[CN2021/RL] Hanno rapito Santa Klaus
Posted: Wed Dec 29, 2021 4:46 pm
Sono solo soletto. Il mio commento: viewtopic.php?p=27097#p27097
Traccia n. 2
2 Pinnekjøtt (letteralmente “carne su rami”) sono costolette di montone salate ed essiccate, chiamate così per il metodo tradizionale con cui viene preparato il piatto, cotto sopra rametti di betulla. È accompagnato di solito da patate e purè di tuberi.
Traccia n. 2
Il borbottio della cuccuma giunse a puntino.
Peder Olsen aveva appena terminato di deporre le fettine di cetriolo tagliate alla julienne sulle uova sode; il salmone che ricopriva il pane di segale imburrato emanava un profumo intenso, proprio come piaceva a lui: sì, era uno smørrebrød1 perfetto, ottimo per iniziare una giornata che si preannunciava impegnativa.
Afferrò la tazza di ceramica e si diresse verso i fornelli, versò il liquido nero e fumante, aggiunse un po' di latte dal bricco al centro della tavola e si sedette per gustare la colazione preferita. Opportunamente silenziata, la tv rimandava immagini di tavole natalizie imbandite: mancava una settimana a Natale e i programmi che esaltavano i piatti della tradizione norvegese già si sprecavano. Peder grugnì, addentando l'ultimo pezzo di pane; con le dita grassocce ancora sporche di maionese, prese il sigaro che la sera prima aveva fumato soltanto a metà e lo accese. Bastarono un paio di boccate perché si formasse una densa nuvoletta grigiastra che rimase a gravitare in sospensione sopra la tavola. Peder trangugiò l'ultima sorsata di caffè e si alzò per andare a socchiudere la finestra.
La neve caduta un paio di sere prima aveva resistito ai deboli raggi solari del pomeriggio precedente: ne rimanevano ancora due dita ad ammantare i pochi metri quadrati del giardinetto. In quel biancore assoluto risaltava la cassetta postale rossa fiammante con tanto di renna posticcia appiccicata sulla cupolina, un anacronistico lascito del professore in pensione che gli aveva affittato la villetta.
Dalla feritoia spuntava un foglietto giallo che sbatacchiava qua e là, sospinto dalla brezza gelida.
Sarà la solita pubblicità del cazzo, si disse Peder.
Alla fine si decise; afferrò il pastrano dall'attaccapanni, se lo gettò sulle spalle e uscì a vedere di cosa si trattasse. La neve gelata scricchiolò sotto i piedi mentre percorreva i pochi metri che lo separavano dalla cassetta.
Era un foglio di quaderno, ricoperto da una calligrafia infantile e pieno di cancellature. Mentre rientrava iniziò a leggere saltando da una riga all'altra e la primitiva smorfia di stupore si trasformò in un sorriso.
Caro Santa Klaus,
che lo so che sei tu e sono una bambina fortunata a vivere vicino a te. Ma forse non mi conosci anche se tu sicuramente conosci tutti i bambini...
Io mi impegno sempre a fare la brava...
Ci sono tante cose che vorrei... sono sicura che tu conosci tantissimi regali...
Allora vorrei una sorpresissimissima...
Peder richiuse la porta di casa e si lasciò cadere sulla poltrona. Il sorriso cedette il posto a un riso sguaiato. Tenendosi il pancione, rideva a crepapelle e non riuscì a trattenere le lacrime. Poi accadde che il cetriolo e l'aneto dello smørrebrød si unirono a formare una miscela esplosiva e un rutto potente surclassò la risata di pochi istanti prima.
Oh, sì: avrai la tua sorpresissimissima, cara bimba. Ci puoi giurare! pensò alzandosi in piedi.
Si diresse verso l'armadio e lo aprì. Sfilò dalla gruccia la palandrana rossa che gli fasciava un po' sui fianchi e prese da un cassetto la barba bianca e il berretto rosso bordato di pelliccia; indossò il tutto e quindi si rimirò allo specchio. Due noci per gonfiare le gote e Santa Klaus era pronto per un'escursione.
Uscì di casa fischiettando una stonatissima Jingle bells.
Le ultime note del Concerto di Natale si affievolirono. Emil Nordberg depose nel piatto le costolette di agnello fumanti, avanzate dal pinnekjøtt2 della cena della vigilia; sua sorella Agnethe le aveva strappate dalle mani dei figli appena in tempo, prima che prendessero il volo; con quelle, e il pudding di riso che lo attendeva in frigorifero, il pranzo della festa era assicurato. Versò un goccio di acquavite nel bicchiere decorato da renne col pompon, regalo della nipotina, e si sedette.
Non fece in tempo a prendere in mano la forchetta: il campanello di casa squillò due volte di fila.
«E che cavolo...»
Anche il povero Emil ha diritto a qualche giorno di riposo.
L'avvocato Ivar Sandvig, bontà sua, avrebbe trascorso le feste in famiglia e a lui non sarebbe toccato seguirlo nei locali più malfamati di Bergen, per poi fare rapporto alla moglie che voleva rovinarlo nella causa di divorzio; dunque, chi poteva venire a rompere le scatole proprio il giorno di Natale? Sbuffando si alzò e andò a origliare allo spioncino.
Dapprima non vide nessuno; pensando a uno scherzo stupido stava già per rimettersi a tavola, quando una manina gli si parò sulla sinistra del campo visivo e il campanello trillò altre due volte. Si alzò in punta di piedi e sbirciò in giù.
Dora, la figlia dei vicini: una coppia di musicisti rock sempre in giro per il mondo. Doveva avere eluso la sorveglianza della governante per l'ennesima volta. Graziosissima, per carità, ma petulante come pochi; anche se avesse finto di non essere in casa quella avrebbe continuato imperterrita.
A conferma della sua supposizione udì un'altra scampanellata.
E va be'...
Si rassegnò ad aprire e subito una matassa di capelli biondo oro gli sfilò sotto il mento.
«Sei tu quello che manda in prigione i cattivi, vero?» chiese la bimba, agitatissima.
Dieci anni fa, magari.
«Devi venire subito» disse la piccola prendendolo per il polsino della giacca, senza dargli il tempo di rispondere.
«Cosa succede? Ti hanno forse rubato una bambola?»
La bimba lo fissò con un'espressione dubbiosa, forse chiedendosi se avesse sbagliato a rivolgersi a lui.
«Hanno rapito Santa Klaus!» esclamò poi, strattonandolo ancora più forte.
Ecco, mi mancava.
«Ah, sì? Ma è un crimine orrendo!» esclamò, gettando un'occhiata desolata alle costolette che si stavano raffreddando. «E tu come lo hai saputo?»
«Che non ti sei accorto che vive proprio di fianco a casa mia? Lo vedo sempre dalla finestra quando si mette il costume!»
Emil la osservò, stralunato. Gli ci volle un minuto buono per capire: la bimba doveva alludere a quel tipo anzianotto, più largo che alto, che da un paio di mesi aveva preso in affitto la villetta del professor Stromberg, quando il vecchio aveva scelto di trasferirsi in una casa di riposo. La proprietaria del minimarket all'angolo gli aveva detto che l'uomo passava il mese di dicembre a fare il figurante come Santa Klaus nel centro commerciale a Bryggen. «Con quella corporatura è proprio il tipo adatto» si ricordò di averle risposto distrattamente.
«Sì, certo che lo so» disse cercando di darsi un contegno. «Ma perché dici che l'hanno rapito?»
«Perché ieri sera dopo cena l'ho visto tornare con un altro Santa Klaus, che però non era mica quello vero, lui era alto e magro. Mi sa che era uno che lo doveva aiutare perché avevano ancora una sporta grande, piena di regali.»
Di sicuro un altro figurante, si disse Emil. «Sì, e allora?»
«E allora stamattina quando mi sono alzata non c'era la mia sorpresissimissima nel caminetto! Neanche un pacchetto piccolo, capito? Io gli avevo messo la letterina nella cassetta già da diversi giorni, non può essersi scordato di me! C'erano solo i regali del papà e della mamma, che quelli me li ha dati la tata. Una bambola e una costruzione del Lego, le solite cose uffa! Io voglio la mia sorpresissimissima.»
Che accidenti poteva fare adesso, senza togliere alla piccola l'illusione più bella dell'infanzia?
«Sai, ho sentito dire che quest'anno c'erano tanti bimbi a cui portare i regali» provò a dire, «di sicuro Santa Klaus era troppo stanco e si è addormentato. Vedrai che la tua sorpresa arriverà domattina.»
«No, no, no! Santa Klaus non si addormenta, qualcuno lo ha rapito! È stato di sicuro quello brutto e cattivo vestito come lui!» gridò la bambina e scoppiò in un pianto dirotto, iniziando a tempestarlo di pugni sul petto.
Emil gettò uno sguardo preoccupato a destra e a sinistra; ci mancava solo che qualche passante chiamasse la polizia accusandolo di maltrattare una bambina.
«Calmati, non fare così! Dov'è la signorina Birgit?»
«Sta dormendo la messa in tv» rispose la piccola, tirando su col naso.
Povera Dora, con due genitori sbiellati per il rock e una vecchia governante prossima all'ottantina, che ormai avrebbe bisogno di assistenza lei stessa. Fortuna che questo è un posto tranquillo, dove non accade mai nulla.
«Senti, non piangere. Adesso andiamo a vedere cosa è successo a Santa Klaus» disse.
Scalciò le ciabatte, infilò le scarpe che teneva accanto alla porta e si avviò, mano nella mano con la bimba, senza nemmeno infilare il giaccone. Tanto sono appena ottanta metri.
Dora era impaziente e si sarebbe messa a correre se lui non l'avesse tenuta. Il cancello era accostato; passarono davanti alla cassetta postale: un modello di almeno trent'anni prima, con delle curiose renne applicate sulla sommità. Sulla facciata non c'erano finestre, soltanto la porta d'ingresso sormontata da un terrazzino al primo piano. La tintura dei muri era screpolata e il piccolo giardino pareva abbandonato a se stesso.
Emil suonò. Due, tre volte, senza ottenere risposta.
«Vedi? Te l'avevo detto che stava riposando.»
Ma la bambina non intendeva ragioni e riprese a frignare.
Se Dora lo vedeva dalla sua stanza dovevano esserci delle finestre lungo la fiancata. Emil girò sul lato della villetta; stretto tra una fila di alberi spogli e la costruzione, c'era un camminamento ricoperto di neve ormai sciolta, una poltiglia grigiastra dove le scarpe affondavano. La bimba gli stava dietro e lo tirò per la giacca: con un ditino puntato verso l'alto gli indicò un bovindo al primo piano della casa accanto.
«È la tua cameretta, quella?»
La piccola gli sorrise e fece segno di sì.
Emil passò in rassegna le finestre sul fianco della casa di Santa Klaus; ce n'erano tre. La prima era oscurata da un pesante tendaggio, quindi avanzò; le tende della seconda erano tirate a metà. Si appiattì contro il vetro e sbirciò all'interno. La luce era scarsa; intravide un salotto con un mobilio di foggia antiquata, un televisore altrettanto datato e un ficus dall'aspetto malaticcio. Schermando il riflesso con la mano riuscì a distinguere un tavolo rotondo e un carrello porta liquori; niente di anormale, insomma.
Be', non del tutto: i piedi che spuntavano dietro al divano normali non lo erano proprio. Riconobbe degli scarponcini bordati di pelliccia: Santa Klaus doveva avere esagerato con la vodka.
La bimba gli tirò ancora la giacca. «Allora, lo vedi?» gli chiese.
«Sembra che non ci sia nessuno» mentì lui mentre si spostava verso la terza finestra, da dove la visuale doveva essere migliore.
Il problema non era l'alcol, ma la ferita alla tempia sinistra da cui era uscito un rivolo di sangue ormai secco.
Merda! E adesso?
«Allora? Allora?» strillò la bimba.
Si voltò. Dora lo fissava con il visino all'insù e gli occhi sgranati. Emil sentì dei rivoli di sudore freddo corrergli lungo la schiena.
«Allora avevi ragione, lo hanno rapito. Adesso andrò a liberarlo, ma tu devi correre subito a casa, mi hai capito?»
«Domani potrò avere la mia sorpresissimissima?» chiese lei, con lo sguardo che le brillava.
«Certo, ma solo se farai la brava. Corri a casa, sveglia la signorina Birgit e chiudetevi in casa.»
Fuori di sé dalla gioia la bimba fece segno di sì. Emil le fece ripetere tutto ciò che doveva fare e solo allora le disse: «Va', adesso!».
La seguì con gli occhi mentre correva via: erano pochi metri soltanto e poi il sangue era secco. Chi aveva ridotto Santa Klaus in quel modo doveva essersene andato da un pezzo.
Quando sentì il portone della villetta accanto sbattere iniziò a rilassarsi. Si appoggiò alla parete della casa, estrasse il cellulare e compose il 112.
Spiegò all'operatore che c'era una probabile vittima di aggressione e quello gli disse di rimanere in linea. Ci fu un attimo di silenzio.
«Commissario Dahlstrøm» disse una voce cavernosa.
«Agnar? Che ci fai in servizio la mattina di Natale?»
«Emil?» rispose quello che era stato il suo allievo prediletto alla criminale. «Sei davvero tu?»
«Certo che sono io! Non pensavo di trovarti al lavoro in una giornata come questa.»
«Lascia perdere... Tu, piuttosto: il piantone mi ha riferito di un'aggressione... Sei ferito?»
Emil iniziò a raccontare, ma già dopo poche parole l'altro lo interruppe.
«Il tuo Santa Klaus è per caso un tipo tracagnotto, sulla sessantina e con un gran pancione?»
«L'ho incrociato un paio di volte in tutto, ma mi sembra che tu l'abbia descritto alla perfezione.»
Emil lo udì inviare sul posto un'ambulanza e una pattuglia, quindi allertare una squadra della Scientifica,
«Tutto questo casino per me?»
«Di' un po': hai smesso di guardare la tv da quando sei andato in pensione e ti sei messo sulle tracce di mariti cornificatori?»
«Oggi ho seguito il Concerto di Natale, ma se ti riferisci a ieri sera avevo ospiti mia sorella, il marito e i tre figli: facevano già abbastanza confusione loro, non mi sembrava il caso di accendere il televisore. Mi sono perso forse l'ennesima trasmissione de “La storia infinita”?»
«Ti sei perso la notizia dell'assalto al centro commerciale di Bryggen: due malviventi travestiti da Santa Klaus hanno razziato tutto l'incasso della vigilia e sono fuggiti sparando a una guardia giurata. Credo proprio fossero i due che ha visto la bambina; dentro il sacco non c'erano i regali di Natale... Poi immagino che quello magro abbia deciso di liberarsi di un complice troppo ingombrante, in tutti i sensi!» disse Agnar, accompagnando le ultime parole con una risatina.
Emil sussurrò una frase di congedo e spense il cellulare, proprio mentre udiva in lontananza la prima sirena avvicinarsi.
Non ci trovava proprio nulla da ridere, lui. Era un gran brutto Natale: c'era chi aveva perso la vita e chi aveva perso il denaro.
E una bambina avrebbe perso presto l'innocenza.
Note:
1È un lungo panino “aperto”, tipico di tutta la Scandinavia. La base è il pane di segale imburrato, che si può ricoprire con pesce (salmone, aringhe, anguille), carne (paté di fegato, arrosto di manzo o di prosciutto), verdure e spezie varie (insalata, cipolla, erba cipollina, aneto, pomodoro), uova sode, formaggio, avocado...2 Pinnekjøtt (letteralmente “carne su rami”) sono costolette di montone salate ed essiccate, chiamate così per il metodo tradizionale con cui viene preparato il piatto, cotto sopra rametti di betulla. È accompagnato di solito da patate e purè di tuberi.