.

Re: [Lab3] Macchie gialle

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ioly78 ha scritto: Le mollerei uno schiaffone, posso?  :D 
Ciao @ioly78, certo!  :lol:
Regina è una diva che vuole essere sempre al centro dell'attenzione, è perfetta, sa tutto in qualsiasi campo e schiaccia chiunque non la riconosca superiore.
Mi fa piacere essere riuscita a trasmetterlo, e soprattutto essere riuscita a farlo con la tecnica dello show don't tell di questo Labocontest.

Il racconto non è esclusivamente in show don't tell, però ho cercato di metterlo il più possibile. Mi è servito molto come esercizio, perché non è una tecnica che io uso al massimo... 
provengo da decenni di letture d'altro tipo!

Questo approfondimento mi è stato utile per capire quali sono le cose che si prestano meglio a questa tecnica, quali le difficoltà che si incontrano in base a chi si sceglie come protagonista, chi si sceglie come voce narrante, quale trama, quale tempo.

Re: [Lab3] Macchie gialle

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ScimmiaRossa ha scritto: Il portiere che non osa nemmeno parlare ma si esprime a gesti pur di non contrariare Regina, mi ha fatto ripiombare immediatamente in un clima di "terrore" che, ahimè, ho vissuto personalmente. 
Ciao @ScimmiaRossa, come in tutte le prevaricazioni e le dittature, il clima di terrore si può instaurare solo grazie alle api che svolazzano attorno al dittatore, perché da solo lui sarebbe nessuno.

Che ci azzeccano gli AC/DC con Regina? Una suoneria così attira l'attenzione, semina scompiglio, è la maniera di Regina di far sentire la propria presenza anche mentre non c'è, basta lasciare il cellulare sulla scrivania e tutti si sentono controllati.
E poi, soprattutto, per una ragione molto semplice: io una regina l'ho conosciuta e aveva quella suoneria lì  O_o

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Ciao @Nightafter, ho mostrato (cercato di mostrare, appunto, raccontando il meno possibile) una persona che ama essere al centro dell'attenzione e tutti i mezzi che utilizza per esserlo.
Il microcosmo in cui si muove ruota attorno a Regina, i colleghi hanno paura di lei ma allo stesso tempo la ammirano, eleggendola così a capetta anche se di loro pari grado. L'unica che non la ammira (è ingenua? è uno spirito libero?) sta per essere licenziata. Al capo (Ivo) fa comodo una come Regina e quindi fa finta di nulla, assecondando di fatto questo clima tossico.
Il mobbing, hai ragione, non è solo maschile.

Re: [Lab3] Macchie gialle

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bestseller2020 ha scritto: Non so se è stato un bene quel continuo ricorrere alla descrizione veloce delle scene di introduzione ai dialoghi. Per esempio: Di queste veloci descrizioni ne è pieno il testo. Ne deduco che è il frutto di tenere un certo equilibrio tra la voce narrante, che è anche la protagonista, e l'esercizio dello show- don't tell. Secondo il mio modestissimo parere questo modo perentorio di descrizione delle azioni mi appare troppo forzare il racconto. Vi è da dire, però, che vi è stato un buon risultato.
Ciao @bestseller2020, intendi dire che queste "veloci descrizioni" dovrebbero essere più lunghe o che non ci dovrebbero essere affatto?

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Poeta Zaza ha scritto: Qui sopra c'è del tell, con quei due "come" che spiegano al lettore...
Ciao @Poeta Zaza, non credo che nello show don't tell le similitudini siano bandite. Magari bisogna farne un uso oculato, magari non inserirne due così ravvicinate come ho fatto qui sopra, però se aiutano a visualizzare, se non sono similitudini trite o superflue, se concorrono a mostrare, credo si possano utilizzare. Anzi, se aiutano la visualizzazione, sono show don't tell.

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Otta ha scritto: «Cosa non si farebbe per i figli, vero?» Colpetto di tosse. «E pensare che certi genitori li fanno e poi non li seguono» colpetto di tosse. Ricordati di mandarmi la copia, eh? Ciao. Ciao ciao. Ciao»
Qui non hai riaperto le virgolette per "ricordati"

Che dire, mi gira la testa dopo questa lettura. Il mostrato c'è, e anche parecchio; c'è una profusione di dettagli, e mi chiedo se siano tutti funzionali alla storia
Otta ha scritto: Felicita ne prese uno alla frutta. Ivo alla crema. Silvia quello con la panna.
Regina emise un suono nasale di disappunto. Scelse la più piccola, di semplice pasta frolla. Poi si allontanò a ingurgitare acqua dalla sua bottiglia.
Poi, qual è la storia? Una direzione c'è, ma fa fatica a emergere. La tensione dovrebbe derivare dal dilemma della narratrice, combattuta tra l'adeguarsi e seguire Regina oppure, come fa nel finale, prendere un'altra strada. Però la voce narrante è relegata quasi solo a mera osservatrice e il filo conduttore si perde in quest'immenso oceano di dettagli, immagini, frammenti. Insomma, il mostrato c'è, ma la cinepresa è un po' troppo frenetica. Apprezzo comunque la sperimentazione.
A presto!

Re: [Lab3] Macchie gialle

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Bene, @Otta . Lo SdT è un esercizio davvero difficile, ma tu hai saputo condurlo con energia fino alla fine.
Lo sguardo sul pollaio impiegatizio è deliziosamente cattivo mentre lo fai danzare tra isteria e avvilimento come un acrobata sul filo
Affascinante la figura di Regina, nascosta dietro la sua maschera fetish.
Tuttavia la concentrazione su una coralità orizzontale, come ti hanno già detto, ha penalizzato la storia che non trova il suo guizzo narrativo. 
Forse sarebbe bastato serrare la relazione tra Regina e l'io narrante, magari con un crescendo di tensione e alla fine un conflitto esplicito.
Otta ha scritto: Mi stavo trasformando in Regina? Guardai la me stessa di 20 anni dopo, vidi una cornacchia dare del cretino a chiunque non mi riconoscesse superiore.
Questa avara concessione al Tell mi ha fatto pensare che anche a te sia mancato un vero e proprio protagonista.

Otta ha scritto: Mi avvicinai a Regina e le indicai gli occhi. «Cos'hai qui?» Delle macchie gialle erano sparse sulle sue palpebre, un po' in rilievo, come dei grumi di burro.
Prese dalla borsetta uno specchietto tondo. «Il trucco» tagliò corto
Questo è il vero detonatore della storia! Non a caso dà il titolo all'intero racconto. E invece l'hai usato solo come dispositivo di omologazione.
Forse una maggiore insistenza sulla degradazione dell'immagine di Regina avrebbe mostrato in modo più spietato l'adeguamento delle altre e ti avrebbe permesso di rendere più articolata e interessante la ribellione dell'io narrante.

Resta tuttavia un racconto molto buono, pieno di spunti che spero tanto vorrai riconsiderare in seguito.
A rileggerti  (y)
https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/gia ... /mens-rea/
https://www.facebook.com/profile.php?id=100063556664392
https://emanuelasommi.wixsite.com/manu
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