[Lab3] La libellula
Posted: Sun Jul 17, 2022 8:45 pm
Lab: Show don't tell
Traccia: Mutamenti
Considerate che quello che state per leggere sia il sogno di una libellula.Traccia: Mutamenti
Secondo alcune tradizioni, la libellula è il simbolo della trasformazione e dei cambiamenti quotidiani, ma anche dell'introspezione che insegna ad andare oltre le apparenze per cercare la propria identità.
La libellula trascorre gran parte della sua vita nella melma,
sul fondo degli stagni come larva, poi si trasforma,
acquista una nuova sembianza e con essa
un paio di magnifiche ali con le quali
si libera in volo.
Verso l’abisso
Ferma sulla strada, un sentiero sconnesso e impervio, la madre è inginocchiata nel fango, si strappa i capelli, il viso è una maschera dai lineamenti trasformati. Piange e si tiene il petto, la pioggia leggera le batte le piante dei piedi nudi.
Sotto le pieghe delle ascelle, fili invisibili la scuotono. Deve farcela: la volontà contro il disagio del corpo.
Si sposta sulle ginocchia, i palmi nei rivoli tra i sassi sul terreno, si guarda indietro.
Sua figlia la ignora, è due passi lontano da lei, si fissa i pollici smaltati; colibrì azzurri sulla testiera del cellulare. Ride tra sé, “la solita sceneggiata, mamma, non so più quante volte mi hai fregata.” Le dà le spalle, la pioggia distorce i suoni che escono dalla bocca della donna, lei non se ne preoccupa.
La madre allunga un braccio scarno verso la ragazzina. La implora.
— Ti prego, vieni con me. — La figlia non risponde, sembra voler tornare sui propri passi, ma poi si volta, le va vicino e parla piano. Non alza gli occhi dallo schermo.
— Mi hai fatto venire fino a qui, sono stata una scema a seguirti, Tu vai, ammazzati pure, io non farò un passo in più.
— Ormai manca pochissimo, non posso rinunciare ora. La figlia la guarda, nelle occhiaie nere lo sguardo vacuo di sua madre la sgomenta, in preda alla paura grida.
— Tu sei pazza! Lo capisci che non esistono nessun diavolo e nessun Dio? Dove troverai le risposte alla tua sciocca domanda? Quando saremo lassù, non farò nulla di quello che mi chiederai, non mi inginocchierò a pregare. Non ti ascolterà nessuno, non ci ascolta mai nessuno, non c’è nulla alla fine di questo maledetto sentiero, né sull’orlo dell’abisso né in cielo.
La pioggia fina nasconde le lacrime di entrambe, nessuna delle due vede il pianto dell’altra.
— Non dovrai pregare, solo ascoltare, ascoltare e basta, puoi farlo per me? Non posso far altro per salvarti, aiutami, è per noi che vado lassù, per la nostra salvezza.
La figlia scuote la testa, con le dita mano imita una bocca che parla a vuoto.
— Ma chi ti sta più a sentire. Che strazio!
Sua madre ha ripreso a salire il sentiero, lei alza gli occhi al cielo, sbuffa. La pioggia ha lavato via ogni resistenza, ricomincia a seguirla; non riesce a lasciarla sola.
L’inferno
È la madre ad arrivare per prima, la figlia ora la segue ad almeno venti passi di distanza.
Sulla spianata l'accoglie un’enorme bocca spalancata tra la roccia viva e la terra nera. L'aria è satura di zolfo e di altri miasmi pestilenziali. A fiotti tumultuosi si spargono nell’aria borbottii sommessi, crescono e rotolano tra urla e bestemmie. Rumori assordanti, d’ipogee tempeste, smorzano i lamenti dei dannati. Rovinosi boati franano verso l’abisso infuocato.
La madre si trascina sulle ginocchia, con le mani e gli avambracci bucati. Sul viso scarno le orbite livide non hanno più spazio per contenere le iridi dilatate.
Ombre scure fluttuano davanti alla spelonca, avvertono la presenza della donna, la minacciano, le intimano di non avvicinarsi.
— Vattene donna, Perché sei venuta alle porte dell’inferno? cosa cerchi? La morte forse? Vigliacca, non la troverai qui!
La madre, sconquassata dai singhiozzi, non ha più lacrime né fiato. Non ha nulla da perdere, deve andare avanti, sua figlia è lì a pochi passi. I muscoli le bruciano ma riesce ad alzarsi in piedi, resiste, lotta, scalcia, ma ogni sforzo è inutile. Le ombre la trascinano lontano e lei, con le unghie, si artiglia al terreno, non cede, si rialza e di nuovo si avvicina.
— Nemmeno la vita è la mia? Urla alle bestie, e di nuovo le scorticano la pelle sul terreno, la assalgono con parole oscene, ma lei si rialza, sanguina e ancora si avvicina.
— Non con me! Povera creatura ingannata, vorrebbe gridare, ma le manca il respiro. Si ferma, prende fiato, le forze le tornano e urla: dalla gola salgono le voci di tutte le donne, insieme alla sua, unite in un coro che crepa la pietra rovente.
— Non con noi che portiamo il peso del più grande dei peccati. Vieni, Principe degli ingannatori, tu, che hai circuito la prima di tutte noi, dicci, che ne sarà di queste figlie? Per quanti secoli ancora dovranno portare il marchio del peccato? Essere, la madre per la figlia, un esempio della medesima sostanza? La tua menzogna deve essere cancellata. Ora!
Rivelazione
La figlia sorride sprezzante, asseconda la mania della madre, guarda altrove e a tratti continua a digitare messaggi, ma le parole della madre scavano solchi pronti per la semina. Indugia, si avvicina e la pena cancella l’ironia sul volto di bambina. L’amore distende i tratti del viso imbronciato, allunga un braccio e chiama:
— Mamma! Ti prego andiamo via.
La donna crolla, seduta nel fango, non muove le labbra, ma le voci continuano a sussurrare.
— Vieni da noi, vieni da noi...
La madre si alza e come una sola, grida:
— Io sono caduta perché tu hai mentito sotto l’albero della conoscenza, nessun umano è simile a Dio, Io ti chiamo a testimoniare davanti a questa figlia, Ammetti di aver mentito. Puoi farlo, sei il padrone su questa terra, oppure, sei tu Dio? Mostrati a me!
Una lingua di fuoco s’infrange nell’aria putrida, scaraventa la donna lontano dall’antro.
Una voce bassa, ma assordante riverbero di antichi echi, le scuote l’aria nei polmoni. La solleva da terra.
— Di che vai lamentandoti donna, ci lasciammo consapevoli entrambi che la cosa non avrebbe avuto seguito. Sei caduta quando io ti ho offerto una opportunità che non hai saputo cogliere. La lusinga fu il tuo retaggio catastrofico, era là ad aspettarti, non fu Lucifero a tentarti, la sembianza che non conoscevi e che credevi ti fosse stata negata, ti trascinò verso la rovina.
—Menti! Io Lui non l’ho mai visto sulla terra, mentre tu ti annidi in ogni luogo, Lui è solo una tua invenzione, è per questo che nel male cerco espiazione. Voglio pagare oggi! Prendimi, mettimi tra i peggiori dei dannati, ma lascia a questa figlia la libertà di vivere senza colpa, la mia anima è poca cosa come riscatto, ma io non ho altro.
La luce
Le nuvole si ritirano, la luce si bacia la terra e l’asciuga.
Con tremendo fragore si chiudono le fauci della caverna, inghiottono il demonio e le sue ombre; regna il silenzio, lo spazio è senza confini, poi, come l’acqua che smuove i ciottoli del ruscello, una voce limpida chiama.
- Eva, vieni e guardami.
- La figlia alza gli occhi, guarda se stessa riflessa nella Luce pulita.
- Tu sei Luce Eva, non restare nell’ombra, non hai nessun peccato nell'anima. Guarda chi sei davvero e non dimenticarlo mai.
La madre sfinita ha occhi di nebbia. Liquido fiato vitale scorre nel corpo, un fiume di pace lenisce il dolore. Fa appena in tempo a vedere il riflesso di Eva nella luce. Dietro le palpebre chiuse avverte L'ago entrare nella vena e i suoni del mondo reale.
La realtà
— Con questo starà meglio, vedrai, sta per svegliarsi. L’infermiera le fa un sorriso, con il palmo le stringe la mano poggiata sulla coperta a righe.
— Grazie. Eva, seduta accanto al letto, toglie la mano, evita lo sguardo diretto con la donna. Non vuole compassione.
Si passa una mano sui capelli lisci, le fanno male le gambe, ha gli occhi gonfi per il sonno perso. È L’ennesima notte passata al pronto soccorso. Al pensiero di non poter tornare a casa, serra la mascella, stringe la coperta tra le dita, le lacrime cominciano a scorrerle sulle guance, non riesce a fermarle, non vuole. “Non è di compassione che ho bisogno. Ho tredici anni, mamma, ho bisogno di te!"
— Eva…
— Sono qui.
— Avvicinati, devo parlarti.
— Perché lo hai fatto di nuovo, mamma? mi porteranno in una casa famiglia. Lo sapevi. Sapevi che mi avrebbero portato via se non restavi pulita, io ti odio, mamma, davvero.
Fa due passi sulle piastrelle chiare verso la porta, occhi bassi, la mano sul cellulare nella tasca dei jeans.
— Eva…
Eva si gira, torna indietro.
— Sono ancora qui, solo perché mi hanno detto di aspettare, che ti saresti svegliata presto. Ecco, ora sei sveglia, posso andare, così potrai continuare a fregartene di me.
— Eva, aspetta ti prego… nel sogno tu eri... da adesso sarà tutto diverso, te lo giuro.
— Mamma, smettila! Ma non ti senti? Quante volte hai ripetuto questa lagna. Finirò in una specie di prigione per colpa tua e ancora non la smetti di mentire? Non solo a me, ma a te stessa.
— Eva, ti prego, prima che vai, dammi un po’ d’acqua.
Eva versa il liquido in un bicchiere. L’infermiera la chiama.
— È ora di andare piccola, ci siamo noi con lei non preoccuparti.
Eva porge il bicchiere, la madre le afferra il braccio, — guardami, Eva,— lo sguardo la cattura, è uno sguardo sincero che non le riconosce da troppo tempo. Un brivido l’attraversa, una discordia atavica la sconvolge. Sotto le pieghe delle ascelle, fili invisibili cercano di tirarla via, la scuotono, ma Eva scrolla le spalle, i fili si spezzano e gli occhi di sua madre affogano nei suoi.
— Non appena starò meglio verrò a prenderti e ti porterò con me…
— L’infermiera la prende per mano, la madre le lascia andare il braccio.
— Te lo giuro, Eva, te lo prometto.
Eva cammina di fianco alla donna in camice bianco, Sua madre è tornata da lei, nè è certa, presto sarà tutto come prima.
La libellula
La scrittrice è in mezzo alla piccola folla di gente. Stringe le mani dei lettori entusiasti; fanno la fila per avere la loro copia autografata. La madre aspetta seduta nella sala, in grembo ha il libro, legge e rilegge la dedica senza stancarsi.
Ali di seta fragile trama
nascosta
Nel liquido oscuro che intrighi ricama
Hai
Sollevato il fango e dalla luce sei stata incantata
E per noi
In meravigliosa libellula ti sei trasformata
A mia madre, con immenso amore.
La madre chiude la copertina rigida, accarezza i caratteri in rilievo del titolo e il nome dell’autrice:
La libellula, di Eva Costa