Re: A che serve il futuro?

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Marcello ha scritto:
Scusa @dyskolos, avevo scambiato le frasi sopra per dialetto siciliano; perdona, le mie nozioni di finlandese sono molto approssimative  :bandiera:
Perdonato, ci mancherebbe :)

Specifico meglio.
Io parlo tre lingue: 1) italiano, 2) siciliano e 3) inglese. Poi parlo un dialetto della lingua siciliana (u sicilianu), chiamato 4) casteḍḍammarisi, che però non ho usato. Repetita iuvant: non ho usato il dialetto 4).

La 1) e la 2) sono le mie lingue madri; la terza l'ho imparata successivamente.

Il siciliano, come tutte le lingue di una certa estensione di questo mondo, ha generato dialetti al suo interno.
Però mi pare che tu attribuisca la parola "dialetto" al siciliano. Questa è bella! Pensavo che fosse una delle mie lingue madri, ma ora vengo a sapere da te che ho un dialetto madre, okay :O
Mi meraviglio anche perché la questione delle lingue madri è neurologica e non sociale. Quindi mi stai dicendo come funziona il mio cervello :lol:

Il latino medievale, morendo, ha generato 79 lingue, dette lingue romanze. Una delle 79 è l'italiano (lingua che adoro), insieme al francese, allo spagnolo, al portoghese, al romeno, all'emiliano, al catalano, al siciliano, al sardo e a tante altre. In poche parole, il francese odierno è il latino messo in bocca ai Francesi, lo spagnolo è il latino messo in bocca agli Spagnoli, il portoghese è il latino messo in bocca ai Portoghesi… e il siciliano è il latino (medievale) messo in bocca ai Siciliani.

Okay, in effetti un dialetto l'ho usato: l'italiano, dialetto del latino. Siccome per logica italiano e siciliano appartengono alla stessa categoria, se si dice che l'italiano è un dialetto, allora anche il siciliano è un dialetto (ma del latino, non dell'italiano).

Peccato che all'estero la pensino diversamente e, nei trattati di linguistica comparativa, confrontano le parole con il siciliano (codice ISO: SCN). Fanno anche giornali bilingui inglese-siciliano (Arba sicula = alba siciliana). In Italia, invece, è spregiativamente un dialetto di infima categoria.
E la letteratura siciliana, antica e moderna, dove la mettiamo? Rispetto, please!

Coniugo il passato perfetto del verbo amari (amare, in italiano), verbo regolare della prima coniugazione:
"amai, amasti, amau, amamu, amàstivu, amaru" = (non perfettamente, ma semplifico) "amai, amasti, amò, amammo, amaste, amarono".  Mi dici perché linguisticamente il primo è un dialetto, mentre il secondo è una lingua?


P.S.: nel mondo esistono più di 7000 lingue, ma noi occidentali abbiamo due categorie in mente (lingua o dialetto). Com'è possibile che forziamo tutto in solo due categorie?
Ultima modifica di dyskolos il ven mag 07, 2021 4:56 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: A che serve il futuro?

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dyskolos ha scritto: Appunto! Forse volevi darmi torto, ma mi stai dando ragione
Non mi sembra, a meno che tu non abbia fatto scuola da certi politici italiani che amano voltare le frittate per avere ragione, spesso estrapolando alcune frasi dal contesto. :P 
Se una cosa oggi non c'è, o non ce l'ho, non significa che io non possa pensare o prevedere che ci sia domani, o di averla tra un mese. Ma non per questo la mia previsione ne fa un atto presente.
Se io dico "ho un PC vecchio, tra un mese ne comprerò uno nuovo", sto esprimendo un'intenzione riguardo a qualcosa che non sto facendo ora, ma che voglio fare in seguito. Il mio intento è attuale, ma l'acquisto è futuro. Posso anche dire "ho un PC vecchio, tra un mese ne compro uno nuovo", ma non sarebbe la forma grammaticale corretta, perché sto attualizzando un'azione futura, qualcosa che ho in previsione di fare, non che sto già facendo. Nel linguaggio parlato posso anche espremermi così, sappiamo che talune forme lessicali espresse verbalmente in maniera approssimata sono tollerate, ma non vuol dire che siano grammaticalmente corrette. Potrei persino scriverlo "ho un PC vecchio, tra un mese ne compro uno nuovo", se voglio simulare un dialogo in una forma parlata, ma con la consapevolezza che non è grammaticalmente giusto.
Potrei anche ricorrere alla forma anglofona: "tra un mese ne voglio comprare uno nuovo", ma perché ricorrere a una locuzione quando ho un verbo che esprime il tutto con una sola parola? Non è più semplice dire "comprerò", anziché "ne voglio comprare"?
dyskolos ha scritto: Non ho usato trentamila caratteri 
Appunto, 8 contro 18, che sono più del doppio. :)
Se esistono delle regole funzionali e che hanno uno scopo preciso, perché destrutturarle?
Poi, che tu voglia farlo personalmente è un altro discorso, nessuno ti multerà per questo. Le regole grammaticali non prevedono una sanzione pecuniaria, fortunatamente. :D
dyskolos ha scritto: Tranquillo, non ti lascio senza futuro :P :lol:
 Grazie, ora ho la serenità di poter programmare ciò che farò domani. :lol:

Re: A che serve il futuro?

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ElleryQ ha scritto: Non mi sembra, a meno che tu non abbia fatto scuola da certi politici italiani che amano voltare le frittate per avere ragione, spesso estrapolando alcune frasi dal contesto. :P 
:lol: :lol:

No, tranquy :P
ElleryQ ha scritto:
Ma non per questo la mia previsione ne fa un atto presente.
Certo che è presente grammaticalmente. "Oggi ho intenzione di comprare un computer". L'intenzione è adesso, l'atto è futuro. Siamo d'accordo su molte cose: diciamo la stessa cosa, ma con parole diverse. :)

ElleryQ ha scritto:
nessuno ti multerà per questo. Le regole grammaticali non prevedono una sanzione pecuniaria, fortunatamente. :D
Meno male, sennò in Italia saremmo sommersi dalle multe :)
Comunque le lingue si evolvono e molti grammatici hanno perplessità sul tempo futuro, specie se è inserito nel modo indicativo. Molte lingue non ce l'hanno, eppure campano da secoli :)
Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

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dyskolos ha scritto: Però mi pare che tu attribuisca la parola "dialetto" al siciliano.
Esatto: uno solo dei dialetti parlati nella nostra penisola è considerato "lingua" per la Linguistica, ed è il sardo. Tutte le altre sono considerate "varianti regionali dell'italiano", se ricordo la definizione con esattezza. 
Questo ho imparato, un po' di tempo fa (ma non credo che le cose siano cambiate da allora), sostenendo due esami di "Dialettologia italiana" (esame complementare poi biennalizzato, le uniche due "lodi" del libretto) con il chiar. mo prof. Coco, presso l'Alma mater studiorum  :libro:
Poi ok, se tu vuoi chiamarla "lingua" basta mettersi d'accordo  ;)
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: A che serve il futuro?

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Marcello ha scritto: Esatto: uno solo dei dialetti parlati nella nostra penisola è considerato "lingua" per la Linguistica, ed è il sardo. Tutte le altre sono considerate "varianti regionali dell'italiano", se ricordo la definizione con esattezza. 
Questo ho imparato, un po' di tempo fa (ma non credo che le cose siano cambiate da allora), sostenendo due esami di "Dialettologia italiana" (esame complementare poi biennalizzato, le uniche due "lodi" del libretto) con il chiar. mo prof. Coco, presso l'Alma mater studiorum  :libro:
Poi ok, se tu vuoi chiamarla "lingua" basta mettersi d'accordo  ;)
Cioè, caro maestro, complimenti per le lodi :) , ma hai trascurato del tutto quello che ho detto e sei ricorso all'autorità.

[OT 
Proprio oggi su FB ho scritto un post sulla minorizzazione della cultura siciliana. Questo tuo modo di fare ne è un chiaro esempio :)
]

Gli italiani regionali (e lo dice la Linguistica, mica dyskolos) sono dialetti ḍell'italiano. Ma l'italiano regionale sardo non è il sardo, l'italiano regionale veneto non è il veneto, l'italiano regionale siciliano non è il siciliano (standard), e via così. Spesso si fa questa confusione: recentemente i linguisti hanno cambiato idea. Io parlo, oltre all'italiano e all'inglese, un dialetto del siciliano e il siciliano standard. Sono anche un ex-prof di siciliano. Insegnavo siciliano L2 a stranieri. Insegnavo anche l'inglese. Ebbene, insegnavo il siciliano con gli stessi metodi con cui insegnavo l'inglese. Si può insegnare il siciliano come il francese e lo spagnolo se lo consideri una delle 79 lingue romanze. Se lo consideri un dialetto infimo su cui ridere, allora chiudi bottega e passi oltre :)

"Un dialetto è una lingua senza esercito", si dice in linguistica. La massima è stata variamente attribuita, ma risale agli anni '40 del Novecento. Significa che attribuire l'etichetta di lingua o dialetto è una roba prettamente politica, non linguistica.
L'italiano è lingua ufficiale in Italia, ma lingua minoritaria locale in Slovenia e Croazia.

E non importa se fanno corsi online di siciliano (piuttosto cari, tra l'altro :) ), ma all'estero, mica in Italia. Non importa se lo insegnano all'estero all'università a coloro che vogliono imparare l'italiano. Non importa se un poeta siciliano di secoli fa ha scritto un poema più lungo della Commedia di Dante. Non importa se la letteratura, antica e moderna, ha dimensioni molto vaste. Non importa nulla. In Italia, tutto ciò che è italiano è lingua; tutto il resto è dialetto. Mica vero! Troppo facile. Non è così.
In Italia usano il termine "dialettologia", non c'è nemmeno il gusto di chiamare le cose con il proprio nome!

Il siciliano standard (non sempre i dialetti del siciliano, alcuni dei quali non sono standard) è una lingua romanza allo stesso livello delle altre. Rispetto, per favore! Ha proprie strutture sintattiche, la propria morfologia, lessico, prammatica, strutture verbali, consecutio temporum, ecc… Forma anche i periodi ipotetici, pensa un po' :) . Lo fa con il doppio congiuntivo, cioè con la stessa struttura del latino (in italiano suonerebbe come "se lo avessi saputo, lo avessi fatto"). Perché se lo fa il latino, è una lingua; mentre se lo fa il siciliano, è un dialetto?

In siciliano i verbi sono classificati in tre coniugazioni, come in italiano, e come in italiano si possono coniugare in vari tempi e modi. I sostantivi hanno il genere e il numero. Gli avverbi non si accordano con niente, ma gli aggettivi sì. Perché se lo fa l'italiano è una lingua, se lo fa il siciliano è un dialetto? Da cosa nasce questa disparità, se non dal pregiudizio?

Esempio di letteratura siciliana moderna:

Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

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dyskolos ha scritto: un post sulla minorizzazione della cultura siciliana. Questo tuo modo di fare ne è un chiaro esempio 
:aka:
proprio io, che ieri l'altro ho spedito due libri, usando come dedica in un caso una frase di Bufalino e nell'altro una di Sciascia...

Ti ho solo detto che cosa mi hanno insegnato a scuola verso la fine degli anni Settanta; come non detto, chiedo scusa e mi ritiro in buon ordine.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
https://www.linkedin.com/in/marcello-nu ... -bbb4805b/

Re: A che serve il futuro?

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dyskolos ha scritto: Infatti io chiedevo lumi sul corretto utilizzo del futuro in italiano, che non ha la stessa struttura verbale di tutte le lingue del mondo.
Invece mi sento rispondere da @Marcello e da @massimopud che ho parlato in un imprecisato dialetto. Sì, è vero che io parlo anche un dialetto del siciliano, ma qui non mi pare di averlo usato. Difatti non capisco bene!
Mah, avevo letto per lo più gli ultimi interventi e mi pareva che si parlasse anche di un confronto tra dialetto e italiano nell'uso del futuro. Per usare un dialettismo o forse un arcaismo: "posso aver fallato".

dyskolos ha scritto: Non me l'aspettavo da persone colte, intelligenti e istruite.
E dove sono questi qua? Chi sono? Fuori i nomi!

Re: A che serve il futuro?

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dyskolos ha scritto: Esistono molte lingue senza futuro univerbato
Mi hai fatto ricordare di un collega che studiava il giapponese (così abbiamo fatto tutto il giro del mondo, olè!), il quale un giorno mi parlò proprio del futuro. Anche i giapponesi usano il presente al posto del nostro "io farò" ecc.; però poi hanno altri tipi di futuro: per le azioni già programmate, per quelle che non si sa se avverranno e un altro tipo che non ricordo.
dyskolos ha scritto: Come si usa correttamente il futuro? In altre parole, come si usa una cosa che non esiste?
Forse si potrebbe usare per azioni che non si sa quando avverranno, dove non c'è un complemento di tempo.
There's no dark side of the moon, really: matter of facts it's all dark...
People First https://testata.decasite.com/: tecnologia, psicologia, società, ecologia, miglioramento personale
Le Fronde del Salice https://www.thegenesispublishing.com/le ... del-salice

Re: A che serve il futuro?

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Marcello

:aka:
proprio io, che ieri l'altro ho spedito due libri, usando come dedica in un caso una frase di Bufalino e nell'altro una di Sciascia...

Ti ho solo detto che cosa mi hanno insegnato a scuola verso la fine degli anni Settanta; come non detto, chiedo scusa e mi ritiro in buon ordine.
Mi ritiro io in buon ordine e ti chiedo scusa mille volte. Ho personalizzato la cosa e non dovevo! Scusa!

Purtroppo dalla fine degli anni Settanta è cambiato molto. Quella cosa del sardo come unica lingua sul territorio italiano (oltre all'italiano) è finita da tempo. La linguistica si è evoluta e ha riconosciuto altre lingue.
Spesso mi capita di sentire persone che hanno sentito un dialetto del siciliano e lo allargano a tutto il siciliano. La gente parla soprattutto dialetti del siciliano. Anche da te la gente non parla spesso il romagnolo, ma un dialetto del romagnolo, attenzione!, non un dialetto dell'italiano. Infatti i dialetti del romagnolo si somigliano tra loro molto più che con l'italiano. Se il tuo dialetto fosse un dialetto dell'italiano, io lo capirei, e invece non succede.



massimopud

E dove sono questi qua? Chi sono? Fuori i nomi!
Ahah :P

Uno sei tu. Gli altri non posso elencarli, sono decine, mi andrebbe a finire come con i sette nani, che li so tutti ma alla fine, quando li elenco, me ne manca sempre uno ;)

Volevo dirti una cosa per il tuo bene :)
Prima hai scritto (quasi) che una lingua differisce da un dialetto perché quest'ultimo non ha la parola "armadillo". Ecco, non lo dire a un linguista, ché fai una figura pessima. Infatti nessuna lingua ha tutte le parole. Per dire, l'italiano l'ha presa in prestito dallo spagnolo. Non c'era nemmeno in italiano. Ti ricordo che gli Spagnoli hanno governato la Sicilia per due secoli, dal 1516 al 1713, quindi in siciliano c'è la parola armadillo. Allora, se uno dovesse accettare questo concetto, sarebbe certissimo che il siciliano è una lingua e la discussione con @Marcello sarebbe inutile.

Rifletti pure sulla parola "gastroscopia". Trecento anni fa c'era in qualche lingua terrestre? No. Eppure è stata creata (unendo morfemi greci) :)
Il prestito e la morfologia sono due strategie con cui le lingue rimangono in vita, creando parole che prima non c'erano :)


Antares
Mi hai fatto ricordare di un collega che studiava il giapponese (così abbiamo fatto tutto il giro del mondo, olè!), il quale un giorno mi parlò proprio del futuro. Anche i giapponesi usano il presente al posto del nostro "io farò" ecc.; però poi hanno altri tipi di futuro: per le azioni già programmate, per quelle che non si sa se avverranno e un altro tipo che non ricordo.


Brava! :)
È quello che volevo dire io. :)
Ogni lingua ha la sua filosofia e la sua struttura verbale. Non è che le lingue, se non hanno la stessa struttura verbale dell'italiano, sono dialetti. :)
Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

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dyskolos ha scritto: Rifletti pure sulla parola "gastroscopia". Trecento anni fa c'era in qualche lingua terrestre? No. Eppure è stata creata (unendo morfemi greci) :)
Il prestito e la morfologia sono due strategie con cui le lingue rimangono in vita, creando parole che prima non c'erano :)
Eh, appunto. Io non sono un linguista, ma una delle differenze fondamentali tra una lingua e un dialetto mi sembra proprio questa: una lingua crea continuamente parole nuove come gastroscopia, un dialetto di solito si limita a prenderle in prestito. 
Senza ricorrere a termini troppo ricercati, il siciliano (ma anche il veneto o il friulano) ha parole specifiche per: rinascimentale, saggistica, pubblicistica, naturalismo, astrattismo?
Non è tanto una questione di estensione dell''ambito territoriale, quanto piuttosto di ampiezza e varietà di quello culturale, nel senso più ampio del termine.
In Sicilia (o in Puglia, Sardegna) non credo ci si occupi molto di glaciologia curda o di folklore del bassopiano sarmatico, ma cercando bene in tutta Italia qualche pazzoid... cioè, specialista, magari ci sarà e prima o poi sentirà l'esigenza di prendere a prestito parole o di creare neologismi per divulgare i risultati dei suoi studi.

È proprio la permeabilità di una lingua, la sua disponibilità ad accogliere di continuo parole nuove, che mi sembra un'altra distinzione importante: una lingua nazionale può accoglierne una grande quantità senza snaturarsi, un dialetto può farlo molto meno (e in realtà lo fa molto meno), perché ne risulterebbe molto più annacquato. 
La lingua è un grande mare che può ricevere e assorbire continuamente perché ha una capacità quasi infinita di autodepurarsi, il dialetto è un lago che si inquina molto più facilmente, deve farlo con più parsimonia e circospezione, come infatti avviene (che metafora questa del mare e del lago, ragazzi! Corro subito a segnarmela per non rischiare di dimenticarla).

Re: A che serve il futuro?

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massimopud ha scritto:
Senza ricorrere a termini troppo ricercati, il siciliano (ma anche il veneto o il friulano) ha parole specifiche per: rinascimentale, saggistica, pubblicistica, naturalismo, astrattismo?
Certo! :) Mi stupisce che lo domandi :)
Lo domanderesti mai per l'inglese?
Come mai qua si possono tutti permettere di usare l'inglese senza nessun problema, e io non posso fare esempi in siciliano, che è una lingua romanza e quindi affine all'italiano, al francese, allo spagnolo, ecc…? Pregiudizio, o no? Sento un sacco di canzoni italiane anglicizzate, ma ai cantautori siciliani certe case discografiche oltre il Po gli impongono di cambiare i titoli originali in SCN. Basta con questo genocidio culturale, no?

Il siciliano è una delle 79 lingue romanze di questo mondo e pertanto è dotato di morfologia romanza. Stai parlando a un ex-prof di siciliano L2 (siciliano per stranieri) e di inglese, studioso di sicilianistica (https://it.wikipedia.org/wiki/Sicilianistica). Le parole non sono spesso specifiche, ma formate. Mi sento a lezione :)

Rinascimentale a me sembra costruito così (in ITA):  prefisso iterativo ("ri") + radice del verbo "nascere" ("nasc") + vocale tematica ("i") + affisso (-ment(o)) + suffisso ("ale"). Li metti insieme e fai "rinascimentale".

Facciamo la stessissimissima identicissimissima cosa in SCN: prefisso iterativo ("ri-") + radice del verbo "nàsciri" ("nasc", verbo della seconda coniugazione) + vocale tematica ("i") + affisso ("-ment(u)") + suffisso ("-ali"). Li metti insieme e fai "rinascimentàli". Qui applichi il tipico vocalismo siciliano e ti viene "rinascimintàli". Fatto :)

Facciamo un altro esempio con "astrattismo".
In ITA è così: aggettivo latino medievale ("astratt(u)") + suffisso ("-ismo"). Li metti insieme e ottieni "astrattismo".
In SCN è ugualissimo: stesso aggettivo latino medievale ("astratt(u)") + suffisso ("-ísimu"). Li metti assieme e ottieni "astrattísimu".

In modo analogo si formano tutte le altre parole (anche in ITA :) ): basta applicare la morfologia romanza. Il siciliano e l'italiano sono entrambe lingue romanze ("lingui rumanzi", in SCN, la pronuncia è diversa dall'italiano!) e se lo possono permettere.

massimopud ha scritto:
Non è tanto una questione di estensione dell''ambito territoriale, quanto piuttosto di ampiezza e varietà di quello culturale, nel senso più ampio del termine.
La Sicilia ha cultura da vendere. Nove patrimoni UNESCO: due immateriali e sette materiali. Palermo è una delle città (o forse la città) ad avere più siti UNESCO del mondo al suo interno: ben sette, raggruppati in uno, più le cattedrali di Monreale e Cefalù. In Sicilia si svolge la terza cerimonia religiosa al mondo per numero di partecipanti, dopo Sevilla e Cuzco (Sant'Áita, a Catania). Potrei andare avanti per ore, ma mi fermo qua. :)

A proposito di Catania:

Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

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massimopud ha scritto:
una lingua nazionale
Cosa intendi per lingua nazionale?

Se una lingua è nazionale, o meno, è un atto politico, tant'è vero che le "lingue nazionali" possono variare a seconda dell'indirizzo politico dei governi. Per esempio vedi Puerto Rico, dove l'inglese viene messo e tolto a seconda del grado di filoamericanità del governo corrente. :) Questione politica e non linguistica.
Per rimanere da noi, l'italiano è lingua ufficiale nella Repubblica, ma lingua minoritaria protetta locale in Slovenia e Croazia. E allora che è l'italiano? Locale o nazionale?
La Sicilia, in ipotesi, non si potrebbe definire una nazione con il siciliano come lingua nazionale? :)
C'è anche la nazionale siciliana di calcio dallo scorso 22 aprile.
Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

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dyskolos ha scritto: sab mag 08, 2021 1:14 amCosa intendi per lingua nazionale?
dyskolos ha scritto: sab mag 08, 2021 1:14 amLa Sicilia, in ipotesi, non si potrebbe definire una nazione con il siciliano come lingua nazionale? :)
 
Non sono granché bravo con le definizioni, però non ho mai avuto grande simpatia per le “piccole patrie”; una nazione secondo me dovrebbe essere qualcosa di più ampio e variegato possibile, un insieme di tante diversità con un passato condiviso.

Riguardo alla lingua nazionale: la Sicilia è la regione (nazione?) che ha dato all’Italia il maggior numero di scrittori illustri all’Italia negli ultimi cento anni, da Pirandello a Sciascia, da Vittorini a Tomasi di Lampedusa, a Bufalino, etc. Che io sappia, tutti questi scrittori hanno scelto come lingua l’italiano (almeno per la gran parte delle loro opere), riconoscendone quindi la supremazia letteraria sul siciliano, un primato che non è solo estetico, è anche e soprattutto sentimentale, è il riconoscimento di un “lessico famigliare” che lega tutte le singole esperienze regionali in un’unica grande letteratura nazionale che va dal Medio Evo di Dante ai giorni nostri.

Re: A che serve il futuro?

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massimopud ha scritto:
Non sono granché bravo con le definizioni, però non ho mai avuto grande simpatia per le “piccole patrie”; una nazione secondo me dovrebbe essere qualcosa di più ampio e variegato possibile, un insieme di tante diversità con un passato condiviso.
Vedi che la Sicilia è così. Conosci la storia della Sicilia? E, a proposito di piccolezza, Malta non è 84 volte più piccola della Sicilia? Però una legge ha stabilito che la sua lingua, il maltese, fosse persino lingua ufficiale dell'Unione Europea. Di nuovo, atto politico.
Neanche a me piacciono le "piccole patrie".
massimopud ha scritto:
Che io sappia, tutti questi scrittori hanno scelto come lingua l’italiano (almeno per la gran parte delle loro opere), riconoscendone quindi la supremazia letteraria sul siciliano, un primato che non è solo estetico, è anche e soprattutto sentimentale, è il riconoscimento di un “lessico famigliare” che lega tutte le singole esperienze regionali in un’unica grande letteratura nazionale che va dal Medio Evo di Dante ai giorni nostri.
Sai male. :)
Intanto Pirandello scriveva tanto anche in siciliano, ma non si studia nelle scuole. Posso usare la parola "censura"? D'altronde il siciliano è, bleah! bleah! che schifo!, un dialettucolo. E invece io lo insegnavo agli stranieri come fosse italiano o francese o spagnolo o inglese. Certo, se parto con l'idea che il siciliano è un misero dialetto, allora amen! Se invece parto con l'idea che è una lingua romanza (come italiano, francese, spagnolo, ecc…), la insegno alla grande. Parlo di siciliano standard, non di dialetti del siciliano; alcuni dei quali non sono standard.
È una questione mentale. E se l'italiano fosse un dialetto del latino, insieme a tutte le 79 lingue romanze?

L'italiano non ha nessuna, proprio nessuna, superiorità letteraria sul siciliano. Lo stesso Dante parlò, nel De Vulgari Eloquentia, di "scuola poetica siciliana". Dante studiò sui testi della scuola siciliana, essedo la letteratura siciliana più antica di quella italiana. Quando fu fondata la scuola, 1215-1220, Dante non era nemmeno nato. Nacque forse nel 1265, cioè una cinquantina di anni dopo.
Nel 1266, in corrispondenza con l'invasione angioina della Sicilia (hai mai sentito parlare di "vespri siciliani"?), i testi della scuola siciliana furono tradotti in italiano e poi spacciati per testi siciliani. Uno però lo dimenticarono: Pir meu cori alligrari di Stefano Protonotaro. Se fosse stato tradotto come gli altri, il titolo sarebbe: Per meu core allegrare. "Pir meu cori alligrari" è siciliano; "Per meu core allegrare" è italiano (toscano). Se lo confronti agli altri componimenti della scuola, noti subito la differenza.

In siciliano "conoscere" si dice "canúsciri" (con la A). Mi pare che Dante abbia scritto: "fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute a cAnoscenza". Nella Commedia ci sono alcuni "semo" ("siamo"). In siciliano si dice tuttora "(nuiàutri) semu". Il siciliano può essere considerato una varietà dell'italiano senza la spinta toscana.

La letteratura siciliana è vastissima ed è ancora in corso oggi mentre scrivo, sia in prosa sia in versi, ma forse è più onesto dire che non la conosci. Non te ne faccio una colpa: è questo l'andazzo generale, e poi il siciliano è un dialetto infimo, no? Molti parlano del siciliano senza conoscerlo: atteggiamento generale, non solo tuo.
Spesso si fa confusione tra siciliano standard e dialetti del siciliano (non dell'italiano). La gente parla dialetti del siciliano (non dell'italiano) e raramente lo standard; esattamente come in Italia pochissimi parlano l'italiano standard.



A parte tutto, c'è una cosa che proprio non capisco.
Provo a spiegarmi.
All'estero non hanno il minimo dubbio che il siciliano sia una lingua (romanza). In Italia invece si cerca sempre di ridurre tutto ciò che non è italiano (come lingua, intendo). Ma la cultura, quindi la lingua, siciliana è parte della enorme e gloriosa cultura italiana. Sminuendola, sminuiamo la cultura di noi stessi: ci auto-diamo la zappa culturale sui i piedi. Pertanto mi aspetterei che gli Italiani in genere difendano il patrimonio culturale siciliano. Non abbiamo nessun orgoglio? Nessuno? Ma a me rode alla grande che il romagnolo stia morendo. Il romagnolo è cultura italiana. Se fanno una manifestazione di piazza, io vado lì con il cartello che dice "Viva la Romagna, viva il Romagnolo!". E canterei per le piazze e le strade.
Invece nessuno difende il siciliano! Nemmeno noi Italiani stessi. Non difendiamo la nostra cultura, e anzi la attacchiamo!
Intanto l'UNESCO considera la lingua siciliana come patrimonio culturale dell'umanità. E noi che facciamo? Tentiamo di ucciderla. Non ci rendiamo conto che cosí impoveriamo la cultura italiana!

Esempio di letteratura siciliana moderna:



Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

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Da quanto ho letto e capito io napoletano e siciliano sono stati riconosciuti dall’unesco come lingue a rischio di scomparsa, non come patrimonio immateriale dell’umanità. Il che non sarebbe poi determinante: la definizione di patrimonio immateriale dell’umanità ormai ingloba tante di quelle cose, alcune anche molto opinabili. 
In ogni caso, @dyskolos a me sembra che ti stia innervosendo perché dai un’interprerazione offensiva, riduttiva e dispregiativa del termine dialetto, che sinceramente non condivido. Secondo le accezioni e le discipline, dialetto può significare diverse cose. A me pare che in questa discussione, la maggior parte di noi indichi con dialetto una lingua regionale o comunque cantonata a una zona geografica limitata e che non coincide con una nazione. Una lingua locale, all’interno di uno stato-nazione, e i cui parlanti-nativi hanno riconosciuto una lingua nazionale (o lingua-tetto, la chiamano così i linguisti?). Il tuo esempio del maltese non mi sembra adatto: Malta è una nazione europea. Idem per l’Albania o la Bosnia: sono piccoli, ma sono nazioni. 
Nessuno nega la bellezza, la complessità, la ricchezza o l’importanza della lingua e della cultura siciliana (o del napoletano, del lombardo...) né la necessità di preservarla, ma personalmente non la metto sullo stesso piano di italiano, francese, inglese, spagnolo o giapponese. Non è una lingua nazionale. Non credo che ci sia disprezzo o umiliazione nell’osservare questo dato di fatto. 
Ma se proprio ti urta il fatto che la chiamiamo dialetto, chiamiamola lingua regionale o in qualunque altro modo ti disturbi meno, non so. Lingua locale? Lingua tradizionale siciliana? 
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: A che serve il futuro?

42
Bef ha scritto: Da quanto ho letto e capito io napoletano e siciliano sono stati riconosciuti dall’unesco come lingue a rischio di scomparsa, non come patrimonio immateriale dell’umanità. Il che non sarebbe poi determinante: la definizione di patrimonio immateriale dell’umanità ormai ingloba tante di quelle cose, alcune anche molto opinabili. 
In ogni caso, @dyskolos a me sembra che ti stia innervosendo perché dai un’interprerazione offensiva, riduttiva e dispregiativa del termine dialetto, che sinceramente non condivido. Secondo le accezioni e le discipline, dialetto può significare diverse cose. A me pare che in questa discussione, la maggior parte di noi indichi con dialetto una lingua regionale o comunque cantonata a una zona geografica limitata e che non coincide con una nazione. Una lingua locale, all’interno di uno stato-nazione, e i cui parlanti-nativi hanno riconosciuto una lingua nazionale (o lingua-tetto, la chiamano così i linguisti?). Il tuo esempio del maltese non mi sembra adatto: Malta è una nazione europea. Idem per l’Albania o la Bosnia: sono piccoli, ma sono nazioni. 
Nessuno nega la bellezza, la complessità, la ricchezza o l’importanza della lingua e della cultura siciliana (o del napoletano, del lombardo...) né la necessità di preservarla, ma personalmente non la metto sullo stesso piano di italiano, francese, inglese, spagnolo o giapponese. Non è una lingua nazionale. Non credo che ci sia disprezzo o umiliazione nell’osservare questo dato di fatto. 
Ma se proprio ti urta il fatto che la chiamiamo dialetto, chiamiamola lingua regionale o in qualunque altro modo ti disturbi meno, non so. Lingua locale? Lingua tradizionale siciliana? 
Sai che condivido un po' quello che dici? Quell'interpretazione è quella che io voglio evitare perché in Italia, diversamente che all'estero, alla parola dialetto viene assegnata un'accezione spregiativa, e io non posso accettare che sia usata per la mia lingua. Essa è una lingua romanza come francese, spagnolo, portoghese, romeno, italiano, catalano, ecc… Per me sta sullo stessissimo livello, se parliamo di linguistica e non di politica: funziona nello stessissimo modo. Il siciliano ha dato origine a varietà che, a loro volta, contengono dialetti, alcuni standard e altri no. Come può mai un dialetto generare varietà e dialetti nel suo seno?
Chiedo che l'Italia ratifichi il trattato europeo del 5.11.1992. Nell'Unione Europea solo Italia e Francia non l'hanno fatto. Chiedo che venga messa la segnaletica bilingue italiano e siciliano.

L'italiano non è lingua-tetto del siciliano! Manco per sogno. La Sicilia è una nazione che va rispettata! Perché devi per forza farci sudditi dell'italiano? Io parlo anche il siciliano standard e non ho bisogno dell'italiano per farmi capire!
Non vogliamo il ponte sullo Stretto. Se guardo la cartina dell'Italia, vedo uno stivale che prende a calci un'Ísola. Intanto a Messina c'è ancora una baraccopoli costruita dopo il terremoto del 28 dicembre 1908. Sai quanto delle accise sui carburanti va a Messina? Zero, zero! E poi paghiamo le guerre di Mussolini nel corno d'Africa (1935-1937) e la crisi di Suez (1956). Un ingegnere genovese ha detto in TV recentemente: "fare l'alta velocità ai terroni è in perdita perché i terroni non prendono il treno". Che logica coloniale, che logica coloniale! Grazie, ing! Con i treni che ci sono adesso, si fa prima ad andare a piedi. Cinque ore per fare Catania-Ragusa, quando la mia collega torinese in meno di un'ora faceva Milano-Torino. Quanto tempo ancora dobbiamo prendere calci?

Quanto ai patrimoni immateriali UNESCO, il siciliano è riconosciuto attraverso l'opera dei pupi, che indovina in quale lingua è fatta? Poi aggiungi: "la definizione di patrimonio immateriale dell’umanità ormai ingloba tante di quelle cose, alcune anche molto opinabili" e finisci per sminuire la cultura siciliana, peraltro contraddicendoti, che è enorme, enorme, e va ben oltre i patrimoni UNESCO immateriali.

La cultura siciliana è cultura italiana. Sminuirla è sminuire e impoverire la cultura italiana. Se fanno una manifestazione di piazza contro la fine del romagnolo, che è cultura italiana, io vado lí con il cartello che dice "Viva la Romagna! Viva il Romagnolo!". Mi rode che muoia così, sotto i colpi dell'italiano. Invece il siciliano chi lo difende? Difendere il patrimonio linguistico siciliano significa difendere la cultura italiana. Ma noi Italiani preferiamo distruggerlo attraverso la minorizzazione.

Bef ha scritto:
"Il tuo esempio del maltese non mi sembra adatto: Malta è una nazione europea. Idem per l’Albania o la Bosnia: sono piccoli, ma sono nazioni."

Okay, quindi ammetti che l'etichetta che si affibbia alle lingue è un atto politico e non linguistico. Se una lingua deve campare o morire viene deciso per via legislativa? A me non sta bene. Perché devono minorizzarmi, come, senza rendertene conto, stai facendo tu di nuovo?

C'è un post sopra di massimopud a cui tu (con altri due) hai messo "thanks" che fa:

"Che io sappia, tutti questi scrittori hanno scelto come lingua l’italiano (almeno per la gran parte delle loro opere), riconoscendone quindi la supremazia letteraria sul siciliano, un primato che non è solo estetico, è anche e soprattutto sentimentale, è il riconoscimento di un “lessico famigliare” che lega tutte le singole esperienze regionali in un’unica grande letteratura nazionale che va dal Medio Evo di Dante ai giorni nostri."

[FA]
Se hai approvato il punto in grassetto, hai fatto una fesseria in quanto il pezzo di massimopud è una falsità. A parte che "supremazia" mi pare una roba da razza ariana, tipo nazismo, ma hai mai conosciuto discendenti di Pirandello? Io, che sono siciliano, sì. Luigi si lamentava spesso, fino agli ultimi giorni, che il sistema scolastico ignorava le sue opere in siciliano, della "censura" a cui era sottoposto il siciliano, la sua lingua. (Prevengo un'obiezione: lo so che era membro del partito nazionale fascista, ma la storia è lunga). Sai che Dante Alighieri mise il nome (fu lui, i poeti siciliani non ne avevano coscienza) alla "scuola poetica siciliana", riconoscendone il prestigio? Sai che lui stesso parla benissimo del volgare siciliano, definendolo illustre? Sai che le opere siciliane furono tradotte di nascosto in italiano-toscano (tranne una, pir meu cori alligrari) e poi spacciate come opere siciliane in siciliano? Al giorno d'oggi sarebbe un reato secondo il codice penale vigente! Sai che i cantautori siciliani sono obbligati da alcune case del Nord (poiché non si scrive in dialetto!) a cambiare i testi da SCN a ITA? Alla faccia della supremazia letteraria e del primato estetico (come pure si dice)! Ottenuti a colpi di censure varie! Chiedo rispetto! A noi, per farci lavorare, quando "non si affittano case ai cani, ai porci e ai meridionali" (@Alberto Tosciri lo sa bene :( ), ci chiedono di cambiare il nostro accento. Alla faccia della supremazia letteraria! Non voglio più sentirlo. Genocidio culturale! A volte anche fisico, quando i leghisti incitavano l'Etna e il Vesuvio a eruttare e fare fuori tutti! 
[/FA]



@massimopud ha scritto:
"una delle differenze fondamentali tra una lingua e un dialetto mi sembra proprio questa: una lingua crea continuamente parole nuove come gastroscopia, un dialetto di solito si limita a prenderle in prestito".

Allora il siciliano è una lingua, in quanto "crea continuamente parole nuove come gastroscopia" :)
Mi hai dato ragione.


@massimopud ha scritto:
"infatti in dialetto non esistono parole come cibernetica, armadillo o esegesi"

Allora il siciliano non è un dialetto in quanto ha tutte e tre quelle parole :)
Mi hai dato ragione bis :)

Ti do la prova definitiva del siciliano-lingua, di logica elementare. Se solo sapessi la situazione linguistica della Sicilia! Mi sorge un dubbio: ci sei mai venuto?
Il siciliano ha dato origine a varietà, che, a loro volta, generano dialetti. Come fa un dialetto a generare varietà e dialetti? Boh! Ha pure una varietà standard, come l'italiano…

Facciamo un altro po' di morfologia. Prendiamo due verbi della prima coniugazione e coniughiamoli al presente indicativo.
Amare: "am-o, am-i, am-a, am-iamo, am-ate, am-ano"
Chiamare (stesse desinenze? vediamo!): "chiam-o, chiam-i, chiam-a, chiam-iamo, chiam-ate, chiam-ano". (Sì :) )

Ora facciamo lo stesso in siciliano, con i verbi corrispondenti, cioè provenienti dalla stessa radice latina.
Amari: "am-u, am-i, am-a, am-amu, am-ati, am-anu".
Chiamari (stissi disinènzi? videmu!): "chiam-u, chiam-i, chiam-a, chiam-amu, chiam-ati, chiam-anu" (Se :) )

Preciso identico!
Strano? No! Tutte le lingue romanze si comportano così.
Stavo per chiederti: perché nel primo caso è lingua, mentre nel secondo è dialetto? Ma ormai è superfluo chiederlo. Devono stare, per logica elementare, nella stessa categoria.

A proposito di primato estetico:

Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

43
@dyskolos a me sembra che nel tuo discorso mescoli troppe cose che non hanno correlazione.
Inizio chiarendo quello che intendevo a proposito del patrimonio immateriale: non sminuivo affatto la tradizione culturale e linguistica siciliana, né il teatro dei pupi in particolare, ma il calderone gigantesco e variegato del PCI unesco, appunto. Per esempio quest’anno la Francia credo abbia scelto di candidare la baguette che era in lizza con i tetti zincati tradizionali parigini e un’antica festività medievale del Jura. Con tutto il rispetto per la baguette, non la ritengo sullo stesso piano di valori del tango o del teatro dei pupi, per esempio.

Quanto a tutto il resto del tuo commento, non capisco come ammettere l’evidenza, cioè che la lingua nazionale è l’italiano, possa gettare disprezzo sul siciliano o qualsiasi altra lingua regionale. La Sicilia ha patito e patisce orribili ingiustizie dall’unità d’Italia? Assolutamente sì, ma fingere che l’italiano non sia la nostra lingua-tetto di tutti non vedo cosa risolverebbe.
L’italiano è la nostra lingua tetto perché è quella che (in teoria, ok, i casi patologici esistono) ci consente di comprenderci e comunicare tutti, dal Tentino alla Sicilia. 
La sfumatura dispregiativa qui secondo me la metti solo tu. 
Ti faccio un esempio per chiudere: qui i cartelli delle città, e spesso quelli delle vie, sono in francese e provenzale, Esiste il tg in provenzale e al liceo il corso facoltativo di provenzale. 
Nessuno però mette in dubbio la « superiorità » del francese come lingua nazionale. È quella che ci permette di capirci tanto coi bretoni che gli alsaziani. Questo è, non una scala di dignità: la distinzione tra lingua nazionale e regionale. 
Che in linguistica poi le distinzioni siano basate su convenzioni è chiaro: pensa al corso, che somiglia all’italiano come due gocce d’acqua, e però azzardati a dire a un corso che parla italiano e non corso. Preparati alle parolacce :)

Fino a che la Sicilia non dichiarerà l’indipendenza nazionale, riconosciuta da altri perché così funziona, continuerò a ritenere che anche in Sicilia la lingua tetto è l’italiano. 

E poi ti saluto, perché mi sembra che il dibattito giri in tondo e stia diventando un po’ sterile. Ribatto solo che qui il disprezzo o la dignità della lingua e letteratura siciliana non sono mai stati in discussione. Ciao :) 
I intend to live forever, or die trying.
(Groucho Marx)

Re: A che serve il futuro?

44
@bef ha scritto:
"La sfumatura dispregiativa qui secondo me la metti solo tu"

No, perdonami. Quella sfumatura è tipicamente italiana e io mi oppongo a essa. Qua ci sono persone colte, intelligenti e preparate come te, ma fuori non è così. Questa è un'isola felice :)
Ma anche qui, vedi come vengo trattato? Tu stessa non reagisci quando parlano di supremazia dell'italiano sul siciliano (ribadisco: è un reato a codice penale vigente). Cosa che se lo dicessero di altri italiani, io balzerei sulla sedia e protesterei vivamente. Anzi, a me non arriva nessuna approvazione, e persino quando dimostro che quelle sono visioni errate, non mi arriva nulla se non disprezzo. È come gridare al vento :)
Non reagisci nemmeno quando dicono che l'unica lingua italiana, oltre all'italiano, è il sardo. Falso! Ma chi dice queste cose riceve approvazioni. Nemmeno quando mi dicono che uso forme dialettali per darmi un tono. Vedi com'è la situazione della cultura italiana?
Quando al Nord ci correggono i testi con brevi incisi in siciliano, ce li cambiano e la motivazione è: non si parla in dialetto. Se invece l'inciso è in inglese, ci battono le mai. In siciliano non va, si deve eliminare, l'inglese invece deve prosperare, che manco è una lingua romanza. Quindi la distinzione tra lingua e dialetto produce tuttora conseguenze. Sempre a proposito di isola felice :)
Altro esempio di produzione di conseguenze. Dicono che gli idiomi che sono detti lingue si possono insegnare a scuola, mentre quelli che sono detti dialetti non si devono insegnare (minorizzazione, come dico io :) ). Però abbiamo l'anacronistica e insensata "ora di religione". Ora di siciliano, no? Un'ora alla settimana (peraltro non "rubata" all'italiano), mica cento ore.


@Bef ha scritto:
"pensa al corso, che somiglia all’italiano come due gocce d’acqua, e però azzardati a dire a un corso che parla italiano e non corso. Preparati alle parolacce :)"

Infatti il genocidio culturale è stato perpetrato anche nei confronti dei corsi :)
Il successo delle opere di minorizzazione sta proprio nel fatto che i subenti si convincono essi stessi di essere minori.
Trecento anni fa i corsi si definivano italiani, poi è arrivata la Francia…


@Bef ha scritto:
"Fino a che la Sicilia non dichiarerà l’indipendenza nazionale, riconosciuta da altri perché così funziona, continuerò a ritenere che anche in Sicilia la lingua tetto è l’italiano".

Sbagli :)
Te lo dico io che siciliano lo sono davvero e non per sentito dire :)
In Sicilia l'italiano (usatissimissimissimo!) è lingua-associata, non lingua-tetto. In linguistica la lingua-tetto è quella a cui si ricorre quando non ci si capisce, mentre noi Siciliani ci capiamo benissimo in siciliano anche senza ricorrere all'italiano.
La Sicilia (con la Sardegna e non solo) è una nazione italiana. Dire che non è una nazione è un atto politico.
Intanto in Italia abbiamo la pseudonazione padana. Che non sia una nazione lo dice il fatto che, quando Bossi nel 1996 nella meravigliosa Venezia pronunciò la dichiarazione di indipendenza padana, lo fece in italiano per non scontentare nessuno. In Sicilia (ma io sono contrario, sia ben chiaro!) potresti farla tranquillamente in siciliano senza scontentare nessuno. La lingua è il primo elemento culturale di un popolo. Più lingue più popoli, una lingua un popolo. Più popoli possono anche convivere nello stesso Paese, eh!


@Bef ha scritto:
"Per esempio quest’anno la Francia credo abbia scelto di candidare la baguette"

La penso come te :)
Ma quelle sono candidature, non approvazioni. La Sicilia ne ha due, solo due. Approvazioni, non candidature.

Ciao :)
Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

46
@dyskolos però magari quello che tu vedi come disprezzo è semplicemente ignoranza, nel senso buono del termine. Io per esempio non lo sapevo (e prometto che andrò a inginocchiarmi sui ceci), anzi, solo ora capisco perché i siciliani tra loro parlano quasi sempre nella loro lingua e noi no. E tu che magari sei costretto a spiegarlo a tutti alla fine vedi disapprovazione dove invece magari c'è il tentativo di capire un concetto che, ebbenesì, suona nuovo e un po' strano.
dyskolos ha scritto: Però abbiamo l'anacronistica e insensata "ora di religione". Ora di siciliano, no? Un'ora alla settimana (peraltro non "rubata" all'italiano), mica cento ore.
Ah, su questa sai già che ti do approvazione piena. Anche in Lombardia.  (y)

Maaa... non stavamo parlando del futuro?
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Re: A che serve il futuro?

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@Antares ha scritto:
"però magari quello che tu vedi come disprezzo è semplicemente ignoranza, nel senso buono del termine. Io per esempio non lo sapevo (e prometto che andrò a inginocchiarmi sui ceci), anzi, solo ora capisco perché i siciliani tra loro parlano quasi sempre nella loro lingua e noi no. E tu che magari sei costretto a spiegarlo a tutti alla fine vedi disapprovazione dove invece magari c'è il tentativo di capire un concetto che, ebbenesì, suona nuovo e un po' strano"


Ciao, Anty :) Lascia stare i ceci :)
Sei sempre molto saggia. Hai ragione: in fondo è ignoranza, in senso buono :)
La disapprovazione però è chiara. Dipende da chi le dice le cose, se sono giuste o meno. Se le dice qualcuno, nonostante siano falsità, io vedo "Thanks" ovunque. Poi faccio notare che sono sbagliate e non vedo nessun "Thanks". Anzi, mi dicono che non devo usare "forme dialettali", e io non capisco a quale dialetto si riferiscono. Persino chi dice che "dialetto" è giusto poi parla di "lingua"-tetto. Io ripeto che l'italiano non è lingua-tetto in Sicilia, ma lingua-associata, cioè usata insieme, che è simile a tetto. A nord dell'istmo di Catanzaro l'italiano è tetto, certo. È la lingua nazionale e io ci tengo. Nazionale sì, ma tetto no in Sicilia. Però forse è una sottigliezza da linguista in erba. In realtà molti intendono la lingua-tetto come lingua parlata ovunque in un Paese, e lo capisco. In quel senso è vero: il 99,999999% dei Siciliani parla in italiano :)

Che male c'è nel pensare che la Sicilia (insieme a Sardegna e non solo) è una nazione, perché di essa ha le caratteristiche, all'interno della stupenda nazione italiana e del Bel Paese? Intanto è oggettivamente un'isola, e la Romagna e l'Emilia no. Tutti gli isolani del MONDO sono particolarmente legati alla propria terra. Io adoro i miei fratelli italiani. Non mi chiamo mica senatùr Bossi io ;)

Ma la cosa che proprio non digerisco è il concetto di supremazia dell'italiano sul siciliano. Questo proprio no! La tesi che, siccome gli scrittori siciliani scrivono in italiano (e non è così, non sempre!), allora riconoscono la supremazia, anche estetica, dell'italiano. Anche io scrivo in italiano, post qui, libri, giornali, ecc…, ma che c'entra? Riconosco quella supremazia? Ma neanche per sogno! :) 
Camilleri riconosceva quella supremazia? No, neppure per sogno! Pirandello? Nemmeno per sogno! Anzi lui ne soffrì fino al giorno della morte, per la "censura" delle sue opere siciliane nel sistema scolastico. Io, che sono siciliano non per sentito dire :) , ho conosciuto personalmente alcuni suoi discendenti e ho parlato con loro. Non posso accettare che venga qualcuno da fuori a spiegarmi com'è davvero. 
Ma alla fine è ignoranza in senso buono, saggia Anty, che Dio ti benedica :)



Anty ha scritto:
"Ah, su questa sai già che ti do approvazione piena. Anche in Lombardia"

Brava! Ora di lombardo anche in Lombardia (al posto dell'ora di religione). Ne guadagnerebbe la cultura italiana. :)


@Antares ha scritto:
"Maaa... non stavamo parlando del futuro?"


Osservazione saggia, come sempre :)
Infatti, forse è meglio :)
Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

48
Comincio io :)

Molti dicono che il congiuntivo stia morendo. A me però sembra più in pericolo il futuro, che ormai si usa sempre più solo con valore ipotetico ("Sarà passato mio nipote"). A voi non sembra? Chi rischia di più: il congiuntivo o il futuro? La lingua si impoverirebbe maggiormente a causa della fine del congiuntivo o del futuro?

Qual è lo status del futuro?
La regola dice che dopo "credo che" ci va il congiuntivo. Però, se mi riferisco a un evento futuro, uso l'indicativo ("credo che non verrà"). Allora il futuro è indicativo o congiuntivo?
In portoghese c'è il futuro pure nel modo congiuntivo, così si evita il problema. Vi sembra giusto spostare il tempo futuro dal modo indicativo e portarlo verso il congiuntivo o il condizionale?
Il Sommo Misantropo

Re: A che serve il futuro?

49
dyskolos ha scritto: Anche io scrivo in italiano
Be', è venuto il momento di scrivere il "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana" siculo!
dyskolos ha scritto: che Dio ti benedica
No, aspe', ci penso io :P 
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