Re: Femminile e professioni

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ivalibri ha scritto: Molti termini stanno comunque entrando nell'uso e tutti se ne faranno una ragione. Ieri sera sono andata a teatro per un evento istituzionale ed era presente una ministra. È stata chiamata sul palco e il presentatore ed altre autorità l'hanno chiamata sia ministro che ministra, più ministra per la verità. Ci abitueremo tutti, anche perché non è una questione nuova, se ne parla dagli anni '80, non dai tempi dei social.

Hai ragione, è questione di abitudine. Io preferisco parole come "la ministra", che per me non sono affatto brutte. Ciò che invece proprio non mi va giù sono gli articoli femminili davanti a nomi maschili, come in "la ministro". Quando si comincerà a dire "mi metto sulla sedio e poi mi distendo sulla letto", ebbene, allora io dirò "la ministro" o "la sindaco"  :bandiera:
Il Sommo Misantropo

Re: Femminile e professioni

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dyskolos ha scritto: Hai ragione, è questione di abitudine. Io preferisco parole come "la ministra", che per me non sono affatto brutte. Ciò che invece proprio non mi va giù sono gli articoli femminili davanti a nomi maschili, come in "la ministro". Quando si comincerà a dire "mi metto sulla sedio e poi mi distendo sulla letto", ebbene, allora io dirò "la ministro" o "la sindaco"  :bandiera:
E io come faccio?
La sostituto procuratore non va bene?  :libro:

A parte gli scherzi, immaginavo che con questo tema avrei smosso un po' le acque. Mi fa piacere e confermo l'ulteriore soddisfazione di assistere a un dibattito così educato e rispettoso delle proprie e altrui opinioni da parte di tutti (non è così scontato). :tze:

Re: Femminile e professioni

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@dyskolos  ma io immaginavo più qualcosa tipo universo alternativo dove l'italiano è come il tedesco, che ha l'articolo neutro e niente desinenze vocaliche (ma non sarebbe italiano, in effetti...  :rolleyes:  )
Per quanto riguarda la U, giusto l'altro ieri stavo guardando questo video sul maschile sovraesteso e sulle sue alternative, tra cui la U. C'è dentro pure la Raggi, hai preso spunto da lì? :D 
dyskolos ha scritto: Antaresu
Be', con l'accento sulla u sarebbe carino  :D
There's no dark side of the moon, really: matter of facts it's all dark...
People First https://testata.decasite.com/: tecnologia, psicologia, società, ecologia, miglioramento personale
Le Fronde del Salice https://www.thegenesispublishing.com/le ... del-salice

Re: Femminile e professioni

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Antares ha scritto: ma io immaginavo più qualcosa tipo universo alternativo dove l'italiano è come il tedesco, che ha l'articolo neutro e niente desinenze vocaliche (ma non sarebbe italiano, in effetti...  :rolleyes:  )
Per quanto riguarda la U, giusto l'altro ieri stavo guardando questo video sul maschile sovraesteso e sulle sue alternative, tra cui la U. C'è dentro pure la Raggi, hai preso spunto da lì? :D  Be', con l'accento sulla u sarebbe carino  :D
Ciao Antaresù! Che volevo dirti? Mumble, mumble… Aaaaah, sì, ora ricordo, che volevo usare il tuo nuovo nick cariñoso :-)
A questo punto, a proposito di articoli, facciamo come in inglese (the per tutti, zaaac!) o, ancora meglio, come in finlandese, dove non ci sono articoli, non ci sono i possessivi e non c'è nemmeno il tempo futuro. I Finlandesə (visto che sono uomini e donne :-) ) mi hanno sempre stupito soprattutto perché conoscono Cicciolina (e anche Rocco :-P ). Siccome tu hai messo un video (kiitos, Antaresù), ne metto uno anche io. Fai caso alla parola "seksi" :-)



Al contrario di quello che dicono nel tuo video, la ə con la tastiera io la faccio facilmente, ma ho un segreto :rolleyes:
Il Sommo Misantropo

Re: Femminile e professioni

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Silverwillow ha scritto: Io che sono donna non mi sentirei esclusa né svilita nell'essere chiamata avvocato, e non credo proprio di dovermi giustificare con l'autrice dell'articolo per questo. Io mi ritengo di mentalità aperta, ma fatico a vedere a chi possa giovare questo cambiamento linguistico, e sono sicura di non essere la sola. Se io come donna non vedo minacce maschiliste ovunque, magari grazie alla mia esperienza personale e limitata (ma neanche tanto), il dubbio che si stia gettando fumo negli occhi perché si è incapaci di risolvere i problemi veri mi viene. Come dire: sì da donna magari sarai violentata o ammazzata, ma nell'articolo di cronaca nera ti chiameranno col titolo lavorativo al femminile, perciò rallegrati...
Non solo. Un tempo la discussione sulla lingua come strumento di discriminazione verteva (anche e soprattutto) su altro: per esempio, su espressioni tipo "per questo lavoro ci vogliono le palle" oppure "è un lavoro da veri uomini" (che oltre a essere sessista è pure omofoba) o "tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge". Ma anche, per esempio, sulla sistematica sostituzione di "padre" con "genitore", in espressioni come "terra dei nostri padri". Insomma, verteva nel rendersi conto dei concetti non inclusivi che ci portiamo in testa.

Invece ora sembra che quando hai detto "avvocata" hai fatto il tuo: e pace se usi la frase "quella è un'avvocata con le palle".

Sarebbe ora di "Maria è un avvocato con due ovaie così"?
ivalibri ha scritto: L'obiezione principale che a me viene in mente alle diffuse resistenze alla questione è: come mai nessuno ha nulla da obiettare di fronte al femminile di professioni come serva, cameriera, cassiera e commessa e invece suona male avvocata e ministra?
Perché in realtà, almeno in origine, non indicavano il femminile di una professione ma proprio un'altra professione. Il cameriere serve a tavola e/o si occupa di un signore, la cameriera pulisce le stanze e/o si occupa di una signora. La cassiera sta alla cassa, il cassiere è un contabile. Il commesso fa commissioni (consegna lettere o pacchi per esempio), la commessa serve al bancone. E così via: sono professioni tra loro correlate, che magari si assomigliano, ma che non sono uguali. Un po' come banchiere e bancario.

E poi perché le lingue sono complicate: perché mela, pera, arancia, banana sono femminili e il maschile indica l'albero, invece il fico è maschile? Perché la Senna è femminile, il Po è maschile ma pure Il Cairo è femminile? Perché il filo, la fila, i fili, le file e le fila?
ivalibri ha scritto: non è una questione nuova, se ne parla dagli anni '80, non dai tempi dei social.
Anna Lepschy &co. scrivono: «La seconda tendenza, che pare avere radici più antiche nel movimento femminista, e, a giudicare impressionisticamente, sembra oggi prevalere, preferisce ricorrere, per designare uomini o donne indifferentemente, al termine che abitualmente serve a indicare chi esercita una data funzione, anche se tale termine è di solito grammaticalmente maschile». Quando è stato scritto quest'articolo era il 2001, mentre le famose Raccomandazioni di Alma Sabatini (quelle su cui si basa l'attuale tentativo di riforma) sono del 1987. Dal 1987 c'è stato un lungo lungo dibattito in ambito linguistico (ho trovato pochi linguisti favorevoli alla posizione di Sabatini), ma ha comunque prevalso la posizione delle Raccomandazioni che sono una presa di posizione politica, non linguistica: basta vedere il fatto che Sabatini era un politico (una politica?) e che il testo è il risultato di una commissione parlamentare, non di un congresso di linguistica.

E ha prevalso dopo un lungo periodo (diciamo dalla fine degli anni '80 all'inizio del XXI secolo) in cui l'orientamento femminista era diametralmente opposto. L'idea era che si dovesse arrivare a cose del tipo "Antonio è un'infermiera", "Anna è un avvocato", "Giovanni è una baby-sitter", "Maria è un generale". Quando io ho cominciato a occuparmi della questione, questa era considerata la via migliore, perché portava a un abbattimento della differenza di genere.

Tra l'altro non ha alcuna controindicazione grammaticale e renderebbe finalmente giustizia anche a quelle professioni che sono appannaggio femminile ma che diventano improvvisamente maschili appena un uomo fa capolino. Infermiere, per dire, è un termine che è stato ripescato più volte nella lingua. Fu espulso, quantomeno dagli atti pubblici, quando si decise negli anni venti/trenta che gli uomini non avrebbero potuto più fare gli infermieri (eh sì, la discriminazione è una strada a due sensi) e fu ripescato nel 1971, quando il divieto fu tolto, e le scuole passarono da essere "scuole per infermiere" a "scuole per infermieri" [ Olivia Fiorilli, La signorina dell'igiene. Genere e biopolitica nella costruzione dell'"infermiera moderna"].

Detto questo, a me sembra una pericolosa deriva quella di voler imporre un cambiamento linguistico di tale portata. Le lingue sono oggetti complicati, e manovrarle dall'alto è sempre un atto di hybris. Un conto è quello che ognuno di noi fa come singolo, ma cercare di imporre una riforma è creazione di una neolingua, per quanto a fin di bene, che non si può sapere dove porti, soprattutto se chi la propugna non è in grado di vedere che esistono condizioni di vita e ambientali molto diverse dalle sue.

Does Gender-Fair Language Pay Off? The Social Perception of Professions from a Cross-Linguistic Perspective

Per esempio, quello che io vedo sulla mia pelle è che questa soluzione non fa che accentuare le discriminazioni che vorrebbe rimuovere.

Per quella che è la mia esperienza di persona col sesso sbagliato nel posto sbagliato, il problema del femminile se lo sono sempre posto (da prima che diventasse politically correct intendo) quelli che non trovano possibile/corretto/adeguato/opportuno che io sia un ingegnere e ne mettono in discussione la validità. Loro hanno bisogno di sapere come si dice ingegnere donna, e dicono "quindi ti devo chiamare ingegnera?" col tono di chi ha scoperto che anche il cane di casa sa parlare. Stesso tono che usava chi voleva denigrare Raggi o Appennino chiamandole "la sindaca" o quelli che allo stesso modo chiamano Lamorgese "la ministra".

La questione linguistica in questi casi non è sul maschile/femminile del nome della professione o del titolo, ma sul riconoscimento dello stesso: nelle comunicazioni aziendali, gli uomini sono tutti ingegneri e le donne tutte signore (anche quando i primi non sono neanche laureati e le seconde lo sono proprio in ingegneria - e pure abilitate).

Ellen Spertus ha scritto: «The Sapir-Whorf hypothesis of linguistics states that the limits of human thought are determined by the nature and the structure of the language in which thought occurs. One corollary, on which this chapter is based, is that the English language's use of gender forces people to think in terms of male and female, with its gender-specific third-person singular pronouns and its different titles, in some cases, for males and females. While it is not necessarily bad to be immediately aware of the sex of someone being discussed, the connotation of male and female terms differ so greatly that the distinction not only implies difference but inequality. Biases in language are important because they show both the biases people hold and how they are communicated.»

Ma vorrei aggiungere un ulteriore punto: una tecnica per capire se una cosa è discriminatoria o no, è cambiare la categoria di discriminato: di solito si suggerisce di sostituire le donne con i neri o gli ebrei. Non sarebbe fastidioso leggere "abbiamo intervistato l'ingegnere ebreo Giovanni" o "come riporta il sindaco nero Mario"? Eppure secondo questa teoria sarebbe da fare perché darebbe più visibilità a un mondo che è fatto anche di ingegneri ebrei e sindaci neri. E perché non andiamo anche sulle religioni, visto che certe sono decisamente invisibili? "Buongiorno, siamo in contatto con l'astrofisica dottoressa atea razionalista Margherita".

Infine, ho un'ultima considerazione: sembra che rientrerà la dicitura "genitore 1" e "genitore 2" al posto di padre e madre. Ma nel caso che almeno uno dei due genitori sia una donna (cosa mi dicono abbastanza frequente) non dovremmo parlare, secondo certe logiche, di genitrice? Quindi una cosa tipo "genitore/genitrice 1" e "genitore/genitrice 2"? :grat:
«La purezza è per l'acqua potabile, non per le persone.» (Bobby Henderson - Secondo condimento)
«Perché l'affare funzioni serve che tu voglia qualcosa in cambio di niente.» (Hustle - I signori della truffa)
«Questa idea di purezza ideologica, il fatto che non si debbano mai fare compromessi, tutte queste cose, beh, dovreste superarle rapidamente. Il mondo è un casino.» (Barack Obama)

Python per il linguaggio naturale

Re: Femminile e professioni

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swetty ha scritto: Sarebbe ora di "Maria è un avvocato con due ovaie così"?
Io lo faccio :-) ma mi sa che devo smettere perché sono le stesse donne a redarguirmi. Preferiscono che si dica "donna con le palle". Se lo dicono pure le "portatrici sane di vagina" a me cadono le braccia e adesso non so più che fare :) Quelli bravi utilizzano espressioni come "maschilismo introiettato" e simili. D'altronde basta vedere i dati sul fumo di sigaretta fino agli anni Novanta del secolo scorso.

swetty ha scritto: «The Sapir-Whorf hypothesis of linguistics states that the limits of human thought are determined by the nature and the structure of the language in which thought occurs. One corollary, on which this chapter is based, is that the English language's use of gender forces people to think in terms of male and female, with its gender-specific third-person singular pronouns and its different titles, in some cases, for males and females. While it is not necessarily bad to be immediately aware of the sex of someone being discussed, the connotation of male and female terms differ so greatly that the distinction not only implies difference but inequality. Biases in language are important because they show both the biases people hold and how they are communicated.»
OT
Azz… tutto in inglish  :o :o
A proposito di discriminazioni, volevo aggiungere che… okay, mi fermo qua, meglio cosí :)
Il Sommo Misantropo

Re: Femminile e professioni

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Va be', traduco la frase interessante:

Anche se non è necessariamente un male che ci si renda subito conto del genere della persona di cui si sta parlando, la connotazione dei termini maschili e femminili differiscono così tanto che la distinzione non implica solo differenza ma disuguaglianza.
«La purezza è per l'acqua potabile, non per le persone.» (Bobby Henderson - Secondo condimento)
«Perché l'affare funzioni serve che tu voglia qualcosa in cambio di niente.» (Hustle - I signori della truffa)
«Questa idea di purezza ideologica, il fatto che non si debbano mai fare compromessi, tutte queste cose, beh, dovreste superarle rapidamente. Il mondo è un casino.» (Barack Obama)

Python per il linguaggio naturale

Re: Femminile e professioni

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Marcello ha scritto:
Io li lascio tutti al maschile: la protagonista dei miei romanzi è una donna, prima ispettore e poi commissario.
Dalla solita Treccani:
https://www.treccani.it/vocabolario/ispettore/
https://www.treccani.it/vocabolario/commissario/

Notare come sia riportato per la parola ispettore il femminile ispettrice, mentre per commissario il femminile commissaria non c'è.
Una donna con il grado di ispettore dovrebbe essere una ispettrice. 
Siamo donne o caporale?

Re: Femminile e professioni

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Fraudolente ha scritto: mentre per commissario il femminile commissaria non c'è.
Ahah :)
Io lo dico "commissaria" e , se capita, lo scrivo. D'altronde lo stesso vocabolario dice che "commissario" deriva dal latino medievale "commissarius", implicando così che in antichità "commissaria" era normale :)
Per esempio, io dico "medica" e ogni volta mi guardano male, però poi si abituano e mi guardano bene. Ora, "medica" si diceva regolarmente fino alla metà dell'Ottocento, poi quel termine è scomparso misteriosamente ma non per me :)

swetty ha scritto: Anche se non è necessariamente un male che ci si renda subito conto…

Grazie per la traduzione, carissima @swetty! Conosco l'inglese, non è questo il problema. Mi riferivo a un altro tipo di discriminazione, poco visibile ma molto perniciosa (almeno per me). Però non voglio scoperchiare il vaso di Pandora (sempre a proposito di discriminazioni inutili ;-) ), quindi taccio e torno a leggere  :libro: 
Il Sommo Misantropo

Re: Femminile e professioni

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dyskolos ha scritto: Per esempio, io dico "medica" e ogni volta mi guardano male,
E ci credo!
Tu fai apposta per provocare, non ci credo proprio che tu dica "oggi vado dalla medica" :no: . 
 
Bastian contrario di professione, sei! E se tu fossi nato donna saresti bastiana contraria...      
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Femminile e professioni

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swetty ha scritto: lun nov 29, 2021 2:10 amDetto questo, a me sembra una pericolosa deriva quella di voler imporre un cambiamento linguistico di tale portata. Le lingue sono oggetti complicati, e manovrarle dall'alto è sempre un atto di hybris. Un conto è quello che ognuno di noi fa come singolo, ma cercare di imporre una riforma è creazione di una neolingua, per quanto a fin di bene, che non si può sapere dove porti, soprattutto se chi la propugna non è in grado di vedere che esistono condizioni di vita e ambientali molto diverse dalle sue.
Più che pericolosa, è inutile. La lingua ha molte affinità con il mondo della natura e si evolve con meccanismi simili: mutazioni spontanee (o anche indotte), sopravvivenza del più adatto, etc. 

Sopravvivono le parole e le espressioni che per varie ragioni, non sempre razionali o condivisibili (vedi il famigerato "piuttosto che" di cui si parlava in altra discussione) fanno breccia nella maggior parte delle persone e diventano gradualmente da minoritarie e censurate a dominanti e ufficiali. 

Forse non è lontano il giorno in cui la SS. Treccani imporrà l'uso di "commissaria", sbaragliando la resistenza di Marcello e delle ultime bande di renitenti. 

Re: Femminile e professioni

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Marcello ha scritto:
Bastian contrario di professione, sei! E se tu fossi nato donna saresti bastiana contraria...
A bastiana contraria non ci avevo mai pensato. Colpo da maestro:hihi:
Effettivamente un po' (un po' tanto) bastian contrario lo sono davvero :hm:

massimopud ha scritto: Sopravvivono le parole e le espressioni che per varie ragioni, non sempre razionali o condivisibili (vedi il famigerato "piuttosto che" di cui si parlava in altra discussione) fanno breccia nella maggior parte delle persone e diventano gradualmente da minoritarie e censurate a dominanti e ufficiali. 
Parole sante! Poi le generazioni passano, tutti passiamo a miglior vita, e così vengono a mancare gli oppositori, tipo quelli che dicono che "piuttosto che" non si usa al posto di "o" o "oppure". Io sono tra gli oppositori ;-) ma prima o poi morirò e non credo che dall'Aldilà potrò influire :-)
Negli anni Cinquanta del secolo scorso, molti linguisti sostenevano che "evidenziare" non si poteva dire. Bisognava ricorrere al "mettere in evidenza". Poi quelli sono morti tutti (riposino in pace) e oggi "evidenziare" ci appare del tutto normale e lo utilizziamo regolarmente, sta sui vocabolari e tutto. A quei tempi non c'era Internet, ma se ci fosse stato, oggi leggeremmo dibattiti accaniti su "evidenziare", invece non succede niente e parliamo di commissarie e sindache. Segno del passaggio del tempo.
Ho un nipote di tre anni che, se gli mostro una cosa arancione e gli chiedo di quale colore è, mi risponde "orange". L'altro giorno ha trovato una cosa viola e mi fa: "Cìo, papl", cioè "Zio, purple". Il rosso per lui è "pinko". La settimana scorsa è rimasto con me a pranzo. A un certo punto, si mette a dire "appo", "appo", "appo", e io all'inizio non capivo. Dopo due secondi, faccio: "Aaaah, è inglese!" e gli porgo una mela e lui contentissimo la addenta. Per lui "mela" è "apple" ormai. Io gli dicevo "questa si chiama mela, mela, devi dire mela" e lui intanto mangiava dicendo "buona appo, buona appo" ;)
E per forza, nei cartoni animati che guarda parlano sempre inglese :)
Il Sommo Misantropo

Re: Femminile e professioni

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Ciao @swetty,
Intervento lungo ma molti interessante il tuo. Molte cose che dici sono assai condivisibili e ci si può ragionare insieme. Credo che infatti su questa faccenda non ci siano ancora certezze ma ipotesi su cui si può riflettere. Ed è bene farlo discutendo, pacatamente, su tutte le implicazioni che le varie teorie pongono. Io, ad esempio, ho le mie idee,  in parte espresse più sopra, ma mi discosto dell'impostazione di  Vera Gheno sul maschile sovraesteso, e rimango disponibile a cambiare idea se un nuovo punto di vista mi convince di più. 
Intanto una precisazione: la questione non è di fondamentale importanza per la società ma a me interessa sopratutto dal punto di vista linguistico, la linguistica è infatti uno dei miei campi di studio, ma capisco bene che possa non appassionare tutti...
Ti lascio due considerazioni su quanto dici:
swetty ha scritto: la cameriera pulisce le stanze e/o si occupa di una signora. La cassiera sta alla cassa, il cassiere è un contabile. Il commesso fa commissioni (consegna lettere o pacchi per esempio), la commessa serve al bancone. E così via: sono professioni tra loro correlate, che magari si assomigliano, ma che non sono uguali. Un po' come banchiere e bancario.
Ottima osservazione. Infatti il femminile di tali professioni ha spesso una connotazione negativa dal punto di vista del prestigio sociale. Vedi la differenze tra maestra (maestra di scuola elementare) e maestro (maestro di vita) o direttrice (di collegio o scuola) e direttore (posizioni apicale). Le parole però cambiano nel corso del tempo anche di significato,  con slittamenti semantici che si adeguano a descrivere meglio la realtà. Per un principio di economia linguistica forse è più semplice che il femminili cambi connotazione che usare il maschile tout court  (cosa che crea problemi di concordanza tra il sostantivo e altre parti della frase). Tant'è vero che la proposta è stata in parte abbandonata. Ovviamente staremo a vedere che cosa succederà nei prossimi anni e quale direzioni prenderà la lingua.
2.
swetty ha scritto: a me sembra una pericolosa deriva quella di voler imporre un cambiamento linguistico di tale portata. Le lingue sono oggetti complicati, e manovrarle dall'alto è sempre un atto di hybris. Un conto è quello che ognuno di noi fa come singolo, ma cercare di imporre una riforma è creazione di una neolingua, per quanto a fin di bene, che non si può sapere dove porti, soprattutto se chi la propugna non è in grado di vedere che esistono condizioni di vita e ambientali molto diverse dalle sue.
Su questo non sono d'accordo semplicemente perché non sarebbe di certo la prima volta che accade qualcosa del genere. Le lingue non sono solo qualcosa di naturale che si evolve spontaneamente, ma sono il frutto di dinamiche molteplici e complesse. Semplificando ci sono due spinte sostanziali che portano cambiamenti, una dal basso data dai parlanti (con modificazioni sopratutto fonetiche e con prestiti da altre lingue) e una dall'alto data da coloro che si preoccupano di stabilire le norme. Non sempre queste ultime sono il risultato dei cambiamenti osservati nella lingua parlata. Potrei farti tantissimi esempi. Te ne faccio un paio. In Brasile fino alla fine del '700 non si parlava il portoghese ma una lingua franca (frutto dell'unione artificiale tra due lingue indigene di ceppi diversi e normata dai frati gesuiti), finché un certo marchese Do Pombal non impose l'uso del portoghese. Risultato: oggi in Brasile si parla portoghese e non più la lingua geral.
In spagnolo gli esempi si sprecano. La Academia Real de la lingua española (sorta di corrispettivo della nostra Crusca ma con molto più potere) ha imposto durante i secoli numerosi cambiamenti sia ortografici che morfologici, gli ultimi ancora nel 2010. I parlanti dello spagnolo sono infatti molto più abituati ai cambiamenti imposti dall'alto e non si crucciano tanto come noi. Hanno accolto senza tante storie anche i femminili delle professioni (a proposito, @dyskolos in spagnolo c'è El médico e la médica!).
Sono però molto più restii di noi ad accogliere i prestiti dall'inglese. Quindi per loro il lockdown è El confinamiento. Questa è sempre una conseguenza dell'impostazione che ha la Real Academia nei confronti della questione. Per dire quanto siano importanti i cambiamenti imposti dall'alto e quanto naturale ed artificiale siano intrecciati in linguistica. 
Insomma le lingue sono ingranaggi estremamente complessi.

Grazie per l'interessante scambio di opinioni!

Re: Femminile e professioni

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ivalibri ha scritto: a proposito, @dyskolos in spagnolo c'è El médico e la médica!).
:-)
Lo sospettavo :-)
D'altronde, a proposito di spagnolo e di Academia Real, da fine linguista (quale sei) sai che certe parole a volte scompaiono in un'area ma rimangono in un'altra. Non mi stupisce dunque che una parola scompaia in italiano ma poi ricicci fuori in spagnolo.
Scommetto che ti occupi principalmente di lusitanistica :-)

ivalibri ha scritto: Sono però molto più restii di noi ad accogliere i prestiti dall'inglese. Quindi per loro il lockdown è El confinamiento. Questa è sempre una conseguenza dell'impostazione che ha la Real Academia nei confronti della questione.
Noi invece scenderemmo in piazza gridando "dittatura linguistica" :-)

A proposito di confinamento, anche i Francesi usano la parola corrispondente. Non so scrivere il francese, ma dovrebbe qualcosa come confinement. Io ho provato a dire confinamento in italiano, ma nessuno capisce. La stessa cosa succede con "certificato verde" in luogo di "green pass". Ci provo, ma non ottengo buoni risultati :-) 
Penso che se nessuno avesse detto in TV "lockdown", a nessun italiano sarebbe mai saltato in mente; ma, siccome hanno cominciato a dirlo politici e giornalisti, noi (che appunto non siamo restii) oggi diciamo lockdown di default. Potere della TV!
Potrei fare pure l'esempio di "computer" (italiano), "ordenador" e "ordinateur", ma so che lo sai e non voglio tediarti :-)
Poi noi utilizziamo pure pseudoanglismi (e anche pseudofrancesismi) per completare l'opera dell'itanglese, ma se la tendenza è quella, io, da appassionato linguista, osservo e dico "mah, e vabbé, i giovani comandano…".
Faccio un pronostico: l'inglese non è la lingua del futuro. D'altronde prima la lingua diplomatica era il francese, e prima ancora il latino per secoli e secoli.
ivalibri ha scritto: ma capisco bene che possa non appassionare tutti
Non solo, c'è pure chi pensa che i linguisti siano dei vecchi parrucconi che sanno solo censurare le novità e quindi dovrebbero tacere :-D
Il Sommo Misantropo

Re: Femminile e professioni

41
ivalibri ha scritto: Per un principio di economia linguistica forse è più semplice che il femminili cambi connotazione che usare il maschile tout court  (cosa che crea problemi di concordanza tra il sostantivo e altre parti della frase). Tant'è vero che la proposta è stata in parte abbandonata. Ovviamente staremo a vedere che cosa succederà nei prossimi anni e quale direzioni prenderà la lingua.
Perché dovrebbe creare problemi grammaticali? Dal punto di vista linguistico, i nomi di professione si comportano da apposizioni, non da attributi, e quindi non concordano in genere. Sono nomi, non aggettivi.

Difatti, James Bond è una spia senza che a nessuno venga qualche dubbio su cosa si accorda a chi, così come "la casa è un rifugio" o "La Gazzetta dello Sport è un giornale". Analogamente: "la spia James Bond è uscita dalla stanza" o "leggo il giornale La Gazzetta dello sport", senza che ci sia il minimo dubbio. Perché dovrebbe esserci in "l'ispettore Anna è uscito dalla stanza"? Se c'è, è perché cozza con un nostro bias mentale, non con la grammatica. 

Le cose non si spaccano così con l'accetta, sono d'accordo: sarebbe dura dire "Anna è il padre di Antonio". Però Santa Caterina è un padre della chiesa, non una madre della chiesa (e nemmeno una padressa o una padra e manco una padre).

Più sopra è stato fatto l'esempio di "il sindaco Anna è incinta" o "il sindaco Anna è incinto": il problema in questo caso è che l'aggettivo è difettivo. Nessuno avrebbe problemi né con "il sindaco Anna aspetta un bambino" né con "il sindaco Anna è in stato interessante". Del resto abbiamo problemi simili nel volgere al passato remoto "mi prude un piede".

Sempre restando nel punto di vista linguistico, secondo me il problema di chi porta avanti questa "femminilizzazione" è che semplifica troppo la distinzione maschile-femminile, ritenendo che sia una questione legata più che altro alla biologia. Ma se andiamo a vedere le origini del femminile nelle lingue (che è un fenomeno relativamente recente, si parla di poche migliaia di anni fa, successivo all’invenzione della moneta e della scrittura), si vede che la distinzione biologica non è la prima causa di nascita della distinzione di genere linguistica. Anzi, in alcuni casi è al più un effetto collaterale senza un vero significato biologico.

Questa cosa è stata studiata soprattutto per le lingue semitiche, perché sono le lingue di cui abbiamo le attestazioni più antiche, ma anche per le lingue indoeuropee e il meccanismo è a grandi linee simile.
In principio, la distinzione è tra esseri animati e esseri inanimati (una cosa che sopravvive nel persiano per esempio), e non c’è neanche una distinzione tra singolare e plurale. È quest’ultima la cosa che nasce per prima, con due plurali, uno per molti singoli e uno collettivo (quello che in italiano è diti/dita, ossi/ossa, ecc.).
In un modo che non è molto chiaro, il femminile nasce dal collettivo. Qui le spiegazioni divergono, sia nella motivazione che nel senso originale: si va da chi dice che fosse un marcatore di inferiorità (tesi superata) a chi sostiene che sia una coincidenza.
Quello che però è abbastanza stabilito è che non si tratta di un marcatore strettamente femminile, ma piuttosto di non-maschio (sembra la stessa cosa ma non lo è) o forse addirittura un tipo di contrapposizione diverso. Per esempio, potrebbe essere una contrapposizione tra "individuo" (socialmente identificato col maschio adulto libero) e "elemento di una collettività" (socialmente identificabile con donne, bambini, schiavi, macchine, animali, ossia tutto il resto). Ma quale sia la contrapposizione da considerare dipende anche dal contesto.
Per fare un esempio in italiano, noi chiamiamo “pollo” l’animale che si mangia e “gallina” quello che fa le uova, a dispetto del fatto che siano entrambi femmine della stessa specie: questo perché la distinzione in questo caso è economica, non biologica. O pensiamo alla distinzione albero maschile/frutto femminile. A volte il femminile serve a marcare la differenza uomo/cosa: sono femminili, per esempio, le macchine che svolgono parte del lavoro (timbratrice, trebbiatrice, programmatrice) o anche l’oggetto di studio (fisica, chimica, matematica).

Che la distinzione di genere si porti dietro anche altre distinzioni è radicato nell’inconscio dei parlanti, per questo fa ridere quando si cambia il sesso di una parola o si perde di autorevolezza quando si passa al femminile. La cosa vale anche a rovescio: l’infermiere, l’ostetrico, il maestro perdono calore e amorevolezza, caratteristiche fondamentali di quelle professioni.

Insomma, la questione è molto complessa e va ben al di là del sessismo.

Kathleen Connors, “Studies in Feminine Agentives in Selected European Languages”, Romance Philology, v. 24, n. 4, May 1971, pp. 573-598
Kenneth Shields, Jr., “Some New Observations Concerning the Origin of the Indo-European Feminine Gender”, Zeitschrift für vergleichende Sprachforschung, 91 Bd., 1 H, 1977, pp. 56-71
dyskolos ha scritto: lun nov 29, 2021 11:04 amPer esempio, io dico "medica" e ogni volta mi guardano male, però poi si abituano e mi guardano bene. Ora, "medica" si diceva regolarmente fino alla metà dell'Ottocento, poi quel termine è scomparso misteriosamente ma non per me
Ma devono guardarti male, visto che la "medica" dell'ottocento è più o meno a metà strada tra una OSS e una fattucchiera. Dovresti andare più indietro, alla medichessa medievale. Che però sì, certo, è il corrispondente femminile del medico di scuola salernitana: il problema è che anche quel medico non aveva la formazione che pensiamo noi di base teorico-universitaria, ma più da scuola pratica, tant'è che non serviva un corso di studi formale (anche se esisteva) ma bastava superare l'esame di abilitazione (ciò non toglie che fosse il meglio che si potesse ottenere e che le competenze fossero certificate).

Le medichesse in stile salernitano scomparvero quando la formazione universitaria  si impose come requisito per quelli che noi ora chiamiamo medici, formazione che alle donne era preclusa. Il termine medichessa acquisì quindi un valore spregiativo, e passò a indicare o quelle che adesso chiamiamo professioni infermieristiche o fattucchiere, erboriste e roba simile. Medica era diciamo la versione non spregiativa, ma appunto indicava più un'infermiera. Il termine cadde in disuso quando, a metà dell'ottocento, le professioni sanitarie si strutturano in modo simile a quella attuale e "medico" come termine acquisì prestigio sociale (e smise di fare cose come svuotare padelle).
«La purezza è per l'acqua potabile, non per le persone.» (Bobby Henderson - Secondo condimento)
«Perché l'affare funzioni serve che tu voglia qualcosa in cambio di niente.» (Hustle - I signori della truffa)
«Questa idea di purezza ideologica, il fatto che non si debbano mai fare compromessi, tutte queste cose, beh, dovreste superarle rapidamente. Il mondo è un casino.» (Barack Obama)

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Re: Femminile e professioni

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Cara @swetty 
Non sono d'accordo, molti sostantivi concordano con il genere e creano problemi con altri parti della frase. Gli esempi da te riportati non sono esaustivi. In uno, L'ispettore Anna è uscito dalla stanza, già il ragionamento inizia a zoppicare (uscito invece che uscita). A me pare più semplice L'ispettrice Anna è uscita dalla stanza, così come diremmo La maestra Anna è uscita dalla stanza e non Il maestro Anna è uscito dalla stanza. Gli esempi della spia, la guardia, la sentinella sono minoritari e creano delle eccezioni alla regola, mentre i femminili di molte professioni cominciano ad essere molto numerosi (e meno male, vuol dire che alle donne cominciano ad aprirsi possibilità lavorative di prestigio che una volta erano inaccessibili). Infatti uno dei motivi per cui si insiste su questo è anche cercare di abituarsi a sentire parlare di donne in determinati ruoli. Iniziamo ad avere sindache e ministre, seppur sempre in minoranza e l'uso si sta adattando alla realtà. 
Quanto alle questioni sull'origine del femminile, per quanto interessantissime (e anche molto indicative di un modo di pensare radicato in noi - vedi la parte sul non maschile che include tutta una serie di categorie di persone tra cui le donne, come se fossimo una minoranza) non risolvono il "problema" della differenza tra genere grammaticale (la sedia e il tavolo) e genere semantico (uomo e donna, eroe/eroina, ecc.). Per i parlanti, anche solo a livello inconsapevole, la differenza è chiara e non è affatto un bias cognitivo, ma una caratteristica della lingua. Nessuno direbbe maestro o maestra senza avere chiaro il sesso a cui si riferisce. 
Quanto poi alla questione sesso/genere (sesso biologico e genere come costruzione culturale e sociale) bisogna ricordare che si tratta di una teoria femminista, o meglio che nasce come tale, che ha i suoi limiti. 
Eh già, discorso molto molto complesso questo che va ben oltre il sessismo ma che include riflessioni sulla lingua e sul femminile che certo non possiamo esaurire qui. Ma i tuoi interventi sono super interessanti, anche se probabilmente abbiamo impostazioni diverse e quindi arriviamo a conclusioni diverse. D'altra parte sia per quanto riguarda la linguistica che gli studi di genere ci sono scuole di pensiero molto diverse, come è giusto che sia, data la complessità della materia. 
Ciao!

Re: Femminile e professioni

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dyskolos ha scritto: , da fine linguista (quale sei) sai che certe parole a volte scompaiono in un'area ma rimangono in un'altra. Non mi stupisce dunque che una parola scompaia in italiano ma poi ricicci fuori in spagnolo.
Scommetto che ti occupi principalmente di lusitanistica :-)
Eh sì, ricicciano eccome. 😄
La lusitanistica è la mia materia, ma ora mi occupo di iberistica.
dyskolos ha scritto: anche i Francesi usano la parola corrispondente. Non so scrivere il francese, ma dovrebbe qualcosa come confinement. Io ho provato a dire confinamento in italiano, ma nessuno capisce. La stessa cosa succede con "certificato verde" in luogo di "green pass". Ci provo, ma non ottengo buoni risultati :-) 
I più anglofili siamo noi. Ci piace proprio infiocchettare con l'inglese. 
Comunque scrivendo la risposta a Swetty il mio cellulare mi ha corretto automaticamente sindache ma non ministre. Anche il T9 si sta adattando...😁
Ciao, @dyskolos

Re: Femminile e professioni

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swetty ha scritto: Ma devono guardarti male, visto che la "medica" dell'ottocento è più o meno a metà strada tra una OSS e una fattucchiera. Dovresti andare più indietro, alla medichessa medievale. Che però sì, certo, è il corrispondente femminile del medico di scuola salernitana: il problema è che anche quel medico non aveva la formazione che pensiamo noi di base teorico-universitaria, ma più da scuola pratica, tant'è che non serviva un corso di studi formale (anche se esisteva) ma bastava superare l'esame di abilitazione (ciò non toglie che fosse il meglio che si potesse ottenere e che le competenze fossero certificate).

Le medichesse in stile salernitano scomparvero quando la formazione universitaria  si impose come requisito per quelli che noi ora chiamiamo medici, formazione che alle donne era preclusa. Il termine medichessa acquisì quindi un valore spregiativo, e passò a indicare o quelle che adesso chiamiamo professioni infermieristiche o fattucchiere, erboriste e roba simile. Medica era diciamo la versione non spregiativa, ma appunto indicava più un'infermiera. Il termine cadde in disuso quando, a metà dell'ottocento, le professioni sanitarie si strutturano in modo simile a quella attuale e "medico" come termine acquisì prestigio sociale (e smise di fare cose come svuotare padelle).
Grazie per la spiegazione chiara. Questa non l'avevo mai sentita e ridimensiona un po' il mio "misteriosamente".
Tuttavia osservo che molte parole sono rimaste invariate nonostante il cambiamento tecnologico che le ha interessate.
Poi mi piace tornare alla Roma antica, quando anche i medici (maschi) erano, più o meno, fattucchieri. Allora medici e mediche facevano la stessissima cosa e nella loro lingua, cioè il latino, si poteva tranquillamente dire "medicus" (per i maschi) e "medica" (per le femmine), senza che "medica" avesse alcun significato spregiativo. Erano infatti aggettivi sostantivati. Ecco, io userei "medica" alla maniera degli antichi romani, ossia senza distinzione di prestigio sociale.
D'altronde mi è capitato di dire a una donna: "Queste cose non dovrebbe dirle, ma lei è un medico?" e di sentirmi rispondere: "Sì, sono una medica!".

swetty ha scritto: Ma se andiamo a vedere le origini del femminile nelle lingue (che è un fenomeno relativamente recente, si parla di poche migliaia di anni fa, successivo all’invenzione della moneta e della scrittura), si vede che la distinzione biologica non è la prima causa di nascita della distinzione di genere linguistica. Anzi, in alcuni casi è al più un effetto collaterale senza un vero significato biologico.
Allora mi sembri aderire al consiglio di Yasmina Pani, linguista sarda, che ri-ri-ri-ripropongo. Lei infatti sostiene che l'origine di questi discorsi extra-grammaticali (ruolo sociale delle donne e simili) sta nella "pessima idea" (testuale) di chiamare i generi con le parole maschile e femminile. Propone di usare parole neutre tipo A e B. Quindi una parola è di genere A, invece un'altra è di genere B.
Io ci sto ancora riflettendo, ma mi sto convincendo che abbia ragione. Vedremo alla fine delle mie riflessioni :)
Il Sommo Misantropo

Re: Femminile e professioni

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ivalibri ha scritto: Non sono d'accordo, molti sostantivi concordano con il genere e creano problemi con altri parti della frase.
Tipo?
ivalibri ha scritto: Gli esempi della spia, la guardia, la sentinella sono minoritari e creano delle eccezioni alla regola,
Ma perché dovrebbero?

Cito dallo Zanichelli:
  ha scritto:Nel caso di esseri animati, invece, la distinzione tra genere maschile e femminile corrisponde gener. al sesso: marito, attore, portiere e gallo sono di genere maschile; moglie, attrice, portiera e gallina sono di genere femminile. Si è detto ‘generalmente’ perché ci sono delle eccezioni, nomi che sono di genere femminile anche quando indicano uomini, come la guida, la spia, la recluta, la sentinella, la guardia, la vittima, o nomi maschili che si riferiscono sempre a donne, come il soprano, o indifferentemente a uomini o donne, come il pedone. ATTENZIONE: in questi casi la concordanza è sempre grammaticale: il soprano Maria R. è stato applaudito; la sentinella, Luigi R., è stata ricoverata in ospedale.
Se si vuole ottenere che alle donne ci si possa riferire solo con nomi femminili, la grammatica va cambiata e anche in modo drastico, perché ad oggi la lingua italiana ragiona in tutt'altro modo. Può essere anche accettabile, ma dev'essere chiaro che è una posizione politica, non linguistica.

È come se uno dicesse che in italiano esistono solo nomi che terminano con "o", "a" ed "e", e se qualcuno rispondesse che esistono anche crisi, virtù o sport venisse risposto che sono "minoritari" e creano delle eccezioni alla regola. Certo che sono minoritari, ma questo non vuol dire che non ci siano o che siano irrilevanti o che un'eventuale teoria linguistica sulle desinenze non dovrebbe tenerne conto.
dyskolos ha scritto: lun nov 29, 2021 6:51 pmGrazie per la spiegazione chiara. Questa non l'avevo mai sentita e ridimensiona un po' il mio "misteriosamente".
Tuttavia osservo che molte parole sono rimaste invariate nonostante il cambiamento tecnologico che le ha interessate.
Certo. Ma la filologia è un casino proprio perché quasi ogni parola fa caso a sé, se per le professioni sanitarie c'è stato un andirivieni di nomi (sia maschili che femminili), altrove non è andata così.
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Re: Femminile e professioni

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Infatti anche lo Zanichelli dice che guida, spia, sentinella, soprano sono eccezioni nella tua stessa citazione. 
Molti sostantivi si declinano al femminile in italiano, quando si riferiscono al genere semantico e non grammaticale e seguono le regole della morfologia. Inoltre concordano con altre parti della frase come articoli, aggettivi, verbi.
Ti copio incollo il riassunto che fa Vera Gheno a proposito (che tra l'altro collabora con Zanichelli nell'aggiornamento dei dizionari ed è una linguista di professione di cui ci possiamo fidare).

Non uso i femminili perché vanno contro le regole dell’italiano”
[font="PT Serif", Georgia]È una variante dell’obiezione analizzata al punto precedente. Per l’appunto, le regole dell’italiano ci dicono che normalmente si indica con un sostantivo al femminile un essere vivente di sesso femminile. Per entrare nel dettaglio, le “regole dell’italiano” dividono i sostantivi riguardanti animali ed esseri umani in quattro classi, a seconda della relazione tra maschile e femminile di quel determinato termine. E quindi possiamo isolare:[/font]
  1. [font="PT Serif", Georgia]I nomi di GENERE FISSO: maschile e femminile sono termini completamente diversi, che non hanno radici comuni, come fratello-sorellamarito–moglie o, per gli animali, toro-vacca.[/font]
  2. [font="PT Serif", Georgia]I nomi di GENERE COMUNE: i termini sono di fatto ambigeneri, cioè, in sostanza, basta cambiare l’articolo: il/la pediatrail/la custodeil/la cosmonautail/la presideil/la docenteil/la giornalistail/la penalista.[/font]
  3. [font="PT Serif", Georgia]I nomi di GENERE PROMISCUO: la definizione si riferisce a nomi di animali che hanno un’unica forma, come tasso o tigre, così che il genere opposto si forma aggiungendo un descrittore, come il tasso femmina o il maschio della tigre. Possiamo includere in questa categoria anche i termini riferiti a esseri umani che hanno generalmente un’unica forma grammaticamente non ambigenere, come vittima o pedone, e anche i sostantivi che sono femminili anche se riferiti tradizionalmente a soggetti maschili (la guardia, la vedetta, la sentinella, la spia). Sono tutto sommato pochi, e sono un gruppo di parole un po’ sui generis, che non minano in alcun modo il sistema nel suo complesso.[/font]
  4. [font="PT Serif", Georgia]I nomi di GENERE MOBILE: sono gli unici che si declinano in base alle regole morfologiche previste dall’italiano (ma coprono, di fatto, la maggior parte dei casi). Ne esistono di vari tipi: rettore-rettrice (e minatore-minatrice), maestro-maestra (e ministro-ministra), sarto-sarta (e avvocato-avvocata), infermiere-infermiera (e ingegnere-ingegnera). Altre coppie sono irregolari, come abate-badessadio-dea o eroe-eroina: per questo, in caso di dubbi, conviene verificare la forma più corretta e più usata in un dizionario sufficientemente aggiornato.[/font]
  5. La questione è quindi aggiornare alcuni termini non ancora in uso poiché è cambiata la realtà. Si può scegliere se farlo, seguendo le regole della morfologia italiana, oppure no.La questione è politica, certamente. Dal mio punto di vista in entrambi i casi. Come spesso succede per ciò che concerne i cambiamenti linguistici e non solo, la lingua si intreccia a questioni di potere. Ma non è certo una novità. Buona serata, @swetty

Re: Femminile e professioni

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Scusa @ivalibri  ma non stiamo parlando della stessa regola grammaticale. I femminili delle professioni non violano alcuna regola grammaticale di per sé, casomai introducono del lessico inventato a tavolino.

Il punto è che non c'è nessuna regola che impone il femminile per nomi che si riferiscono a donne e il maschile per nomi che si riferiscono a uomini e quindi (a) non c'è nessuna necessità grammaticale di usarli e (b) esiste già una regola per le concordanze in questo caso, che funziona da secoli e nessuno si è mai sognato di discutere in altri casi.

Poi uno mi dovrebbe spiegare perché avvocato, ingegnere o sindaco non possano rientrare nella categoria 3 invece di volerle spingere a forza nella categoria 4. Se "guardia" non mina il sistema nel suo complesso, perché "avvocato" sì?

Su alcune cose Gheno ha ragione, sono obiezioni poco sensate e fa bene a smontarle (tipo quella sulla cacofonia). Ma in questo caso prende una topica colossale, nel merito e pure nel metodo.
«La purezza è per l'acqua potabile, non per le persone.» (Bobby Henderson - Secondo condimento)
«Perché l'affare funzioni serve che tu voglia qualcosa in cambio di niente.» (Hustle - I signori della truffa)
«Questa idea di purezza ideologica, il fatto che non si debbano mai fare compromessi, tutte queste cose, beh, dovreste superarle rapidamente. Il mondo è un casino.» (Barack Obama)

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Re: Femminile e professioni

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Parlando da profano, non sarà che alla base di tutto c'è una una motivazione psicologica?

Prendiamo l'esempio fatto sopra ispettrice/commissaria. Il passaggio da ispettore a ispettrice non suscita obiezioni, quello da commissario a commissaria desta qualche perplessità. 
Considerata l'affinità tra le due professioni, è assurdo pensare che questa differenza di opinione sia legata alla natura del lavoro a cui ci si riferisce, per cui non ci si trova davanti a un pregiudizio di tipo sessista, ma è una obiezione esclusivamente linguistica. 
Però se per ipotesi modificassimo ispettrice in ispettora, riaffiorerebbe subito qualche perplessità.
La stessa situazione si ripropone in altri esempi: si usano e si accettano da sempre (o almeno da molto tempo) le forme dottoressa e professoressa, non sono entrate nell'uso dottora e professora.
Sembrerebbe che il semplice automatismo di volgere il maschile in femminile con il passaggio da una "o" a una "a" sia percepito da molti quasi come uno scimmiottamento, un'imitazione un po' caricaturale della forma maschile, mentre quando la differenza è più marcata pare non esserci quasi mai nessun problema.
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