Gente perbene
Posted: Sat Oct 02, 2021 4:52 pm
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E’ una mattina come tante: Antonino Serra cammina a passo lento, ogni tanto guarda il cielo d’autunno, gli uccelli disegnano strane geometrie di volo e le nuvole paiono colorarsi di foglie. Come sempre attraversa il parco, il verde lo distende, respira a pieni polmoni l’aria che scende muovendo i rami delle piante. Sosta al solito bar, sua moglie Teresa è una brava donna, però il caffè proprio non lo sa fare, ma guai a dirlo potrebbero nascere discussioni, pianti, e poi adesso che è incinta non è proprio il caso. Appena arriva in caserma incontra i suoi uomini, una squadra costruita a sua immagine e somiglianza, con l’unica meta di finire imboscati negli uffici. Da anni chiedeva di essere passato dalla strada agli uffici, ma c’era sempre chi per conoscenze più alte delle sue o per altre strade riusciva a trovare il modo di soffiargli la comoda sedia. Vent’anni di duro servizio ed era questa la ricompensa e allora da tempo si comportava di conseguenza mettendo sempre il meno davanti alla parola fatica. Antonino guarda la foto appesa nell’armadietto di Teresa e di lui con un ciuffo improbabile in vacanza in Grecia. Quelli erano bei tempi, Teresa aveva vent’anni, avevano sogni che però si erano infranti sugli scogli della realtà: si diventa grandi lacerati dalle scelte non fatte, sugli errori senza appello, senza accorgersene il tempo si dilegua mentre si materializzano le cambiali, i mutui da pagare e così si accetta quello che la vita ti mette davanti. Alla fine si era rassegnato ed era diventato quello che era suo padre, un carabiniere.
- Maresciallo, bisogna andare, Il Capitano Malesani ha detto che c’è una grana all’Ospedale Centrale, hanno preso degli ostaggi. –
Il maresciallo si guarda un’ultima volta: - E noi che c’entriamo, siamo di pattuglia?-
- Sono tutti fuori, c’è una manifestazione e c’è bisogno uomini. -
Questa è una grana, si sente l’odore di marcio da lontano, ma lui è di lungo corso, troverà il modo per eclissarsi. Prima cosa mai discutere gli ordini basta solo sabotarli ed è fatta. I suoi uomini gli danno una mano, sono impiegati con la divisa e con il sedere plasmato sul divano di casa loro.
Appena giunge al parco macchine è pronto per mettere in atto la sua idea, ma si trova davanti il Capitano Malesani.
- Forza maresciallo, ci sono degli ostaggi che hanno bisogno di voi.-
Il piano di sabotaggio è saltato, cambio di programma meglio passare al dialogo: - Capitano i miei uomini non sono preparati.-
Malesani ha due occhi che portano alla deriva ogni speranza: - Le ho dato altri due uomini, Palmisano e Palmieri, due ottimi elementi .-
Serra li conosce bene, sono due fanatici ambiziosi pronti a tutto per mettersi evidenza.
- Questo è un lavoro per una squadra di specialisti.-
-Sono già stati allertati, ma c’è il problema di questi scalmanati che mettono bombe carta nei cestini io non ci conterei se non che tra due ore. Lei è il più alto in grado, svolga il compito nel migliore dei modi e faccia onore alla divisa che indossa –
A Serra Antonino non resta che dire “Sissignore”, di suo sa bene che quando si arriva a tirar fuori l’onore e la divisa ogni replica è inutile. Se stamattina alzandosi l’avesse subdorato si sarebbe dato malato, ma con i se e i ma è impossibile fare i conti, sarebbe come vincere la lotteria sapendo prima il risultato. Nel blindato Serra guarda i suoi uomini con il giubbotti antiproiettile: è la prima volta che li vede come dei carabinieri. Nessuno dei suoi ha molto fiato per parlare, invece Palmisano e Palmieri parlano continuamente, tra animali simili si comprendono.
Si accorgono di essere arrivati perché c’è un gran numero di persone davanti l’ospedale e anche due troupe di giornalisti. Il maresciallo Serra davanti ad un microfono si sente come uno studente che affronta per la prima volta la maturità. Da sempre quando è teso comincia a balbettare perciò evita con maestria i giornalisti dimostrando una buona capacità nel dribbling. La verità costa tanto, non è per niente economica esige un prezzo elevato per chi la dice e per chi la scrive. Entrato in ospedale parla con la centrale, gli ordini sono che deve intervenire solo nel caso di grave pericolo. L’attesa non è cosa difficile c’è solo da guardare l’orologio, ma parlare con il sequestratore è altra cosa. I suoi uomini lo guardano mentre chiede il megafono ad un agente.
Intanto la caposala del reparto, una donna massiccia con dei lineamenti regolari, cerca di dargli il quadro della situazione.
- L’uomo tiene in ostaggio tre persone, si chiama Tullio Soriani, si è barricato nella sala operatoria; suo figlio Alessio è stato da poco operato. -
Serra beve un sorso d’acqua.
- Chi sono gli ostaggi ?-
La caposala risponde a bassa voce: - Sono l’infermiere Fanti, Don Carlo, il cappellano dell’ospedale e il Professor Diamanti, il primario. –
Il maresciallo cerca di radunare i pensieri, questa non è roba per lui, è un problema che non sa da che parte trattare. La caposala ha due occhi che sembrano sempre correre: - Siamo certi dell’arma visto che l’ha sottratta a Mino il sorvegliante.- Poi si blocca, il viso torna ad assumere un certo distacco, ma i suoi occhi paiono avere voce e indicano un uomo seduto con la testa abbassata come se il peso dei pensieri meritasse il sostegno delle mani.
- E’ lui?- La caposala annuisce e il maresciallo si avvicina all’uomo.
- Scusi, prima ho detto se qualcuno sa qualcosa si faccia avanti, forse non mi ha sentito - Senza attendere la risposta continua: - E’ a lei che hanno sottratto la pistola?-
Il sorvegliante alza la testa e annuisce, Il maresciallo chiama il suo attendente che prende nota.
- Mi può dire il calibro della sua pistola ?-
La guardia dice a bassa voce: - Calibro 22. Mi ha preso alle spalle, è stato veloce, un fulmine. Mi chiamo Mino Torriani e faccio la guardia giurata in questo ospedale da più di vent’anni e non è mai capitato nulla. - il sorvegliante sembra un cartone animato, statura media con un corpo che pare esploso, anni di noncuranza ingurgitando merendine , primi, secondi e qualsiasi cosa di dolce preso alla mensa dell’ospedale. Seduto come se stesse affondando su se stesso sa che la cosa solo con un intervento divino potrebbe finire bene.
Il maresciallo continua: -In che modo siete venuti in contatto? -
Prima di rispondere tossisce due volte: - Mi aveva chiesto di farlo entrare in sala operatoria, glielo ho impedito poi si è calmato. Aveva il figlio in sala operatoria, ma credo sia morto, ho sentito dire che era pieno di droghe.-
Il maresciallo lo guarda: - Queste sono cose da dire con delicatezza, è pur sempre un padre, glielo ha detto un dottore o qualcun altro?-
- Può anche essere che abbia sentito qualche voce dire che il figlio era morto, mi ha messo perfino dei soldi in tasca, ma io non li volevo, vuole che glieli consegno?-
Il maresciallo chiama un agente che prende in consegna i soldi dati dal sorvegliante. La caposala si morde le labbra, sa bene che chi ha davanti per i soldi si venderebbe anche un rene. Il maresciallo ha ora un tono severo.
- Comunque le ho fatto una domanda precisa, sa chi gli ha detto che il figlio era morto?-
La guardia finge di non capire e si asciuga il sudore che gli cola dalla fronte.
-Sa qui parlano un po’ tutti, magari senza farlo apposta spesso per colpa della stanchezza non ci si accorge di dire quello che non si dovrebbe. -
Serra si allontana e Palmisano lo avvicina per chiedere se sia il momento di agire, lui lo attraversa con lo sguardo e vede in quegli occhi color vetro lo stesso sguardo di un pesce appena pescato sul banco del mercato.
- Dammi il megafono, voglio prima parlarci.-
Il maresciallo si avvicina alla porta, attorno ci sono gli agenti che si aspettano che lui sappia come agire. Ora deve trovare le giuste parole, essere deciso, non balbettare, si ripete mentalmente un suo discorso.
-Signor Soriani sono il maresciallo Serra, possiamo parlare?-
La risposta non arriva, dall’altra parte della porta c’è un silenzio che ghiaccia il cuore. Il maresciallo ci riprova: - Sono il maresciallo Serra, voglio solo parlare.-
Stavolta si sente una voce rauca urlare.
- Se vuole una spiegazione per il mio comportamento l’avrà a momenti con la confessione scritta di suo pugno del Diamanti, l’ha scritta e firmata. -
Il maresciallo resta un attimo perplesso poi riprende il megafono.
- Se vuole la vengo a prendere.-
- Mi ha preso per un cretino? Non si muova o sparo. –
Qualcuno dei suoi uomini prova a suggerire qualcosa, ma se deve sbagliare é meglio farlo da sé.
- Saprà che quel pezzo di carta firmato vale come una moneta di cioccolata. - Soriani non risponde, ma il maresciallo lo incalza: - Dal punto di vista legale il suo foglio sottoscritto sotto minaccia non vale nulla a meno che non lo sottoscriva davanti ad un pubblico ufficiale.-
Ecco nel silenzio che pesa come un dolore uscire la voce rauca di Soriani: - Uno solo di voi può entrare, ma vi avverto se fate i furbi uccido tutti. –
Serra sente correre il freddo vicino al cuore, ma risponde: - Ok, ci dia il tempo di organizzarci.-
- Tre minuti, non un secondo di più o ne ammazzo uno.-
A megafono spento Serra guarda gli uomini e Palmisano si propone mentre la squadra lo guarda con ammirazione e uno addirittura gli sussurra “ bravo”.
Sono già passati due minuti, Palmisano si avvicina alla porta.
“ Mi vuole fregare, vuole far la parte dell’eroe. Tornerà in caserma e il maresciallo diventerà il maresciallo Serra detto o’ Fifone, che poi è la verità ma non si può dire.” Serra ha paura e piuttosto che essere dov’è preferirebbe avere un braccio o una gamba rotta, ma la verità disturba i sonni, dunque bisogna affiancarci qualcosa di meno soffocante.
- Io sono il più alto in grado, vado io.- Gli uomini spalancano gli occhi, il maresciallo Serra aveva una riserva di coraggio che nessuno s’aspettava.
Si toglie l’arma d’ordinanza, apre la porta e urla: - Sto entrando, sono il maresciallo Serra non spari.- Quando la porta si richiude dietro alle sue spalle si sente come un acrobata che ha perso l’equilibrio. Soriani esce dalla sala operatoria: è un uomo come lui normale nel viso, nel corpo , gli occhi sono molto chiari, trasparenti come i vetri di un bicchiere appena pulito. Ha con sé il professore, gli punta la pistola alla tempia, gli altri sono legati ma stanno bene.
- Legga poi firmi e chieda al professore le tre domande che ho scritto in basso.-
Serra legge: - Professor Diamanti ventidue anni fa conosceva la signora Carla Soriani? –
- Si, era una mia dipendente.-
- Professor Diamanti ha avuto una relazione con la sua dipendente?-
Il volto del Professore sembra avere una paresi.- Cosa intende per relazione?-
Soriani esplode tirandogli una sberla in faccia. - Parla, non fare il furbo.-
- Si lo ammetto, ho avuto una relazione con la suddetta signora.-
Serra legge nella mente l’ultima domanda poi prova ad esporla.
- Lei ha chiesto di abortire alla signora e quando non l’ha fatto l’ha licenziata?-
Diamanti è abituato a difendersi, ma stavolta incrocia gli occhi di Soriani che lo inghiottono.
- Si, le ho detto di abortire, ma lei non l’ha fatto. Erano altri tempi, io ero sposato e in reparto si cominciava a mormorare, cosi sono stato costretto a licenziarla, ma questo è successo ventuno anni fa, io non l’ho mai più sentita. Ho provato mi creda a telefonarle e sono andato anche a cercarla, ma si era resa irreperibile.- Serra gira il foglio, c’è solo un’altra parola scritta in maiuscolo, PENA.
- Ha letto dietro il foglio maresciallo? Lei che pena darebbe ad un tal uomo?-
- Io non posso giudicare, per questo c’è la legge.-
- E cosa dice la legge per un orco dalla faccia da gentiluomo che muove sempre il vento a suo favore? Io quella donna l’ho sposata che era già incinta, mi sono preso la responsabilità di questo porco mi capisce, mi dica per lei quale sarebbe la giusta pena?-
- La legge dice che ci vogliono le prove, se lei ha le prove di quello che asserisce può stare sicuro che sarà tutelato.-
-Basterebbe solo fare l’esame del DNA, ma ora non ha più senso . Alessio dopo la morte di sua mamma non si è ripreso. Carla aveva un tumore che l’ha divorata in sei mesi.-
- Io la comprendo, ma così facendo cosa vuole ottenere?-
- Niente, solo avere un po’ meno dolore. –
Il cappellano cerca di intervenire, ma Soriani lo colpisce con un calcio poi di colpo slega e ordina di uscire ai due ostaggi che lo guardano con terrore timorosi che possa sparare. Il prete si alza e comincia a pregare e con la testa bassa entrambi escono dalla stanza. Appena escono fuori Palmisano li accoglie e un’infermiera porta di corsa due caffè.
- Dovete intervenire è fuori controllo. –
-Io prego anche per lui e per la sua anima, ma quel povero maresciallo e il professore sono in pericolo di vita.-
Intanto dentro Soriani colpisce sempre più forte il professor Diamanti, poi guarda Serra.
-Maresciallo è il suo momento, lei diventerà un eroe, ma non si scordi, prometta di parlare a tutti di mio figlio Alessio, è lui il vero eroe non lei. E’ pronto?-
Serra lo guarda, il professore è privo di sensi, Soriani lo alza, lo porta vicino alla finestra e la apre.
-Ora lo butto giù.-
-Fermo!- urla Serra.
-Ce la può fare- e così dicendo gli getta la pistola. -Io sono pronto, spari. Mi raccomando alla testa o lo getto dalla finestra.-
- Io non ho mai sparato a nessuno.-
Soriani si avvicina alla finestra e prende Diamanti che, magro come una biro, viene sollevato. Serra punta la pistola, gli intima di fermarsi poi spara e lo colpisce. In un attimo è sull’uomo ormai esamine. Diamanti è in una pozza di sangue, ma pare salvo. Tutto poi si confonde: Serra viene allontanato, è bianco, i suoi uomini lo attorniano, sente il cuore che batte a ritmo di rumba.
In caserma tutti lo circondano, perfino il Capitano Malesani va a stringergli la mano. A casa Teresa piange e lo abbraccia e lo coccola come se fosse Natale. Dopo un mese il premio dalle mani del sindaco. Il professor Diamanti si è ritirato nella sua casa di campagna, ogni tanto si sentono come due reduci per telefono. Come tradizione vuole ha preso il suo posto il figlio legittimo. La confessione era rimasta in mano a Serra, aveva fatto appena in tempo a metterla in tasca prima che entrassero quelli della squadra speciale: Il professore non ne ha parlato e lui perché avrebbe dovuto farlo, erano cose sue private. Per un po’ l’ha tenuta nascosta nella tasca interna, aveva quasi paura a buttarla per scaramanzia, poi Teresa ha mandato la giacca in tintoria e come al solito altri hanno deciso per lui. E’ nato anche suo figlio , ha cambiato casa e Teresa ha trovato subito il modo d’investire l’aumento di stipendio in comodità, in qualcosa simile al lusso. Dopo due anni il bilancio è più che positivo : interviste ,due apparizioni televisive nelle quali ha riscosso una grande simpatia scoprendo che anche la sua leggera balbuzie fa tenerezza e dunque audience. Un suo amico gli ha chiesto perché non scrivesse un libro. Il maresciallo ci sta pensando, alla fine lo fanno i calciatori, le soubrette perché non dovrebbe farlo lui. Qualche volta la notte si sveglia, guarda il soffitto bianco appena rifatto, il suo mondo è questo, una bella casa, una moglie che prende chili e si lamenta con le amiche, attorniato da gente come lui attaccata al filo della vita che vivono senza crearsi dubbi e non urlano mai contro il vento. Tutte persone considerate brava gente che non muovono mai troppo l’aria per non staccare le finte stelle che brillano come statue sui loro muri.
E’ una mattina come tante: Antonino Serra cammina a passo lento, ogni tanto guarda il cielo d’autunno, gli uccelli disegnano strane geometrie di volo e le nuvole paiono colorarsi di foglie. Come sempre attraversa il parco, il verde lo distende, respira a pieni polmoni l’aria che scende muovendo i rami delle piante. Sosta al solito bar, sua moglie Teresa è una brava donna, però il caffè proprio non lo sa fare, ma guai a dirlo potrebbero nascere discussioni, pianti, e poi adesso che è incinta non è proprio il caso. Appena arriva in caserma incontra i suoi uomini, una squadra costruita a sua immagine e somiglianza, con l’unica meta di finire imboscati negli uffici. Da anni chiedeva di essere passato dalla strada agli uffici, ma c’era sempre chi per conoscenze più alte delle sue o per altre strade riusciva a trovare il modo di soffiargli la comoda sedia. Vent’anni di duro servizio ed era questa la ricompensa e allora da tempo si comportava di conseguenza mettendo sempre il meno davanti alla parola fatica. Antonino guarda la foto appesa nell’armadietto di Teresa e di lui con un ciuffo improbabile in vacanza in Grecia. Quelli erano bei tempi, Teresa aveva vent’anni, avevano sogni che però si erano infranti sugli scogli della realtà: si diventa grandi lacerati dalle scelte non fatte, sugli errori senza appello, senza accorgersene il tempo si dilegua mentre si materializzano le cambiali, i mutui da pagare e così si accetta quello che la vita ti mette davanti. Alla fine si era rassegnato ed era diventato quello che era suo padre, un carabiniere.
- Maresciallo, bisogna andare, Il Capitano Malesani ha detto che c’è una grana all’Ospedale Centrale, hanno preso degli ostaggi. –
Il maresciallo si guarda un’ultima volta: - E noi che c’entriamo, siamo di pattuglia?-
- Sono tutti fuori, c’è una manifestazione e c’è bisogno uomini. -
Questa è una grana, si sente l’odore di marcio da lontano, ma lui è di lungo corso, troverà il modo per eclissarsi. Prima cosa mai discutere gli ordini basta solo sabotarli ed è fatta. I suoi uomini gli danno una mano, sono impiegati con la divisa e con il sedere plasmato sul divano di casa loro.
Appena giunge al parco macchine è pronto per mettere in atto la sua idea, ma si trova davanti il Capitano Malesani.
- Forza maresciallo, ci sono degli ostaggi che hanno bisogno di voi.-
Il piano di sabotaggio è saltato, cambio di programma meglio passare al dialogo: - Capitano i miei uomini non sono preparati.-
Malesani ha due occhi che portano alla deriva ogni speranza: - Le ho dato altri due uomini, Palmisano e Palmieri, due ottimi elementi .-
Serra li conosce bene, sono due fanatici ambiziosi pronti a tutto per mettersi evidenza.
- Questo è un lavoro per una squadra di specialisti.-
-Sono già stati allertati, ma c’è il problema di questi scalmanati che mettono bombe carta nei cestini io non ci conterei se non che tra due ore. Lei è il più alto in grado, svolga il compito nel migliore dei modi e faccia onore alla divisa che indossa –
A Serra Antonino non resta che dire “Sissignore”, di suo sa bene che quando si arriva a tirar fuori l’onore e la divisa ogni replica è inutile. Se stamattina alzandosi l’avesse subdorato si sarebbe dato malato, ma con i se e i ma è impossibile fare i conti, sarebbe come vincere la lotteria sapendo prima il risultato. Nel blindato Serra guarda i suoi uomini con il giubbotti antiproiettile: è la prima volta che li vede come dei carabinieri. Nessuno dei suoi ha molto fiato per parlare, invece Palmisano e Palmieri parlano continuamente, tra animali simili si comprendono.
Si accorgono di essere arrivati perché c’è un gran numero di persone davanti l’ospedale e anche due troupe di giornalisti. Il maresciallo Serra davanti ad un microfono si sente come uno studente che affronta per la prima volta la maturità. Da sempre quando è teso comincia a balbettare perciò evita con maestria i giornalisti dimostrando una buona capacità nel dribbling. La verità costa tanto, non è per niente economica esige un prezzo elevato per chi la dice e per chi la scrive. Entrato in ospedale parla con la centrale, gli ordini sono che deve intervenire solo nel caso di grave pericolo. L’attesa non è cosa difficile c’è solo da guardare l’orologio, ma parlare con il sequestratore è altra cosa. I suoi uomini lo guardano mentre chiede il megafono ad un agente.
Intanto la caposala del reparto, una donna massiccia con dei lineamenti regolari, cerca di dargli il quadro della situazione.
- L’uomo tiene in ostaggio tre persone, si chiama Tullio Soriani, si è barricato nella sala operatoria; suo figlio Alessio è stato da poco operato. -
Serra beve un sorso d’acqua.
- Chi sono gli ostaggi ?-
La caposala risponde a bassa voce: - Sono l’infermiere Fanti, Don Carlo, il cappellano dell’ospedale e il Professor Diamanti, il primario. –
Il maresciallo cerca di radunare i pensieri, questa non è roba per lui, è un problema che non sa da che parte trattare. La caposala ha due occhi che sembrano sempre correre: - Siamo certi dell’arma visto che l’ha sottratta a Mino il sorvegliante.- Poi si blocca, il viso torna ad assumere un certo distacco, ma i suoi occhi paiono avere voce e indicano un uomo seduto con la testa abbassata come se il peso dei pensieri meritasse il sostegno delle mani.
- E’ lui?- La caposala annuisce e il maresciallo si avvicina all’uomo.
- Scusi, prima ho detto se qualcuno sa qualcosa si faccia avanti, forse non mi ha sentito - Senza attendere la risposta continua: - E’ a lei che hanno sottratto la pistola?-
Il sorvegliante alza la testa e annuisce, Il maresciallo chiama il suo attendente che prende nota.
- Mi può dire il calibro della sua pistola ?-
La guardia dice a bassa voce: - Calibro 22. Mi ha preso alle spalle, è stato veloce, un fulmine. Mi chiamo Mino Torriani e faccio la guardia giurata in questo ospedale da più di vent’anni e non è mai capitato nulla. - il sorvegliante sembra un cartone animato, statura media con un corpo che pare esploso, anni di noncuranza ingurgitando merendine , primi, secondi e qualsiasi cosa di dolce preso alla mensa dell’ospedale. Seduto come se stesse affondando su se stesso sa che la cosa solo con un intervento divino potrebbe finire bene.
Il maresciallo continua: -In che modo siete venuti in contatto? -
Prima di rispondere tossisce due volte: - Mi aveva chiesto di farlo entrare in sala operatoria, glielo ho impedito poi si è calmato. Aveva il figlio in sala operatoria, ma credo sia morto, ho sentito dire che era pieno di droghe.-
Il maresciallo lo guarda: - Queste sono cose da dire con delicatezza, è pur sempre un padre, glielo ha detto un dottore o qualcun altro?-
- Può anche essere che abbia sentito qualche voce dire che il figlio era morto, mi ha messo perfino dei soldi in tasca, ma io non li volevo, vuole che glieli consegno?-
Il maresciallo chiama un agente che prende in consegna i soldi dati dal sorvegliante. La caposala si morde le labbra, sa bene che chi ha davanti per i soldi si venderebbe anche un rene. Il maresciallo ha ora un tono severo.
- Comunque le ho fatto una domanda precisa, sa chi gli ha detto che il figlio era morto?-
La guardia finge di non capire e si asciuga il sudore che gli cola dalla fronte.
-Sa qui parlano un po’ tutti, magari senza farlo apposta spesso per colpa della stanchezza non ci si accorge di dire quello che non si dovrebbe. -
Serra si allontana e Palmisano lo avvicina per chiedere se sia il momento di agire, lui lo attraversa con lo sguardo e vede in quegli occhi color vetro lo stesso sguardo di un pesce appena pescato sul banco del mercato.
- Dammi il megafono, voglio prima parlarci.-
Il maresciallo si avvicina alla porta, attorno ci sono gli agenti che si aspettano che lui sappia come agire. Ora deve trovare le giuste parole, essere deciso, non balbettare, si ripete mentalmente un suo discorso.
-Signor Soriani sono il maresciallo Serra, possiamo parlare?-
La risposta non arriva, dall’altra parte della porta c’è un silenzio che ghiaccia il cuore. Il maresciallo ci riprova: - Sono il maresciallo Serra, voglio solo parlare.-
Stavolta si sente una voce rauca urlare.
- Se vuole una spiegazione per il mio comportamento l’avrà a momenti con la confessione scritta di suo pugno del Diamanti, l’ha scritta e firmata. -
Il maresciallo resta un attimo perplesso poi riprende il megafono.
- Se vuole la vengo a prendere.-
- Mi ha preso per un cretino? Non si muova o sparo. –
Qualcuno dei suoi uomini prova a suggerire qualcosa, ma se deve sbagliare é meglio farlo da sé.
- Saprà che quel pezzo di carta firmato vale come una moneta di cioccolata. - Soriani non risponde, ma il maresciallo lo incalza: - Dal punto di vista legale il suo foglio sottoscritto sotto minaccia non vale nulla a meno che non lo sottoscriva davanti ad un pubblico ufficiale.-
Ecco nel silenzio che pesa come un dolore uscire la voce rauca di Soriani: - Uno solo di voi può entrare, ma vi avverto se fate i furbi uccido tutti. –
Serra sente correre il freddo vicino al cuore, ma risponde: - Ok, ci dia il tempo di organizzarci.-
- Tre minuti, non un secondo di più o ne ammazzo uno.-
A megafono spento Serra guarda gli uomini e Palmisano si propone mentre la squadra lo guarda con ammirazione e uno addirittura gli sussurra “ bravo”.
Sono già passati due minuti, Palmisano si avvicina alla porta.
“ Mi vuole fregare, vuole far la parte dell’eroe. Tornerà in caserma e il maresciallo diventerà il maresciallo Serra detto o’ Fifone, che poi è la verità ma non si può dire.” Serra ha paura e piuttosto che essere dov’è preferirebbe avere un braccio o una gamba rotta, ma la verità disturba i sonni, dunque bisogna affiancarci qualcosa di meno soffocante.
- Io sono il più alto in grado, vado io.- Gli uomini spalancano gli occhi, il maresciallo Serra aveva una riserva di coraggio che nessuno s’aspettava.
Si toglie l’arma d’ordinanza, apre la porta e urla: - Sto entrando, sono il maresciallo Serra non spari.- Quando la porta si richiude dietro alle sue spalle si sente come un acrobata che ha perso l’equilibrio. Soriani esce dalla sala operatoria: è un uomo come lui normale nel viso, nel corpo , gli occhi sono molto chiari, trasparenti come i vetri di un bicchiere appena pulito. Ha con sé il professore, gli punta la pistola alla tempia, gli altri sono legati ma stanno bene.
- Legga poi firmi e chieda al professore le tre domande che ho scritto in basso.-
Serra legge: - Professor Diamanti ventidue anni fa conosceva la signora Carla Soriani? –
- Si, era una mia dipendente.-
- Professor Diamanti ha avuto una relazione con la sua dipendente?-
Il volto del Professore sembra avere una paresi.- Cosa intende per relazione?-
Soriani esplode tirandogli una sberla in faccia. - Parla, non fare il furbo.-
- Si lo ammetto, ho avuto una relazione con la suddetta signora.-
Serra legge nella mente l’ultima domanda poi prova ad esporla.
- Lei ha chiesto di abortire alla signora e quando non l’ha fatto l’ha licenziata?-
Diamanti è abituato a difendersi, ma stavolta incrocia gli occhi di Soriani che lo inghiottono.
- Si, le ho detto di abortire, ma lei non l’ha fatto. Erano altri tempi, io ero sposato e in reparto si cominciava a mormorare, cosi sono stato costretto a licenziarla, ma questo è successo ventuno anni fa, io non l’ho mai più sentita. Ho provato mi creda a telefonarle e sono andato anche a cercarla, ma si era resa irreperibile.- Serra gira il foglio, c’è solo un’altra parola scritta in maiuscolo, PENA.
- Ha letto dietro il foglio maresciallo? Lei che pena darebbe ad un tal uomo?-
- Io non posso giudicare, per questo c’è la legge.-
- E cosa dice la legge per un orco dalla faccia da gentiluomo che muove sempre il vento a suo favore? Io quella donna l’ho sposata che era già incinta, mi sono preso la responsabilità di questo porco mi capisce, mi dica per lei quale sarebbe la giusta pena?-
- La legge dice che ci vogliono le prove, se lei ha le prove di quello che asserisce può stare sicuro che sarà tutelato.-
-Basterebbe solo fare l’esame del DNA, ma ora non ha più senso . Alessio dopo la morte di sua mamma non si è ripreso. Carla aveva un tumore che l’ha divorata in sei mesi.-
- Io la comprendo, ma così facendo cosa vuole ottenere?-
- Niente, solo avere un po’ meno dolore. –
Il cappellano cerca di intervenire, ma Soriani lo colpisce con un calcio poi di colpo slega e ordina di uscire ai due ostaggi che lo guardano con terrore timorosi che possa sparare. Il prete si alza e comincia a pregare e con la testa bassa entrambi escono dalla stanza. Appena escono fuori Palmisano li accoglie e un’infermiera porta di corsa due caffè.
- Dovete intervenire è fuori controllo. –
-Io prego anche per lui e per la sua anima, ma quel povero maresciallo e il professore sono in pericolo di vita.-
Intanto dentro Soriani colpisce sempre più forte il professor Diamanti, poi guarda Serra.
-Maresciallo è il suo momento, lei diventerà un eroe, ma non si scordi, prometta di parlare a tutti di mio figlio Alessio, è lui il vero eroe non lei. E’ pronto?-
Serra lo guarda, il professore è privo di sensi, Soriani lo alza, lo porta vicino alla finestra e la apre.
-Ora lo butto giù.-
-Fermo!- urla Serra.
-Ce la può fare- e così dicendo gli getta la pistola. -Io sono pronto, spari. Mi raccomando alla testa o lo getto dalla finestra.-
- Io non ho mai sparato a nessuno.-
Soriani si avvicina alla finestra e prende Diamanti che, magro come una biro, viene sollevato. Serra punta la pistola, gli intima di fermarsi poi spara e lo colpisce. In un attimo è sull’uomo ormai esamine. Diamanti è in una pozza di sangue, ma pare salvo. Tutto poi si confonde: Serra viene allontanato, è bianco, i suoi uomini lo attorniano, sente il cuore che batte a ritmo di rumba.
In caserma tutti lo circondano, perfino il Capitano Malesani va a stringergli la mano. A casa Teresa piange e lo abbraccia e lo coccola come se fosse Natale. Dopo un mese il premio dalle mani del sindaco. Il professor Diamanti si è ritirato nella sua casa di campagna, ogni tanto si sentono come due reduci per telefono. Come tradizione vuole ha preso il suo posto il figlio legittimo. La confessione era rimasta in mano a Serra, aveva fatto appena in tempo a metterla in tasca prima che entrassero quelli della squadra speciale: Il professore non ne ha parlato e lui perché avrebbe dovuto farlo, erano cose sue private. Per un po’ l’ha tenuta nascosta nella tasca interna, aveva quasi paura a buttarla per scaramanzia, poi Teresa ha mandato la giacca in tintoria e come al solito altri hanno deciso per lui. E’ nato anche suo figlio , ha cambiato casa e Teresa ha trovato subito il modo d’investire l’aumento di stipendio in comodità, in qualcosa simile al lusso. Dopo due anni il bilancio è più che positivo : interviste ,due apparizioni televisive nelle quali ha riscosso una grande simpatia scoprendo che anche la sua leggera balbuzie fa tenerezza e dunque audience. Un suo amico gli ha chiesto perché non scrivesse un libro. Il maresciallo ci sta pensando, alla fine lo fanno i calciatori, le soubrette perché non dovrebbe farlo lui. Qualche volta la notte si sveglia, guarda il soffitto bianco appena rifatto, il suo mondo è questo, una bella casa, una moglie che prende chili e si lamenta con le amiche, attorniato da gente come lui attaccata al filo della vita che vivono senza crearsi dubbi e non urlano mai contro il vento. Tutte persone considerate brava gente che non muovono mai troppo l’aria per non staccare le finte stelle che brillano come statue sui loro muri.