Wanderer ha scritto: Ma sbaglio o proprio tu hai pubblicato un libro con un titolo in inglese?
Il titolo della mia pubblicazione è il nome della più famosa piazza di Bristol, in quanto le vicende del romanzo o si svolgono in quella piazza o comunque ruotano attorno a un indirizzo specifico sito in quella piazza, nonché l'omicidio cardine delle vicende – un omicidio molto famoso a Bristol – è stato commesso proprio lì, e tutti i giornali riportavano il nome della piazza in primo piano. In quanto nome proprio, non è pensabile una traduzione al riguardo
Wanderer ha scritto: Potrebbe comunicare un'avversione non per la lingua, ma per un certo provincialismo nostrano, specie se l'opera è influenzata da culture straniere e vuole assumere una connotazione più internazionale.
Anche, certamente. Tutto dipende dal caso specifico. Io ho analizzato quel che è più comune che si manifesti, poi, se il titolo è adeguato e il libro è comunicato nella maniera più opportuna, allora tutto l'apparato può funzionare nell'insieme.
Wanderer ha scritto: una possibilità intermedia sarebbe di inserire un titolo in inglese e un sottotitolo in italiano
In genere questo l'ho visto fare o con libri stranieri tradotti, oppure con libri (di solito fantasy) rivolti a un pubblico giovanile, in genere dai quattordici ai diciassette anni. Non è una pratica che mi sentirei di consigliare. In generale, il sottotitolo come mezzo comunicativo è da utilizzare con parsimonia e molta attenzione, perché il rischio dello "spiegone" in copertina è in agguato, assieme anche a una possibile deviazione del target di riferimento: magari il titolo intercetta un tipo di pubblico, il sottotitolo si rivolge a un pubblico completamente diverso, il che genera confusione e porta al rischio di non vendere né all'uno, né all'altro. E no, quando è così, non c'è pericolo di riuscire a vendere a entrambi. Il target deve essere preciso. Se non è preciso e lascia dubbi, il dubbio primeggia sempre.