Perché si scrive?

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Un paio di giorni fa ho trovato un articolo che riportava il pensiero di Primo Levi su questo argomento, e mi è sembrato molto interessante. Credo che spesso si scriva senza fermarsi ad analizzare il motivo, ma sapere cosa ci spinge a farlo può essere d'aiuto anche per chiarire i propri obiettivi.
In questo articolo  (tratto da "L'altrui mestiere") Levi fornisce nove motivi, che ovviamente non sono una lista definitiva, ma solo la sua opinione. Mi ha attirata soprattutto la frase riportata all'inizio:
"non è facile rispondere: non sempre uno scrittore è consapevole dei motivi che lo inducono a scrivere, non sempre è spinto da un motivo solo, non sempre gli stessi motivi stanno dietro all’inizio ed alla fine della stessa opera".

Riassumo qui i punti principali  (ma vale la pena leggere anche la sua spiegazione):

1. Perché se ne sente l'impulso o il bisogno
2. Per divertire o divertirsi
3. Per insegnare qualcosa a qualcuno
4. Per migliorare il mondo
5. Per far conoscere le proprie idee
6. Per liberarsi da un'angoscia
7. per diventare famosi
8. Per diventare ricchi
9. Per abitudine

Io mi sono ritrovata, prima o poi, in tutti i primi sei (e credo che Levi abbia lasciato per ultimi quelli in cui lui stesso non si riconosceva). Trovo che abbia ragione anche sul fatto che spesso i motivi per cui si inizia uno scritto non sono gli stessi per cui lo si finisce, e che possano essere più di uno.

Riporto anche una bella frase di De Andrè (che immagino scrivesse anche altro oltre alle canzoni): 
«Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile».

E voi perché scrivete? Siete d'accordo con la lista di Levi, o aggiungereste qualcos'altro?
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Perché si scrive?

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Ho letto anche le spiegazioni di Primo Levi  ai punti riportati.
Io penso che si suicidò perché si era reso conto, nel 1987, che della sua esperienza nei lager non importasse più nulla a nessuno, nonostante le buone accoglienze alla sua testimonianza scritta. Per un uomo che aveva passato quello che aveva passato lui doveva essere stato un dolore immenso la constatazione dell’inutilità di voler spiegare a chi non era in grado di capire, a chi non voleva capire.
Penso che per gli stessi motivi si suicidò Cesare Pavese, ancora giovane nel 1950. Si era reso conto che stava nascendo una società insulsa, che non voleva fare i conti con il suo passato, non ne voleva sapere, non voleva imparare da persone come lui che avevano vissuto gli anni della guerra.
Per motivi analoghi si suicidò anche Luigi Tenco; pur non essendo uno scrittore scriveva canzoni che facevano pensare e la gente non voleva pensare nel 1967 ma solo divertirsi ed era rimasto molto deluso e lo aveva scritto in un ultimo foglio, che se la gente preferiva buttarsi in certe canzoni (non dico quali) non valeva più la pena di vivere e io la penso come lui.
Quindi io nella mia piccolezza perché non mi considero certo uno scrittore, non scrivo certo per insegnare qualcosa: dai precedenti esempi ma ne potrei citare anche altri a vari livelli, non vale la pena insegnare niente a nessuno, perché si ricevono solo cocenti delusioni e amarezze.
Forse scrivo per un atavico impulso di raffigurarmi un mondo a mia immagine, forse com’era, ma idealizzato, forse come avrei voluto che fosse. Di sicuro quando scrivo entro in un mondo tutto mio, lo sento, un mondo parallelo dove posso incontrarmi con qualcuno che mi capisce, che forse addirittura può amarmi… La scrittura come rifugio all’inutilità e allo squallore di un mondo completamente impazzito, andato fuori fase e che prima o poi salterà con risultati catastrofici.
Non sogno di migliorare il mondo: in quest’umanità è un compito inutile, impossibile, non c’è riuscito nemmeno Gesù, il che è tutto dire… Per far conoscere le mie idee… idee ormai che non vanno più di moda, non sono scaricabili e utilizzabili come App, quindi sono inutili.
Forse scrivo per liberarmi da qualche angoscia e ne avrei da liberarmene… talvolta l’ho fatto, ma è difficile liberarsi dal proprio passato, prima bisogna fare pace con se stessi e con gli altri e per me è sempre stato difficile, anche se ci sto provando da molto tempo.
Diventare famosi o ricchi… non sarebbe male, ma è una possibilità remota, impensabile, come vincere la lotteria di 150 milioni di dollari… e sarebbero pure pochi perché emeriti cialtroni semianalfabeti di ritorno hanno ville e panfili da miliardi…
Per abitudine scrivere? Più che abitudine la definirei la pazienza, la caparbietà di un amanuense illuminato (non nel senso massonico…) che nel gesto davvero manuale di scrivere a mano (con stilografica o penna Bic) riesce a  praticare l’equivalente di un mantra  che gli penetra ogni giorno nell’anima come un balsamo, che lo fa stare bene sia spiritualmente che fisicamente.
Lo stesso effetto che lo scrivere può fare a un detenuto in una cella angusta. Scrive tutti i giorni, abitudinariamente, per sentirsi libero, una libertà che nessuno gli può precludere. E riesce anche a provare gioia in quella piccola cella, a vederci un mondo, il suo mondo, e lui ne è il padrone e dominatore assoluto. In senso divino forse. Poveretto.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Perché si scrive?

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ciao amici tutti. Che bello questo argomento di @Silverwillow:)

Condivido quanto ha detto il buon @Alberto Tosciri  e @Marcello  . Io vorrei aggiungere una mia idea del perché Levi fece quel gesto sulla tromba delle scale. Forse odiava quel luogo fatto di gradini da salire, giorno dopo giorno. La scala era il luogo dove meditava sulle sue angosce, ed è certamente, nella mia idea, una sorta di allegoria. Il sali e scendi dall'abisso dei suoi ricordi senza valido aiuto esterno, mi fa pensare che si sentisse profondamente solo, oramai senza il vigore della giovinezza. Come lo posso capire, caro Primo. Anch'io ho conosciuto luoghi tenebrosi e la malignità della gente, che appare ancor più odiosa, nelle azioni di gente con alto grado di istruzione. Penso che il "mostro che dimora dentro di noi" può assalirti in momenti di debolezza.

Detto questo, io vorrei aggiungere alla lista questo motivo: Per dare testimonianza.
Io ho scritto un voluminoso libro di denuncia (760 pg.) solo per questo; come hanno fatto tanti martiri del giornalismo. Portare la verità, la luce.

ciao a tutti
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: Perché si scrive?

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D'accordo su quasi tutto. 

Rimango scettica sul migliorare il mondo perché, tecnicamente, è impossibile migliorarlo. È guerra persa. Il mondo sta andando a sex workers. 

Si scrive per combattere il proprio demonio. 
Si scrive per lottare con le proprie frustrazioni, traumi, ansie, angoscie e problematiche. 
Si scrive per sfidare la routine. 
Si scrive per un sì o per un no. 

Re: Perché si scrive?

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Sono contenta di vedere che escono interessanti spunti di riflessione. È una domanda che ultimamente mi sono fatta spesso, specie perché faccio sempre più fatica a scrivere e non ne capisco bene il motivo. Ne avrei di cose da dire, ma nel momento in cui prendo in mano una penna mi chiedo se ne valga la pena e spesso lascio perdere.
Alberto Tosciri ha scritto: Io penso che si suicidò perché si era reso conto, nel 1987, che della sua esperienza nei lager non importasse più nulla a nessuno, nonostante le buone accoglienze alla sua testimonianza scritta.
Il caso di Levi è estremo, ma credo che valga un po' per tutti gli artisti (scrittori, musicisti, ecc.) che hanno una visione e una motivazione forte, oltre a una grande sensibilità che li porta ad analizzare le cose in profondità: prima o poi sono costretti a fare i conti con una realtà per lo più indifferente e superficiale, che non guarda a quello che hanno da dire ma solo al successo che hanno raggiunto. Avere un sacco di cose importanti da dire e accorgersi che in fondo non importano davvero a nessuno (nonostante premi e riconoscimenti vari) è scoraggiante, e con l'andare del tempo logora le energie.
L'avanzare dell'età non aiuta, perché oltre ai tormenti interiori si aggiungono magari quelli fisici, e diventa normale chiedersi per cosa di preciso si va avanti. Se non c'è una risposta certa (come qualcuno che abbia assoluto bisogno di noi, non gli ammiratori casuali ed effimeri) allora si può capire perché alcuni decidono di averne abbastanza.
Alberto Tosciri ha scritto: non vale la pena insegnare niente a nessuno, perché si ricevono solo cocenti delusioni e amarezze
Dipende. Io ad esempio scrivo fiabe per bambini (anche con argomenti difficili come la guerra o la vecchiaia) e mi piace pensare di insegnare loro qualcosa: il rispetto per la vita umana, l'importanza della famiglia e degli amici, la tolleranza, ecc. Le stesse cose potrebbero impararle altrove, ma quando scrivo quelle fiabe mi piace pensare di poter dare, nel mio piccolo, un contributo (poi magari non interesseranno a nessuno, ma il motivo per cui le scrivo resta valido per me). Insegnare agli adulti invece è una causa persa, concordo  :lol:
Alberto Tosciri ha scritto: Non sogno di migliorare il mondo: in quest’umanità è un compito inutile, impossibile
È vero, ma molti ci provano lo stesso. Se nessuno facesse almeno lo sforzo di provarci, il mondo sarebbe ancora più triste. Vedere persone che si impegnano in qualsiasi modo (per quel poco che possono fare) è di ispirazione e conforto per gli altri.
È ovvio che non si può cambiare il mondo con un libro, ma anche solo riuscire a suscitare una riflessione è un ottimo risultato. Questo di sicuro Levi l'ha fatto (e Se questo è un uomo è il miglior libro che sia stato scritto sull'olocausto). E anche Pavese (La casa in collina è un altro libro che mi ha lasciato moltissimo). Forse erano comunque delusi perché si aspettavano troppo e subito. La scrittura è forse il mezzo più lento con cui cambiare la mentalità, ma non significa che sia inutile, bisogna solo avere la pazienza e la resistenza di continuare a tentare qualcosa che forse (se va bene) causerà effetti solo molto tempo dopo, e nel frattempo evitare di farsi sopraffare dalla delusione. Non è facile, ma neanche impossibile.
bestseller2020 ha scritto: Detto questo, io vorrei aggiungere alla lista questo motivo: Per dare testimonianza.
Credo che possa rientrare in "migliorare il mondo". :) Perché si darebbe testimonianza di qualcosa se non per provocare un cambiamento positivo? Cercare di dire la verità non è mai fine a se stesso, lo scopo ultimo è che quella verità porti a un miglioramento. Almeno così la penso io (e ammiro molto chi scrive libri per portare alla luce verità sconosciute o dimenticate)
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Perché si scrive?

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Ti prego, Silver. Non puoi migliorare ciò che "immigliorabile". Tante persone ci hanno provato senza riuscire. 
Il mondo è crudele e la gente è superficiale. Non gliene frega niente. 
Sono nata con delle problematiche. Sono associale e non piacio alla gente. Scommetto, sono antipatica anche a te. Ma non ti preoccupare. Ne sono abituata, sai. 
Ero un'idealista anche io. Ci ho messo la croce sopra. 
Un bacio e abbracio.

Re: Perché si scrive?

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@Nessuno @Silverwillow ciao. La necessità di testimoniare deriva proprio dalla consapevolezza che ci sono muri da buttare giù a colpi di testa.. :bash:

Siete in tanti a dire che il mondo non è migliorabile: io credo che sì! penso che il motivo che spinge un cronista o uno scrittore come Solgenitzin sia diverso dai motivi in elenco... certo, vi è una forte componente idealista, ma raccontare " Arcipelago Gulag" è diverso da raccontare Harry Potter... ciao
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: Perché si scrive?

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Andrò controcorrente, sono una persona semplice, quasi noiosa, non ho nulla da insegnare o da testimoniare, scrivo soltanto per raccontare storie (per fortuna soltanto immaginarie visto che sono dedito ad un genere a metà strada tra lo splatter ed il weird) e spero di riuscire ad intrattenere i miei pochissimi lettori, divertendoli, disgustandoli, facendoli ridere, facendoli piangere, facendoli arrabbiare, distogliendoli dai pensieri e le preoccupazioni del mondo reale.
Quando cammino in strada, prendo il treno o il bus, vado al supermercato, vedo una foto su internet, spesso mi capita di intravedere un volto, uno sguardo, una persona singolare, da lì si scatena la mia fantasia e nel mio cervello malato nasce una storia più o meno truculenta, quando ci riesco (molto di rado) provo a scriverla e vedere cosa ci esce.
Il mondo è pieno di storie vere o immaginarie da raccontare ma non sempre è facile riuscirci e forse ci sono persone molto più brave e preparate di me per scriverle, ma ci provo lo stesso.

Re: Perché si scrive?

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Silverwillow ha scritto: E voi perché scrivete? Siete d'accordo con la lista di Levi, o aggiungereste qualcos'altro?
Non mi ritrovo al punto 9.
Per il 7 e l'8, non mi esprimo, lascio fare al buon cuore della provvidenza...

Volendo aggiungere il 10, posso dire che scrivo per buttar giù quello che la mia mente racconta a me. Dove peschi tutte quelle "belle" idee, è per me ancora un mistero, un punto 11 da definire.
L. COME APOCALISSE - G. Domenico Lupo

CANTITU APPURATE - G. Domenico Lupo

I MIEI ANIMALI - G. Domenico Lupo

Re: Perché si scrive?

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Nessuno ha scritto: Scommetto, sono antipatica anche a te
Ma no, perché?  Anzi, capisco benissimo il tuo punto di vista, perché io oscillo molto tra l'idealismo più estremo e il cinismo più totale (tipo: estinguiamoci, che il pianeta ci guadagna) e dopo un po' mi viene il mal di mare  :lol:  Comunque credo che l'idealismo sia una malattia subdola da cui non si guarisce mai del tutto. È un tratto del carattere, lo si può mettere a tacere per un po', o anche prenderlo in giro, ma alla minima distrazione ecco che salta fuori...
bestseller2020 ha scritto: penso che il motivo che spinge un cronista o uno scrittore come Solgenitzin sia diverso dai motivi in elenco... certo, vi è una forte componente idealista, ma raccontare " Arcipelago Gulag" è diverso da raccontare Harry Potter...
Io in realtà ci vedo diversi punti in elenco: di sicuro l'1, il 3, il 4 e il 6. Tra l'altro immagino che anche Levi inserisse il suo libro sul lager in questi motivi. Dietro Harry Potter ci saranno motivi diversi, ma potrebbero anche averne alcuni in comune. Non bisogna guardare il genere: anche se è un fantasy per ragazzi e non una testimonianza drammatica, non significa per forza che i motivi per cui è stato scritto siano meno nobili di quelli di Solgenitsin.

Io leggo libri di ogni genere, e ne ho trovati di buoni in generi molto diversi. Ci sono libri "impegnati" che annoiano e non lasciano niente e altri con meno pretese che invece lasciano messaggi importanti. Non sempre chi ha qualcosa da dire è anche capace di dirlo, altrimenti sarebbero tutti grandi scrittori. E non sempre chi sa scrivere ha cose importanti da dire. Il connubio ideale si ha quando necessità di raccontare e capacità di farlo si incontrano, allora nascono capolavori. "Se questo è un uomo" è uno di essi, perché non racconta gli orrori del lager in modo banale e volto ad attirare facile compassione, ma in modo lucido e letterario: ogni cosa che viene detta ha un significato più ampio. Non ci sono banalità, non c'è odio gratuito, c'è solo un tentativo di capire e di spiegare, e di inserire un'esperienza estrema in un contesto universale.
Questo è ciò che riescono a fare i grandi autori. I piccoli si limitano a gridare a gran voce le loro opinioni o la loro rabbia, ma a nessuno piace sentirsi urlare in faccia, quindi facilmente vengono ignorati.

La testimonianza pura comunque non esiste, esiste solo l'esperienza soggettiva. Due persone diverse racconteranno lo stesso evento in modo diverso, a seconda del carattere, della provenienza, delle idee, ecc. Per avere una visione abbastanza realistica bisognerebbe leggere almeno dieci versioni della stessa storia (cosa molto improbabile, quindi va da sé che qualunque testimonianza va presa con le pinze e non come il Vangelo)
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Re: Perché si scrive?

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Perché si scrive? Bah, ognuno ha i suoi motivi e possono essere considerati validi assumendo il suo punto di vista. A patto che, qualunque sia il motivo che lo spinge a farlo, sappia scrivere. Io scrivo perché mi va e solo quando mi va, e anche perché quando il mio tempo, come quello di qualsiasi essere vivente, sarà compiuto, qualcosa di me sarà rimasto nelle pagine dei miei libri, anche se a possederli saranno in quattro gatti. Cambiare il mondo? Non ci penso nemmeno, non ci riuscirei neanche se fossi Umberto Eco o Dante Alighieri. Testimonianza dei tempi che corrono o che furono, questo sì, testimonianze dal mio punto di vista, ovviamente, basate su quello che ho vissuto e sull'interpretazione che ne ho dato, simile a quella di alcuni, diversa o addirittura opposta a quella di altri. Il mondo è bello perché è avariato, dicono a Napoli, parafrasando il proverbio reale. E così è. 
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Perché si scrive?

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bestseller2020 ha scritto: @Silverwillow io a otto anni scrissi il mio primo  reportage sulla guerra in Vietnam.... secondo te cosa mi spinse a farlo? O_o
Non posso saperlo con certezza, ma immagino che qualcosa di ciò che avevi sentito raccontare su quella guerra ti avesse colpito. A me di solito succede così: mi rimane impresso un dettaglio che suscita la voglia di approfondire e capirne di più. Quindi può rientrare nel punto uno "perché se ne sente l'impulso", ma possiamo aggiungerne un decimo (così fa anche più decalogo bello tondo):  "Per dare testimonianza"  (y)

Secondo me comunque nessuno scrive col proposito cosciente di cambiare il mondo, il più delle volte si scrive e basta, senza avere in testa un motivo, ma solo una storia che ci sembra interessante. Analizzare i motivi non è indispensabile, ma può essere un aiuto in più: se sappiamo perché abbiamo scritto qualcosa è più facile decidere cosa farne. Per esempio, se ci accorgiamo di aver scritto per la fama, la ricchezza o il tentativo (stupidamente idealista) di migliorare il mondo, è del tutto inutile pubblicare con piccole CE, che per forza di cose lasceranno insoddisfatti. Ma se uno scrive per divertirsi, per necessità, per liberarsi di qualcosa, allora la pubblicazione è un di più, e comunque vada non si resterà delusi (questo ovviamente tralasciando le brutte esperienze con CE poco serie, che danno fastidio a prescindere).
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Re: Perché si scrive?

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Nessuno ha scritto: Dal punto di vista patologico, ho iniziato a scrivere per creare gli amici immaginari.
Se entriamo nel campo patologico credo di poter competere per una medaglia :D Anch'io spesso preferisco la compagnia dei miei personaggi a quella delle persone vere. A volte mi dimentico che non sono reali e penso cose tipo "oh, guarda, questo ragazzo ha la stessa età del mio X", oppure "questa cosa piacerebbe tantissimo a Y". Non è il motivo per cui ho iniziato a scrivere, ma è comunque un buon motivo. Potrebbe diventare il punto 11: "Per circondarsi di amici fidati" o anche "Per vivere molte vite anziché una sola".

Me ne è venuto in mente anche un altro, che ho citato praticamente in tutte le interviste, ma poi l'ho dimenticato: almeno due dei miei libri sono stati scritti solo per vedere se ci riuscivo, quindi aggiungerei il punto 12: "Per mettersi alla prova". Tra l'altro è un punto che vale anche per chi partecipa a contest e concorsi vari
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Re: Perché si scrive?

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Nessuno ha scritto: [OT] Su cosa scrivi, Silver?  
Su molte cose. Quando inizio non penso mai al dopo, scrivo quel che mi ispira in quel momento. Ho iniziato con il fantasy, poi sono passata al giallo, allo storico e al romance. Nei racconti brevi invece mi piace molto il genere comico. Scrivo anche fiabe e articoli per riviste.
Però considero solo i romanzi come "scrivere". Un racconto lo finisco in due ore e mi lascia poco (sebbene a volte li rilegga volentieri). Un romanzo di solito mi fa compagnia per mesi, richiede ricerche, riflessioni e impegno che mi tengono carica e in movimento.
Oggi, per esempio, ho colto per caso un accenno alle olimpiadi di Londra del '48 , e ho subito aperto google. Mi è passata mezz'ora che neanche mi sono accorta. Il dettaglio aveva a che fare con l'ultimo romanzo, e poteva essere importante, visto che lì ho ambientato una scena, nella stessa estate. L'effetto che mi fa la scrittura è questo: tutto il resto del mondo si ferma, finché quel piccolo dettaglio non viene chiarito, come fosse questione di vita o di morte. So di avere un rapporto troppo emotivo con la scrittura, e di sicuro non è un bene (visto anche come funziona il mondo editoriale italiano), ma se non ce l'avessi non scriverei per niente, quindi mi tocca conviverci
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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Re: Perché si scrive?

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D'accordo. Il lavoro non deve essere un sogno. Deve essere odiato per dare i migliori risultati. I collegamenti emotivi col lavoro sono rovina. 
Quando un leone e una gazzella si svegliano in Africa, un operaio si sveglia ad Asti ma non dice: "ah che allegria, oggi vado a mettere a posto una goglio!"  Lui odia quella goglio ma la aggiusta e fa funzionare. 

Perciò scrivo i drammatici e thriller gialli.  
 

Re: Perché si scrive?

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Silverwillow ha scritto:  Non sempre chi ha qualcosa da dire è anche capace di dirlo, altrimenti sarebbero tutti grandi scrittori.
Grandissima verità: ne sono una riprova i numerosi pallosissimi romanzi scritti da tanti insigni critici della letteratura.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: Perché si scrive?

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Anch'io ho iniziato a scrivere creando amici e mondi immaginari, i quali erano dotati di vita propria anche se nessuno leggeva le mie storielle. La parola mi sembrava come un dono gratuito, era uno spreco non usarla per costruire mondi dove poter vivere rocambolesche avventure senza farsi male.
Penso fosse anche un modo per sublimare le mie angosce nei confronti del mondo reale: spesso c'era una supermegaeroina dotata di forza sovrumana e poteri magici che combatteva i nemici e risolveva problemi. Inoltre potevo finalmente soddisfare la mia voglia di libertà, facendo... ehm... piazza pulita degli adulti (che per me erano rompiballe, carcerieri, noiosi e privi di fantasia :hm:  ).

Durante l'adolescenza la scrittura è diventata la valvola di sfogo di un'angoscia crescente, e un sollievo dal senso di inferiorità. Molto dopo ho iniziato a sentire il bisogno di condividere.
Siccome sono anni che anch'io mi arrovello su cosa ci sia nel profondo di questa esigenza (inventare storie, metterle per iscritto, farle leggere), tempo fa avevo scovato un documento che descriveva la narrazione come uno dei tanti modi di comunicare e di condividere i propri sentimenti: una sorta di connessione emotiva con altre persone.

A volte immagino i nostri antenati seduti intorno al fuoco a narrarsi le proprie "gesta" quotidiane. Probabilmente raccontare a un pubblico attento il proprio vissuto (e magari ricamarci su) non aveva soltanto la funzione di spiegare dove e come trovare cibo, ma faceva sentire accolti, ammirati oppure confortati se qualcosa era andato storto. Non voglio però ridurre il tema a una mera immagine preistorica: come tutte le cose è un argomento complesso che ha subito evoluzione nel corso del tempo.

Nel mio caso potrei aggiungere una "motivazione" che sto sperimentando soprattutto negli ultimi anni, e che si riallaccia ai punti 3, 4 e 5 dell'elenco di Levi: esprimere vicinanza a chi ha i miei stessi problemi, mostrare come un'altra persona li affronta (nel bene e nel male) e magari suggerire una possibile strategia a cui io sono approdata un po' troppo tardi. 
Della serie: "Figlioli, non fate come me. Se ci avessi pensato prima...!" :D 
È anche un modo per minimizzare l'impotenza che si prova nei confronti del mondo, il senso di inutilità di fronte ai grandi problemi dell'esistenza. Un modo per sentirsi meno piccoli, insomma...

(P.S. Per quanto riguarda il suicidio di Levi ci sono sempre state controversie, e anch'io ho sempre faticato a credere che un chimico possa metter fine alla propria vita in quel modo, anziché con i farmaci. D'altronde soffriva anche di vertigini. Però non voglio nemmeno negarlo tou court. Io probabilmente il tragico gesto l'avrei compiuto prima).
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Le Fronde del Salice https://www.thegenesispublishing.com/le ... del-salice

Re: Perché si scrive?

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Nessuno ha scritto: Deve essere odiato per dare i migliori risultati. I collegamenti emotivi col lavoro sono rovina
Io non scrivo per lavoro (e per fortuna, o finirei con l'odiarlo). Quindi posso odiare allegramente il mio lavoro quotidiano e considerare la scrittura come uno svago, dove posso essere emotiva fin che mi pare :si: 
Nessuno ha scritto: Perciò scrivo i drammatici e thriller gialli. 
Nessuno ha scritto: Perdonami @Silverwillow , ero bevuta.  
Be', in effetti il nesso causale è un po' vago, ma a me quando bevo succede di peggio (tipo perdermi in tirate sentimentali), quindi ti va anche bene  :P
Comunque sono bei generi, che non passano mai di moda. Io ho provato a scrivere un giallo, ma non ci sono portata: mi interessano troppo poco i morti ammazzati e la suspence e ha finito per diventare una storia di redenzione   :facepalm: 
Antares ha scritto: tempo fa avevo scovato un documento che descriveva la narrazione come uno dei tanti modi di comunicare e di condividere i propri sentimenti: una sorta di connessione emotiva con altre persone.
Comunicare credo sia un motivo importante e valido per molti scrittori (anche per me, che sono una frana a comunicare a voce) lo aggiungerei alla lista col numero 13.
Il riferimento alla preistoria è molto interessante, perché anche a me affascina molto capire come e perché l'uomo ha iniziato a trasformare la vita quotidiana in storie da raccontare. Si direbbe che le storie siano un bisogno, quanto il cibo o un posto sicuro. Secondo alcune teorie psicologiche noi comprendiamo la realtà e le diamo un senso proprio creandoci una storia (anche se ciò che ci capita è magari casuale, il nostro cervello tende a metterlo in un ordine logico e significativo), quindi forse l'impulso a raccontarla è solo il passo successivo
Nessuno ha scritto: + due bottiglie di champagne,
Per la serie, se si deve suicidarsi meglio farlo con classe...   :D
Vabbè, ci scherzo su per alleggerire, spero che non ti offendi. Pensa che io alle medie ho provato a suicidarmi con un miscuglio di valium, aspirine e non so cos'altro. Il risultato è stato che mi è venuta una crisi allergica e ho starnutito per diverse ore (i miei pensavano che avessi un raffreddore). Da quel giorno me ne sono ben guardata. Fra l'altro non ricordo nemmeno più il motivo, doveva essere qualcosa di molto banale. Con l'andare degli anni mi sono accorta che c'erano cose peggiori nella vita (al peggio di solito non c'è fine), ma che bene o male riuscivo a superarle. Sono passata dal pensare "Non ce la farò mai" a "Il mondo è bastardo? Bene, io lo sono di più. Non vi libererete di me facilmente". Un po' di rabbia a volte fa miracoli.
Comunque se mai avessi voglia di parlare di qualsiasi cosa che non c'entra con l'argomento del topic scrivimi pure in privato. A me fa sempre piacere conoscere altri scrittori (e se sono più strani di me, meglio )
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
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