[Lab 3] Come (non) cambia il clown
Posted: Mon Jul 18, 2022 1:55 pm
Giorno 1
Siamo scesi all'aeroporto con il sudore che già ci inzuppava le camicie. Samuel non si è trattenuto, ed ha subito iniziato a far battute, chiedendo a gran voce un bicchiere da riempire strizzando la sua divisa.
“Se è così ogni giorno, non servono nemmeno le borracce!” ha urlato, in modo che lo sentissero per tutta la pista d'atterraggio.
Il resto del team ha bellamente finto di non conoscerlo, io solo ho riso. Ho pure provato a tradurre la sua richiesta in lingua locale, beccandomi un'occhiataccia dal Grande Capo, il professore Smithson.
Tutta l'equipe di ricerca è formata da gente esperta, anche se giovane, Grande Capo escluso.
E tutti hanno tollerato Samuel per i primi trenta minuti. Poi ovvio, sei ore di battute, frecciatine e doppi sensi a ciclo continuo, in un ambiente stretto come un aereo privato, mettono alla prova chiunque.
Come abbia fatto Rose a non picchiarlo non lo so, ma Samuel è fortunato ad essere vivo.
Per i posteri, annoto qui cosa i miei colleghi hanno dovuto sopportare, in modo che tutti possano comprendere quali inaudite sofferenze li hanno assillati fin dal primo giorno.
“Che vitaccia, ci vorrebbe un cacciavite più grosso!”; detto appena imbarcati, a onor del vero sia riportato che tre membri, su sette, me e Samuel esclusi, hanno sorriso.
“Due casseforti si incontrano per strada, che combinazione!”; non ho riscontrato sorrisi di sorta, stavolta.
“Come disse la mela al bruco? Bacami!”; la mancanza di telecamere sul velivolo, purtroppo, mi impedisce di provare in maniera scientifica e inconfutabile che il professor Smithson abbia sorriso.
Giorno 7
Per fortuna, mia soprattutto, Samuel pare essersi un poco calmato.
Almeno, ha smesso di far scherzi da terza elementare a Rose e Susan, cosa che ha alleggerito, e non poco, il clima dell'accampamento.
Dopo una giornata passata a scavare nel deserto, ed una nottata a classificare pezzi di papiro, svegliarsi con due ragazze che urlano a pieni polmoni non è salutare.
Visto che sono io ad averlo raccomandato come capo scavi, il Grande Capo mi ha imposto di tenerlo buono. In pratica mi ha chiesto di non far esplodere la dinamite a mani nude, ma ho provato a parlare con Samuel.
La cosa ha dato qualche frutto, visto che, almeno, non cospira più con i due tirocinanti per intrufolarsi nella tende delle professoresse.
Me ne ascriverei il merito, ma credo che il grosso sia dovuto alla minaccia di denuncia da parte di Susan. E di essere lasciato morto nel deserto da parte di Rose, ma sono solo ipotesi.
In ogni caso, ho fatto in modo che Samuel mi stesse il più vicino possibile, così da tenerlo sotto controllo.
Inutile dire che, alla noia mortale di fissarmi mentre ricompongo dei papiri, abbia risposto iniziando a far battute sui puzzle. Ancora non mi capacito di come ci riesca. Ventisette barzellette, una più squallida dell'altra, sui puzzle.
Mi rammarico di non averle annotate, sempre per i posteri.
Giorno 11
Sto iniziando a preoccuparmi un poco.
Non tanto perché lo scavo non vada bene, anzi. Tre casse di materiale già classificato, ed almeno altre cinque da analizzare. Il Grande Capo parla pure di una scoperta interessante.
A preoccuparmi è Samuel: poche battute.
Per scrupolo, e per noia, le ho contate. Undici due giorni fa, dodici ieri, ed oggi solo tre. E sto scrivendo alle nove di sera, un'ora prima che si vada tutti a dormire.
Da quando lo conosco, Samuel ha sempre tirato fuori idiozie a ruota libera. La serietà sul lavoro non sa nemmeno cosa sia.
Il suo concetto di “supervisione” agli scavi è ballare la macarena sul bordo della buca, ondeggiando parti del corpo che mi rifiuto di scrivere verso le colleghe.
Oggi, invece, si aggirava per i lavoratori con appena un accenno di sorriso. Camicia risvoltata sulle maniche, cappello in testa, braccia conserte.
L'ho visto parlare con tanti degli scavatori, e nessuno rideva. Nemmeno le altre volte, ma adesso erano tutti seri.
Sarà una mia impressione, ma Samuel ha iniziato a girare molto vicino ad un piccolo tempietto. Dovrebbe essere la tomba di qualcuno, una specie di basso cilindro di pietra alto mezzo metro, che i locali evitano come la peste.
Ne ho parlato con Samuel, e per tutta risposta ha tirato fuori una battuta sulle tombe. Squallida; più squallida del solito, s'intende.
Giorno 13
Samuel mi preoccupa. E tanto.
Barzellette negli ultimi due giorni: zero. Tentativi di rimorchiare le colleghe: zero. Esibizioni danzanti e/o canore: zero.
Visite alla tomba misteriosa: sette. E sempre accompagnato da almeno una mezza dozzina di scavatori.
I miei tentativi di chiarire a parole la situazione si sono rivelati un buco nell'acqua. Più o meno:
“Sam, mi spieghi che ti prende?”; domanda buttata lì durante il pranzo
“Niente, tutto regolare”; risposta data fissando la zuppa
“Come l'intestino?”; tentativo di battuta squallida per istigarlo a continuare
“Non fa ridere”; Samuel si alza, dicendo una frase che credevo impossibile uscisse dalle sue labbra, mi lascia lì e va a fumare una sigaretta fuori dalla tenda.
Era dai tempi dell'università che non lo vedevo in questo stato.
Era il periodo in cui i suoi si stavano separando, e che mi ricordi si è trattato degli unici due mesi in cui Samuel non abbia riso e scherzato ogni giorno.
Ho deciso, domani lo seguirò alla tomba, in modo da capire cosa diamine sta facendo.
Giorno 14
Sono un idiota.
Un dolorante, pesto idiota.
Ho seguito Samuel alla tomba misteriosa, non sapevo nemmeno io che aspettarmi.
Forse che stesse scavando, senza dircelo, quello che credeva un tesoro sepolto. Forse che stesse smerciando papiri con qualche ricettatore locale. Forse, ed era la mia idea principale, che qualche bella ragazza da un villaggio vicino gli desse appuntamento lì.
In parte ho indovinato, a metà precisa.
Un appuntamento c'era, ma niente di galante.
Se non si vuole considerare tale l'incontro clandestino con un attempato muezzin, basso, tarchiato e con un cespuglio di capelli bianchi.
Che sono anche l'ultima cosa che ho visto, prima che mezza dozzina di scavatori arrabbiati mi piombasse addosso, dandomele di santa ragione.
Per mia fortuna Samuel è intervenuto, bloccandoli. La verità è che temevano che, se noi professori avessimo scoperto che stavano convertendo uno dei nostri, ci saremmo infuriati.
Ho giurato solennemente, sulla tomba del tizio, il cui nome non ho capito nemmeno, che non ne avrei fatto parola con nessuno.
Non credo che a qualcuno al campo interessi, e il mio ultimo problema è quale divinità Samuel si metterà a bestemmiare da ora in poi.
Perché lo conosco, può pure aver imparato a memoria qualche preghiera, ma tempo due giorni e starà attribuendo al suo nuovo dio una nutrita serie di animali.
Può aver smesso di dire battute oscene, può aver smesso di fare gli occhi dolci alle ragazze, può pure aver iniziato a fare seriamente il suo lavoro.
Non durerà. Certe persone non le cambia nemmeno Dio.
Siamo scesi all'aeroporto con il sudore che già ci inzuppava le camicie. Samuel non si è trattenuto, ed ha subito iniziato a far battute, chiedendo a gran voce un bicchiere da riempire strizzando la sua divisa.
“Se è così ogni giorno, non servono nemmeno le borracce!” ha urlato, in modo che lo sentissero per tutta la pista d'atterraggio.
Il resto del team ha bellamente finto di non conoscerlo, io solo ho riso. Ho pure provato a tradurre la sua richiesta in lingua locale, beccandomi un'occhiataccia dal Grande Capo, il professore Smithson.
Tutta l'equipe di ricerca è formata da gente esperta, anche se giovane, Grande Capo escluso.
E tutti hanno tollerato Samuel per i primi trenta minuti. Poi ovvio, sei ore di battute, frecciatine e doppi sensi a ciclo continuo, in un ambiente stretto come un aereo privato, mettono alla prova chiunque.
Come abbia fatto Rose a non picchiarlo non lo so, ma Samuel è fortunato ad essere vivo.
Per i posteri, annoto qui cosa i miei colleghi hanno dovuto sopportare, in modo che tutti possano comprendere quali inaudite sofferenze li hanno assillati fin dal primo giorno.
“Che vitaccia, ci vorrebbe un cacciavite più grosso!”; detto appena imbarcati, a onor del vero sia riportato che tre membri, su sette, me e Samuel esclusi, hanno sorriso.
“Due casseforti si incontrano per strada, che combinazione!”; non ho riscontrato sorrisi di sorta, stavolta.
“Come disse la mela al bruco? Bacami!”; la mancanza di telecamere sul velivolo, purtroppo, mi impedisce di provare in maniera scientifica e inconfutabile che il professor Smithson abbia sorriso.
Giorno 7
Per fortuna, mia soprattutto, Samuel pare essersi un poco calmato.
Almeno, ha smesso di far scherzi da terza elementare a Rose e Susan, cosa che ha alleggerito, e non poco, il clima dell'accampamento.
Dopo una giornata passata a scavare nel deserto, ed una nottata a classificare pezzi di papiro, svegliarsi con due ragazze che urlano a pieni polmoni non è salutare.
Visto che sono io ad averlo raccomandato come capo scavi, il Grande Capo mi ha imposto di tenerlo buono. In pratica mi ha chiesto di non far esplodere la dinamite a mani nude, ma ho provato a parlare con Samuel.
La cosa ha dato qualche frutto, visto che, almeno, non cospira più con i due tirocinanti per intrufolarsi nella tende delle professoresse.
Me ne ascriverei il merito, ma credo che il grosso sia dovuto alla minaccia di denuncia da parte di Susan. E di essere lasciato morto nel deserto da parte di Rose, ma sono solo ipotesi.
In ogni caso, ho fatto in modo che Samuel mi stesse il più vicino possibile, così da tenerlo sotto controllo.
Inutile dire che, alla noia mortale di fissarmi mentre ricompongo dei papiri, abbia risposto iniziando a far battute sui puzzle. Ancora non mi capacito di come ci riesca. Ventisette barzellette, una più squallida dell'altra, sui puzzle.
Mi rammarico di non averle annotate, sempre per i posteri.
Giorno 11
Sto iniziando a preoccuparmi un poco.
Non tanto perché lo scavo non vada bene, anzi. Tre casse di materiale già classificato, ed almeno altre cinque da analizzare. Il Grande Capo parla pure di una scoperta interessante.
A preoccuparmi è Samuel: poche battute.
Per scrupolo, e per noia, le ho contate. Undici due giorni fa, dodici ieri, ed oggi solo tre. E sto scrivendo alle nove di sera, un'ora prima che si vada tutti a dormire.
Da quando lo conosco, Samuel ha sempre tirato fuori idiozie a ruota libera. La serietà sul lavoro non sa nemmeno cosa sia.
Il suo concetto di “supervisione” agli scavi è ballare la macarena sul bordo della buca, ondeggiando parti del corpo che mi rifiuto di scrivere verso le colleghe.
Oggi, invece, si aggirava per i lavoratori con appena un accenno di sorriso. Camicia risvoltata sulle maniche, cappello in testa, braccia conserte.
L'ho visto parlare con tanti degli scavatori, e nessuno rideva. Nemmeno le altre volte, ma adesso erano tutti seri.
Sarà una mia impressione, ma Samuel ha iniziato a girare molto vicino ad un piccolo tempietto. Dovrebbe essere la tomba di qualcuno, una specie di basso cilindro di pietra alto mezzo metro, che i locali evitano come la peste.
Ne ho parlato con Samuel, e per tutta risposta ha tirato fuori una battuta sulle tombe. Squallida; più squallida del solito, s'intende.
Giorno 13
Samuel mi preoccupa. E tanto.
Barzellette negli ultimi due giorni: zero. Tentativi di rimorchiare le colleghe: zero. Esibizioni danzanti e/o canore: zero.
Visite alla tomba misteriosa: sette. E sempre accompagnato da almeno una mezza dozzina di scavatori.
I miei tentativi di chiarire a parole la situazione si sono rivelati un buco nell'acqua. Più o meno:
“Sam, mi spieghi che ti prende?”; domanda buttata lì durante il pranzo
“Niente, tutto regolare”; risposta data fissando la zuppa
“Come l'intestino?”; tentativo di battuta squallida per istigarlo a continuare
“Non fa ridere”; Samuel si alza, dicendo una frase che credevo impossibile uscisse dalle sue labbra, mi lascia lì e va a fumare una sigaretta fuori dalla tenda.
Era dai tempi dell'università che non lo vedevo in questo stato.
Era il periodo in cui i suoi si stavano separando, e che mi ricordi si è trattato degli unici due mesi in cui Samuel non abbia riso e scherzato ogni giorno.
Ho deciso, domani lo seguirò alla tomba, in modo da capire cosa diamine sta facendo.
Giorno 14
Sono un idiota.
Un dolorante, pesto idiota.
Ho seguito Samuel alla tomba misteriosa, non sapevo nemmeno io che aspettarmi.
Forse che stesse scavando, senza dircelo, quello che credeva un tesoro sepolto. Forse che stesse smerciando papiri con qualche ricettatore locale. Forse, ed era la mia idea principale, che qualche bella ragazza da un villaggio vicino gli desse appuntamento lì.
In parte ho indovinato, a metà precisa.
Un appuntamento c'era, ma niente di galante.
Se non si vuole considerare tale l'incontro clandestino con un attempato muezzin, basso, tarchiato e con un cespuglio di capelli bianchi.
Che sono anche l'ultima cosa che ho visto, prima che mezza dozzina di scavatori arrabbiati mi piombasse addosso, dandomele di santa ragione.
Per mia fortuna Samuel è intervenuto, bloccandoli. La verità è che temevano che, se noi professori avessimo scoperto che stavano convertendo uno dei nostri, ci saremmo infuriati.
Ho giurato solennemente, sulla tomba del tizio, il cui nome non ho capito nemmeno, che non ne avrei fatto parola con nessuno.
Non credo che a qualcuno al campo interessi, e il mio ultimo problema è quale divinità Samuel si metterà a bestemmiare da ora in poi.
Perché lo conosco, può pure aver imparato a memoria qualche preghiera, ma tempo due giorni e starà attribuendo al suo nuovo dio una nutrita serie di animali.
Può aver smesso di dire battute oscene, può aver smesso di fare gli occhi dolci alle ragazze, può pure aver iniziato a fare seriamente il suo lavoro.
Non durerà. Certe persone non le cambia nemmeno Dio.