Marcello wrote: Io mi guardo bene dal voler indagare su come si senta
È proprio questo il punto, giacché, quanto al sentirsi, uno può sentirsi come vuole. Quanto all'essere, invece, uno è ciò che è, anche a livello cromosomico e ormonale. Infatti chi
nasce con il pisellino è maschio, indipendentemente da come si senta. Chi invece
nasce con la vaginina è femmina, indipendentemente da come si senta. Si vede dai geni (dalla ventitreesima coppia, per la precisione) e dalle ecografie in gravidanza. Il sesso biologico, alla fine, è l'unica cosa su cui siamo tutti d'accordo, perché, in certi casi, il "come uno si sente" non è determinabile. Con ciò mi riferisco alle persone "gender fluid", ossia a coloro che cambiano il "come uno si sente" frequentemente. A questo punto le domanda dovrebbe essere non "che pronomi uso?" ma "mi conviene ambientare la storia in un luna park o in una comunità per malati psichiatrici?".
Faccio un paio di esempi.
Uno.
Quando mi trasferii a Palermo, nel lontano 2003, conobbi una vicina transgender. Era originariamente uomo, ma si sentiva donna. Era alto/alta 1,92 metri, poi si metteva i tacchi e superava i due metri. Aveva il pomo d'Adamo in gola e la voce maschile. Però usciva con la minigonna e le calze a rete. Alle 6,30 di mattina inforcava una bicicletta rosa da donna e si faceva tutta la via Roma. Aveva la zazzera bionda, un parrucca molto voluminosa, una biondona di due metri (e passa) in bicicletta, che io la guardava e dentro di me dicevo "Anvedi che stangona, ah boooona!". Era
sposata con un uomo "normale" e li vedevo spesso andare a teatro nel pomeriggio. Usciva con il marito a braccetto: lei alta il doppio di lui, ma vabbè… Lui (il marito) timido e riservato, uomo di poche parole, mingherlino e con pochi capelli. Lei invece molto espansiva e appariscente (una biondona di oltre due metri

). Davanti al marito la chiamavo "signora" e lui "signore". Poi come facesse un uomo "normale" a stare con un trans non l'ho mai capito

. Comunque, io l'ho sempre chiamata al femminile. Lei si sentiva donna e io così la chiamavo. Tutto bene.
Due. Lavoravo (si fa per dire

) in una comunità per schizofrenici, quando conobbi una paziente quarantenne, una ragazza "pazza", che cambiava genere spesso nell'arco di mezza giornata. La mattina era Maria, poi nel pomeriggio diventava Lorenzo, il giorno dopo Giovanna, dopo qualche ora si sentiva una betulla, poi una donna di nome Monica, poi l'indomani Giorgio, ecc… Oggi si definirebbe "gender fluid". Siccome cambiava genere di continuo, io la indicavo con il suo sesso biologico, femmina (aveva pure le tette grandi

), anche quando diceva di essere Lorenzo o Matteo o un abete, per dire. Ma quella aveva una diagnosi di "schizofrenia disorganizzata". Non mi sono mai chiesto con quale pronome chiamarla.
Ora Creepshow parla di personaggi intersex e nogender. Coloro che hanno gravi disturbi della percezione di sé stessi, tanto da non sapere se sono maschi o femmine, hanno un problema psichiatrico, non categorizzabile come linguistico o grammaticale.
Se la persona cambia una sola volta, allora per me va chiamata per come si sente. Se invece cambia genere ogni cinque minuti, allora andrebbe chiamata con il sesso biologico, che è l'unico su cui non si può che essere d'accordo, poi magari gli/le consiglio di passare da uno psichiatra.
Il professionista di riferimento di queste persone non è il linguista o l'editor, ma lo psichiatra.