dyskolos ha scritto: Wow! Praticamente come in siciliano. Sardo e siciliano hanno la stessa filosofia di base. Anche qui "io farò" si dice letteralmente "io devo fare". Per esprimere il dovere (o il futuro, è uguale) si usa la perifrastica "avere a + infinito". Es.: "io farò" ---> "iu àiu a fari" ("io ho a fare"), che significa sia "io farò" sia "io devo fare". Nella filosofia siciliana (e sarda ), il dovere implica il futuro: sono la stessa cosa.
Veramente anche in italiano è così e lo è in quasi tutte le lingue romanze. Il futuro in italiano (ma anche in francese) è una contrazione tra infinito + presente di avere:
leggere + habeo -> leggerò
Storia analoga per il condizionale, che però in alcune lingue origina dal perfetto (es. italiano, francese) in altre dall'imperfetto (es. catalano, veneto).
https://www.treccani.it/magazine/lingua ... bello.html
dyskolos ha scritto: ma allora come campano le lingue senza futuro univerbato? Sono la maggioranza.
Tutte le funzioni grammaticali possono essere sintetiche o analitiche a seconda della lingua e delle sue necessità. L'esempio più tipico sono i complementi. In italiano si usano per lo più forme analitiche, quindi preposizione + nome. Nelle lingue slave prevale di solito la forma sintetica, quindi con dei suffissi e la declinazione del nome. Tedesco, turco, latino e greco usano una via di mezzo, ognuno a un grado diverso.
Stessa cosa per il futuro: l'arabo usa una particella, l'inglese un ausiliare, il turco un suffisso, l'italiano e il francese una crasi, latino e greco una coniugazione. Ognuno si è arrangiato come gli è parso comodo.
Anche perché il tempo in una forma verbale è solo una delle caratteristiche, di solito appariscente (specie per noi, che abbiamo una concezione lineare del tempo ieri-oggi-domani, ma non per altre culture), ma spesso e volentieri non la più importante. Usiamo anche noi il presente o perifrasi come "ho da fare" o "sto andando a fare" per indicare il futuro. E usiamo anche il condizionale "domani avrei da fare" e a volte pure l'imperfetto "domani pensavo di fare la pizza" o il condizionale passato "domani avrei pensato di fare la pizza".
Ci sono più cose in un verbo, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia.
dyskolos ha scritto: L'italiano non è lingua-tetto del siciliano!
L'italiano
è lingua-tetto del siciliano, perché per definizione una lingua-tetto è la lingua che si usa per mediazione tra parlanti di dialetti/lingue diverse e che domina socialmente (ma spesso anche linguisticamente) questi dialetti/lingue. In questo senso l'italiano è lingua-tetto anche del sardo, ma si potrebbe dire che l'inglese sia lingua-tetto dell'italiano, così come nel medioevo il latino era lingua-tetto delle lingue europee.
Detto questo, la questione lingua-dialetto è di quelle capaci di scaldare gli animi a livello politico (specie quando se si è lingua si ricevono fondi, se si è dialetto no), ma ha poca rilevanza sul piano scientifico e molto dipende dal livello a cui si analizzano le cose. Per quanto mi riguarda neppure le lingue normalmente intese esistono. Ognuno di noi ha un su linguaggio mentale, fatta di lessico, morfologia, sintassi proprie. Questo linguaggio condivide molte caratteristiche con il linguaggio delle persone che gli sono vicino, possiamo dire il 99%, ma non tutto (per esempio, io chiamo pentole quelle che mio marito chiama padelle), e condivide sempre di meno man mano che la distanza cresce (per fare un discorso semplificato). Con questa visione, possiamo dire che due persone parlano lo stesso "dialetto" se i loro linguaggi, poniamo, condividono il 90% (numero a caso) e la stessa "lingua" se i loro linguaggi condividono il 70%, mentre due lingue diverse se condividono meno del 70%.
Ma si possono usare anche altre definizioni, per esempio di tipo geografico e/o sociologico, quindi i dialetti di una lingua sono quelli che subiscono una pressione da parte di quella lingua, che li porta a uniformarsi e tendenzialmente a scomparire (un caso frequente in Italia, specie al centro-nord).
Oppure possiamo usare una definizione filogenetica, per cui le lingue vengono riunite in famiglie che hanno sotto-famiglie, e qui la distinzione tra lingua e dialetto la fa la scala: è ovvio che Rohlfs, che analizza l'evoluzione linguistica su tutta la penisola, parli di "lingua italiana e i suoi dialetti" riferendosi alle lingue romanze della penisola, intendendo con questo sottolineare non una subordinazione quanto una posizione geolinguistica, cioè "stiamo parlando dell'italiano e degli altri linguaggi che parlano quelli che hanno l'italiano come lingua-tetto". Ma è altrettanto ovvio che se uno fa la stessa analisi in Friuli parlerà di "friulano e i suoi dialetti", perché la suddivisione può arrivare a considerare anche solo dei quartieri: è il caso, per esempio, del veneziano, che all'interno della stessa città ha dialetti che corrispondono a diversi sestieri o zone di terraferma.
«La purezza è per l'acqua potabile, non per le persone.» (Bobby Henderson - Secondo condimento)
«Perché l'affare funzioni serve che tu voglia qualcosa in cambio di niente.» (Hustle - I signori della truffa)
«Questa idea di purezza ideologica, il fatto che non si debbano mai fare compromessi, tutte queste cose, beh, dovreste superarle rapidamente. Il mondo è un casino.» (Barack Obama)
Python per il linguaggio naturale