Come (non) scrivere un fantasy classico*

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Anche se non gode di gran stima in Italia, il fantasy è un genere multiforme e variegato: racchiude almeno una dozzina di sottogeneri letterari: dark fantasy, epic fantasy, urban fantasy, new weird, science fantasy, ecc…
Quello che accomuna i diversi filoni è la presenza, nell'ambientazione, di una componente fantastica (più o meno accentuata) di tipo magico.

Il fantasy "eroico" chiamato (a volte in modo dispregiativo) "sword and sorcery", cioè "spada e magia" è un sottogenere in cui il protagonista combatte per la salvezza di sé e del suo mondo, contro qualche entità malvagia, riuscendo infine a far trionfare il bene. Nella veste di "romanzo di formazione", questo tipo di romanzo consente di trattare in modo profondo tematiche importanti, dal razzismo, alla morte, al riscatto, al coraggio. Su quanto (e perché) questo genere sia stato abusato, occorrerebbe una discussione a parte. Ma ne abbiamo davvero bisogno?

Per gli amanti (ma anche per gli odiatori) dello sword and sorcery, ecco un elenco dei cliché più abusati dal genere… Qual è il vostro preferito?

- il finto medioevo. Ma finto in modo imbarazzante;
- la “quest”, il viaggio di ricerca affrontato da un gruppo di eroi;
- il ragazzino/a sfortunato, orfano e emarginato che deve salvare il mondo. Perché lo dice la profezia. Acquisisce in pochi capitoli abilità che richiederebbero a chiunque altro anni di addestramento;
- la principessa in pericolo. Ultimamente sostituita da
- la donna guerriera invincibile, che non si capisce come faccia a maneggiare spadoni più pesanti di lei e usarli per affrontare contemporaneamente sette nemici;
- il personaggio tenebroso e scorbutico ma dal cuore nobile e tenero;
- l'Oscuro Signore, il cattivo che è cattivo perché sì. Ma del resto anche i buoni sono buoni e belli perché sì;
- i buoni belli e splendenti e i cattivi brutti e puzzolenti;
- il vecchio saggio che fuma la pipa;
- gli animali parlanti;
- le disgrazie familiari: c'è sempre qualcuno che ha perso un genitore o entrambi o un parente stretto/amante/amico e si porta dietro questo fardello che definisce l'intero personaggio;
- la spada (o altra arma) dai mirabolanti poteri;
- i draghi. E i domatori di draghi, ovviamente;
- la donna misteriosa (fata, ninfa, strega) che profetizza o dà pozioni magiche o aiuta in qualche modo i protagonisti;
- le pietre magiche o il libro magico o qualunque aggeggio magico che va ritrovato per salvare il mondo;
- i nomi impronunciabili. "Io sono Fgranlah figlio di Fgringhuj, della gloriosa casa di Akmanduur e combatto per il nobile signore Kturhiw!"


Ma questa discussione intende essere costruttiva, quindi vediamo di mettere nel calderone qualche consiglio per scrivere un buon fantasy sword and sorcery.

A) Scrivere un buon fantasy richiede la stessa abilità e lo stesso lavoro che richiede scrivere un buon libro di qualsiasi altro genere, ispirazione e documentazione incluse. Inventare significa restare pur sempre nei paraggi della verosimiglianza, il patto di sospensione dell'incredulità tra autore e lettore è fragile, non si può pretendere troppo.
E in un'ambientazione quello che fa la differenza sono i dettagli. Se non c'è la nostra tecnologia, come si svolge il quotidiano più banale? Come funziona il denaro? Come si scandisce il tempo? Come si conservano i cibi? Come ci si orienta? Come ci si comporta dopo il tramonto, quando uscire dalla porta di casa significa essere inghiottiti dal buio denso come inchiostro? Come si dormiva, e dove? [...]

B) ogni genere ha i suoi cliché. Sfruttarli non è un male in sé, dipende da come lo si fa.
L’originalità non va ricercata a tutti i costi. Nuovo non è necessariamente bello e vecchio non è necessariamente banale. In questo senso, è utile a inserirsi nella tradizione e "rubare".
Corollario: in realtà sarebbe utile distinguere i cliché dagli archetipi letterari. (NotadiMercy)
Ad esempio “la predestinazione” è un tema caldo in molta letteratura. E c'è il rovescio della medaglia della predestinazione. Non l'eroe designato alla salvezza del mondo, ma il condannato al destino da cui vorrebbe fuggire.
Nella vita di tutti i giorni la predestinazione è nei figli che si sentono costretti a seguire le orme dei padri; nel dipendente calpestato dal responsabile; nel coniuge intrappolato in un matrimonio da cui vorrebbe fuggire.

C) il fantasy soggiace al principio di coerenza interna cui soggiace ogni opera scritta che si rispetti. Se pensate di poter scrivere in un fantasy qualsiasi cosa, beh, non è che non sapete scrivere un fantasy, non sapete scrivere e basta.


D) Cito
@Niko, 14 giugno 2015
Scrivere fantasy è una delle cose più facili mai esistite.
Scrivere un buon fantasy è una delle cose più difficili mai esistite.

Io provo a darti qualche consiglio da amante del genere, ma su internet trovi molte dritte. Il resto, ovviamente, lo deve fare la tua testolina...
1) Ambientazione
Se non è un fantasy contemporaneo dove il mondo è la Terra del nostro tempo, la creazione del tuo mondo è fondamentale. Atmosfera, storia, tradizioni, popoli, cultura. E' facile ficcare elfi, nani, umani e chi più ne ha più ne metta; bisogna renderli originali. O creare nuovi popoli e razze: ancora più difficile farlo bene.
P.S.
Disegna la mappa del tuo mondo e fallo con criterio, con attenzione... e con molta calma.
2) Trama
Super cattivo contro super buono e vai sul sicuro. Ma è originale? No. Appassiona? Forse, ma solo se la trama di contorno è così articolata e dettagliata da farti girare la testa.
Quindi bisogna studiare anche questo punto: il protagonista di un fantasy, di solito, è il "prescelto", "colui che salverà il mondo", "l'eletto" e via discorrendo. Questa cosa fa sempre il suo effetto, però dai... ne abbiamo le palle gonfie.
Quindi... fantasia!
3) Personaggi
L'onesto protagonista contro il bello e tenebroso cattivo di turno sono un cliché. Ricordiamoci che il mondo non è fatto di nero e bianco, e dipingiamo i personaggi con diverse sfumature di colore (questo vale per qualsiasi storia, eh).
All'inizio ti verrà istintivo mettere qualcosa di tuo nei personaggi. Col tempo imparerai che non è sempre un bene farlo, o si assomiglieranno tutti. Quindi, anche qui... largo alla fantasia.
4) Dettagli
Questo è il punto più importante. Per scrivere una buona storia c'è bisogno di un corposo, ben studiato, chiaro... background. Non solo sui personaggi, ma anche sul mondo e sulla storia dello stesso. Ogni tanto fermati a pensare: Quale potrebbero essere le domande del lettore? Sono in grado di rispondere?
Non lasciare niente al caso!


*discussione recuperata da tre topic sul WD
Qui ci dedichiamo alla ricerca della verità, non dei fatti. Se vi interessano i fatti, il dipartimento di storia è al terzo piano.
(semicit.)

Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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sto scrivendo proprio un fantasy, gran parte dei cliché di cui sopra li ho infranti e altri capovolti; per quanto riguarda il background mi sta venendo fuori una specievdi enciclopedia, sperando di aver fatto bene fin'ora, c'è ancora tanto da scrivere e da limare.

Una domanda a chi sta scrivendo o ha scritto un fantasy: viene anche a voi naturale iniziare a pensare ad un prequel e a spin-off vari?
Si guadagna da vivere come collaboratore clinico degli aggiustaossa, scrittore per una naturale propensione a inventare storie assolutamente vere.

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Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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Non sono d'accordo con la lista a inizio post (chiunque l'abbia scritta), anzi la trovo anche un po' troppo leziosa. La parola cliché in sé è altrettanto abusata per indicare situazioni non solo care al fantasy, ma alla letteratura da cui è nato.
Le Quest esistono dalla letteratura cavalleresca, gli animali parlanti ancora da prima (Esopo? Roman de Renard?) e non ho capito questo sprezzo per tutto ciò che non sia realistico, come draghi, oggetti magici (Orlando Furioso, qualcuno?) e libri magici. Sembra che questa lista sia stata stilata da qualcuno che cercava un romanzo storico e si è ritrovato a leggere Terry Brooks per sbaglio.
Una pietra basale del fantasy è il senso di meraviglia, senza di questo un fantasy perde molto, specie se si vuole scrivere un fantasy classico.
Io adoro i draghi, adoro la magia, adoro quelle falsità storiche del fantastico come le guardie cittadine o le armi incantate e/o magiche che hanno un nome (Orlando a Roncisvalle? Chu Chulainn, qualcuno?)
Questi tropi vengono spesso e volentieri usati male, è vero, ma incriminarli e prenderli in giro in questo modo significa non comprendere la natura del fantasy e del fantastico e sfoggiare anche una modesta ignoranza sulle sue radici. Forse, se si comprendessero meglio queste, si comprenderebbe meglio come scrivere e riscrivere un certo tipo di fantasy con più consapevolezza e con più cuore.

E una piccola postilla sui "nomi impronunciabili": se si leggono Fantasy di bassa lega, è una critica comprensibile, ma si ricordi come in molti nomi fantasy ritornano eco di lingue morte o tentativi onesti di crearla da sé, vedasi la Parlata Antica di Sapkowski.
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Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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mercy ha scritto: - la principessa in pericolo. Ultimamente sostituita da
- la donna guerriera invincibile, che non si capisce come faccia a maneggiare spadoni più pesanti di lei e usarli per affrontare contemporaneamente sette nemici;
E che nelle copertine viene raffigurata in abiti succinti o con armature che lasciano ben esposte parti del corpo che andrebbero protette :P

mercy ha scritto:
C) il fantasy soggiace al principio di coerenza interna cui soggiace ogni opera scritta che si rispetti. Se pensate di poter scrivere in un fantasy qualsiasi cosa, beh, non è che non sapete scrivere un fantasy, non sapete scrivere e basta.
Ecco, appunto: la coerenza. Bisogna stare attenti cosa s'immette nel mondo fantasy che si costruisce, perché se non lo si fa, si rischia di perdere il controllo della propria creazione.
Un esempio è il terzo volume della serie più famosa della Rowling, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban: le vicende del libro si risolvono grazie a un oggetto, una Giratempo. Come già il nome lascia intuire, l’artefatto in questione permette di viaggiare nel tempo, come spiega Hermione a Harry, rivelando che l’ha usato per tutto l’anno per seguire due materie che avevano lezione nello stesso orario. Già aver dato a un adolescente, per quanto coscienziosa, un oggetto di tale potere lascia perplessi, come lascia perplesso il fatto che sia stata proprio una professoressa a farlo, ben sapendo che cose terribili accadono ai maghi che interferiscono con il tempo (altra domanda che ci si pone: ma gli altri professori non fanno riunioni accorgendosi dell’anomalia di avere una studentessa che frequenta due corsi che hanno lo stesso orario? Sono tutti d’accordo?) Tralasciando questi elementi, ciò che sorprende è come le Giratempo compaiano solo in questo romanzo; nei romanzi successivi, se non si ricorda male, si fa cenno che siano state distrutte. Ma vista la potenza di questi artefatti, perché non utilizzarli prima, per vicende molto più gravi? Per rispettare le regole imposte dal Ministero della Magia?
Fosse così, qui ci sarebbe una contraddizione con quanto visto fino a questo punto, perché spesso e volentieri, per non dire sempre, i personaggi infrangono non si sa quante regole, a partire dal preside stesso, che non le ha mai rispettate, né da giovane, né da anziano. Avendo a disposizione un simile artefatto perché, per esempio, con la conoscenza acquisita col viaggiare nel tempo non intervenire e rivelare l’identità di Peter Minus quando è ancora trasformato in topo? Perché non evitare la morte di Cedric nel libro successivo? E soprattutto, perché non fermare Voldemort prima che faccia quello che ha fatto, evitando non solo la morte dei genitori di Harry, ma anche di tante altre persone e scatenare un periodo oscuro? (Quest’ultima domanda porta altri quesiti: quando sono state inventate le Giratempo? C’era già ai tempi della nascita di Voldemort? Se sì, perché nessuno le ha usate per fermarlo? Perché non le ha usate Voldemort stesso? Domande che fanno scricchiolare la credibilità dell’opera).
Un autore dovrebbe evitare di immettere elementi del genere nelle sue storie se non è in grado di gestirli con coerenza ed efficacia, perché poi non possono essere liquidati tanto facilmente, lasciando i lettori non solo perplessi, ma che si sentono quasi presi in giro (piccola chicca: una Giratempo tornerà a saltare fuori nello sceneggiato teatrale Harry Potter e la maledizione dell’erede).
Piovasco ha scritto: Una domanda a chi sta scrivendo o ha scritto un fantasy: viene anche a voi naturale iniziare a pensare ad un prequel e a spin-off vari?


Se succede è perché successivamente nascono delle storie che possono essere legate alla storia principale ma che non possono essere narrate in essa.
Max91 ha scritto: Questi tropi vengono spesso e volentieri usati male, è vero, ma incriminarli e prenderli in giro in questo modo significa non comprendere la natura del fantasy e del fantastico e sfoggiare anche una modesta ignoranza sulle sue radici. Forse, se si comprendessero meglio queste, si comprenderebbe meglio come scrivere e riscrivere un certo tipo di fantasy con più consapevolezza e con più cuore.
In parte è vero, specie se si sono letti romanzi scritti in Italia durante il boom del fantasy (dal 2000 in poi).
Ma se si leggono le opere di Guy Gavriel Kay o di Brandon Sanderson, si capisce che cosa è davvero il fantasy.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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Sanderson è una persona deliziosa, ma leggendo Mistborn, come scrittore lo trovo un po' troppo noioso e alle volte persino irritante. La sua prosa è asciutta, asciuttissima almeno per me che preferisco Tolkien, la Leguin, Kay stesso e non riesco a entrare nei mondi che crea, (e ne crea di bellissimi), se non me li presenta in maniera evocativa. E gli Hard Magic System portati all'estremo - ma questo è più un problema dei suoi fan più accaniti che suo - mi sembrano più creare Sci-fi Medievale, sradicando quel senso di meraviglia che dovrebbe essere il centro del fantastico e del fantasy.
Senza contare che trovo il terzo volume di quella trilogia più uno shonen che un romanzo fantasy, per certi versi, in particolare per
Elend Mistborn, che penso sia una delle cose che più mi han dato fastidio, gratuite e in particolare il continuo martellare sul "Lui è più forte di Vin" che viene ripetuto quasi ossessivamente.
Tutto questo per dire: non trovo che Sanderson scriva un fantasy che leggerei o prenderei ad esempio, con i miei gusti. In particolare perché non vedo quel ponte fra me e il mito, la leggenda, l'epica che cerco in questo genere.

Però voglio ugualmente provare con gli Archivi della Folgoluce, ma se devo leggere con piacere un fantasy contemporaneo, leggo molte volte più volentieri Sapkowski o persino Jay Kristoff, che penso abbia scritto il peggior fantasy che mi sia mai piaciuto, però era divertente!
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Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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Una domanda a chi sta scrivendo o ha scritto un fantasy: viene anche a voi naturale iniziare a pensare ad un prequel e a spin-off vari?
Io ho scritto una serie in quattro volumi, ma prima di tutto il resto ho scritto il prequel. Poi ho pensato a un secondo prequel (su fatti ancora più antichi, che vengono richiamati nella serie), che prima o poi vorrei scrivere. Mi piacerebbe anche un sequel. Molto dipende se la serie principale avrà successo, sarebbe un incentivo in più.
Credo che sia normale: scrivendo un fantasy si crea un intero mondo, dove trovano posto moltissime storie. Siccome creare mondi richiede tempo ed energia (e su questo forum ne sanno qualcosa :asd: ), è più facile inserire una storia in un mondo già pronto che inventarne un altro

Mi conforta invece vedere di aver schivato molti cliché. Anche se i miei protagonisti sono orfani, e c'è una ricerca e una profezia di mezzo... :lol:
ogni genere ha i suoi cliché. Sfruttarli non è un male in sé, dipende da come lo si fa.
Sono d'accordo: bisogna distinguere cliché (che derivano da pigrizia) e archetipi (che sono la base di una storia). Un romanzo fantasy deve per forza avere un eroe. Può non essere orfano o predestinato, ma deve esserci. Nel mio caso, gli eroi sono orfani (era necessario) e sono gemelli. Uno dei due è dalla parte "cattiva" ma non è cattivo, il che cambia un po' il cliché. La profezia c'è ma è un pretesto, perché è stata cambiata e occultata. È parte della ricerca, e alla fine si scoprirà che comunque c'era qualcuno a manipolarla. Deve poi esserci un "cattivo" da sconfiggere. Io ho reso ambigui i confini tra bene e male, quindi un cattivo c'è, e sbaglia, ma non ha tutti i torti (anche i buoni infatti sbagliano). I "cattivi" sono solo apparentemente un ostacolo, ma in realtà il loro apporto è necessario nella ricerca della verità.
Insomma gli archetipi vanno tenuti, il lettore deve avere la sensazione di un'impresa epica e necessaria, che alla fine lasci un senso di ordine e soddisfazione, ma all'interno di ciò si può spaziare, si possono invertire i ruoli, renderli più sfumati, instillare il dubbio. Le possibilità sono infinite, anche restando dentro i confini della storia tipica.
Consiglio la lettura di un romanzo di qualche anno fa: "Il libro segreto del signore oscuro". È sia parodia dei cliché del genere (da sbellicarsi, in alcuni punti. un esempio su tutti: la ricerca della vergine che darà alla luce l'eroe, salvo scoprire che le ragazze incinte che si proclamano vergini, in quella zona, sono più d'una) che vero romanzo, con una sua storia: un'impresa quasi impossibile. Io l'ho adorato.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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A mio avviso c'è una grande confusione di fondo sul come è posta la questione, cioè viene confuso il cliché con l'archetipo e il topos.
L'archetipo/topos non va evitato, al contrario per una trama solida ci DEVE essere (un esempio su tutti: senza gli animali parlanti si spazzerebbe via addirittura un genere fantastico per intero, quello della favola), basta che non venga banalizzato, trasformandosi in tal caso, appunto, in cliché.
Il segreto per scrivere buona letteratura fantastica non è un segreto, è 'solo' una ricetta difficile da applicare, e consta nella capacità di dare freschezza ai succitati archetipi e topoi.
Mirco ha citato la Rowling (ancorché in un contesto negativo - su cui potremmo discutere assai, Mirco ;)). Ebbene, che Harry Potter piaccia o non piaccia, nessuno le può negare di aver preso un chilotone di roba niente affatto nuova e di avergli dato un rinfrescata talmente personale e originale da aver meritato di diventare un classico.
Un autore può essere aiutato a capire le distinzioni leggendosi la copiosa saggistica esistente sul racconto fantastico, cosa che gli consiglierei caldamente di fare.
Sottoscrivo dunque quanto detto da Max91 e ovviamente da Andrea, il quale, come me, sa quanto in passato il dibattito sul Fantastico sia stato inquinato da sedicenti, improvvisati e autoproclamati esperti, i cui semi avvelenati, a quanto pare, continuano purtroppo a mietere vittime.
www.avvocatomarinalenti.it

Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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Avv.Lenti ha scritto: Un autore può essere aiutato a capire le distinzioni leggendosi la copiosa saggistica esistente sul racconto fantastico, cosa che gli consiglierei caldamente di fare.
Se si segue il genere, ci si accorge che nel tempo di pubblicazione di uno di quei saggi, qualche autore ha già fatto un balzo in più, come ultimamente fatto da un self - ovviamente in inglese - come The Lost War. O anche come un sacco di altri media oramai convergono nell'influenzare questo genere; un'autrice che leggo ha ammesso candidamente di essersi fatta ispirare da un videogioco fantasy molto famoso per certi aspetti di una sua ambientazione e non penso vi sia nulla di male, specie perché i risultati sono eccellenti.
Da un lato la cosa mi preoccupa un po', perché non vorrei che il genere a me più caro si bruci.
Dall'altro, guardandomi attorno, le traduzioni in italiano che vanno poco poco a rilento: abbiamo tradotto il primo della trilogia de La Guerra del Papavero quasi tre anni dopo la sua uscita e il suo successo di critica e pubblico. Di questo passo, non saremo mai davvero aggiornati sullo stato dell'arte attuale e il fantasy qui va avanti, sì, ma passetto dopo passetto.
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Re: Come (non) scrivere un fantasy classico*

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Avv.Lenti ha scritto: Va bene, ma la grammatica della saggistica sul tea è complementare alla pratica della lettura e la prima facilita la mente a creare un quadro coerente della seconda  ;)
Sì, ma meglio un quadro coerente per creare una base che aiuti a tenere la mente aperta alle evoluzioni di un genere che credere vi sia un diktat. Non è un problema della saggistica in sé, ma è come si possa rapportare (e come chi la legge si possa rapportare) ad un genere così vasto e dalle declinazioni sempre più nuove.
Per quanto io preferisca il Fantasy vecchia scuola, c'è gente che ancora non è andata oltre quello.
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