Titolo del libro

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Dato che oggi sono in vena di topic, vorrei affrontare un altro tema:il titolo del libro.
Principalmente vorrei sottoporvi un aspetto: ma il titolo del libro in lingua straniera secondo voi è penalizzante?
Chiedo perché recentemente mi sono reso conto che i titoli dei libri italiani raramente sono in lingua straniera, il che da una parte è quasi ovvio ma dall'altra non ha motivi per essere una regola ferrea.
Voi che ne dite?

Chiedo anche perché io di solito do i titoli delle cose che scrivo in inglese perché spesso mi suonano meglio, per esempio ora il titolo del racconto che starei scrivendo è "Burn the witch", che mi suona molto meglio di "Brucia la strega", non trovate? :sss:

Re: Titolo del libro

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Non c'è nessuna regola ferrea che vieti di usare titoli in una lingua straniera, ma credo debba esserci una buona ragione per usarla.
L'esterofilia (soprattutto anglo-americana) degli italiani è questione nota e dibattuta: nessuna meraviglia che "Burn the Witch" a qualcuno suoni meglio che "Brucia la strega", dato che siamo cresciuti/vissuti in mezzo a musica, film, libri, contenuti on line in inglese... Almeno dai Beatles in poi.
Però usare una lingua straniera solo perché "suona meglio" mi sembra una motivazione molto debole. Perché non il tedesco, allora o lo spagnolo? 
Se il libro è in italiano, l'autore è italiano, la storia è ambientata in Italia e si suppone sarà letta da italiani, a che serve l'inglese? A dare un tocco esotico?  <_<

L'italiano è più bello e variegato di quello che usiamo ricordare. "Il rogo della strega", "al rogo la strega", "bruciare una strega"... Che ne so, hai infinite possibilità che a me suonano bene.

Ovviamente prendi questo commento per quello che è @Nik3004: solo uno spunto di riflessione.
Qui ci dedichiamo alla ricerca della verità, non dei fatti. Se vi interessano i fatti, il dipartimento di storia è al terzo piano.
(semicit.)

Re: Titolo del libro

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@mercy Si certo assolutamente. Anzi, l'idea iniziale di questo topic era iniziare un dibattito più in generale su questo discorso, il mio era solo un esempio che mi toccava da vicino :) .


Ps: comunque si, per me il "suona meglio" non vale solo per l'inglese ma anche per alcune parole di altre lingue. Per esempio scrissi una raccolta di racconti intitolandola con una frase francese..

Re: Titolo del libro

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Credo che il titolo in italiano (a livello anche di marketing) aiuti ad aumentare il pubblico di acquisto e lettura.

Immaginiamo di essere in una libreria insieme a una persona che non conosce l'inglese. A meno che la copertina non abbia una grafica da urlo non si avvicinerebbe facilmente a un libro di cui non conosce il significato del titolo e non saprebbe nemmeno pronunciarlo. Potrebbe leggere il retro per scoprirne la trama, ma quanti farebbero questo "sforzo"?

Si potrebbe pensare che questo sia un discorso freddo perché rivolto palesemente a una questione pubblicitaria e di monetizzazione, ma se ci pensate bene in realtà la domanda principale è "mi interessa che il libro sia come voglio io e non mi importa chi vorrà leggerlo o meno o voglio che il mio libro possa arrivare a tutti, così da condividere la mia storia con tutti i tipi di lettori e non solo quelli abituati ad andare oltre la copertina?"

Re: Titolo del libro

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Nik3004 ha scritto: ven apr 02, 2021 9:47 amChiedo anche perché io di solito do i titoli delle cose che scrivo in inglese perché spesso mi suonano meglio, per esempio ora il titolo del racconto che starei scrivendo è "Burn the witch", che mi suona molto meglio di "Brucia la strega", non trovate?
Sinceramente non trovo.
Se non c'è una ragione specifica, un richiamo nel testo o qualsiasi altro motivo che renda plausibile la cosa, non vedo perché intitolare un racconto in una lingua diversa da quella in cui è scritto.
Vale per l'inglese come per un qualsiasi altra lingua, s'intende.
https://www.facebook.com/nucciarelli.ma ... scrittore/
https://www.instagram.com/marcellonucciarelli/
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Re: Titolo del libro

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Nik3004 ha scritto: "Burn the witch", che mi suona molto meglio di "Brucia la strega"
A me suona meglio "Brucia la strega".

Comunque, carissimo, sei un po' arretrato. Tra noi gggggiovani abbiamo bannato le roots latino-germaniche e non si dice più "bruciare", ma "burnare". Ecco, al posto tuo metterei un bel "burna la wiccia", che oltretutto fa più figo :D

Se non c'è un motivo, secondo me non ha senso mettere un titolo in inglese. Tra l'altro, l'inglese ormai lo parlano cani e porci. È troppo inflazionato. Io utilizzerei una lingua più "esclusiva", da club alla moda: l'italiano oppure il gaelico irlandese (magari suona ancora meglio :) ) o il mongolo. 
Il Sommo Misantropo

Re: Titolo del libro

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Francamente non mi sono mai posta il problema. Parlo italiano, che è una lingua bella e complessa, e non mi viene spontaneo dare titoli stranieri. Vedo però che in alcuni ambiti (specie fantasy e romance) il titolo inglese è di moda e attira.
Mi sa di moda frivola e un po' ingannevole, come dire: gli do un titolo inglese (spesso abbinato a uno pseudonimo) e gli do più importanza e visibilità. A me un titolo non attira di più perché inglese, e mi sento in qualche modo presa in giro quando scopro che "Endless love" di Jane Klarke (inventato) in realtà è di Luisa Rossi, che vive a Lambrate.
Scrivendo fantasy, l'idea di assumere uno pseudonimo straniero al posto del mio (molto terra terra) mi è balenata, ma alla fine ho soppesato apparenza e  sostanza e ho preferito la seconda. Sono sempre io, e sempre italiana, qualunque cosa possa inventarmi.
Il titolo straniero ci può stare, secondo me, quando ha uno scopo. Di recente ho scritto per un concorso un racconto ambientato in Giappone, e gli ho dato un titolo giapponese (traslitterato ovviamente :lol: ) perché si collegava al nome della protagonista, e in italiano il significato andava perso. Si valuta caso per caso, ma nel tuo caso non è vero che l'inglese suoni meglio. "Brucia la strega" è comunque d'effetto. Il titolo straniero forse può raggiungere un pubblico più ampio (e più superficiale ) ma il vantaggio è dubbio e da soppesare coi contro.
Ci capita di non avere davvero la consapevolezza di quanto potere abbiamo, di quanto possiamo essere forti (A. Navalny)
Qualunque sia il tuo nome (HarperCollins)
La salvatrice di libri orfani (Alcheringa)
Il lato sbagliato del cielo (Arkadia)
Il tredicesimo segno (Words)

Re: Titolo del libro

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dyskolos ha scritto: A me suona meglio "Brucia la strega".

Comunque, carissimo, sei un po' arretrato. Tra noi gggggiovani abbiamo bannato le roots latino-germaniche e non si dice più "bruciare", ma "burnare". Ecco, al posto tuo metterei un bel "burna la wiccia", che oltretutto fa più figo :D
Ho la soluzione per gli ancora più gggggiovani abituati ad acronimi e sigle per tutto: #brucialastrega

@Nik3004  Ti invio in mp il mio IBAN per la percentuale sulle vendite ;)

Re: Titolo del libro

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Nik3004 ha scritto: Principalmente vorrei sottoporvi un aspetto: ma il titolo del libro in lingua straniera secondo voi è penalizzante?
Sto completando un'opera che, essendo ispirata all'immaginario rock, ha un titolo anglosassone. Quindi no, non lo ritengo penalizzante, anzi in alcuni casi è indispensabile. Ma ovviamente deve essere appropriato alla tipologia di narrazione. Non fine a sé stesso, ma giustificato dalle forme e dai contenuti dell'opera. Inoltre, dovrebbe essere quanto più possibile immediato, e fare uso di parole che sono quasi di pubblico dominio. 

Re: Titolo del libro

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Innanzitutto sono contento che la questione abbia attirato molti punti di vista diversi, direi che l'obiettivo principale è stato centrato, rispondendo un po' più nel merito:

@ValentinaQ Qua hai un po' colto il punto della mia domanda, ovvero se e quanto un titolo in lingua straniera possa incidere negativamente sul primo approccio di un potenziale lettore, ed effettivamente potrebbe essere un deterrente. Interessante invece, come per @Silverwillow  sia visto quasi come un tentativo di aumentare il bacino di utenza potenziale. Tra l'altro, condivido pienamente quanto detto sullo pseudonimo, per quanto ognuno sia libero di fare ciò che vuole, anche a me non piace molto come soluzione.
Detto questo, grazie a tutti per le risposte, invito anche a replicare perché è un argomento che davvero mi stuzzica per quanto come detto l'esempio del mio racconto non era il fulcro del discorso, ma un po' lo sta diventando pure per me. Nel senso, un po' sono aumentati i miei dubbi a riguardo sul come intitolarlo, per quanto ovviamente la decisione definitiva e per fortuna(o purtroppo?) sia ancora lontana. In tutti i casi comunque credo che egoisticamente sceglierò il titolo che mi "suona meglio"(purtroppo l'inglese è ancora in vantaggio)  o non quello che potrebbe piacere di più.

Re: Titolo del libro

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Ipotizziamo che "Burn The Witch" sia il titolo di un romanzo (o un film) straniero. In italiano quel titolo sarebbe stato tradotto "Brucia la strega"? Non è detto, nella traduzione italiana con buona probabilità sarebbe stato usato un titolo diverso, come spesso accade. Oppure sarebbe stato mantenuto il titolo originale. Nel caso in questione, "Burn the witch" ti suona meglio perché probabilmente è stata la tua scelta originale, quindi "Brucia la strega" suona soltanto come una traduzione letterale, e ha una sonorità molto diversa. Allora secondo me la questione non è se sia meglio "Burn the witch" o "Brucia la strega" (decisamente il primo, anche per me) ma se a prescindere sia opportuno adottare un titolo inglese o meno, in base a quelle che sono le caratteristiche del testo, in base al pubblico a cui si rivolge, ed eventualmente in base alle contaminazioni con la cultura anglosassone. 

Re: Titolo del libro

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julia1983 ha scritto: @dyskolos scommessa vinta.
Yeah! :D
Ho vinto qualche cosa? Soldi, per dire? :D

Nik3004 ha scritto: il titolo che mi "suona meglio"(purtroppo l'inglese è ancora in vantaggio) 

Qui per me sta il punto. Questo argomento attrae anche me :)
Ciò che suona meglio è ciò a cui il nostro orecchio è più abituato.
Per molti anni a noi italiani ci hanno fatto credere che l'inglese suona meglio e molti di noi ci sono caduti. La lingua italiana non ha nulla da invidiare all'inglese. Se la usassimo più spesso, ci suonerebbe meglio dell'inglese. Ma ormai l'inglese sta invadendo l'italiano, tanto che tu stesso dici "purtroppo" e poi lo usi. Se è "purtroppo" allora non usarlo, no? :o

Hai mai sentito parlare di "siculish"? Se no, leggi qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Siculish

Il siculish è una sorta di creolo tra l'angloamericano e il siciliano. Potremmo dire una lingua ibrida tra siculo e english (da qui il sostantivo "siculish"). Una frase tipica di una mia parente siculo-americana: «Sai draviare (da "to drive") lu carru (da "car") a Nova Jorka (da "New York") e sul ponte di Brucculinu (da "Brooklyn")?», cioè «Sai guidare la macchina a New York e sul ponte di Brooklyn?».
A Puerto Rico (e non solo) è avvenuta una creolizzazione analoga tra lo spagnolo e l'inglese: lo "spanglish". Per i Portoricani la lingua madre è lo spagnolo e l'inglese è la lingua imposta.
Fenomeni di creolizzazione avvengono in tutto il mondo laddove due lingue si intrecciano, spesso laddove una lingua imposta si intreccia con una autoctona. Pensa alla colonizzazione francese in Africa. Esempio: Repubblica Centrafricana, in cui la lingua ufficiale è il francese, ma la gente parla il sango, cioè la lingua che si è sempre parlata.
Ora, a vedere l'italiano (una mia lingua madre) ridotto a "itanglese" mi piange il cuore.

Diverso è il caso in cui c'è un motivo. Per dire, il tuo personaggio indossa una maglietta con la scritta "Burn the witch". Allora va benissimo.

Sono un po' stufo di leggere racconti di scrittori in erba, racconti ambientati a Roma con i personaggi che si chiamano Rose, Al, John, Jack, Maicol, Kevin, Shakira, Mary, Daisy, Consuelo, Juanina, ecc… e mai Vincenzo, Francesco, Antonio, Riccardo, Marcella, Patrizia, Rosa, Caterina, Margherita, ecc…

Naturalmente il mio discorso vale finché sono vivo. Quando muoio, chissene!? Facciano come gli garba, no… 'spe', come gli laika o come lovvano fare. Portiamo il Made in Italy nel mondo, dicono queste persone. E io rido :D
Il Sommo Misantropo

Re: Titolo del libro

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dyskolos ha scritto: Sono un po' stufo di leggere racconti di scrittori in erba, racconti ambientati a Roma con i personaggi che si chiamano Rose, Al, John, Jack, Maicol, Kevin, Shakira, Mary, Daisy, Consuelo, Juanina, ecc… e mai Vincenzo, Francesco, Antonio, Riccardo, Marcella, Patrizia, Rosa, Caterina, Margherita, ecc…
Parole sante!
A volte sono ambientati anche in una New York che potrebbe essere tranquillamente Milano, perché l'autore non c'è mai stato e al di là di "palazzoni alti" non sa cos'altro aggiungere per descrivere la Grande Mela Milano.
Ma New York "fa più figo" di Milano e vuoi mettere John con Giovanni? Il buon Guccini lo spiegava già tanto tempo fa: https://www.marchesegiuseppe.com/2018/0 ... la-lingua/
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Re: Titolo del libro

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Mi prudono le dita sulla tastiera e sono costretto a dire anche la mia. Alcuni anglicismi sono ormai diventati di uso comune nel linguaggio scritto e parlato, non ci piove e ormai anche le vecchie cariatidi come me ne fanno diffusamente uso, magari senza neanche accorgersene. Però ne ho le palle piene: in particolare dei titoli in inglese dei film su Netflix e Amazon, che devi mettere mano al vocabolario Inglese-Italiano per capire il significato, nonché di scrittori, specialmente "giallisti" (o aspiranti, o pseudo tali) che pensano che collocare una storia in uno scenario che neanche conoscono per esperienza diretta, tipo New York, Boston o Londra, renda più interessante la storia medesima. Viviamo in un Paese in cui basta guardarsi intorno per trovare ambientazioni consone per libri di qualsiasi genere, che trattino, per esempio, di corruzione, giustizia venduta, stragi, violenza spicciola, droga, inquinamento, distruzione dell'ambiente e via criminaleggiando.  Ma anche di solidarietà, genio, arte, storia, natura, generosità, spirito d'iniziativa... Mi fermo qui, rendendomi conto che sono andato off topic (ecco l'inglese imperante: perché non "fuori tema"?). E' solo che di esterofilia, e di anglofilia in particolare, ne ho, come dicevo, le palle piene.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]

Re: Titolo del libro

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Ciao @Nik3004 
"Burn the witch" è un bel titolo ma se ambienti la storia in Italia secondo me non avrebbe molto senso. Se ambienti la storia a Salem, con i famosi processi alle streghe è un'altra cosa, ma ci hanno già pensato gli americani a scrivere libri e fare film su quell'argomento. "Burn the witch" lo tradurrei con un "Brucia donna", abbastanza disturbante, con la speranza che qualcuno non vada a cercarci una discriminante di genere o altre amenità, in quanto un titolo deve servire a sollevare curiosità e desiderio di leggere la storia che nel caso di un processo e condanna a una strega italiana all'epoca dell'Inquisizione potrebbe starci .
Oppure, interpretando il titolo potremmo metterci "Che le streghe brucino", dal vago sentore imperativo disturbante. Ma in fondo, come dice anche @Cheguevara , sinceramente perché dobbiamo assoggettarci e farci piacere l'inglese? Che sia una lingua importante, lingua franca e quant'altro è assodato, ma è fortuito. Se i nazisti avessero avuto più benzina alla fine della guerra avrebbero vinto loro e oggi staremmo a chiederci perché usare il tedesco e ambientare le nostre storie a Berlino. Idea disturbante e assurda. E perché ambientiamo le storie a New York e mettiamo sempre nomi inglesi ai protagonisti? Ci sentiamo a disagio quando mettiamo nomi italiani e ambienti italiani, non ci sembrano naturali, talmente siamo fagocitati di cultura inglese. Questo non va bene, per quanto mi riguarda. 
Sto leggendo Il mulino del Po, di Bacchelli, una storia ambientata tra Ottocento e primi Novecento in Emilia Romagna e dovresti vedere che personaggi e ambientazioni: nulla da invidiare a equivalenti anglosassoni, anzi. Ho riletto La Bufera, di Calandra, storia ambientata nel vecchio Piemonte al tempo della rivoluzione francese. Idem. Vuoi mettere l'ambientazione del Gattopardo di  Tomasi di Lampedusa?
Amiamo le storie del West americano, più che altro i film, perché esistono anche bellissimi romanzi sull'epoca, sempre scritti da
americani e vorrei vedere romanzi dell'epopea West scritti da italiani. Non che sia impossibile, ma alquanto tortuoso; con tutta la mia passione per il West non mi azzarderei a scriverne, perché non ho "respirato" quella cultura, non la conosco così bene e saprei che se la leggesse un americano si metterebbe a ridere, vedendoci subito delle assurdità e inesattezze. Molti italiani non conoscono nemmeno l'epopea italiana della lotta al brigantaggio dopo l'unità d'Italia, non l'hanno studiata, non se ne parla, non esiste eppure ti garantisco che in quanto a orrore, avventura, spettacolarità e intrigo non è inferiore all'epopea del West. Sarebbe un nuovo filone letterario italiano, che poi non si farà mai perché ci sono troppi conti ancora in sospeso e troppi scheletri negli armadi.
Tanto per dire.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)

Re: Titolo del libro

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Ottimo, sono davvero contento che la questione sia così viva e sentita. Allora, @dyskolos il "purtroppo" in realtà era riferito al fatto che, nonostante mi pare di capire che per la maggiore vada il titolo in italiano(per quanto sia ovviamente un campione molto parziale), continua a piacermi di più quello in inglese :diavolo2: , e credo che @Wanderer abbia colto anche il motivo del caso specifico, ovvero che avendolo pensato in inglese, per me il nome originale e quello e la traduzione in italiano è appunto una traduzione dell'originale. Ringrazio per le idee @Alberto Tosciri ma un po' per il motivo spiegato in precedenza, un po' perché il titolo scaturisce da una metafora fatta nel racconto, che di per sé non c'entra con streghe o magia, oltre ad essere ambientato in una città indefinita di un mondo che potrebbe non esistere. Per come è messa la metafora l'unico valido concorrente al titolo inglese è la sua traduzione in ita.
Questo mi da lo spunto per rispondere a @Cheguevara ed altri che hanno sollevato, in generale, il problema esterofilia.
Può suonare contraddittorio ma sono assolutamente d'accordo con voi, sia per il discorso ambientazioni che soprattutto per il discorso dei nomi.
Anzi, quest'ultimo secondo me è quasi un errore, perchè se ambienti la storia in Italia è improbabile che tutti i protagonisti abbiano nomi inglesi, ovviamente il discorso cambia se l'ambientazione non è italiana.

Re: Titolo del libro

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@Cheguevara @Alberto Tosciri 
Capisco verso che a volte l'esterofilia è eccessiva, ma ci sono interi generi e sotto-generi che sono esterofili, o comunque presentano un immaginario lontano dalla cultura mediterranea. Non ditemi che l'immaginario fantasy ha connotazioni italiche... in quanto all'epopea West, mutatis mutandis, come dimenticare che uno dei suoi principali artefici nel cinema - Sergio Leone - era un italiano? E vogliamo parlare dei romanzi di Salgari, ambientati dall'altra parte del mondo? 

Re: Titolo del libro

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dyskolos ha scritto:
Il siculish è una sorta di creolo tra l'angloamericano e il siciliano. Potremmo dire una lingua ibrida tra siculo e english (da qui il sostantivo "siculish"). Una frase tipica di una mia parente siculo-americana: «Sai draviare (da "to drive") lu carru (da "car") a Nova Jorka (da "New York") e sul ponte di Brucculinu (da "Brooklyn")?», cioè «Sai guidare la macchina a New York e sul ponte di Brooklyn?».
Eh, il siculish - ma più in generale l'italish, o almeno il terronish - di Broccolino sarebbe una grande lingua letteraria, non inferiore al camillerese italo-siculo; questo è un esempio di una strofa di canzone in voga negli anni '30-40:

Era smarto Joe Delbuono/ conosceva il bisinissi/ era frendo del polissi/ e alla giaili non andò.

Re: Titolo del libro

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Io non saprei più in che lingua ibrida scrivere: dovrei mixare i dialetti che parlo correntemente: romanesco, ciociaro (della bassa ciociaria), abruzzese, napoletano, pugliese garganico, inframmezzati dai pochi termini di inglese corrente a me noti. Il rocianapulish. Sai che goduria! Io te farebbe v'de' li mousvird pe'tt'o tell ca 'ccà nn avita frack i chigghiun'. E avast'.
Mario Izzi
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