Piuttosto vado al gabbio, ma preferisco alludere...
Posted: Mon Mar 10, 2025 5:14 pm
Ho lavorato sodo, come immagino tutti voi, più o meno fino a 50 anni. Pensare di continuare a farlo come se niente fosse - e solo perché c'è di mezzo la pensione - è pura follia: è spreco...
Dedicherò tutto il tempo che resta a un solo "inutile" obiettivo, utile solo all'eventualità - piuttosto remota - di riuscire a farmi un nome da postumo. Da vivo si può essere sì di successo, ma solo in virtù di un adattamento ai contemporanei che quel successo decretano, ossia pagando il logico prezzo di risultare in linea con esistenze prossime e fatue come le proverbiali fiammelle.
Nella mia testa c'è spazio per un libro, non il tentativo plurimo di provare ad abbozzarne frettolosamente cinque o sei, "tanto poi qualcosa ne caviamo fuori". Tanto più che cercare la via del riscontro immediato, comporta sobbarcarsi l'incarico di apparire a promozione d'un qualcosa che si ritiene, giusto o sbagliato, blasfemo promozionare; promozione che poi finirebbe lei stessa sancita da svilimento.
Sperando dunque che il decadimento fisico e intellettuale mi dia tregua ancora per un po', l'intenzione è quella (dopo il successo di un microscopico saggio pop finito alto in classifica e generosamente premiato dalla munificenza senza limiti dell'editore) è quella dicevo di fottersene del presente (inteso come l'insieme degli attimi fuggenti da qui all'ultimo dei miei respiri) e di pensare a un solo libro come al LIBRO, un po' come è stato per i capolavori postumi di un Williams, di un Kafka, di Fante, Larsson, Bolaño, Tomasi di Lampedusa ecc...
Pensare cioè al MIO libro affezionandomene e curandolo come un figlio unico... destinato a far parlare di sé come pochissimi altri... Altri che magari sul pianeta terra il LORO capolavoro lo hanno già pubblicato (ed uno in Italia c'è di sicuro), ma di cui non farò mai i nomi per non vedermi poi addebitate astruse ascendenze iettatorie.
Un grande libro è potente, mai leggero. E' profondo perché rimesta, non mostra l'effetto ottico e gustativo della schiuma sul cappuccino. Penetra nel profondo di ciò che siamo e svela il modo con cui mandiamo in scena, singolarmente, questo nostro rimestio interiore, che conosciamo bene, ma che soffochiamo montandolo ad arte per darci e dare un'impressione di conforto, sapendo bene che quel conforto allude a ben altro.
E non puoi alludere senza alludere sul serio, o mascherare solo per alludere dietro l'ipocrisia farlocca del travestimento artistico. Qui non si gioca cari miei, si fa sul serio. E io voglio battere forte e chiaro sui destini miei e del mondo e farlo con l'arma più potente che esista. E quest'arma è il romanzo. Tutto il resto sarebbe ripiego: sarebbe funzione dell'incedere quotidiano; sarebbe tentativo di approdare al successo, ossia piacere relativo i cui meriti andrebbero in via esclusiva ai contemporanei che, per definizione, non sono pronti ad essere oggi ciò che saranno domani nel corpo dei loro futuri simili.
E' il romanzo (se grande) a indirizzare la prua sulle Colonne d'Ercole della Storia, a farsi eterno (se grande) su quel crinale temporale di eternità relativa che è la civiltà dell'uomo dalle origini al suo fallimento, all'estinzione che, tra l'altro, non è detto essere poi così alle viste...
Ma in pratica, vi chiedo:
Può, il narratore, in prima o terza persona, dire tutto quello che intimamente pensa, pescando in maniera chiara, diretta e inequivocabile a fatti, circostanze e persone famose, potenti, influenti del nostro tempo? Ossia regolando il suo narrato su qualsiasi registro, senza nessun limite a denunce, offese, invettive, allusioni, insulti ecc... che, sebbene e chiaramente funzionali al plot narrativo, vogliano senza inganno rimandare a un traslato tutto riconducibile agli accadimenti della storia che stiamo vivendo, fatta appunto di fatti e di viventi con un nome e un cognome?
Può, un personaggio, esprimere, attraverso i dialoghi con gli altri personaggi o i suoi pensieri riportati dal narratore, dire tutto quello che vuole, pescando in maniera chiara, diretta e inequivocabile a fatti, circostanze e persone famose, potenti e influenti, senza censure al proprio linguaggio, come accade alle persone al bar che non risparmiano certo offese, invettive, allusioni a persone pubbliche, potenti e famose?
A presto. Spero
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Dedicherò tutto il tempo che resta a un solo "inutile" obiettivo, utile solo all'eventualità - piuttosto remota - di riuscire a farmi un nome da postumo. Da vivo si può essere sì di successo, ma solo in virtù di un adattamento ai contemporanei che quel successo decretano, ossia pagando il logico prezzo di risultare in linea con esistenze prossime e fatue come le proverbiali fiammelle.
Nella mia testa c'è spazio per un libro, non il tentativo plurimo di provare ad abbozzarne frettolosamente cinque o sei, "tanto poi qualcosa ne caviamo fuori". Tanto più che cercare la via del riscontro immediato, comporta sobbarcarsi l'incarico di apparire a promozione d'un qualcosa che si ritiene, giusto o sbagliato, blasfemo promozionare; promozione che poi finirebbe lei stessa sancita da svilimento.
Sperando dunque che il decadimento fisico e intellettuale mi dia tregua ancora per un po', l'intenzione è quella (dopo il successo di un microscopico saggio pop finito alto in classifica e generosamente premiato dalla munificenza senza limiti dell'editore) è quella dicevo di fottersene del presente (inteso come l'insieme degli attimi fuggenti da qui all'ultimo dei miei respiri) e di pensare a un solo libro come al LIBRO, un po' come è stato per i capolavori postumi di un Williams, di un Kafka, di Fante, Larsson, Bolaño, Tomasi di Lampedusa ecc...
Pensare cioè al MIO libro affezionandomene e curandolo come un figlio unico... destinato a far parlare di sé come pochissimi altri... Altri che magari sul pianeta terra il LORO capolavoro lo hanno già pubblicato (ed uno in Italia c'è di sicuro), ma di cui non farò mai i nomi per non vedermi poi addebitate astruse ascendenze iettatorie.
Un grande libro è potente, mai leggero. E' profondo perché rimesta, non mostra l'effetto ottico e gustativo della schiuma sul cappuccino. Penetra nel profondo di ciò che siamo e svela il modo con cui mandiamo in scena, singolarmente, questo nostro rimestio interiore, che conosciamo bene, ma che soffochiamo montandolo ad arte per darci e dare un'impressione di conforto, sapendo bene che quel conforto allude a ben altro.
E non puoi alludere senza alludere sul serio, o mascherare solo per alludere dietro l'ipocrisia farlocca del travestimento artistico. Qui non si gioca cari miei, si fa sul serio. E io voglio battere forte e chiaro sui destini miei e del mondo e farlo con l'arma più potente che esista. E quest'arma è il romanzo. Tutto il resto sarebbe ripiego: sarebbe funzione dell'incedere quotidiano; sarebbe tentativo di approdare al successo, ossia piacere relativo i cui meriti andrebbero in via esclusiva ai contemporanei che, per definizione, non sono pronti ad essere oggi ciò che saranno domani nel corpo dei loro futuri simili.
E' il romanzo (se grande) a indirizzare la prua sulle Colonne d'Ercole della Storia, a farsi eterno (se grande) su quel crinale temporale di eternità relativa che è la civiltà dell'uomo dalle origini al suo fallimento, all'estinzione che, tra l'altro, non è detto essere poi così alle viste...
Ma in pratica, vi chiedo:
Può, il narratore, in prima o terza persona, dire tutto quello che intimamente pensa, pescando in maniera chiara, diretta e inequivocabile a fatti, circostanze e persone famose, potenti, influenti del nostro tempo? Ossia regolando il suo narrato su qualsiasi registro, senza nessun limite a denunce, offese, invettive, allusioni, insulti ecc... che, sebbene e chiaramente funzionali al plot narrativo, vogliano senza inganno rimandare a un traslato tutto riconducibile agli accadimenti della storia che stiamo vivendo, fatta appunto di fatti e di viventi con un nome e un cognome?
Può, un personaggio, esprimere, attraverso i dialoghi con gli altri personaggi o i suoi pensieri riportati dal narratore, dire tutto quello che vuole, pescando in maniera chiara, diretta e inequivocabile a fatti, circostanze e persone famose, potenti e influenti, senza censure al proprio linguaggio, come accade alle persone al bar che non risparmiano certo offese, invettive, allusioni a persone pubbliche, potenti e famose?
A presto. Spero
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