Re: Persona non grata

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dyskolos ha scritto: Comunque, a parte queste cose banali, che sicuramente sai, in questo forum e nel vecchio WD ho visto frasi in inglese, francese, spagnolo, giapponese, sardo, ecc… e non hai mai criticato con intenti censori, come invece fai quando scrivo due paroline in siciliano. Come mai? Non ne capisco il motivo :) Il siciliano ti ha fatto qualcosa? Hai una sorta di allergia alle isole mediterranee (Sardegna esclusa, ovviamente)? Io, per dire, adoro il romagnolo e non ho allergie a Forlì. Anzi, mi piacerebbe leggere il forlivese (se esiste) :)
Il siciliano non mi ha fatto nulla, ma sai che per te ho una particolare predilezione...  :bacio:
Tornando seri almeno trenta secondi: il caso delle lingue straniere è diverso. "How are you?" non può essere scambiato per una storpiatura dell'italiano, "qual'è" invece lo è. Poi che dalle parti vostre lo usiate "fatti vostri sono"  :tze: .
Il forlivese non è una lingua (per fortuna), ma un dialetto dai suoni un po' gutturali... 
Ti regalo il passato remoto del verbo magnè (mangiare), tipico della prima coniugazione:
me a magnepp
te t magness
lo e magnett
nuitar a magnessum
vuitar  a magnest
luitar i magnett
:asd: :asd: 
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Re: Persona non grata

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Marcello ha scritto: Ti regalo il passato remoto del verbo magnè (mangiare), tipico della prima coniugazione:
me a magnepp
te t magness
lo e magnett
nuitar a magnessum
vuitar  a magnest
luitar i magnett
:asd: :asd: 
Grazie, bellissimo :)
In siciliano lo stesso sarebbe… Non te lo dico :P
:asd: :asd:

Marcello ha scritto: Il siciliano non mi ha fatto nulla, ma sai che per te ho una particolare predilezione...  :bacio:
Ricambio con affetto :bacio:

Marcello ha scritto: Tornando seri almeno trenta secondi: il caso delle lingue straniere è diverso. "How are you?" non può essere scambiato per una storpiatura dell'italiano, "qual'è" invece lo è. Poi che dalle parti vostre lo usiate "fatti vostri sono"  :tze: .
Ok, capisco. Comunque lo avevo specificato. In siciliano è diverso perché le parole "quale" e "qual" non esistono :)
In ogni caso, il regolamento non dice niente sulla lingua. Forse è il caso di specificare qualcosa, ma credo sia giusto non farlo, visto che sottolineavi che questo è un forum in lingua italiana. In Officina c'è un racconto con il titolo completamente in spagnolo. Il racconto è bellissimo, naturalmente, come bellissimi sono i tuoi. La cosa che più mi rode è che qui, oltre allo spagnolo, leggo intere frasi scritte in lingue diverse dall'italiano e non vedo nessuna censura, neppure lieve. A me però arrivano. Ma va bene così, in fondo :) 

Marcello ha scritto: Il forlivese non è una lingua (per fortuna), ma un dialetto dai suoni un po' gutturali... 
Quando leggo la parola "dialetto" penso subito: dialetto di che? Sicuramente non dell'italiano, ma probabilmente del romagnolo. Ho spesso una curiosità. Se io, con la macchina del tempo, tornassi indietro di duecento anni e atterrassi a Forlì, che lingua sentirei per strada, nei mercati, ecc…? Non credo che la gente comune parlasse in italiano nel 1822, o mi sbaglio? :)

Io considererei il romagnolo una lingua storica d'Italia e la farei patrimonio immateriale UNESCO. Lo stesso farei per le alte lingue storiche d'Italia. Per me la presenza di tante lingue in uno stato (31 oltre all'italiano, secondo Ethnologue) è una ricchezza culturale, invece si è pensato e tuttora si pensa che vadano represse perché disturbano la creazione dell'identità italiana. Per me è l'esatto contrario. Sono un sostenitore del bilinguismo, che fa anche bene al cervello: rallenta le demenze, per esempio, e poi si sa da numerosi studi (in Rete c'è un video tratto da Superquark a proposito) che conoscere una seconda lingua rende più semplice (ma la gente pensa il contrario) imparare una terza lingua, anche perché nei bilingui il cervello è abituato a sapere che le cose possono essere chiamate in almeno due modi e sa fare automaticamente la commutazione di codice. L'unico contro è l'interferenza, ma è rara e poco significativa. Inoltre è noto che i bambini bilingui sono mediamente più intelligenti dei monolingui. C'è da dire, in verità, che nel mondo moderno il monoliguismo è rarissimo.
Mi piacerebbe in Italia un bilinguismo meno verticale, in cui l'italiano non schiacci le altre lingue.
Il Sommo Misantropo

Re: Persona non grata

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dyskolos ha scritto: Non credo che la gente comune parlasse in italiano nel 1822, o mi sbaglio? :)
Non c'ero ancora, sorry: sono vecchio, ma non fino a questo punto.  ;)
dyskolos ha scritto: è una ricchezza culturale, invece si è pensato e tuttora si pensa che vadano represse perché disturbano la creazione dell'identità italiana. Per me è l'esatto contrario.
Uh, qui il discorso si fa complesso e interessantissimo, purtroppo non ho tempo per affrontarlo... Comunque da noi c'è una fiorente tradizione di teatro dialettale: esistono diverse compagnie che producono e recitano testi in dialetto.
E il romagnolo non esiste in realtà: c'è il forlivese, il cesenate, il ravennate, il riminese, il cattolichino... Io e Fraudolente siamo entrambi romagnoli, ma se ci mettiamo a conversare nei rispettivi dialetti facciamo fatica a capirci...
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Re: Persona non grata

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Marcello ha scritto:
Non c'ero ancora, sorry: sono vecchio, ma non fino a questo punto.  ;)

Uh, qui il discorso si fa complesso e interessantissimo, purtroppo non ho tempo per affrontarlo... Comunque da noi c'è una fiorente tradizione di teatro dialettale: esistono diverse compagnie che producono e recitano testi in dialetto.
E il romagnolo non esiste in realtà: c'è il forlivese, il cesenate, il ravennate, il riminese, il cattolichino... Io e Fraudolente siamo entrambi romagnoli, ma se ci mettiamo a conversare nei rispettivi dialetti facciamo fatica a capirci...
Succede ovunque: più che l'Italia dei dialetti, dovremmo chiamarla l'Italia dei campanili, ottomila mi pare.
A me, come meridionale e zingaro, capita di parlare il napoletano (quello degli anni 70, diverso da oggi), il pugliese-viestano (diverso da altre decine di dialetti parlati alle diverse latitudini cui si estende la Puglia), l'abruzzese Teramano e Pescarese (diversi dall'Aquilano) il ciociaro del basso Lazio (cambia da un paese all'altro della ex-provincia di Caserta) e naturalmente il romanesco, visto che sono nato nella caput mundi, quartiere Prati. Credo, però, che tutti questi dialetti abbiano delle radici comuni e diffuse in tutto il Centro-Sud, visto che mi risulta abbastanza facile capire siciliani, calabresi e lucani quando parlano in dialetto. Al contrario, nell'Emilia, in cui la vita mi ha portato a stabilire l'ultima dimora, se qualcuno mi parla in dialetto stretto non capisco un'acca e non so se mi stia facendo un complimento o mi stia mandando a quel paese.
Mario Izzi
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Re: Persona non grata

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Marcello ha scritto: Non c'ero ancora, sorry: sono vecchio, ma non fino a questo punto. 
:hihi: :rofl:


Cheguevara ha scritto: mi risulta abbastanza facile capire siciliani, calabresi e lucani quando parlano in dialetto

Vero, ma tu sei meridionale e vale il discorso del continuum dialettale.
Comunque bisogna intendersi su che cosa sia un dialetto e che cosa una lingua, visto che usi la parola "dialetto". In altre parole, se nella mentalità occidentale usiamo incasellare la parlate in quelle due categorie (ma perché due? Non potrebbero essere dieci o venti o…?), dovremmo prima definirle, cioè possiamo catalogare una parlata in una delle due categorie solo se prima ci chiediamo, e poi rispondiamo, che cosa fa di una parlata una lingua o un dialetto. Non so se mi sono spiegato :) 
Il problema è proprio quella domanda e soprattutto quella risposta. Dal punto di vista linguistico, però, non politico, ossia non basta una legge che lo affermi. Ti accorgerai che dal punto di vista linguistico non c'è alcuna differenza. Sennò dovresti spiegarmi perché pisci è dialetto, mentre pesce è lingua; oppure perché cani è dialetto, mentre cane è lingua; e potrei andare avanti :) Chi lo ha stabilito?
A proposito di leggi, do una chicca. La prima legge che stabilisce che l'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica è la 482/99, entrata in vigore il primo gennaio 2000. Nemmeno la Costituzione del 1948 lo dice. Quindi prima del 2000 l'italiano era solo de facto lingua ufficiale, ma non de jure. In Slovenia e in Croazia l'italiano è considerato lingua minoritaria da proteggere. Potrei parlare dell'inglese a Puerto Rico. Non lo faccio, volevo solo ribadire che le leggi non contano in quanto variabili nel tempo e nello spazio.
Il siciliano, per dire, ma non solo, non può essere considerato un dialetto per vari motivi. Spesso si confonde tra "italiano regionale siciliano" e "siciliano". Ecco, sono due entità diverse. La prima è un dialetto secondario dell'italiano (l'italiano non ha dialetti primari, tranne forse forse forse forse forse forse due), è italiano e infatti è mutualmente intercomprensibile con l'italiano standard, il secondo è una lingua romanza (ce ne sono 78), non del tutto comprensibile, ma un po' sì, dato che le lingue romanze si somigliano tutte. Il siciliano, cioè, appartiene alla stessa categoria dell'italiano, quindi se l'italiano (il francese, lo spagnolo…) è un dialetto, allora anche il siciliano (il francese, lo spagnolo…) lo è (ma del latino, non dell'italiano). Se invece l'italiano è una lingua, allora anche il siciliano lo è. L'italiano, per dire, non può essere considerato un dialetto del latino (medievale)? Bene, allora anche il siciliano lo è. Un dialetto del latino (medievale), non dell'italiano. Posso approfondire se me lo chiedi, ma per il momento non voglio tediarti :P

Quando dici che capisci i siciliani che parlano in dialetto, dici una cosa interessantissima. Infatti il siciliano ha due strati, uno aulico, detto siciliano classico o standard (quello letterario), e uno popolare, formato dai dialetti del siciliano, non dell'italiano. La modalità di espressione preferita del siciliano è il dialetto. Quindi quelli che senti sono dialetti del siciliano, non il siciliano. Quest'ultimo lo trovi nella letteratura siciliana, antica e moderna. La letteratura siciliana è quella scritta in siciliano, non quella degli autori siciliani ma in italiano. Per esempio, Pirandello fa parte della letteratura italiana, almeno quando scriveva in italiano. Le opere scritte in siciliano dal Maestro Luigi fanno parte della letteratura siciliana. Per venire a tempi più recenti, il Maestro Franco Battiato (buonanima, RIP) scriveva anche in siciliano (esempio: stranizza d'amuri) e per cinque mesi fu assessore all'identità siciliana.

Mi ha fatto salire il sangue alla testa un utente di questo forum che sul WD si vantava di avere un'istruzione superiore a tutti e poi qui, su CdM, mi scrisse una volta che l'italiano ha "primato estetico" e "supremazia" (parole testuali) sul siciliano perché Pirandello scriveva in italiano e non in siciliano riconoscendo (persino lui!) queste caratteristiche all'italiano. Alla faccia dell'istruzione superiore! Affermazione falsissimissimissima. Sarebbe come se all'amico Alberto Tòsciri dicessi che il sardo fa schifo perché Grazia Deledda scrisse "Canne al vento" in italiano e non in sardo. Ma che discorsi! Poi scrisse che la differenza tra lingua e dialetto sta nel fatto che una lingua possiede "armadillo" mentre un dialetto no, quindi, poiché il siciliano non possiede quella parola, ecc… Allora, numero uno, le lingue non possiedono le parole; numero due, quella parola è originaria dello spagnolo e lì è l'alterazione di un participio passato (armado --> armadillo, armato --> armatino) e l'italiano lo ha preso in prestito, non lo possiede, quindi non è una lingua; numero tre, il nostro signor "istruzione superiore" non sa (e da un "istruzione superiore" non me l'aspetto!) che la Sicilia fu per secoli un'isola spagnola, e dunque gli Spagnoli portarono qui la parola in questione. In siciliano, cioè, quella parola è più "nativa" che in italiano. Poi mi disse che un dialetto è dialetto perché non possiede la parola "cibernetica", mentre una lingua sì. Ma il nostro non sa che quella è una parola greca e che la Sicilia fu per secoli anche un'isola greca e allora si parlava in greco, dunque "cibernetica" in siciliano esiste (certo, la versione siciliana della parola).

Il motivo per cui più volte ho specificato "dialetto del siciliano, non dell'italiano" è che i dialetti siciliani rispettano ameno all'85% il vocalismo siciliano e quasi per nulla il vocalismo italiano. Rispettando il vocalismo siciliano, sono tutti mutuamente intercomprensibili :)
Il Sommo Misantropo

Re: Persona non grata

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dyskolos ha scritto: Dal punto di vista linguistico, però, non politico, ossia non basta una legge che lo affermi. Ti accorgerai che dal punto di vista linguistico non c'è alcuna differenza. Sennò dovresti spiegarmi perché pisci è dialetto, mentre pesce è lingua; oppure perché cani è dialetto, mentre cane è lingua; e potrei andare avanti :) Chi lo ha stabilito?
Se non sono cambiate le cose dai tempi dei miei esami di Linguistica e di Dialettologia, la distinzione tra lingua e dialetto non faceva riferimento al lessico (non basta cioè che una parola si dica o si pronunci in un altro modo per farne una lingua diverse), ma si basava sull'eventuale presenza di strutture grammaticali del tutto autonome, per cui il catalano e il sardo, per esempio, sono lingue e il romagnolo una semplice variante regionale dell'italiano, cioè un dialetto.
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Re: Persona non grata

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Non sono in grado di competere culturalmente, mancando di studi approfonditi sull'argomento lingue-dialetti. Chiamiamoli parlate o modi di esprimersi, non fa differenza. Il nostro Paese dopo la caduta dell'Impero romano è stato dominato praticamente da tutti i popoli possibili, ma anche prima, per la sua posizione geografica (v. greci, fenici, eccetera), e tutte queste mescolanze hanno lasciato evidenti tracce nel nostro DNA, così come in ogni parlata caratteristica di una certa zona sono presenti vocaboli mutuati, a volte pari-pari, a volte per assonanza, da lingue e/o dialetti diversi, come oggi accade per l'inglese. Tutte queste parlate-dialetti-lingue locali, che comunque sono soggetti come ogni cosa all'evoluzione naturale, rischiano di estinguersi, come sta accadendo da quando mamma tv ha iniziato il vero processo di unificazione nazionale, e meritano ogni sforzo per essere salvati, perché non esiste storia senza memoria. La diversità, checché ne dica una certa frangia di populisti, è ricchezza.    
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Re: Persona non grata

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Marcello ha scritto: Se non sono cambiate le cose dai tempi dei miei esami di Linguistica e di Dialettologia, la distinzione tra lingua e dialetto non faceva riferimento al lessico (non basta cioè che una parola si dica o si pronunci in un altro modo per farne una lingua diverse), ma si basava sull'eventuale presenza di strutture grammaticali del tutto autonome, per cui il catalano e il sardo, per esempio, sono lingue e il romagnolo una semplice variante regionale dell'italiano, cioè un dialetto.

È una definizione che mi piace e accetto tranquillamente nonostante la linguistica moderna faccia un'ulteriore passo avanti, e io sono d'accordo. Ma la tua è perfetta :)
Il problema è distinguere tra varianti regionali e lingue autonome. L'italiano non ha dialetti primari (tranne forse una o due eccezioni moooolto controverse, a dir poco), ma ha diversi dialetti secondari, i famosi "italiani regionali". Allora bisognerebbe distinguere, nel caso del romagnolo, tra "italiano regionale romagnolo" e "romagnolo". Tu mi hai già detto come funziona in Romagna, e io non posso replicare poiché non vivo in Romagna :-) D'altronde quando un mio amico sente due turisti stranieri che conversano nella loro lingua, viene da me e mi dice: "Quei due parlavano una lingua strana"; non un dialetto strano. In questo senso dico che il romagnolo è una lingua, divisa in dialetti, sì. Dialetti del romagnolo, non dell'italiano.
Però tu dici che non è così e per me va bene :-) Allora devo concludere che in romagnolo non c'è "presenza di strutture grammaticali del tutto autonome" (copio e incollo parole tue :) ). Davvero è così?

Venendo al mio caso, quella presenza in siciliano c'è. Nemmeno corrispondo modi e tempi verbali. Poi il tipico vocalismo siciliano differisce molto dal vocalismo italiano, che è molto permissivo, mentre quello siciliano è nettamente più "restrittivo".

Mi sono fatto l'idea che molti confondano "siciliano" e "italiano regionale siciliano" e finiscono per attribuire al siciliano caratteristiche dell'italiano regionale. Per esempio, dicono che il siciliano è un dialetto dell'italiano. Questa affermazione è vera per l'"italiano regionale siciliano" e nemmeno per sogno per il "siciliano". Insomma, non sanno di che parlano, e allora li giustifico. Come al solito uno acchiappa due parole, magari in qualche film di mafia, e si convince di cose errate e non si può smontare. È come quelli che dicono che la terra è piatta, che anche quando uno gli porta prove certe del contrario, continuano a dire che la terra è piatta. Continuino a dirlo se ciò li fa contenti! Contenti loro… :)


P.S.: lo dico a te e a quelli che capitano su questa pagina, e voglio essere chiaro. Le cose che scrivo, e che scriviamo, valgono solo in questo periodo storico. Tra cinquant'anni potrebbe essere diverso, boh! Adesso in Italia va di moda la distinzione tra lingua e dialetto in senso spregiativo. Questo è il nucleo della questione. Per me è una questione di lana caprina. Noi, come chiunque, siamo destinati a morire e dall'Aldilà non potremo intervenire. Ci penseranno le nuove generazioni. Noto solo che in Giappone e Corea, solo per fare due esempi tra tanti, a scuola studiano l'inglese. Forse andiamo verso una lingua franca universale e le nostre elucubrazioni saranno presto carta straccia ed esempi di come si pensava una volta nell'"antichità". La mia domanda è sempre questa: come mai l'inglese? Eppure prima, per decenni e secoli, le lingue franche erano il francese e, prima ancora, il latino.
Il Sommo Misantropo

Re: Persona non grata

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Cheguevara ha scritto: Tutte queste parlate-dialetti-lingue locali, che comunque sono soggetti come ogni cosa all'evoluzione naturale, rischiano di estinguersi, come sta accadendo da quando mamma tv ha iniziato il vero processo di unificazione nazionale, e meritano ogni sforzo per essere salvati, perché non esiste storia senza memoria. La diversità, checché ne dica una certa frangia di populisti, è ricchezza. 
D'accordo al 100%.
La diversità non va confusa con l'impoverimento culturale. Non ho mai capito perché giustamente proteggiamo le pietre (Pompei, Colosseo…) e ce ne sbattiamo allegramente delle lingue storiche, che poi sono le lingue che si parlavano in Italia, mica in Mongolia, quando l'italiano non esisteva. Io farei le lingue d'Italia patrimonio immateriale UNESCO. Invece noi italiani (sardi, siciliani, veneti, romagnoli, lombardi, piemontesi…) che facciamo? Cerchiamo di reprimerle. Ci laureiamo e pensiamo di essere fighi quando parliamo in italiano, mentre ci sentiamo cacchine se parliamo in siciliano, sardo, romagnolo, piemontese, lombardo, veneto, ecc… Io sostengo il bilinguismo orizzontale. Sarebbe divertentissimo :)

Nel 2011, quando si festeggiava l'unità d'Italia, in TV girava uno spot odioso in cui si vedevano alcune persone parlare in pubblico nelle loro lingue storiche e poi una voce tetrissima diceva, più o meno: "Ecco come saremmo noi Italiani se ognuno parlasse la sua lingua, ma per fortuna c'è l'italiano e così ci capiamo tutti". Ahaha, semplicemente ridicolo! :D
Il Sommo Misantropo

Re: Persona non grata

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dyskolos ha scritto: Adesso in Italia va di moda la distinzione tra lingua e dialetto in senso spregiativo. Questo è il nucleo della questione.
Ma no, perché? Tu devi soffrire di manie di persecuzione... 
A me non pare proprio che sia così: mi sembra anzi che ci sia interesse per la riscoperta dei dialetti a tutti i livelli, tanto a livello culturale quanto a livello sociale. Pensa a Camilleri, a Zanzotto, agli spot pubblicitari che sempre più spesso cercano il collegamento con le radici contadine e propongono parlate e modi di dire del territorio di cui pubblicizzano i prodotti.
dyskolos ha scritto: Nel 2011, quando si festeggiava l'unità d'Italia, in TV girava uno spot odioso in cui si vedevano alcune persone parlare in pubblico nelle loro lingue storiche e poi una voce tetrissima diceva, più o meno: "Ecco come saremmo noi Italiani se ognuno parlasse la sua lingua, ma per fortuna c'è l'italiano e così ci capiamo tutti".
Non dobbiamo dimenticare l'importanza che ha avuto il mezzo televisivo per diffondere la conoscenza della lingua italiana e farci fare un balzo prodigioso nella lotta all'analfabetismo: cinque anni prima che io nascessi, nel censimento del 1951, il 13% della popolazione si dichiarava analfabeta (e probabilmente la percentuale era molto maggiore perché il 59,2% non era in possesso della licenza elementare).
Siamo una nazione e mi sembra naturale che dobbiamo avere una lingua comune compresa da tutti i cittadini e nella quale tutti siano capaci di esprimersi. Il dialetto è un valore quando si affianca all'italiano, non quando lo sostituisce.
A naja ero in magazzino viveri e ogni giorno i cucinieri venivano da me a "fare la spesa" per la caserma; ero a Bassano del Grappa e c'erano due compagnie distinte: noi delle trasmissioni (romagnoli, toscani, marchigiani, lombardi, piemontesi...) e gli artiglieri da montagna (tutti veneti). 
La prima settimana fu un dramma; erano di servizio quelli dell'artiglieria e i due che venivano a fare la spesa parlavano soltanto il dialetto: si iniziava con "me deto..." e si continuava con i nomi veneti di carciofi, melanzane, pan grattato e via così. Io li fermavo e li supplicavo di parlare in italiano perché non ci capivo nulla, e quelli mi guardavano con sospetto perché pensavano che mi prendessi gioco di loro (avevo 26 anni, avevo studiato, quindi figurati...).
Insomma per una decina di giorni dovette venire il loro cuoco (che faceva il cuoco in un ristorante anche nella vita civile) a fare da interprete, finché non imparai a comprenderli e mi abituai al loro dialetto...
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Re: Persona non grata

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Marcello ha scritto: Ma no, perché? Tu devi soffrire di manie di persecuzione... 
A me non pare proprio che sia così: mi sembra anzi che ci sia interesse per la riscoperta dei dialetti a tutti i livelli, tanto a livello culturale quanto a livello sociale.

Ho notato anch'io questo interesse e mi fa piacere dopo decenni in cui la mentalità corrente andava verso la soppressione delle lingue italiane minoritarie. Tuttavia io non parlo di intellettuali, ma di gente comune. Anzi no, un intellettuale lo voglio nominare: il professor Francesco Sabatini, presidente onorario della Crusca. Seguo quasi sempre la sua rubrica trasmessa ogni domenica mattina alle 8:35 su RaiUno. Non so se anche tu la segui. Bene, il professor Sabatini spesso dice che le lingue parlate in Italia ma diverse dall'italiano andrebbero eliminate. Quella rubrica è molto seguita e quasi tutti quelli che si collegano sono d'accordo con lui sulla questione delle lingue italiane. Io ogni volta grido davanti alla TV ;) "professore, lei è uno stimabile italianista di grande valore, allora mi faccia una cortesia: eviti di mettere bocca su cose che non la riguardano". Ultimamente però, e mi fa piacere, anche lui sta cambiando idea a fatica dopo le proteste di alcuni. Siamo sulla buona strada, ma manca ancora parecchio.
Io inoltre credo che i gruppi folcloristici che tentano di rendere vive le lingue in realtà inconsapevolmente, pur con le migliori intenzioni, facciano male a quelle lingue perché le "recintano" in un ambito, le relegano nella tradizione popolare, le imprigionano cristallizzandole quando le si dovrebbe liberare. Invece andrebbero usate nel pubblico in modo paritario all'italiano (bilinguismo orizzontale). Per dire, in Galles fino agli anni '50 si cercava di reprimere la lingua gallese. Per la precisione, gli inglesi la volevano eliminare perché non era inglese. Poi sono sorti gruppi che invece sollevarono il gallese e oggi in quella nazione si parla gallese regolarmente anche nell'ambito pubblico: esistono quotidiani in gallese, per dire. In TV si parla gallese al 50%. Hanno reti televisive in gallese. Il gallese è lingua ufficiale insieme all'inglese. Ecc… Ecco come si fa, e senza gruppi folcloristici.


Marcello ha scritto: Il dialetto è un valore quando si affianca all'italiano, non quando lo sostituisce.

Esatto, d'accordo al 100%. :)
Nel bilinguismo orizzontale, che io sostengo, è così. Ma ci vuole parità tra italiano e altre lingue.


Marcello ha scritto: Io li fermavo e li supplicavo di parlare in italiano

Facevi bene. È maleducazione parlare il veneto con chi veneto non è e pretendendo che tutti lo conoscano. D'altronde il Veneto è la regione più "dialettofona" (il termine non mi piace, ma lo uso qui per comodità) d'Italia.
Il Sommo Misantropo
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